5
L’effettiva indipendenza ed autonomia della magistratura dal
potere politico è esigenza e conquista caratterizzante ogni
sistema democratico avanzato. Per cui, a buon diritto le
prospettive di riforma elaborate dal legislatore non sfuggono al
rigoroso, doveroso e diffuso setaccio istituzionale.
La frenetica ricerca del punto di equilibrio tra gli organi titolari
dei poteri dello Stato, le censure perentorie e gli animati biasimi
indirizzati ai promotori anche della più pallida proposta
riformista, dunque, rappresentano insieme la cifra autentica della
storia della magistratura italiana e il salutare tramestio all’origine
dello sviluppo della coscienza politico-istituzionale dei singoli
cittadini.
Orbene, al fine di procedere con massimo profitto all’esame
degli attuali sviluppi del dibattito e delle recentissime proposte di
riforma, è preliminarmente necessario ripercorrere
scrupolosamente le tappe più significative che hanno segnato nel
corso dei decenni l’evoluzione dell’organizzazione giudiziaria
italiana.
6
Occorrerà dunque innanzitutto mettere in luce l’intima
contraddizione del periodo liberale, diviso tra la svolta garantista
impressa dallo Stato liberale ai principi e agli istituti già noti al
liberalismo ottocentesco, da un lato, ed il controllo
particolarmente incisivo ed esteso esercitato dal potere esecutivo
sull’attività dei giudici, dall’altro.
Dovrà poi procedersi alla congrua disamina degli sviluppi
autoritari del regime fascista e dei rovinosi effetti
sull’amministrazione della giustizia, prima di passare finalmente
alla descrizione del modello di magistratura introdotto dalla
Costituzione repubblicana e, dunque, all’esame accurato dei
principi cui è informato l’ordinamento giudiziario.
Occorrerà infine esaminare i contenuti della recente riforma
della composizione e del sistema elettorale del C.S.M.. -
considerato anche l’intenso dibattito che ne ha accompagnato
l’entrata in vigore -, i recenti sviluppi del processo di riforma
costituzionale e le proposte de iure condendo di riforma
dell’organizzazione della giustizia.
7
CAPITOLO I
LA MAGISTRATURA DURANTE LA
VIGENZA DELLO STATUTO ALBERTINO
(1861-1948)
1.1- Magistratura e potere esecutivo nello Stato
liberale
La disciplina contenuta nel titolo quarto della Carta
Costituzionale, ancorché rappresenti l’esito finale di
un’evoluzione garantista di principi ed istituti già noti al
liberalismo ottocentesco
1
, segna nel contempo il distacco da quel
medesimo passato per inscriversi all’interno di un tessuto
costituzionale informato ad un pluralismo assiologico
sconosciuto alla tradizione statutaria e, ancor di più, al regime
fascista. Era convinzione dell’onorevole Bozzi che ogni giudice,
sia esso ordinario che speciale, avrebbe dovuto necessariamente
uniformare la propria azione ai principi fondamentali, immessi
nel tessuto costituzionale, i quali costituivano un’importante
1
Cfr. A. Pizzorusso, L’organizzazione della giustizia in Italia, Torino, 1990, p. 38.
8
garanzia per assicurare il regolare svolgimento dei giudizi e la
difesa dei diritti dei cittadini
2
. Il Costituente, sin dall’avvio dei
lavori fu infatti impegnato ad inserire nel nuovo testo
fondamentale valori e istituti che rappresentassero una novità
rispetto ad una disciplina statutaria
3
, la quale, a cagione di
un’eccessiva duttilità e incapacità di assecondare le profonde
trasformazioni di una società di massa, aveva favorito
un’involuzione degli apparati giurisdizionali in senso
decisamente antidemocratico. Questo fenomeno, certamente
esiziale per gli interessi degli individui, che ebbe il suo punto di
arrivo nel regime dittatoriale, rinveniva le sue radici proprio nel
declino dello Stato liberale, di cui il fascismo rappresentò la
fisiologica degenerazione.
Nel corso del periodo liberale, nonostante l’esplicita
previsione statutaria di alcune garanzie a favore dell’ordine
giudiziario, il potere esecutivo arrivò a svolgere un controllo
esteso e particolarmente incisivo sull’attività dei giudici,
assolutamente pregiudizievole per la loro indipendenza, che
2
On. A. Bozzi, in Atti Assemblea Costituente, Commissione per la Costituzione, Seconda
Sottocommissione, Seconda Sezione, seduta del 18 Dicembre 1946, p. 1936.Tratto da “La
Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori, Roma, 1970.
3
Cfr. A.M. Poggi, Il sistema giurisdizionale tra “attuazione” e “adeguamento” della
Costituzione, Napoli, Jovine, 1995, p. 133.
9
Calamandrei giudicò priva di consistenza
4
, alla mercè di gruppi
reazionari o nazionali, avvezzi a considerare la giustizia
elusivamente come strumento per la difesa dei loro privilegi
5
.
Del resto, la stessa previsione statutaria di una derivazione
della Magistratura dal Sovrano, nel cui nome avrebbe dovuto
amministrare la giustizia (art. 68), induceva i più a considerare
l’ordine giudiziario come una mera articolazione della pubblica
amministrazione, una sua appendice, al cui vertice era posto il
Ministro della Giustizia e non come un “distinto potere dello
Stato”
6
. Siffatta accessorietà era poi, ulteriormente comprovata
da una sostanziale dipendenza
7
dei Magistrati, per tutto quanto
concerneva il loro status impiegatizio (dalle nomine, ai
trasferimenti, alle promozioni, ai poteri disciplinari, ecc….), da
un organo politico che, pur rimanendo in teoria estraneo alle
funzioni giudiziarie, finiva sempre per portare l’influsso della
corrente politica da lui rappresentata in seno al governo, fino a
4
Cfr. P. Calamandrei, Indipendenza e senso di responsabilità del giudice, in opere
giuridiche, a cura di M. Cappelletti, vol. I, Napoli, 1965, p.654.
5
On. P. Togliatti, Per l’indipendenza della giustizia e la dignità della magistratura, in
L’Unità, del 17 luglio 1945, richiamato da F. Rigano, Costituzione e potere giudiziario,
Padova, 1982, p. 44.
6
Cfr. S. Senese, Giudice (nozione e diritto costituzionale), in Dig. Disc. Pubb., vol. VII,
Torino 1991, p. 202.
7
In particolare il R.D. 6 dicembre 1865, n. 2626 (ordinamento giudiziario del Regno
d’Italia), la legge Orlando 24 luglio 1908, n. 438 (sul sistema disciplinare), il R.D. 14
dicembre 1921, n. 1978 (sulle promozioni)
10
condizionare la “vita interna” del corpo giudiziario
8
. A conferma
di quanto precede, la stessa facoltà attribuita al
Guardasigilli di trasferire il giudice, anche senza il suo consenso,
“per l’unità del servizio” (art. 199, 2° comma dell’ordinamento
giudiziario del 1865
9
), nonché di esercitare “l’alta sorveglianza
su tutte le Corti, i Tribunali e i Giudizi dello Stato”, potendo
anche ammonirli e chiamarli «a sé» per rispondere sui fatti ad
essi imputati (art. 216), fu sovente esercitata dai diversi governi
per tenere sotto tutela i magistrati recalcitranti e per influenzare
le Corti giudicanti. Frequente, almeno fino al 1890, fu altresì il
ricorso da parte del Governo alla nomina politica e partigiana dei
magistrati, che consentiva la selezione di persone compiacenti,
certamente poco ostili all’indirizzo governativo. Non tralasciando
poi di considerare il particolare ruolo del Magistrato del Pubblico
Ministero,collocato, già prima dell’unità, sotto la direzione del
Ministro della giustizia, come suo “rappresentante” presso
l’autorità giudiziaria (art. 129 dell’ordinamento giudiziario del
1865),e del quale doveva osservare le istruzioni impartite
8
Relazione introduttiva al progetto presentato dall’ On. G. Patricolo (il potere giudiziario e
la Suprema Corte Costituzionale) alla Commissione per la Costituzione, e discusso durante
le sedute della Sec. Sott. Sez. del 5 e 6 dicembre 1946, in Materiali della Repubblica,
Assemblea Costituente, vol. I, Tomo II, Reggio Emilia, 1991, p.245.
9
R.D. 6 dicembre, n. 2626. G. Neppi Modona, La magistratura e il fascismo, in Pol. del
Dir. 1972, p. 568
11
mediante circolari, in grado di condizionare finanche l’avvio
dell’azione penale, oltre ai comportamenti
10
.
Da qui un atteggiamento, giustificato da aspirazioni di carriera,
di un diffuso conformismo che talvolta si confondeva col
servilismo da parte di un cospicuo settore della magistratura nei
riguardi dei detentori del potere, tanto da indurre Calamandrei a
rilevare come il nostro ordinamento giudiziario, pur riuscendo a
salvaguardare il giudice « contro le vendette », non era per
converso nelle condizioni di difenderlo da un’arma assai più
insidiosa e penetrante, cioè contro i favori dei governanti
11
.
Ma i condizionamenti del potere politico non si fermavano alla
soglia della carriera del magistrato, poiché investivano la stessa
amministrazione della giustizia attraverso una varietà di
comportamenti che andavano dalla preventiva preclusione, al
potere giudiziario di intervenire nei casi in cui la legge l’avrebbe
richiesto, fino alla sostituzione del giudice per dirimere
controversie determinatesi tra amministrazione e cittadini
12
.
10
G. Neppi Modona, La magistratura e il fascismo, cit. , p. 567.
11
P. Calamandrei, Governo e magistratura, Discorso inaugurale dell’ Anno Accademico
dell’ Università di Siena (1921), in Opere Giuridiche, a cura di M. Cappelletti, vol. II, p.
208. La contiguità tra magistratura e ambienti politici è evidenziata da G. Neppi Modana,
Ruolo della giustizia e crisi del potere politico, p. 10 sulla base di dati che dimostrano che
sino alla fine dell’ 800 i magistrati chiamati a coprire le più alte cariche dell’organizzazione
giudiziaria erano in genere di estrazione politica
12
On. G. Leone, A. C. Sec. Sott. Sec. Sez., seduta del 18 Dicembre 1946, p. 1937.
12
1.2- Sviluppi autoritari del regime fascista e suoi effetti
sull’amministrazione della giustizia
Sotto il profilo strutturale, benché il regime fascista non avesse
introdotto una riforma particolarmente significativa
dell’ordinamento giudiziario vigente, tanto da indurre taluno a
parlare di una «sostanziale continuità istituzionale e normativa
13
»
con lo Stato ottocentesco, è indubbio che esso portò a
maturazione un’inclinazione autoritaria già presente durante il
periodo liberale. Tale evoluzione, certamente rovinosa per i
diritti individuali, procedette in varie direzioni: attraverso il
potenziamento della gerarchia interna della magistratura;
l’amplificazione dei poteri dell’esecutivo, anche ricorrendo
all’esercizio di un controllo indiretto sugli apparati
giurisdizionali e diretto sull’ufficio del Magistrato del Pubblico
Ministero, che continuava ad essere alle sue dipendenze; la
moltiplicazione delle giurisdizioni speciali e straordinarie, come
il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, a composizione
prevalentemente militare, istituito per perseguire e reprimere gli
oppositori politici
14
.
13
Cfr. S. Senese, Giudice (nozione e diritto costituzionale), cit., p.204.
14
Cfr. C. Guarnirei, Magistratura e politica in Italia, Bologna, Il Mulino, 1993, p.86.
13
Ciò a conferma di una sistematica erosione dell’ordinamento
statutario, già avviata durante il periodo liberale, che condusse al
sostanziale svuotamento delle esigue guarentigie riconosciute
alla magistratura assolutamente incapaci di porre un argine a
possibili avventure costituzionali
15
. Nonostante il regime fascista
non si fosse mai formalmente espresso per la sospensione dello
Statuto Albertino, è indubitabile, tuttavia, che il testo
fondamentale dello Stato fu di fatto reso inoperante per essere
stato costretto in una gabbia di leggi fasciste
16
. E così, tra i primi
provvedimenti adottati dal governo Mussolini con la riforma
Oviglio del 1923, va ricordata l’abolizione dell’elettività dei
componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, con
l’effetto di demandare la nomina direttamente al Guardasigilli
sentito il Consiglio dei Ministri, ripristinando in tal modo una
regola risalente al 1902.
Lo stesso ordinamento giudiziario introdotto successivamente
dal Ministro Grandi prevedeva un Consiglio Superiore della
Magistratura presso il Ministero di Grazia e Giustizia, cui
venivano attribuite mere funzioni consultive.
15
Cfr. P. Pombeni, La Costituente, Bologna, 1995, p.38.
16
Cfr. U. Terracini, Come nacque la Costituzione, a cura di P. Balsamo, Roma, 1978, p. 23.
14
Il principio del così detto autogoverno della magistratura
appariva, infatti, al Guardasigilli assolutamente incompatibile
con il concetto di Stato fascista.
Non era, cioè, ritenuto ammissibile che continuassero ad
esistere organi indipendenti dallo Stato medesimo, o autarchie, o
caste sottratte al potere sovrano unitario, supremo regolatore di
ogni pubblica funzione. Anche se è d’uopo qui ricordare che
siffatta torsione della magistratura ai desideri del governo non
sembrò, salvo rare eccezioni, neppure trovare una particolare
resistenza da parte dei diretti interessati a cagione di una loro
sostanziale omogeneità socio/culturale con il potere politico
17
.
Almeno nella fase di avvio dell’esperienza fascista, quando la
dittatura non aveva mostrato appieno le sue potenzialità
oppressive e persecutorie, la magistratura venne, infatti,
naturalmente ad allinearsi agli indirizzi del ceto politico
governante.
17
Cfr. G. Neppi Modona, La magistratura e il fascismo, cit., p. 346.
15
CAPITOLO II
MAGISTRATI E MAGISTRATURA
SECONDO IL DIRITTO VIGENTE
2.1- Il modello di Magistratura introdotto dalla
Costituzione repubblicana
Nonostante alcune incertezze e ambiguità di fondo
1
del disposto
costituzionale, che la maggior parte dei commentatori imputa alla
rapidità e fretta con cui venne licenziato il Titolo IV, parte II
della Costituzione, nonché alla sua indeterminatezza, resa palese
proprio dal frequente rinvio alla legge sull’ordinamento
giudiziario ( art. 102, 1° com.; 105; 106, 2° com. ), è tuttavia
irrefutabile il tentativo compiuto dai Padri della Costituzione di
porre le basi per una sostanziale trasformazione
dell’organizzazione della giustizia nel nostro paese.
Siffatto obiettivo è stato perseguito dai redattori del testo
fondamentale, che per motivi culturali e generazionali erano
certamente legati ad una concezione della magistratura ancora
1
A. Pizzorusso, L’ordinamento giudiziario, Bologna, Il Mulino, 1974, p. 24, che definisce
questa ambiguità “ di non lieve momento” e tale gravità da rendere il Titolo IV “uno dei
capitoli della Costituzione meno felice e più bisognosi di correzione”. Ma un tale giudizio
negativo è ricorrente in tutta la letteratura che si è occupata dell’ ordinamento giudiziario.
A cominciare da V. Denti, Il potere giudiziario, in AA. VV., Attualità e attuazione della
Costituzione, Roma-Bari, 1979, p. 173; M. Devoto, Ordinamento giudiziario, in Enc. Giur.,
vol XXI, Roma,1990,p.4.
16
prossima al modello statutario, immettendo il potere giudiziario
in un nuovo tessuto costituzionale nel quale, accanto ad una
diversa forma di Stato, il rapporto autorità-cittadino appariva
indiscutibilmente informato a valori e principi distanti da quelli
dominanti durante il periodo liberale e soprattutto nel corso della
dittatura
2
. Il dibattito in Seconda Sottocommissione (seconda
sezione) e alla Costituente (dal 20 al 27 novembre 1947), in
alcuni passaggi di elevato spessore culturale per l’autorevole
intervento di insigni giuristi (da Pietro Calamandrei, a Giovanni
Leone, a Mortati), pur dovendo necessariamente immergersi
nella realtà storico-culturale dell’epoca, appare ancora di grande
attualità rappresentando l’avvio di un confronto che, per
l’elaborazione di taluni istituti e principi, si può a ragione ancora
definire in corso e mai concluso.
Una delle idee fondatrici, ricorrente nella maggior parte degli
interventi effettuati durante i lavori della Costituente e nello
stesso dibattito parallelamente condotto all’interno del mondo
professionale
3
, fu certamente quella di assicurare
2
Cfr. L. Chieffi, La magistratura, Jovene, Napoli, 1998, p. 16.
3. Cfr. E. Moriondo, l’ideologia della magistratura Italiana, Bari, 1967, p. 51. Un ruolo
significativo diretto , ad influenzare il dibattito alla Costituente, fu certamente svolto dal
rinato organismo associativo dei magistrati che proprio nel 1946 elaborò quella che fu
definita come la Magna Charta della magistratura, il cui primo punto chiedeva ai
redattori della Costituzione il “riconoscimento del potere giudiziario come potere
indipendente ed autonomo, emanante direttamente dalla sovranità dello Stato”.
17
alla magistratura, in antitesi a quanto avvenuto durante il periodo
liberale, un’effettiva indipendenza ed autonomia dal potere
politico e in particolar modo dall’esecutivo, in quanto giudicate
“esigenze” e “conquiste”
4
di una democrazia avanzata oltre che
misura del grado di civiltà dei popoli
5
. Solo allontanando il
potere giudiziario da quella tradizionale dipendenza dal Ministro
della Giustizia si sarebbe potuto realmente assicurare «ordine e
libertà» per mezzo del diritto nonché la tutela delle guarentigie
dell’individuo «contro l’invadenza e i tentativi di sopraffazione».
La realizzazione di una indipendenza piena e senza residui
dell’esecutivo, esigeva, comunque, che fosse portato a
compimento nel progetto costituzionale un processo, avviato dal
costituzionalismo moderno a cominciare dagli scritti di Locke e
di Montesquieu, di separazione del potere giudiziario da quello
amministrativo, fino a quel momento rimasti “unificati”,
indispensabile per consentire il reciproco controllo. Da qui
l’esigenza manifestata sin dai lavori della Commissione Forti di
conferire alla funzione giudiziaria, come espressione della
4
On. M. Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione, A.C., 25 novembre
1947,p. 4061.
5
Cfr. P. Calamandrei, Governo e magistratura in Opere giuridiche, a cura di M.
Cappelletti, vol. II,p. 199.
18
sovranità dello Stato, la qualifica di potere, analogamente a
quanto riconosciuto alle altre funzioni fondamentali dello Stato
(legislativa ed esecutiva), eliminando così la definizione di
ordine, cui era ricorso lo Statuto Albertino
6
. Non essendo ritenuto
dai Costituenti ripetibile quest’ultimo modello,che in sostanza
riportava la magistratura nell’alveo del potere esecutivo, la nuova
qualificazione avrebbe invece condotto la funzione giudiziaria e
l’esercizio stesso della giurisdizione nella sua « indiscutibile
posizione di potere dello Stato », con l’ulteriore effetto di
ribadire l’inderogabile autonomia del corpo giudiziario e un suo
più netto riconoscimento nella sua essenza in confronto agli altri
poteri statali.
Pur tuttavia, nonostante un diffuso interesse ad introdurre in
Costituzione radicali cambiamenti anche espressivi rispetto al
passato, l’impiego del termine potere non ottenne il suffragio
sperato, venendo infatti sostituito con la tradizionale qualifica di
ordine che, nell’intento dei suoi proponenti, non avrebbe
comunque inficiato il prioritario obiettivo di conferire alla
magistratura una più estesa autonomia ed indipendenza
7
.
6
All’interno del quale “per un residuo di mentalità proveniente dalla Rivoluzione francese,
la funzione della giustizia era quasi, una funzione delegata dal sovrano”: On. A. Bozzi,
A.C. sed. 6 novembre 1947, p. 3668.
7
Cfr. C. Giannattasio, La magistratura, in Commentario sistematico alla Costituzione
Italiana diretto da P. Calamandrei e A. Levi, vol. II, Firenze, 1950, p. 172.