6
profilo professionale del D.M. 739 / 94. L’idea di elaborare una tesi
sull’organizzazione dei servizi infermieristici ambulatoriali sul territorio,
nacque dalla riflessione di soddisfare le necessità della popolazione, costretta
dopo le dimissioni di un ricovero ospedaliero a reperire personale
d’assistenza competente per proseguire l’iter terapeutico e il processo
assistenziale. Questi bisogni sono continuamente richiesti dagli utenti al
personale degli sportelli delle ASL, negli ambulatori di MMG, agli specialisti
dell’ADI e dell’ADP.
Ho incontrato delle difficoltà per la stesura della tesi, per l’ impossibilità di
un confronto con realtà lavorative locali. Tentai di sopperire questo mancato
riferimento programmando uno stage all’ASL Roma B, dove gli ambulatori
infermieristici sono efficienti , ed hanno avuto una rapida diffusione ed un
incremento degli accessi in tempi rapidi ,a partire dal 1999. Il fine ultimo
della tesi è che, con il migliore auspicio, in tempi brevi, si possano istituire
gli ambulatori infermieristici territoriali nell’ASL 11 di Reggio Calabria
La tesi è strutturata come di seguito specificata:
Il capitolo 1° presenta lo sviluppo storico della legislazione sanitaria, in
riferimento all’assistenza, dall’unificazione d’Italia ai nostri giorni.
Il capitolo 2° descrive i livelli essenziali di assistenza ( LEA) aggiornati fino
all’ultimo piano sanitario nazionale 2006-2008.
Il 3° capitolo illustra la formazione infermieristica dall’inizio del 20° secolo
alla riforma universitaria e dunque alla laurea specialistica e ai master
universitari.
7
Il 4° capitolo illustra l’organizzazione per l’istituzione dei servizi dei servizi
infermieristici, le varie fasi di progettazione e attuazione, determinando il
fabbisogno del personale con il calcolo dei carichi di lavoro e
l’organigramma.
8
Organizzazione dei servizi infermieristici
Ambulatoriali territoriali
CAPITOLO PRIMO
LA LEGISLAZIONE SANITARIA: ASPETTO STORICO-EVOLUTIVO
1.1 Assistenza sanitaria fino alla costituzione della Repubblica Italiana.
Nell’ordinamento italiano è particolarmente tutelato il diritto alla salute. La
salute è quello stato di completo benessere fisico, psichico e sociale
dell’individuo rappresentato dalla “normalità, strutturale e funzionale
dell’organismo”, ovvero, secondo la definizione fornita dall’OMS nel
1948,lo “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non solo
l’assenza di malattie e infermità”. Nei secoli la problematica relativa alla
salute della popolazione si è imposta all’attenzione dei governi, in quanto si
riteneva che la stessa non interessasse soltanto il singolo cittadino, ma
l’intero Stato, perché quest’ultimo, finalizzato alla produttività e alla potenza
politica, per raggiungere il suo scopo, doveva contare su una popolazione
sana, numerosa e forte. L’economia delle nazioni ha portato a considerare il
costo della malattia e delle cure necessarie alla guarigione, ma anche il peso
economico derivante dall’assenza di lavoro e la conseguente improduttività
ed infine lo svantaggio economico-sociale del pericolo delle epidemie. Per
arrivare ad un sistema organico di norme in materia sanitaria e di tutela della
salute si è dovette attendere, per quanto riguarda il nostro paese, la
proclamazione del Regno d’Italia, nel 1861, perché solo dopo tale evento
storico si pose il problema dell’assistenza ai malati, anche se non nella forma
a noi attualmente nota.Già nel 1862 la legge n°753 (legge Rattazzi) disciplinò
le opere che si occuparono dell’assistenza ai malati e ai poveri, gettando le
9
basi per un programma normativo che si sviluppò fino al 1890 e che portò
alla regolamentazione delle seguenti esigenze sociali:
• l’assistenza sanitaria agli indigenti;
• il mantenimento e la cura dei malati psichici;
• la tutela dei minori illegittimi;
• l’istruzione fino alla scuola elementare dei minori
figli di poveri.
Con la legge n° 2248 del 1865 tali compiti furono attribuiti a livello centrale,
al Ministero dell’Interno, a livello periferico, al Prefetto e ai Sindaci. Il
Ministero dell’Interno si occupò della profilassi delle malattie infettive, i
Prefetti e i Sindaci gestivano le case di assistenza insieme alle opere pie
private e religiose, cui erano affidati tutti gli ospedali e in generale,
l’assistenza sanitaria. L’Organizzazione dello Stato s’innovò con grandi
istituzioni. Nel 1988 con la legge n°5849, il Parlamento istituiva:
• il Consiglio superiore di Sanità, con funzioni
tecnico-consultive;
• gli uffici sanitari provinciali dipendenti dai
prefetti e dai comuni;
• la Direzione generale della sanità pubblica
presso il M.I. con a capo un medico igienista.
L’organizzazione periferica era così strutturata:
• ufficiale sanitario in ogni provincia;
• il medico condotto;
• ufficio d’igiene nei comuni con più di 25000
abitanti.
La riforma più importante di quel periodo fu la “legge Crispi” n°6972 del 17-
7-1980, la quale concludendo il trentennio di riordino e creazione della
10
legislazione sanitaria e di assistenza ai bisognosi, previde le seguenti
innovazioni:
• attribuzione alle opere pie di personalità giuridica pubblica, con
denominazione di Istituzioni pubbliche di beneficenza ed in seguito di
IPAB.
Tra le Istituzioni sopra menzionate non furono compresi i comitati di
soccorso, le Istituzioni di assistenza temporanea, le fondazioni a favore di
soggetti determinati e tutte le associazioni regolate dal C.C.
Le Istituzioni dovettero essere amministrate e tale compito dovette essere
svolto da congregazioni di carità, da Corpi Morali, consigli ed altre
amministrazioni speciali.
Fu istituito un controllo di merito su ciascuno degli organi sopraindicati.
Il resto della legislazione sanitaria vide l’emanazione negli anni fino al 1945
delle seguenti normative :
• Norme per l’assistenza agli infermi di mente L . 14.1.904 n°36;
• Unificazione dell’intero corpo normativo T.U.L.S. R.D. 1-8-07
n°636 con le modifiche del RD 27/7/34 n° 1265;
• La riforma degli ordinamenti sanitari RD 30.12.23 n° 2889;
• Istituzione Opera Nazionale Protezione Maternità-Infanzia L.
10.12.25 n°2277;
• Sostituzione delle congregazioni di carità con gli enti comunali di
assistenza, L. 3.6.1937n° 847;
• Costituzione Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica
alle dirette dipendenze del consiglio dei ministri Dlgs 12.6.1945
n°417;
• Creazione, inizialmente spontanea di società di mutuo soccorso,
assicurazioni privati dovute ad iniziative di operai e artigiani,che si
trasformano in enti assicurativi, distinti per categoria.
11
La situazione relativa all’organizzazione sanitaria sul territorio nazionale
negli anni del dopoguerra può essere sintetizzata come segue:
• i singoli comuni avevano competenze specifiche
sull’assistenza ai malati;
• a livello centrale l’organizzazione sanitaria era
coordinata dal Ministero dell’Interno ed in particolare da due
organi specifici dello stesso, la direzione generale della sanità
ed il consiglio superiore della sanità;
• a livello provinciale, la maggiore autorità era il Prefetto;
• a livello comunale era il sindaco, affiancato dall’ufficiale
sanitario medico;
• l’assistenza sanitaria ai non abbienti era affidata ai
medici condotti e alle ostetriche condotte;
• i pazienti che necessitavano di cure intensive erano
trasferiti in ospedale.
Per ogni singolo caso era prevista una situazione di spesa differente, se il
malato era indigente aveva diritto all’assistenza statale gratuita, altrimenti
ogni prestazione fornita era a pagamento.
Dopo la seconda guerra mondiale la Direzione Generale della Sanità
Pubblica venne sostituita dall’Alto Commissariato dell’Igiene e della Sanità
Pubblica dipendente dalla presidenza del Consiglio. In periferia
l’organizzazione rimase immutata .
12
1.2 La tutela della salute dalla Costituzione alla riforma sanitaria
Nel 1948 entrò in vigore la costituzione che disponeva:
“art. 32: la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli
indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento
sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso
valicare i limiti imposti dalla dignità umana.
Art. 38: ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per
vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno
diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di
vita in caso d’infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione
involontaria. Gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e
all’avviamento professionale.”
Da ciò si evince come, il diritto alla salute fu inserito tra i principi generali
dell’ordinamento della Repubblica. Gli Atti parlamentari di quel periodo,
mostrano l’impegno alla difesa del principio “Salus publica suprema lex”,
ritenendolo condizione essenziale per la libertà dell’ individuo malato o
minorato nelle sue capacità fisiche e intellettuali non è un uomo libero. Con
una visione moderna venne sancito il divieto di pratiche mediche lesive della
dignità umana; dei trattamenti sanitari obbligatori se non in casi particolari; il
rapporto fiduciario fra medico e paziente; la partecipazione del cittadino alla
spesa sanitaria. Il diritto alla salute è destinato a tutti i cittadini senza alcuna
distinzione ed è ispirato alla libertà individuale e alla tutela della dignità
umana. Da ciò deriva che il diritto dell’individuo è interesse della collettività,
sublimando il rapporto cittadino-stato, nessuna previsione normativa può
limitarlo, essendo il diritto alla salute prioritario su altri diritti, tutelati
dall’ordinamento e pertanto la sua lesione è risarcibile, ex art. 2043 C.C.,