4
poche risorse, soprattutto economiche, per far fronte alle tante necessità
organizzative.
Non è che l’esperienza dei volontari (nel nostro caso i Friends di Roma09)
possa essere offerta come una ricetta per le organizzazioni profit dell’economia
attuale; piuttosto però si ritiene che gli aspetti di forza di questa evidenza
empirica (forte enfasi sull’aspetto motivazionale, senso di appartenenza,
organizzazione come sistema cooperativo) possano rappresentare un modello di
analisi degli aspetti organizzativi attuali insieme a quelli di gestione del
personale e motivazionali.
Si tratta probabilmente di un’opportunità di superare la frammentarietà di certi
studi e fondare un management delle risorse umane più cooperativo, creativo e
competitivo. Un management, sì fattore strategico di sviluppo aziendale, ma
anche più attento alla persona e al valore umano, troppo spesso misconosciuto
soprattutto in un periodo di crisi e chiusure aziendali, dove si individuano tra i
lavoratori i primi “rami secchi” da tagliare per risollevare le sorti di un’impresa.
Nell’ottica di dimostrare queste strette connessioni tra organizzazione, gestione
del personale e motivazione, nella tesi le opinioni dei sociologi e degli
aziendalisti sono ricostruite nel loro susseguirsi dalle organizzazioni concepite
come un sistema di tipo meccanico ad un sistema di tipo organico con una
sempre maggiore attenzione agli aspetti motivazionali.
L’approccio adottato nello studio è quello evolutivo e psico-sociale, secondo il
quale l’organizzazione è collocata in un contesto sociale, istituzionale e politico
più ampio, che include l’insieme di regole, convenzioni e sistemi di sanzione
storicamente definiti che fondano le relazioni tra gli attori organizzativi.
Il metodo adottato si sforza di cogliere i processi di trasformazione delle forme
istituzionali e, in particolare, dell’organizzazione, considerata essa stessa come
istituzione, in rapporto ai cambiamenti delle teorie e dei mercati.
Per esigenze di chiarezza espositiva si è ritenuto opportuno organizzare quattro
capitoli.
1. Nel primo capitolo viene identificato il problema organizzativo e se ne
5
studiano i diversi approcci. Il concetto di organizzazione viene sviluppato
spiegando le varie teorie organizzative come strumento per la comprensione dei
fondamentali processi aziendali, e per costruire una tipologia significativa delle
diverse teorie sulle organizzazioni.
Secondo l’approccio storico adottato, l’analisi parte dagli studi
sull’organizzazione scientifica del lavoro, per passare a trattare lo sviluppo dei
problemi psico-sociali e le teorie delle relazioni umane e del comportamento
organizzativo, filone di studio più recente che cerca di allargare e approfondire
i problemi umani nella complessità dei fatti organizzativi.
Prenderemo poi in esame gruppi di studi e approfondimento più recenti che
guardano all’informazione e all’organizzazione come sistema organico e
aperto.
In questo contesto gli “approcci morbidi” apparsi nella letteratura alla fine degli
anni Settanta, valorizzano il cosiddetto lato soft delle organizzazioni, come
elemento al quale si attribuiscono pari, se non maggiore, importanza del lato
hard.
Con tale termine studiosi, consulenti e manager intendono una serie di politiche
aziendali (gli approcci “morbidi” appunto) che mirano alla valorizzazione degli
aspetti culturali, simbolici, riflessivi e dei processi di conferimento di senso che
gli individui sperimentano attraverso le interazioni con le organizzazioni nelle
quali lavorano. S’introduce, pertanto, il concetto di cultura organizzativa, che
porta a nuove osservazioni sui temi organizzativi.
2. Nel secondo capitolo l’attenzione è invece incentrata sull’elemento del
personale, e sulla sua gestione come leva strategica. Si trattano così temi come
il change management, la learning organization e il knowledge management.
Si osserverà come avere dei collaboratori motivati e efficaci sia la sfida più
difficile per un dirigente, ma i procedimenti che consentono ciò sono anche tra i
meno indagati.
2
2
VALENTINI A. (2000). Creare motivazione, la sfida più difficile per la gestione delle risorse umane,
PMI, n. 11/2000, p. 31, 32.
6
Le persone, infatti, si differenziano non solo per la loro capacità di fare, ma
anche per la loro volontà di fare o per la motivazione, secondo il paradigma del
coinvolgimento. Occorre allora domandarsi perché alcune persone mettono più
impegno ed energia di altre nel proprio lavoro, osservando come gli studiosi e i
ricercatori abbiano elaborato una notevole quantità di modelli e teorie per poter
dare risposta a questa domanda, anche se nessuno di queste può essere
considerato definitivo e onnicomprensivo. La definizione stessa di motivazione
è tutt’altro che univoca ma la breve panoramica di teorie sulla motivazione
avanzata nella tesi cerca di mettere in luce come essa sia un concetto complesso
condizionato da un numero altissimo di variabili diverse tra loro ed a volte
addirittura contrapposte. Dunque la gestione delle risorse umane aziendali non
può prescindere da un’attenta valutazione delle motivazioni dei collaboratori
3
e
della conseguente relazione tra motivazione e soddisfazione del personale.
Oggi, infatti, della motivazione al lavoro, anche considerata come
coinvolgimento al lavoro, si interessano esperti di economia e di mercato tanto
quanto gli psicologi del lavoro, mirando alla massima espansione delle risorse
umane.
Una azienda altamente competitiva, deve, si sostiene, prendere in
considerazione che la forza lavoro non è più misurabile in termini di
sfruttamento ma di motivazione del personale alla riuscita individuale e
collettiva, e che, con il singolo, cresce l’azienda nel suo complesso. La
motivazione diviene così fattore sempre più legato a variabili organizzative e
scelte in tema di gestione del personale.
3. Nel terzo capitolo, infine, sono poste a raffronto la teoria e realtà di un
organizzazione complessa, trattando (di una parte) della gestione delle risorse
umane (ove preminentemente hanno contato i temi della motivazione e della
soddisfazione del personale, in buona parte volontario) durante un grande
evento, i Campionati Mondiali di Nuoto ROMA09, “13th FINA World
3
VALENTINI A. (2000). Creare motivazione, la sfida più difficile per la gestione delle risorse umane,
PMI, n. 11/2000, p. 33.
7
Championships” cui ho partecipato in uno stage in qualità di Friends,
evidenziando quali elementi possono essere più meno riconducibili all’una o
all’altra teoria e quali gli accorgimenti per migliorare ulteriormente o
comunque replicare con altrettanto successo il modello di organizzazione
sperimentata in questo contesto. Si ricollega al capitolo l’appendice dove,
insieme ad alcune considerazioni, è riportata un’intervista con la responsabile
del programma Friends dei Mondiali di Nuoto di Roma 2009.
4. In conclusione si cercano di tracciare i punti più significativi del cd.
“paradigma del coinvolgimento” delle risorse umane, mettendo in luce, a
partire dall’esperienza concreta, i punti di forza e debolezza delle teorie trattate,
puntando altresì a una gestione delle risorse umane (ma forse bisognerebbe
dire: persone) improntata maggiore democraticità, coinvolgimento e creatività.
8
CAPITOLO 1
LE POLITICHE DI ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
1.1. Premessa. I primi approcci al problema organizzativo
La presenza delle organizzazioni influenza praticamente ogni settore della vita
sociale contemporanea. Come osservava Peter Drucker
4
, i giovani oggi
dovranno imparare a muoversi tra le organizzazioni come i loro antenati
impararono a coltivare i campi e ad allevare bestiame.
Quei giovani a cui si riferiva lo studioso sono oggi - nella società di Internet,
dei network e delle telecomunicazioni - nelle nostre Università, nelle nostre
scuole, alcuni già nel mondo del lavoro…e tutti hanno a che fare con le
organizzazioni.
È dunque importante iniziare a concepire il concetto di organizzazione come
una dimensione della vita dell’essere umano.
Sarebbe “persino banale sottolineare il peso che le organizzazioni hanno
assunto nella vita quotidiana delle moderne società industriali”
5
, ovviamente, si
aggiunge, “continuamente organizzazioni si creano e si sviluppano, e anche
deperiscono e scompaiono”.
Occorre dunque “muoversi” nel mondo delle organizzazioni tenendo presente
questo mutamento continuo, che riguarda la realtà, ma anche le teorie nel loro
evolversi e adattarsi al mutato contesto socio-economico
6
.
Non è un caso, infatti, che in conseguenza della crisi economica mondiale, le
stesse teorie proclamanti il coinvolgimento totale del dipendente nel contesto
lavorativo, inteso come luogo di realizzazione non solo professionale ma anche
personale, cominciano a essere messe in discussione
7
. Una certa serie di
situazioni, da casi di mobbing a veri e propri suicidi (è il caso dell’azienda
4
DRUKER P. (1999). Le sfide del Management del XXI Secolo, Franco Angeli Editrice, p. 5.
5
BONTADINI P. (1978). Manuale di organizzazione, Milano, ISEDI, p.3.
6
BONAZZI G. (2006). Come studiare le organizzazioni, Il Mulino, p. 18.
7
TARDIVO G. (2008). L’evoluzione degli studi sul knowledge management, in Sinergie, n. 76, p. 21.
9
francese di telecomunicazioni France Telecom) hanno messo in luce la
pervasività di certi strumenti di controllo e di management del personale, e in
definitiva la loro problematicità quando i dipendenti vengono travolti dal
destino delle imprese per cui lavorano, dovendo subire soppressione di uffici,
trasferimenti e cambi di mansione imposti dalle scelte del vertice aziendale e
dettate dall’esigenza di ridurre costi.
Per cercare però di tracciare un quadro dell’argomento che dall’analisi delle
organizzazioni passi allo studio dei loro profili più moderni, occorre in via
preliminare chiarire bene il senso nel quale si vuole parlare di organizzazione e
l’estensione dei termini di riferimento in proposito.
Il termine organizzazione sarebbe associato a una serie di significati collegati
ma non univoci
8
. Con esso s’intende ora un processo operativo, ora una
funzione, ora il risultato di questa processo (“azienda ben organizzata”), ora un
ente o una struttura ben definita (ancora un’azienda, o un istituto), ora.
l’assieme di tutto questo,.
Nella sua accezione più generale l’organizzazione è certamente un “gruppo di
persone che cooperano in vista di certi fini, ovvero un sistema cooperativo
finalizzato e reiterato perché relativamente stabile nel tempo”
9
in questa
accezione sono organizzazioni un partito politico, un’azienda, una chiesa, un
ospedale, un sindacato, il Comitato promotore di un evento olimpico, ecc.
Concentrando l’analisi sugli elementi che costituiscono l’organizzazione
formale occorre tracciare una preliminare distinzione fra le attività che
riguardano l’intera vita aziendale e quelle che riguardano specifici settori della
stessa.
Nel primo gruppo rientrano tutte le problematiche di natura strategica, che si
pongono in sede d’impianto o di ristrutturazione dell’azienda. In particolare, in
questa fase si operano scelte relative all’elaborazione di un piano volto a
valutare la convenienza economica e la possibilità finanziaria, alla
8
BONTADINI P. (1978). Manuale di organizzazione, Milano, ISEDI, p. 9.
9
BONAZZI G. (2006). Come studiare le organizzazioni, Il Mulino, p. 22.
10
localizzazione geografica esterna e al lay-out interno, alla veste giuridica da
assumere, alla più conveniente dimensione da dare all’azienda.
Appartengono al secondo gruppo problemi organizzativi come il rapporto fra le
funzioni delineate e le persone che debbono esplicarle; la costituzione degli
uffici e, eventualmente, il loro accorpamento in servizi; i meccanismi di
coordinamento fra azioni, funzioni, uffici e servizi.
Non a caso si rileva
10
che, nelle organizzazioni, grazie alla caratteristica della
formalizzazione, la struttura tende a essere esplicita e definita in termini
concreti. Questo può essere spinto fino al punta di identificare, come è stato
fatto, organizzazione con “struttura” anche se si ricordano tutte le
caratteristiche proprie dell’organizzazione questa identificazione rischia di
essere riduttiva e limitativa
11
. Nondimeno la definizione della struttura rimane
un punto fondamentale della costruzione e della gestione delle organizzazioni, e
dovendo scegliere un angolo visuale la “struttura” appare
12
un elemento
concreto e operativo delle organizzazioni al quale conviene riferirsi come
“specifico” per trattare di alcuni problemi organizzativi di fondo.
Alcuni studi
13
si sono soffermati in particolare sull’organizzazione aziendale, e
una definizione ricorrente nelle scienze che si occupano di organizzazione
aziendale è quella secondo cui l’azienda è un insieme di risorse umane,
tecniche e finanziarie, coordinate ed interagenti tra loro per cogliere le
opportunità offerte dal mercato.
Esempi di organizzazione aziendale per questi approcci
14
sono l’azienda
ospedaliera che è un’organizzazione con scopi umanitari, realizzabili attraverso
l’impiego di risorse umane, economiche e tecnologiche; ma anche un
supermercato è un’organizzazione il cui scopo principale è quello
dell’approvvigionamento di beni di consumo messi a disposizione del
consumatore finale.
10
BONTADINI P. (1978). Manuale di organizzazione, Milano, ISEDI, p. 19.
11
MINTZBERG H. (1991). Management. Mito e realtà, Bologna, Garzanti, p. 7.
12
BONTADINI P. (1978). Manuale di organizzazione, Milano, ISEDI, p. 19.
13
BONAZZI G. (2006). Come studiare le organizzazioni, Il Mulino, p. 22.
14
BONAZZI G. (2006). Come studiare le organizzazioni, Il Mulino, p. 23.
11
In questo caso le caratteristiche essenziali individuate sono la suddivisione del
lavoro, del potere e delle responsabilità finalizzata al perseguimento degli scopi
prefissati; la presenza di uno o più centri di potere con funzione di controllo e
direzione del lavoro per soddisfare esigenze di efficienza; la sostituibilità del
personale qualora questo si mostri inadeguato od inefficiente; il coordinamento
di tutte le attività specializzate che danno vita all’attività aziendale nel suo
complesso.
L’organizzazione nasce dall’esigenza di razionalizzare e coordinare i singoli
sforzi al fine di raggiungere più facilmente l’obiettivo prefissato.
Dal punto di vista dinamico, ancora oggi si ritiene che gran parte delle aziende
adotti, come criterio di divisione del lavoro, una delle tre strutture tradizionali,
ovvero la struttura funzionale; la struttura divisionale; la struttura a matrice,
eventualmente corrette con l’inserimento di organi laterali di consulenza o di
coordinamento, come avviene nella struttura funzionale con gli organi di staff,
nella struttura per progetti o nella struttura funzionale con l’utilizzo di comitati
di coordinamento.
L’attività di organizzazione, in ambito aziendale, è allora l’insieme dei criteri di
divisione e di specializzazione del lavoro tra le persone che ne fanno parte e
delle modalità di coordinamento per il raggiungimento degli obiettivi
15
.
In effetti, a causa dell’influenza esercitata in Europa dal linguaggio delle
scienze sociali nordamericane, delle diverse accezioni è più frequente quella
per cui l’organizzazione è l’entità concreta, l’insieme del sistema sociale che
risulta da tale attività, dunque, anche “gruppo di persone che cooperano in vista
di certi fini” e “un sistema cooperativo finalizzato e reiterato perché
relativamente stabile nel tempo”; ma tutte ricorrono in modo pressoché
inestricabile nella letteratura sociologica, dando luogo a varie ambiguità di
significato
16
.
La risposta più corretta probabilmente a questo punto può essere fornita
15
COSTA G., GUBITTA P. (2004). Organizzazione aziendale. Mercati, gerarchie e convenzioni,
Milano, Mc Graw-Hill, p. 14.
16
BONAZZI G. (2006). Come studiare le organizzazioni, Il Mulino, p. 25.
12
accantonando il problema definitorio per considerarlo all’interno delle varie
teorie elaborate e di conseguenza procedendo a una breve analisi della storia del
pensiero organizzativo
17
, nella quale procedere per sommi capi ad una
ricognizione delle teorie di Taylor, del dibattito collegato al superamento del
taylorismo ed all’affermarsi di una pluralità delle forme industriali, fino ai
problemi posti oggi dall’ingresso nel cosiddetto post-fordismo, caratterizzato,
da un lato da una crescente flessibilità della forza lavoro e, dall’altro,
dall’avvento prima della produzione snella e poi della fabbrica modulare
18
.
In effetti, del concetto di organizzazione come entità sono state date tante e
varie definizioni, si che due grandi studiosi, March e Simon, affermano che “è
più semplice fare esempi di organizzazione che dare una definizione del
termine”
19
.
Tuttavia, se si ripercorrono le varie definizioni date, si può giungere a trarre una
serie di connotazioni che, per consenso abbastanza diffuso contribuiscono a
individuare, tra i vari e diversi gruppi associati, le organizzazioni propriamente
dette.
L’organizzazione resta cosi individuata
20
dalla presenza:
a) di un gruppo di persone associate,
b) per il conseguimento di uno scopo unitario,
c) che stabiliscono, a tale scopo, tra loro rapporti formalizzati,
d) aventi caratteristiche di continuità nel tempo,
e) legittimato dal sistema sociale esterno,
f) con la possibilità di sostituire propri membri, continuando a esistere.
17
Cfr. BONAZZI G. (2008). Storia del pensiero organizzativo. Vol. III. La questione organizzativa,
Franco Angeli, Milano.
18
In realtà nel testo di BONAZZI nell’ottica di una semplificazione concettuale della materia trattata,
lungi dal proporre la storia del pensiero organizzativo secondo una ricostruzione cronologica,
necessariamente lunga e laboriosa, si individuano cinque aree tematiche o filoni di pensiero che nel loro
insieme formano un quadro essenziale di quanto è stato detto in questo campo di studi. Quel che rileva
però per la nostra prossima analisi è che, anche in questo caso, interrogandosi sugli sviluppi futuri degli
scenari organizzativi, si rileva la presenza di modelli minimali formati da comunità occupazionali e di
lavoro estremamente mobili.
19
Cfr. BONAZZI G. (2008). Storia del pensiero organizzativo. Vol. III. La questione organizzativa,
Franco Angeli, Milano.
20
BONAZZI G. (2006). Come studiare le organizzazioni, Il Mulino, p. 26.