7
Il D. Lgs. 626/1994 ha dato attuazione in Italia alle Direttive CEE
emanate negli anni 1989 e 1990 in tema di miglioramento della sicurezza e
della salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro.
Scopo di questo lavoro è l’analisi delle implicazioni organizzative di
questa nuova disciplina: il D. Lgs. 626/1994 privilegia e promuove un
orientamento alla prevenzione, e non più solo alla protezione, dai rischi
presenti negli ambienti di lavoro.
La più rilevante novità introdotta dal Decreto 626 non riguarda le
misure proposte (che, in buona parte, richiamano disposizioni già esistenti
nel nostro ordinamento -ed in molti casi disattese- sin dagli anni ’50), bensì
la promozione di una nuova cultura della sicurezza, da sviluppare mediante
la costituzione di un vero e proprio sistema di gestione della prevenzione e
della protezione dai rischi, un sistema che si innesti sul tessuto
organizzativo preeesistente e con questo si integri.
Il D. Lgs. 626/1994 comporta, quindi, dei cambiamenti, il più
rilevante dei quali è relativo ai comportamenti richiesti agli attori sociali,
chiamati, tutti, ad una partecipazione attiva: si impone, di conseguenza, una
modifica degli atteggiamenti da realizzare grazie ad una pervasiva attività
di informazione, formazione, consultazione.
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Questo comporta :
¾una ridefinizione delle responsabilità di ruolo ;
¾una più mirata attività di comunicazione (interna ed esterna) ;
¾la riprogettazione dei sistemi operativi di informazione e decisione,
di programmazione e controllo, di gestione delle risorse umane.
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CAPITOLO I
ANALISI DELLA NORMATIVA IN
TEMA DI SICUREZZA SUL LAVORO
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PARTE PRIMA
LE FONTI INTERNAZIONALI E COMUNITARIE
1) LA NORMATIVA INTERNAZIONALE.
Il complesso delle norme internazionali che regolano, in modo
specifico, il lavoro e la sicurezza sociale costituisce il cosiddetto diritto
internazionale del lavoro.
La parte più consistente di tale produzione normativa proviene:
a) dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL);
b) dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU);
c) dal Consiglio d’Europa (CdE);
1. 1) L’organizzazione Internazionale del Lavoro.
L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) fu costituita
nell’ambito della Società delle Nazioni al fine di favorire l’adozione di
condizioni di lavoro eque ed umane per i lavoratori (Trattato di Versailles,
parte XIII) attraverso la creazione di una legislazione minima uniforme che
gli Stati membri si sono impegnati ad accettare ed applicare.
L’OIL permette una partecipazione attiva alla formazione della
legislazione internazionale del lavoro da parte dei suoi membri: infatti, ogni
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delegazione nazionale è presente con due delegati governativi (un delegato
degli imprenditori ed un delegato dei lavoratori) che partecipano e votano
senza essere vincolati da un mandato del proprio governo (art. 3 della
“costituzione” dell’OIL).
L’OIL si avvale di due strumenti per promulgare le sue decisioni:
a)le convenzioni
1
;
b)le raccomandazioni
2
.
Rivestono una particolare importanza le Raccomandazioni n°
31/1929, n° 97/1953, n° 112/1959 (concernenti la prevenzione degli
infortuni sul lavoro, la protezione della salute sui luoghi di lavoro ed i
servizi di medicina del lavoro nelle aziende) e le Convenzioni n° 102/1952,
n° 117/1962, n° 121/1964 (che stabiliscono le norme minime della
1
La convenzione approvata deve essere sottoposta, “entro il periodo di un anno a partire
dalla chiusura della sessione della Conferenza, all’autorità o alle autorità competenti, all scopo di
trasformarla in legge o di prendere misure di altro tipo” (art. 19/c della “costituzione” dell’OIL).
“Lo Stato membro che avrà ottenuto il consenso dell’autorità nazionale comunicherà la sua ratifica
formale della convenzione al direttore generale...”, così come esso dovrà fare rapporto all’Ufficio
Internazionale, esponendo le difficoltà che impediscono o ritardano la ratifica della convenzione in
esame se l’autorità nazionale rifiutasse il suo consenso (art. 19/d della “costituzione” OIL). Lo
Stato che ha ratificato la convenzione si assume l’obbligo di renderla effettiva e di dirimere ogni
eventuale conflitto con la legislazione nazionale.
2
Le raccomandazioni concernono quelle materie che, per la loro complessità o per la
diversa disciplina tra gli Stati, difficilmente potrebbero essere trattate in sede di elaborazione di
una convenzione. Esse non comportano obblighi giuridici per gli Stati membri, se non quello di
sottoporre le stesse all’autorità o alle autorità competenti perché siano trasformate in legge o siano
prese misure di altro ordine.
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sicurezza sociale, gli obiettivi e le norme fondamentali di politica sociale, le
prestazioni in caso di infortunio sul lavoro o di malattie professionali).
Nel 1981, la Conferenza generale dell’OIL ha adottato la
Raccomandazione n° 164 insieme con la Convenzione n° 155 in materia di
sicurezza, salute dei lavoratori ed ambiente di lavoro: questi due strumenti
affrontano, per la prima volta, il problema della sicurezza in modo globale.
La Convenzione n° 155/1981 stabilisce l’applicazione della stessa a
tutte le branche di attività economica ed a tutte le categorie di lavoratori, e
stabilisce inoltre le azioni da intraprendere a livello nazionale ed aziendale
(artt. 1, 4, 8, 16). L’impostazione della Convenzione recepisce le moderne
teorie in merito alle caratteristiche di globalità e di interdisciplinarietà
dell’attività di tutela della sicurezza ed igiene del lavoro delineate dalla
Comunità Economica Europea nel programma d’azione in materia
approvato nel 1978.
13
1. 2) L’Organizzazione delle Nazioni Unite.
L’ONU ha adottato degli strumenti di portata generale che incidono
anche in materia di sicurezza del lavoro:
a) la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948);
b) i Patti di New York (1966), che sanciscono i diritti a condizioni
di lavoro eque e favorevoli, di costituire dei sindacati e di
sciopero.
Le norme emanate dall’ONU possono divenire efficaci negli
ordinamenti nazionali in due modi:
1) i principi contenuti nei trattati internazionali possono venire
recepiti dall’OIL e trasformati in Convenzioni;
2) i trattati possono essere ratificati dai singoli Stati e resi esecutivi
sul territorio nazionale per effetto di uno specifico atto di
adattamento (ordine di esecuzione) inserito nella legge di
autorizzazione alla ratifica dei singoli trattati.
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1. 3) Il Consiglio d’Europa.
Il Consiglio d’Europa è un’unione internazionale che ha competenza
(con carattere di coordinamento e consiglio) in campo economico, sociale,
culturale, scientifico, giuridico ed amministrativo, nonché nella
salvaguardia e nello sviluppo dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali.
Esso è composto dal Comitato dei Ministri (organo collegiale
composto da un rappresentante per ogni Stato membro) e dall’Assemblea
Consultiva (composta dai rappresentanti designati dai vari parlamenti
nazionali): il Consiglio può rivolgere ai suoi membri delle raccomandazioni
tramite il Comitato, mentre, a quest’ultimo, l’Assemblea può solamente
rivolgere delle proposte.
Il Consiglio d’Europa si è mostrato molto attivo sia in campo sociale,
sia nel campo dei diritti dell’uomo. Frutti di tale attività sono:
a) la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà
Fondamentali (1950), la quale tratta principalmente dei diritti
civili e politici ed è stata elaborata per rendere obbligatori i
principi contenuti nella Dichiarazione Universale del 1948.
Due gli articoli che rilevano ai fini del diritto del lavoro:
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¾l’art. 4, che vieta la schiavitù e proibisce il lavoro obbligatorio,
rifacendosi alla convenzione n° 105 dell’OIL;
¾l’art. 11, che consacra il diritto dei lavoratori di aderire ad un
sindacato ma senza trattare dei diritti spettanti ai sindacati.
b) la Carta Sociale Europea (1961), la quale riconosce i diritti alla
sicurezza ed all’igiene nei luoghi di lavoro (art. 3), alla
protezione della salute (art. 11), alla sicurezza sociale (art. 12),
all’assistenza medica (art. 13) e, nel protocollo addizionale, i
diritti all’informazione, alla consultazione e partecipazione alla
determinazione delle condizioni e dell’ambiente di lavoro.
Essa può essere considerata come una sintesi del diritto
internazionale del lavoro più che una vera innovazione in
materia. Infatti, la Carta contiene norme che rappresentano un
avanzamento rispetto alle Convenzioni OIL, nonché norme che
rimangono nei livelli di protezione previsti dal diritto
internazionale del lavoro (quali, ad esempio, la materia della
durata del lavoro, la non discriminazione, i diritti sindacali, i
controlli medici).
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2) LA POLITICA SOCIALE COMUNITARIA.
La Comunità Economica Europea, nata con prevalenti finalità
economiche, non pose all’inizio della sua attività la politica sociale tra i
suoi obiettivi prioritari: a riprova di ciò, il fatto che la materia sociale
rimaneva saldamente in capo agli ordinamenti nazionali, mentre si
riconoscevano alla CEE limitati poteri in materia con gli artt. 117, 118 del
Trattato.
L’art. 117 prevede la necessità di promuovere il miglioramento delle
condizioni di lavoro e di vita mediante le istituzioni comunitarie ed il
funzionamento del Mercato Comune.
L’art. 118 attribuisce alla Comunità il compito di promuovere una
stretta collaborazione tra gli Stati membri in campo sociale mediante studi,
pareri, consultazioni (strumenti giuridici non vincolanti).
La Comunità si è attenuta ad una interpretazione restrittiva di questi
articoli per oltre un decennio, e nonostante questi stessi offrissero la
possibilità di un’estensione della competenza comunitaria.
L’art. 117, infatti, richiama l’art. 100 dello stesso Trattato in base al
quale la Comunità Economica Europea può promuovere il “ravvicinamento
delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative” mediante
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direttive
3
approvate all’unanimità, se la materia oggetto di intervento ha
incidenza diretta sull’instaurazione o il funzionamento del Mercato Comune
(da dimostrare).
L’art. 118 richiama gli artt. 235, 155 del Trattato: per effetto di tali
articoli, se necessario al raggiungimento degli scopi della Comunità, la
Comunità può decidere anche nei casi in cui il Trattato non le abbia
conferito i poteri d’azione richiesti.
La politica sociale della Comunità Economica Europea ricevette un
significativo impulso, alla fine degli anni ’60, a seguito delle Conferenze
Intergovernative dell’Aia (1969) e di Parigi (1972).
Fino al vertice dei Capi del Governo del 1969, la Comunità Europea
aveva emanato solo due direttive in materia di sicurezza, prevenzione e
tutela della salute: la Direttiva EURATOM n° 221/1959 e la Direttiva n°
302/1967.
In seguito, il Consiglio decise di istituire il Comitato Consultivo per
la Sicurezza, l’Igiene e la Tutela della Salute dei Lavoratori (decisione n°
325/1974) con il compito di facilitare la cooperazione tra le
3
Le direttive sono uno degli strumenti giuridici mediante cui si possono raggiungere gli
obiettivi fissati nei vari settori di competenza della CEE. Mediante le direttive, la Comunità fissa
determinati scopi che gli Stati si impegnano a raggiungere secondo le proprie procedure nazionali
e riservandosi la scelta dei mezzi (art. 189 Trattato CEE).
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amministrazioni nazionali e le organizzazioni sindacali dei lavoratori e
degli imprenditori che vi sono rappresentate. Varie le iniziative successive:
A) con la Dichiarazione Comune del Parlamento Europeo, del
Consiglio e della Commissione CEE del 5 Aprile 1977 venne
riconosciuto il principio per cui i diritti fondamentali
dell’individuo sono fonti del diritto comunitario;
B) risale al 1977 (Dir. 77/576 modificata dalla Dir. 79/640) la prima
direttiva in materia di prevenzione: essa riguarda il
ravvicinamento delle disposizioni di legge in tema di segnaletica
di sicurezza sul posto di lavoro;
C) nel 1978 viene adottato il primo programma sociale europeo
(Risoluzione Consiglio del 25 Giugno 1978), che delinea le linee
fondamentali della politica comunitaria in materia di sicurezza ed
igiene del lavoro. Gli obiettivi generali del programma erano: il
miglioramento dell’ambiente di lavoro; l’approfondimento la
conoscenza delle modalità di accadimento degli incidenti sul
lavoro; l’analisi del comportamento umano.
D) L’Atto Unico Europeo del 1 Luglio 1987 consente di accelerare il
processo normativo in materia di condizioni di lavoro sicurezza e
salute: esso costituisce, per effetto delle disposizioni contenute
19
nell’art. 118 A del Trattato CEE, la base giuridica per
l’emanazione di direttive a maggioranza qualificata senza dover
dimostrare l’incidenza diretta sull’instaurazione ed il
funzionamento del Mercato Comune ex art. 100 Trattato CEE.
E) Sull’art. 118 A si fonda il terzo programma sociale europeo
(1987), il quale mira ad armonizzare le condizioni di tutela grazie
ad una serie di iniziative quali l’emanazione di un pacchetto di
direttive; l’adozione della Carta Comunitaria dei diritti sociali
fondamentali e del relativo programma di attuazione; la
sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
Obiettivo primario diviene l’armonizzazione delle singole
legislazioni nazionali mediante la costruzione di una legislazione
sociale comune.
F)Con il Protocollo di Maastricht del 31 Ottobre 1991 si mira alla
sostituzione dello strumento legislativo con quello dei contratti
collettivi.
Tale Protocollo:
¾amplia il numero delle materie per le quali il Consiglio può
deliberare a maggioranza qualificata;
¾rafforza il ruolo di partecipazione consultiva delle parti sociali;
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¾riconosce un potere d’iniziativa alle parti sociali.
La Comunità “interviene solo se e nella misura in cui gli scopi
dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli
Stati membri”.
In conformità a tali indicazioni è stato elaborato il programma
comunitario nel settore della sicurezza, dell’igiene e della salute sul luogo
di lavoro 1996-2000. Questo programma risulta diviso in tre parti: I) misure
non legislative intese a migliorare la salute e la sicurezza sul luogo di
lavoro; II) misure legislative esistenti e nuove; III) sicurezza e salute
nell’ambito di altre politiche.