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Introduzione
Due appassionati giornalisti, due notevoli voci letterarie, due protagonisti di scelte
estreme, due coraggiosi testimoni dei fatti salienti del Novecento, raccontati attraverso
parole autentiche, le uniche in grado di condurre il lettore alla verità, alla loro verità. Un
filo lega le vite di Oriana Fallaci e di Tiziano Terzani, le intreccia fornendo spunti per
attuare il confronto tra due figure molto diverse tra loro ma accomunate dalla medesima
curiosità, dall'insaziabile desiderio di conoscenza su cui basarono una professione che
divenne modo di vivere, devota vocazione. Sarebbe banale contrapporli in ogni aspetto
ed errato assimilarli.
La decisione di confrontare Tiziano Terzani e Oriana Fallaci nella mia tesi non è
stata dettata solo da una scelta viscerale ma anche, e soprattutto, dalla curiosità di
comprendere cosa avesse reso questi affascinanti modelli di giornalismo italiano ciò che
furono. Non è semplice scrivere di queste due figure, poiché si ha l'impressione di non
rendere loro la giustizia che meritano e non è stato facile studiarli. I loro libri inducono
il lettore ad interrogarsi, a riflettere cosicché quando si giunge alla conclusione viene
naturale immergersi immediatamente nel successivo, alla ricerca di altre domande a cui
probabilmente non riusciremo a dare risposte obiettive ma dalle quali scaturiranno
sicuramente ulteriori interrogativi. Ho provato ad inseguire sentenze definitive
ricorrendo alle parole di altri autori e grandi reporter come Ryszard Kapuściński, alle
testimonianze di giornalisti contemporanei ad entrambi come Ferruccio de Bortoli, di
cui si può leggere la mia intervista in Appendice. Ma ancora non sembrava abbastanza.
La verità è che il loro giornalismo soggettivo è in grado di coinvolgere la totalità delle
sensazioni del lettore, del loro tempo e non solo, al punto che risulta pressoché
impossibile studiare Oriana Fallaci e Tiziano Terzani con un approccio distaccato e
asettico. Ho prestato molta attenzione scrivendo di loro, ho provato a misurare ogni
singola parola nel descriverli per cercare di non travisarne il pensiero, di non
manipolarlo o di fraintenderlo. La passione che ha accompagnato lo studio delle fonti e
la scrittura di questa tesi è stata tanta.
Anzitutto, mi è parso imprescindibile partire dalle biografie dei due giornalisti
collocate in apertura a questa tesi. Entrambi nacquero in Toscana, a Firenze a circa dieci
anni di distanza l'uno dall'altra e crebbero in un contesto famigliare umile sotto l’aspetto
socio-economico. Si allontanarono dall’Italia in età più matura alla scoperta di luoghi
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differenti ma non rinnegarono mai le origini fiorentine, anzi le ribadirono spesso. Si
fecero strada nel mondo del giornalismo con caparbia determinazione e affrontarono
non senza fatiche un mestiere che rappresentò il compromesso perfetto per permettere la
realizzazione delle loro scelte personali, sebbene ritrovassero nella libera espressione
dello scrittore la loro più profonda vocazione. Furono preziosi testimoni dei fatti salienti
del secondo Novecento, interpretati e giudicati in maniera diversa ma senza tradire il
comune ideale di libertà quando condannarono con il medesimo coraggio ogni forma di
guerra e di violenza, da contrapporsi al grande amore per la vita che caratterizzò le
esperienze di entrambi. Liberi, emancipati, viaggiatori, distanti da categorizzazioni o
dalle etichettature che sempre rifiutarono, al punto da apparire anarchici, sognatori e
fiduciosi in un ideale rivoluzionario da cui entrambi rimasero delusi. Ricercatori della
loro verità e scettici nei confronti del potere in ogni sua forma. Autori di scelte radicali,
talvolta differenti e agli antipodi tra loro ma per le quali nessuno riuscì davvero a
condurli dalla sua parte.
Nemmeno in occasione dello scontro serrato che si giocò sulle colonne del Corriere
della Sera dopo l'attentato alle Twin Towers dell'11 settembre 2001, quando ormai
malati affrontarono la guerra del XXI secolo secondo in due prospettive totalmente
opposte. Illustrerò nel terzo capitolo due letture divergenti di un medesimo fatto: da un
lato, l'istigazione alla comprensione, alla messa in discussione e al dialogo incoraggiato
da Terzani, dall'altro la rabbia impetuosa di Oriana Fallaci. Lasciarono solo lo spazio
per una signorile indifferenza reciproca e per una polemica che si consumò a distanza,
dividendo l'opinione pubblica. La scrittura soggettiva e il rifiuto dell'idea di un
giornalismo completamente oggettivo di matrice anglosassone affiora nei loro
coraggiosi e avventurieri reportage, genere in cui più si cimentarono, che ho confrontato
a livello concettuale, stilistico e linguistico.
L'interesse per “l'altro” caratterizzò le esperienze di entrambi. Conobbero
personaggi di rilievo e se Oriana Fallaci intervistò i potenti della terra da cui prese le
distanze all'interno di un libro che è un inno alla libertà, Terzani nell'ultima fase della
sua vita cercò di rifuggire da personalità che gli erano apparse tutt'altro che
ragguardevoli e incontrò i suoi grandi, per la loro semplicità, gli esponenti del mondo
spirituale e religioso che condizionarono le scelte degli ultimi anni. In quegli ultimi anni
della vecchiaia furono colpiti dal medesimo male incurabile, il cancro, che affrontarono,
8
ancora una volta, diversamente: Oriana Fallaci, attraverso il rifiuto dell'alieno che aveva
invaso il suo corpo per distruggerlo e lui, Terzani, in un rapporto di accettazione
dell'ospite che gli avrebbe fatto compagnia nel viaggio interiore fino alla fine dei suoi
giorni. Rifiutarono di rilasciare numerose interviste e ritrovarono il locus amoenus nella
solitudine dei luoghi sopraelevati: lui, ai piedi dell'Himalaya per entrare in totale
armonia con il silenzio della natura circostante e lei nel suo appartamento in un
grattacielo di Manhattan, avvolto dal frastuono della modernità.
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CAPITOLO 1
La vita di Oriana Fallaci
Oriana Fallaci, punto di riferimento nella storia del giornalismo e voce autorevole della
letteratura italiana, scrittrice anzi «scrittore»
1
, come lei stessa si definì più volte,
coraggiosa, tenace. Donna controversa, criticata, amata, fraintesa, strumentalizzata,
idealizzata e odiata ma che in ogni occasione ha fatto parlare di sé. Nonostante dichiarò
di non avere mai scritto per soldi e per il successo
2
, riuscì a vendere oltre venti milioni
di copie dei suoi libri, tradotti in tutto il mondo
3
. Oriana Fallaci riuscì, attraverso i suoi
libri, i suoi reportage e le sue interviste, a raccontare il proprio tempo, restituendo la
storia di un cinquantennio: dall’Italia mussoliniana, al dopoguerra, passando attraverso
il Vietnam, il Messico, la Grecia, il Libano, la guerra del Golfo, l'attentato alle Twin
Towers, che sconvolse il mondo e diede una svolta radicale al nostro modo di viaggiare,
di informarci e di vivere.
Si tenterà di scrivere una biografia quanto più completa possibile, seppur risulterà
riduttiva se posta a confronto con la singolare e straordinaria esperienza di vita di una
figura così poliedrica.
1 Maria Giovanna Maglie, Oriana. Incontri e passioni di una grande italiana, Milano,
Mondadori, 2006, p. 4.
2 Oriana Fallaci, La Rabbia e l'orgoglio, Milano, Rizzoli, 2002, p. 44.
3 «Io più che il giornalista ho sempre pensato di fare lo scrittore. Quando ero bambina, a cinque
o sei anni, per me non concepivo nemmeno un mestiere che non fosse il mestiere di scrittore. Io
mi sono sempre sentita scrittore. ho sempre saputo di essere uno scrittore, e quell'impulso è
sempre stato avversato in me dal problema dei soldi [...]» In Bozza per l'intervista di Patrizia
Carrano, Le signore grandi firme, Firenze, Guaraldi, 1978, archivio privato in Oriana Fallaci,
Solo io posso scrivere la mia storia. Autoritratto di una donna scomoda, Milano, Rizzoli, 2016,
p. 193.
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1.1 Oriana Fallaci, scrittore.
Oriana Fallaci nacque a Firenze il 29 giugno 1929, prima di quattro sorelle. Sarà
fortissimo, in lei, il legame con la terra natale e la fiorentinità, l'intoccabile superiorità
della cultura fiorentina verrà più volte ribadita a gran voce nei suoi scritti e nelle sue
interviste
4
.
Visse l'infanzia durante i duri anni della dittatura fascista, crescendo a stretto
contatto con l'orrore della guerra. Fin da piccolissima, Oriana venne educata dalla sua
famiglia antifascista ad andare oltre le parole del potere e ad avere il coraggio di
ricercare la verità giornalistica, presente in quegli anni solo sui giornali clandestini, che
lei stessa si trovò a leggere. Infatti, il padre Edoardo fu uno dei capi del movimento
clandestino di Firenze e coinvolse la figlia nella Resistenza, incaricandola di
accompagnare verso le linee alleate i prigionieri inglesi e americani fuggiti dai campi di
concentramento italiani dopo l’8 settembre. Inoltre, il suo aspetto innocuo e infantile le
consentì di fare da staffetta con il compito di portare giornali clandestini, armi,
messaggi ai compagni partigiani senza suscitare i dubbi dei nazifascisti che si trovavano
ai posti di blocco. All'età di quattordici anni, Oriana ricevette un riconoscimento d'onore
da parte dell'Esercito Italiano, per il suo attivismo in guerra. All'inizio del 1944, durante
l'occupazione nazista di Firenze, il padre di Oriana venne arrestato, torturato,
minacciato di fucilazione ed infine rilasciato
5
.
Ho avuto la fortuna di essere stata educata da due genitori molto coraggiosi.
Coraggiosi fisicamente e moralmente. Mio padre, si sa, era un eroe della resistenza e
mia madre non gli è stata da meno
6
.
Questa brutale esperienza condizionò la Fallaci anche durante gli anni della giovinezza
e della maturità, quando scelse di tornare a vedere la guerra «per capirla meglio»
7
; si
ripresentò, sotto nuove vesti, la repulsione verso ogni forma di conflitto, di guerra, di
dittatura, accanto alla volontà di raccontare la verità.
4 «Mi ritengo comunque una fiorentina pura. Fiorentino parlo, fiorentino penso, fiorentino
sento. Fiorentina è la mia cultura e la mia educazione. All'estero, quando mi chiedono a quale
paese appartengo rispondo: Firenze. Non: Italia. Perché non è la stessa cosa». In Introduzione di
Salvatore Giannella. Testo di Oriana Fallaci, Così Oriana Fallaci mi raccontò Oriana,
https://www.giannellachannel.info/cosi-oriana-fallaci-mi-racconto-oriana/, 2013.
5 Storia di mio padre, minuta, italiano, archivio privato in Oriana Fallaci, La paura è un
peccato. Lettere da una vita straordinaria, Milano, Rizzoli, 2016, pp. 227-233.
6 «Speciale tg1», 15 dicembre 1990.
7 Ibidem.
11
La Resistenza rappresentò un pilastro della formazione di Oriana e contribuì ad
avvalorare, in lei, gli ideali di libertà appresi durante l'infanzia
8
.
La mia fanciullezza è piena di eroi perché ho avuto il privilegio di esser
bambina in un periodo glorioso. Ho frequentato gli eroi come gli altri
ragazzi collezionano i francobolli, ho giocato con loro come le altre bambine
giocano con le bambole. Gli eroi, o coloro che mi sembravano tali,
riempirono fino all’orlo undici mesi della mia vita: quelli che vanno dall’8
settembre 1943 all’11 agosto 1944, l’occupazione tedesca di Firenze. Credo
di aver maturato a quel tempo la mia venerazione per il coraggio, la mia
religione per il sacrificio, la mia paura per la paura
9
.
Arriverà finalmente la liberazione, insieme al forte desiderio in Oriana di formarsi
attraverso un'istruzione svincolata da catene e limiti imposti dal potere. Avviò, così, gli
studi all'Istituto Magistrale e passò successivamente al liceo classico, dove si iscrisse
con due anni di anticipo. In questi anni, si avvicinò alla letteratura e a tutti i libri che le
erano stati proibiti durante il ventennio fascista, partecipò alle assemblee del Partito
d'Azione, dove ebbe la possibilità di informarsi sui primi scioperi e sui tumultuosi
disordini politici.
Si diplomò, ottenendo la media dell'otto, necessaria affinché la sua famiglia potesse
risparmiare sulle tasse scolastiche.
Affascinata dal mestiere di medico, si iscrisse alla facoltà di Medicina di Firenze ma
le scarse disponibilità economiche del padre e la ferma consapevolezza che la sua strada
sarebbe stata un'altra, la portarono ad abbandonare gli studi poco dopo, «senza troppi
rimpianti»
10
.
Alla giovanissima età di 17 anni, esortata dallo zio Bruno, grande critico e
giornalista, si era presentata inesperta alla redazione de Il Mattino dell'Italia centrale,
alla ricerca di un lavoro. Al quotidiano fiorentino, le venne chiesto di scrivere un
8 La vita di Oriana narrata da Oriana stessa per i lettori de l'Europeo in O. Fallaci, Solo io
posso scrivere la mia storia. Autoritratto di una donna scomoda, op.cit., p. 33-34.
9 Oriana Fallaci, Se il sole muore, Milano, Rizzoli, 2014, p. 29.
10 «Lo feci con qualche rimpianto, ma non troppo. Già ad anatomia, in fondo, m'ero resa conto
che quello non era un mestiere per me. La vista dei cadaveri mi dava fastidio, dissezionare
un piede o una mano o un pezzo di volto mi turbava profondamente. In più lo studio della
medicina richiedeva uno sforzo mnemonico di cui non ero capace, e presto mi accorsi che
una vita regolare e pianificata non era propria del mio carattere, inquieto per natura. Io
volevo vedere il mondo, volevo viaggiare, conoscere gente diversa.» Introduzione di
Salvatore Giannella. Testo di Oriana Fallaci, Così Oriana Fallaci mi raccontò Oriana,
https://www.giannellachannel.info/cosi-oriana-fallaci-mi-racconto-oriana/, op.cit.
12
articolo di cronaca cittadina che, con grande sorpresa, venne pubblicato nel 1946.
Poco tempo dopo, sullo sfondo di una Firenze in lenta e difficoltosa ripresa dai
drammi della guerra, iniziò ad occuparsi di cronaca nera e giudiziaria ma anche di
costume e moda
11
.
Fu a questo punto della sua vita, che la Fallaci decise di fare della scrittura una
professione.
La prima volta che sedetti alla macchina da scrivere, mi innamorai delle parole
che emergevano come gocce, una alla volta, e rimanevano sul foglio' ogni goccia
diventava qualcosa che se detta sarebbe scivolata via, ma sulle pagine quelle
parole diventavano tangibili
12
.
Ma scrivere è un mestiere molto impegnativo, scrupoloso, è correzione continua,
revisione, ricerca ossessiva della perfezione. Pertanto, è una fatica con cui la Fallaci
instaurò un rapporto di amore-odio, una passione forte al punto da farla sentire una
donna completa e, al tempo stesso, una disciplina crudele
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per la quale è necessario
chiudersi nella propria solitudine e rinunciare alla vita sociale.
Non si può scrivere avendo il cervello occupato da altre cose. Ogni volta che io ho
scritto un libro, ho fatto solamente quello. Come un monaco. Con una disciplina
terribile, un orario crudele. Non ho scritto nemmeno un articolo, nel frattempo. Tutti i
miei pensieri, tutti i miei sentimenti, tutte le mie giornate e le mie nottate erano
occupate esclusivamente dal lavoro del libro
14
.
E ancora:
Scrivere è un atto di volontà che richiede un sacrificio orrendo, una fatica bestiale.
Per scrivere ci vuole anzitutto una corda per legarsi alla seggiola come faceva Ugo
Foscolo
15
.
Nel 1951, in seguito alla morte di un comunista a cui venne negata la sepoltura da parte
della Chiesa, scrisse un articolo e lo inviò a L'Europeo di Arrigo Benedetti «giornale di
11 Oriana Fallaci, Christian Dior è giunto a Firenze e ha detto “più corte, più strette”, in «Il
Mattino dell'Italia centrale», 7 dicembre 1948, http://www.oriana-fallaci.com/7-dicembre-
1948/articolo.html.
12 Oriana Fallaci, Se il sole muore, Milano, Rizzoli, 1965, p. 207.
13 Minuta, italiano, archivio privato in O. Fallaci, La Paura è un peccato. Lettere da una vita
straordinaria op.cit., p.149.
14 Ivi, p. 143.
15 Ivi, p. 130.