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Infatti, tra le molteplici questioni sollevate dall’aumento del numero
dei membri dell’Unione Europea, compare inevitabilmente la questione
delle lingue di lavoro.
La politica linguistica va ben al di l del tema de lle lingue ufficiali e
del multilinguismo istituzionale: essa, cioŁ, non si limita alle lingue
utilizzate all interno delle istituzioni o per il mantenimento dei rapporti
con i cittadini, ma si interessa soprattutto delle lingue che l intera
popolazione europea parla nella vita quotidiana (Orban 2003:2).
BenchØ il Trattato di Roma del 1957 abbia sancito la parit di status
tra le lingue nazionali degli Stati membri all interno delle istituzioni
europee, le difficolt all’attuazione di questo principio sono considerevoli,
alla luce della situazione attuale con 27 stati membri e 23 lingue ufficiali,
oltre alle 25 lingue regionali e minoritarie, e numerose comunit
linguistiche d’immigrazione.
Senza un orientamento volto alla gestione del carattere multilingue
dell’Unione Europea che sia attento, sistematico e adeguatamente
finanziato, le lingue ed i valori culturali di alcuni fra gli Stati minori e
delle minoranze linguistiche con lingua non statale, potrebbero essere
minacciati, compromettendo cos il principio di parit fra i membri,
principio fondante dell’Unione Europea, dando adito a nuovi tipi di
conflitto e di lotta tra nazioni o, addirittura, al loro interno.
Il fatto che il sentimento di comune appartenenza all Unione sia
fondato proprio sulla diversit linguistica e cultu rale che la caratterizza, Ł
un potente antidoto contro [ ] i fanatismi in cui spesso sono degenerate
le affermazioni identitarie sia in Europa che altrove (Nitobe 2005:1).
Per ogni societ umana, infatti, la diversit lingu istica, culturale,
etnica o religiosa presenta contemporaneamente vantaggi e inconvenienti,
Ł fonte di ricchezze ma anche di tensioni; l’atteggiamento piø adeguato
consiste, dunque, nel riconoscere la complessit de l fenomeno,
9
sforzandosi di [ ] massimizzare gli effetti positi vi e minimizzare quelli
negativi (Maalouf 2008:3-4).
Di certo la molteplicit delle lingue impone determ inati vincoli,
incide sul funzionamento delle istituzioni europee e ha un costo anche in
termini tempo; ma, in ogni caso, una politica contraria a tale molteplicit
sarebbe anche contraria agli interessi economici e strategici del nostro
continente e di tutti i suoi cittadini e, di conseguenza, allo spirito stesso
del progetto europeo.
Per comprendere i principi e le ragioni che risiedono alla base degli
attuali regimi linguistici adottati dall Unione, la strutturazione del nostro
lavoro ricomprende un primo capitolo che analizza la nascita delle quattro
principali istituzioni, tramite un excursus storico-politico che ne
ripercorre, pure sinteticamente, le origini, l evoluzione e l analisi dei
trattati istitutivi e dei rispettivi regolamenti interni.
Il secondo capitolo concerne la descrizione delle politiche
linguistiche adottate nelle singole istituzioni, la natura e le motivazioni del
multilinguismo e i suoi rapporti con il servizio di interpretazione:
particolare attenzione viene rivolta alle modifiche sopraggiunte in seguito
all adesione dei nuovi Paesi membri e ai contraddittori sollevati da tale
processo.
Il terzo capitolo ha come specifico oggetto i servizi di
interpretazione di Parlamento, Commissione, Consiglio e Corte di
Giustizia, la loro architettura interna e le loro funzioni in rapporto alle
sezioni committenti e al loro regime linguistico, concentrandosi, anche in
questo caso, sui cambiamenti attuati con l ingresso dei nuovi Stati
membri, a livello sia organizzativo che finanziario. Vengono qui
sviluppati anche riferimenti relativi ai regimi di reclutamento per gli
interpreti, sia funzionari che free-lance, e agli studi condotti in merito allo
sviluppo di nuove tecniche di interpretazione, ad esempio
10
l interpretazione a distanza, in particolare le chat multi linguistiche e il
web streaming.
Infine, nel quarto capitolo si analizza l evoluzione dello status
dell interpretazione nei nuovi membri dell Unione, nella fattispecie in
Slovenia, per la sua vicinanza all Italia e per l i mportanza che
ultimamente lo sloveno ha assunto in seno alle istituzioni, e in Bulgaria e
Romania, membri di piø recente adesione nell UE; particolare rilievo
viene attribuito alla formazione impartita a livello universitario, ai
cambiamenti attuati per adeguarsi ai modelli pedagogici di altre universit
europee e alla valutazione dei progetti avviati per la gestione delle risorse
umane e finanziarie in vista dell ingresso nell Uni one.
Muovendo dallo studio dei documenti normativi e dalla letteratura
specializzata, il nostro studio si Ł ulteriormente arricchito grazie a
colloqui informativi con funzionari comunitari dei servizi di
interpretazione presso il Parlamento, la Commissione e la Corte di
Giustizia e a visite alle istituzioni dell Unione a Bruxelles, con ci
corredando la nostra ricerca di ulteriori fonti informative scaturenti
direttamente dal campo entro il settore di nostro interesse.
11
1. Capitolo Primo
L Unione Europea
1.1. L Unione Europea: origini ed evoluzione
Alla fine della II guerra mondiale l assetto definito alla Conferenza
di Yalta, svoltasi dal 4 al 12 febbraio 1945, prevedeva la divisione del
mondo in due blocchi, quello occidentale degli USA e quello orientale
dell URSS. All interno di tale scenario, i paesi de ll Europa non avevano
un ruolo politico preciso, ma erano sottoposti all influenza degli USA.
Per questo motivo, alla fine degli anni 40 cominci a farsi strada l idea
che l Europa occidentale dovesse assumere una posizione autonoma sulla
scena mondiale.
Il 5 maggio 1949 nacque a Londra il Consiglio d Europa, con sede
a Strasburgo, cui aderirono in origine i dieci stati dell Europa
occidentale; l obiettivo era quello di creare un or ganizzazione che
potesse favorire il progresso economico e sociale degli stati membri.
Il 9 maggio 1950, l allora ministro degli esteri francese, Robert
Schuman, ispirato da un discorso di Jean Monnet, dichiar la volont di
creare una Comunit europea del carbone e dell acci aio (CECA), con
l intento di « [ ] mettere l intera produzione fran cese e tedesca del
carbone e dell acciaio sotto una comune Alta autorit , nel quadro di
un organizzazione alla quale possono aderire gli altri paesi europei»
(Simone 2002:46).
Infatti, dopo decenni di scontri tra Francia e Germania per la
contesa delle risorse minerarie e carbonifere, l unica soluzione per
favorire una ripresa economica e la stabilit polit ica a lungo termine in un
continente devastato dalle guerre sembrava essere la creazione di un
12
legame profondo fra i Paesi europei, tramite un accordo basato sulla
cooperazione industriale.
La proposta si concretizz con il Trattato di Parig i, il 18 aprile
1951. Con la creazione di un mercato comune del carbone e dell acciaio,
i sei paesi fondatori (Belgio, Repubblica federale di Germania, Francia,
Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi) vollero anzitutto garantire la pace fra
vincitori e vinti della II guerra mondiale. L iniziativa era assolutamente
innovativa in quanto, contrariamente alle altre organizzazioni, si trattava
di cedere parte della sovranit dello Stato ad un a ltro organismo, che
avrebbe gestito la politica comune del settore in modo autonomo.
Pochi anni dopo i ministri degli esteri dei sei stati membri della
CECA, nel corso dell incontro svoltosi a Messina il 1 giugno 1955,
avviarono i negoziati per la costituzione di altre due Comunit ; la stesura
dei due testi fu avviata nel 1956 e il 25 marzo 1957 furono ufficialmente
firmati i due trattati che portarono alla costituzione della Comunit
Europea dell Energia Atomica (CEEA o EURATOM) e della Comunit
Economica Europea (CEE), in vigore dal 1 gennaio 1 958. L obiettivo
principale della CEE era la realizzazione dell unione doganale e, in
generale, di un mercato comune piø ampio, comprendente tutta una serie
di beni e servizi.
Il progetto suscit molti consensi e nel 1973 ebbe luogo il primo
allargamento, con l ingresso di Danimarca, Regno Unito e Irlanda.1
Il mese di giugno del 1979 segn una svolta epocale per le
Comunit europee, con la prima elezione del Parlame nto europeo a
suffragio universale diretto. Prima del 1979 infatti, i membri del
Parlamento europeo venivano eletti dai parlamenti nazionali dei singoli
Stati membri.
1
In un primo momento, fra le lingue ufficiali figurava anche il norvegese, ma la
dicitura Ł stata soppressa, su decisione del Consiglio, in seguito all esito
negativo del referendum norvegese del 26 settembre 1972 sull adesione alle
Comunit europee.
13
Nel 1981 entr a far parte della CEE la Grecia, seg uita da Spagna e
Portogallo nel 1986.
La recessione mondiale agli inizi degli anni 80 provoc il
diffondersi di una corrente di euro pessimismo (F ontaine 2007:10): nel
1985 la Commissione europea pubblic il Libro bian co sul
completamento del mercato interno con il quale ven ivano individuate
tutte le azioni necessarie volte al completamento, entro il 31 dicembre
1992, di uno spazio senza frontiere all interno del quale fosse assicurata
l effettiva libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali. Tali
azioni furono richiamate nell Atto Unico Europeo, entrato in vigore nel
1987, con il quale si apportavano ai Trattati istitutivi tutte le modifiche
necessarie al fine di raggiungere l obiettivo della creazione del mercato
interno.
Una vigorosa accelerazione al processo unitario fu data dalla caduta
del muro di Berlino nel 1989 e dalla conseguente riunificazione tedesca
nell ottobre 1990: tale storico evento spian infat ti la strada per una piø
profonda cooperazione con i paesi dell est.
Gli stati membri avviarono i negoziati per la creazione dell Unione
Europea. A dicembre, il Consiglio europeo si riun per elaborare la bozza
dell accordo. Il testo definitivo del trattato venne firmato a Maastricht,
nei Paesi Bassi, il 7 febbraio del 1992 dai capi di governo dei paesi
membri e fu ratificato nell ottobre 1993. Il 1 nov embre dello stesso
anno, con l entrata in vigore del trattato di Maastricht, nacque
ufficialmente l Unione Europea2.
2
Spesso si fa confusione tra la denominazione Unione europea (UE) e quella
di Comunit europea (CE): in realt l UE rappresent a la grande cornice unica
nel processo di integrazione, mentre se si parla di una politica comune in un
settore specifico, ad esempio l istruzione, occorre necessariamente far
riferimento ad una politica comunitaria e quindi adottare l espressione
Comunit Europea (Simone 2002:51).
14
Il nuovo dinamismo europeo e le ultime evoluzioni geopolitiche
portarono all adesione di altri tre paesi dal 1 gennaio 1995, ovvero
Austria, Finlandia e Svezia.
Il 2 ottobre 1997 venne firmato il Trattato di Amsterdam, entrato in
vigore il 1 gennaio 1999, che si proponeva di promuovere un piø alto
livello di occupazione e di procedere a un opera di semplificazione dei
precedenti trattati, arrivando cos alla stesura di una versione definitiva
del Trattato di Maastricht e del Trattato istitutivo della CE.
Il trattato di Maastricht aveva stabilito le tappe per il passaggio
dall unione economica a quella monetaria, con la conseguente adozione
di una moneta unica europea. Tuttavia, per garantire il successo
dell operazione, fu necessaria una fase di progressiva convergenza
economica, durante la quale gli stati intenzionati ad adottare la moneta
unica, l euro, dovevano rispettare i cosiddetti cr iteri di convergenza
(Simone 2002:52).
Questi ultimi riguardavano il rapporto tra il disavanzo pubblico e il
PIL, la stabilit dei prezzi, il tasso d interesse nominale medio e i margini
di fluttuazione del mercato dei tassi di cambio (http://europa.eu).
Il Consiglio europeo del 1 maggio 1998 scelse gli stati che
potevano immediatamente usare come moneta l euro (ovvero Austria,
Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lussemburgo, Irlanda,
Italia, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna); dal 1 gennaio 1999, l euro fu
introdotto per le transazioni sui mercati finanziari, mentre le monete e le
banconote furono emesse tre anni dopo.
15
1.2. Dalla strategia di Lisbona agli allargamenti ad est
Le sfide poste dallo sviluppo del fenomeno della globalizzazione
portarono l UE ad adottare nel marzo 2000 la Strategia di Lisbona:
fondata su tre pilastri (economico, sociale e ambientale), tale strategia era
volta alla modernizzazione dell economia europea al fine di renderla
competitiva sul mercato globale con colossi come gli Stati Uniti o i paesi
di recente industrializzazione.
Nel frattempo, nel dicembre 1997, erano stati avviati i negoziati per
la futura adesione dei tre stati baltici dell ex URSS (Ettonia, Estonia e
Lituania), Slovenia, Cipro e Malta. L insoddisfazione per le modifiche
non incisive introdotte in campo istituzionale dal trattato di Amsterdam,
soprattutto in vista dell’allargamento dell’Unione a tali paesi, spinse capi
di stato e di governo a prospettare subito un’ulteriore modifica del sistema
istituzionale "prima che l’Unione conti venti membri (http://europa.eu).
Il 1 febbraio 2003 entr in vigore il Trattato di Nizza, dopo lunghi
negoziati avviati nel dicembre 2000; tuttavia, numerose sono state le
critiche rivolte ai risultati raggiunti: si trattava in particolare di critiche
riguardanti le nuove disposizioni relative al processo di decisione in seno
al Consiglio e all estensione del voto a maggioranza qualificata (Barbier
e Degryse 2000:1).
Spinta dal desiderio di stabilit sul continente e dall impulso di «
[ ] estendere alle giovani democrazie dell Europa orientale i benefici
dell unificazione europea» (Fontaine 2007:11), l UE accolse
favorevolmente le domande di adesione di dieci dei dodici paesi
candidati: il 1 maggio 2004 la Repubblica Ceca, l Estonia, Cipro, la
Lettonia, la Lituania, l Ungheria, Malta, la Polonia, la Slovenia e la
Slovacchia entrarono a farvi parte.
Con la firma del Trattato di Maastricht l’Europa aveva iniziato la
sua trasformazione, passando da una comunit econom ica ad un’unione
16
politica. Tale processo, come si Ł visto, era proseguito con i successivi
Trattati di Amsterdam e Nizza. Il 29 ottobre 2004, i 25 capi di Stato e di
governo firmarono a Roma il Trattato che istituiva una Costituzione per
l’Europa. La Costituzione rappresentava il frutto di un lungo processo di
integrazione caratterizzato, nel contempo, dall’ininterrotto potenziamento
dell’integrazione e dai successivi allargamenti dell’Unione.
Il Trattato costituzionale era suddiviso in quattro grandi comparti,
ma va rilevato che non esiste gerarchia tra le varie parti. Dopo un
preambolo a carattere costituzionale, che ricorda la storia e le eredit
dell’Europa nonchØ la sua volont di superare le divisioni interne, la parte
I era dedicata ai principi, obiettivi e disposizioni istituzionali che
disciplinano la nuova Unione europea; la parte II del Trattato
costituzionale riprendeva la Carta europea dei diritti fondamentali; la
parte III includeva le disposizioni relative alle politiche e al
funzionamento dell’Unione e la parte IV riuniva le disposizioni generali e
finali del Trattato costituzionale, e precisamente l’entrata in vigore, la
procedura di revisione della Costituzione e l’abrogazione dei precedenti
Trattati.
Per entrare in vigore, il trattato che istituiva la Costituzione doveva
essere ratificato da tutti gli Stati membri, secondo le rispettive norme
costituzionali, mediante ratifica del Parlamento o tramite referendum. Il
testo della Costituzione prevedeva che il processo di ratifica dovesse
durare due anni e che l’entrata in vigore sarebbe avvenuta entro il 1
novembre 2006. A seguito delle difficolt incontrat e in sede di ratifica da
parte di alcuni Stati membri, nella fattispecie il no di Francia e Paesi
Bassi, i capi di Stato o di Governo decisero di osservare un "periodo di
riflessione" sul futuro dell’Europa, periodo che doveva consentire un
ampio dibattito con i cittadini europei.