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Introduzione
L’intento principale di questo elaborato è quello di immergersi nella comprensione dei
fattori che trattengono le persone all’interno delle organizzazioni. In un contesto del
mercato del lavoro come quello attuale, caratterizzato da un aumento significativo delle
dimissioni volontarie in diversi Paesi in tutto il mondo, cercare di capire cosa fa restare
le persone in una data organizzazione rappresenta un elemento cruciale per il
miglioramento e il successo organizzativo. La capacità di mantenere i dipendenti in
un’organizzazione è nota come "job retention" e la sua importanza risiede in una serie di
motivi che verranno presentati nel dettaglio nel corso del presente lavoro.
Fornendo un’infarinatura generale per una comprensione migliore del nostro oggetto di
studio, vogliamo innanzitutto sottolineare come riuscire a trattenere i talenti nelle
organizzazioni assicuri stabilità operativa, con effetti positivi sulla produttività,
consentendo inoltre di evitare ripetuti costi aziendali inutili come spese di ricerca
personale, selezione e formazione di nuovi dipendenti. La capacità di trattenere i
lavoratori in azienda promuove lo sviluppo di competenze interne, conservando
conoscenze preziose per la crescita aziendale e l’innovazione. Avremo modo di
presentare e approfondire aspetti significativi legati al tema nella sezione dedicata, ma in
estrema sintesi, quello che è già noto è che la Job Retention va oltre la stabilità operativa,
interagendo con molteplici dimensioni all’interno delle organizzazioni.
La motivazione ad indagare questo argomento è nata da un interesse generale verso
l’esplorazione del funzionamento delle organizzazioni e dei principali problemi che
affliggono il panorama organizzativo in un’era caratterizzata da rapidi e dinamici
mutamenti, e più in particolare, dalla curiosità destata dal fenomeno della “Great
Resignation”, in italiano, “Grandi Dimissioni”.
Per segnalare l’evidenza di questo evento, secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore, in
Francia nel 2022 si è raggiunto il massimo storico, con più di 2,16 milioni di contratti di
lavoro risolti su richiesta dei dipendenti. Il tasso di dimissioni, in proporzione al numero
dei dipendenti, si è attestato al 2,7% nel primo trimestre del 2022, non poi così lontano
da quello degli Stati Uniti dove le Grandi Dimissioni hanno raggiunto il picco del 3% nel
Dicembre 2021. Nel corso del 2022, in Italia si è verificato un notevole aumento delle
dimissioni, con un totale di quasi 2,2 milioni di casi, registrando un incremento del 13,8%
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rispetto all’anno precedente. In Spagna, le statistiche disponibili riguardano solo i numeri
legati alla previdenza sociale, e nel 2022 è emerso un dato significativo: circa 70.000
lavoratori con contratti a tempo indeterminato hanno scelto di rinunciare al loro impiego,
il numero più alto dal 2001, anno in cui sono iniziate queste registrazioni. Anche in
Germania, dove il fenomeno delle dimissioni risulta essere meno diffuso, lo studio
annuale sui luoghi di lavoro condotto da Gallup ha rilevato un numero record di
dipendenti alla ricerca di una nuova occupazione: il 40% di loro ha dichiarato che
smetterebbe di lavorare del tutto se ne avesse la possibilità, il 25% in più rispetto al 2016.
Data la vasta portata della questione, abbiamo cercato di comprendere cosa porta le
persone a restare in un posto di lavoro attraverso una ricerca sul campo, che ha coinvolto
50 lavoratori sul territorio italiano.
Lo studio si articola in cinque capitoli. Il primo capitolo si espande secondo un punto di
vista concettuale delle organizzazioni, esplorando le diverse prospettive, posizioni e
correnti di pensiero che hanno contribuito a sviluppare la teoria organizzativa nel corso
del tempo. Viene analizzata l’evoluzione della divisione del lavoro, il passaggio dalla
concezione meccanica a quella dinamica, e vengono esplorate le teorie dei sistemi e della
costruzione sociale relative alla concezione e al funzionamento delle organizzazioni.
Inoltre, si spiega il concetto di progettazione discutendo delle varie strutture
organizzative, dalla tradizionale funzionale alla moderna a rete, e si affronta la crisi che
affligge teoria del management e il concetto di dignità nelle organizzazioni.
Il secondo capitolo si concentra sulla relazione persona-organizzazione attraverso
l’esame del concetto di personalità e come questa si esprime nel contesto organizzativo.
Si esplorano i processi di socializzazione e adattamento alla vita organizzativa, nonché il
ruolo dei gruppi nel successo aziendale. Si esaminano i conflitti nel contesto
organizzativo, esplorandone le fasi, la natura e le modalità di gestione, svelandone
l’utilità. Inoltre, si affronta il tema della motivazione e delle teorie ad essa correlate,
insieme all’importante aspetto della leadership e del ruolo che gioca all’interno delle
organizzazioni.
Il terzo capitolo, si concentra sul cambiamento, quale processo essenziale per la
sopravvivenza e l’evoluzione delle organizzazioni. Si indaga l’importanza della cultura
organizzativa nella gestione del cambiamento, insieme agli impatti della pandemia e dei
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fenomeni globali della Great Resignation, del Great Miss Match, Great Regret e Quiet
Quitting. Infine, vengono discusse le strategie per la fidelizzazione dei collaboratori.
Il quarto capitolo si focalizza sulla definizione delle dimensioni e dei costrutti teorici
necessari per lo sviluppo del piano ricerca, affrontando tematiche come le relazioni
sociali, l’equità, l’ascolto attivo, gli obiettivi individuali, la leadership e il benessere fisico
e psicologico delle persone all’interno delle organizzazioni e indagando come questi
fattori possano influenzare la decisione delle persone di rimanere o lasciare un’azienda.
L’ultimo capitolo si occupa di offrire una panoramica sulla metodologia di ricerca
utilizzata per la conduzione dello studio. Sono delineati la domanda di ricerca, gli obiettivi
dell’indagine e il contesto della ricerca stessa, spiegando dettagliatamente il metodo di
campionamento, gli strumenti d’indagine, la raccolta dei dati e il processo di analisi dei
dati. Infine, vengono presentati e analizzati i risultati ottenuti dall’indagine.
Grazie a questo lavoro di ricerca è stato possibile analizzare alcuni fattori che risultano
significativi e imprescindibili perché un’organizzazione riesca a trattenere le persone al
suo interno, riportando risultati che saranno esposti in maniera dettagliata nelle
considerazioni finali di questo lavoro, nei suoi punti più rilevanti e negli aspetti critici.
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CAPITOLO 1
Evoluzione delle organizzazioni:
dalla loro concezione a un nuovo paradigma
1.1 L’organizzazione: prospettive, posizioni, correnti di pensiero. Verso lo
sviluppo della teoria organizzativa
Mai come oggi, il trattenimento dei talenti all’interno delle aziende costituisce uno degli
aspetti critici che tocca qualsiasi tipo di organizzazione andando ad incidere su molteplici
aspetti che si ripercuotono sul loro funzionamento, perciò, nell’elaborazione di questa
ricerca, abbiamo deciso di intraprendere un percorso alla scoperta dei fattori che
trattengono le persone in un posto di lavoro. Al fine di perseguire questo intento, la teoria
organizzativa fungerà da guida per la ricostruzione dei passi principali che hanno portato
a concepire le organizzazioni come le conosciamo oggi; pertanto, in primo luogo,
considerando il contributo di De Giosa (2010) inerente alla dimensione sociale delle
strutture organizzative, presenteremo i padri fondatori della teoria, suddivisi sulla base
dei relativi approcci, approfondendo il punto di vista di Weber.
Conoscere l’evoluzione delle organizzazioni è importante perché la storia può fornire
preziose lezioni sui motivi per cui certe pratiche e comportamenti sono stati adottati in
passato e su quelli per cui oggi non sono più appropriati alla sopravvivenza nel mondo
del mercato del lavoro, risultando inappetibili agli occhi dei lavoratori. Inoltre,
comprendere le dinamiche del passato consente di studiare gli errori e le sfide che sono
state affrontate dalle organizzazioni del tempo, in modo di evitare di ripeterli e adottare
approcci maggiormente consapevoli, migliorando l’efficienza e le prestazioni
complessive delle organizzazioni (Hatch, 2006; citata da De Giosa, 2010).
La teoria delle organizzazioni, essendo stata riconosciuta come tale solamente a partire
dagli anni Sessanta del secolo scorso, è una disciplina che può considerarsi giovane e gli
studiosi che hanno contribuito alla sua creazione, vissuti tra il XIX e il XX secolo, sono
ricollegati ad essa in maniera retrospettiva. Coloro che vengono considerati i padri
fondatori della teoria organizzativa si distinguono sulla base dei metodi di ricerca
utilizzati e delle correnti di pensiero perseguite. Alcuni abbracciano metodi induttivi,
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prediligendo lo sviluppo di una teoria a partire da singoli casi particolari, altri quelli
deduttivi, preferendo partire da principi generali per enunciare leggi in grado di chiarire
fenomeni specifici. Gli studiosi Marx, Durkheim e Weber appartengono alla corrente
sociologica che si focalizza sulle forme e i ruoli dell’organizzazione nella società mentre
la teoria classica del management di Taylor, Mary Parker Follett, Fayol, Gulick, Barnard
si incentra sulle problematiche pratiche del management delle organizzazioni industriali.
Queste due correnti contrapposte, pur basandosi su interessi diversi, si rifanno in egual
modo alle idee economico-politiche di Adam Smith. Smith, nel suo celebre libro
“Ricchezza delle nazioni” (1776), fa riferimento a come la produttività sia influenzata
dalla ripartizione dei compiti lavorativi fra gli individui, sottolineando come
meccanizzazione e specializzazione siano elementi cardine per l’aumento della stessa.
Egli riteneva che il progresso sociale fosse determinato dal progresso economico che
poteva essere generato grazie all’industrializzazione (Hatch, 2006; citata da De Giosa,
2010). Le innovazioni relative all’organizzazione del lavoro, le principali ricerche sui
lavoratori del settore industriale, quelle del management orientate ad incrementare la
produttività e quelle relative all’analisi della condizione operaia come attore sociale sono
state realizzate a partire dal contesto della grande fabbrica. Le condizioni della classe
operaia rappresentavano il focus delle prime ricerche dell’era industriale, soprattutto in
Inghilterra, dove gli studi sugli strati più disagiati della popolazione si erano consolidati
come tradizione (Mingione & Pugliese, 2011).
Considerando la prospettiva sociologica di Weber, le organizzazioni possono essere
definite come strutture burocratiche, nonché forme di organizzazione amministrativa in
grado di raggiungere alti livelli di efficacia (Hatch, 2006; citata da De Giosa, 2010). La
concezione Weberiana rappresenta un approccio classico alla struttura sociale
organizzativa attraverso il tentativo di elencare e stabilire le caratteristiche fondamentali
e permanenti della burocrazia, mettendo in luce, durante la sua evoluzione, i limiti e i
rischi dell’anelasticità del suo apparato. È ancora con Hatch che seguiamo il filo del
pensiero di Weber, per il quale l’elemento che contraddistingue le società del secolo
scorso è la razionalità, intesa nella sua accezione tecnica e funzionale, in quanto per
raggiungere un obiettivo organizzativo venivano pianificati una serie di comportamenti.
Sulla base di questa teoria, i teorici delle organizzazioni affermano che l’efficacia di