LUIGI THEODOSSIOU, Ordo iuris, una categoria della storiografia
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trascendente, il quale altro non è se non la divinità nomoteta della
tradizione canonista, incontro delle dissonanze della vita
medievale e creatore dell’armonia tramite l’ordine insito nelle
cose che da esso promanano.
Nel redigere una tesi di storia della storiografia inerente
all’Ordo iuris, ogni aspetto temporale e ciascuna trattazione di
correnti storiche passano in secondo piano, poiché l’oggetto
centrale del mio studio è la concezione che gli autori di cui mi
sono occupato e che ho esaminato, hanno dell’ordine, e cerco di
comprendere le ragioni del successo di tale categoria
storiografica e della sua adozione per il periodo medievale e
l’utilizzazione che ne fa il Birocchi nei periodi successivi,
ricercando l’ordine dal cinquecento al novecento (Birocchi
2002).
E’ un lavoro di storia della storiografia del diritto e delle
istituzioni, e tracciando l’evoluzione del diritto europeo dal
Medioevo a oggi, intendo offrire una lettura della storiografia
con lo sguardo della categoria dell’ordo. La metodologia della
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ricerca storica mira invece a delineare i fini della storia del diritto
ed è la base per approfondire gli scritti che utilizzano una
determinata categoria storiografica. I testi non devono essere letti
e studiati tramite le categorie presenti e occorre recuperarne la
logica originaria
Ogni studio e ricerca storica è basato o sulle fonti ovvero
sulla storiografia o ancora su entrambe, ma nell’elaborare uno
scritto che ha ad oggetto la storia della storiografia, questa ultima
assurge alla dignità di fonte primaria e la visuale dell’Autore
cambia poiché è concentrata non più sui fatti e sulla storia che
dalle fonti promanano e nelle quali è possibile ricostruirle, e
allontanandosi dallo storicismo ottocentesco, costruirle, bensì
sugli scritti e sulle opere che gli storici hanno compiuto
successivamente e su altri elaborati che su tali opere trovano il
loro fondamento. La stesura di una tesi che indaga sulla categoria
dell’Ordo iuris non può prescindere dal Medioevo, ma ha come
fonti centrali, nel mio caso, autori che con quella categoria hanno
edificato opere che oltrepassano i limiti medievali, come la
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mirabile opera del Birocchi, o ancora, studiosi che hanno assunto
ad oggetto principale l’incandescente officina del diritto dell’Età
di mezzo, come Grossi, il quale nell’Ordine giuridico intravede
una perfetta categoria per interpretare un mondo in cui non è
presente uno Stato moderno in posizione di preminenza rispetto
agli altri corpi giuridici, e che il Calasso invece non riesce a
cogliere. I giuristi medievali non vengono esaminati in sé, per la
loro formazione, per le scuole e i metodi di ricerca e
interpretazione, ma è posto in rilievo l’utilizzo che gli stessi
fanno della categoria dell’ordo; essi sono da me studiati sia come
soggetti che come oggetti: essi sono soggetti in quanto ricercano
l’ordine insito nelle cose e nei testi, mentre possono e devono
essere considerati anche come oggetto di studio per la piena
comprensione dell’immaginario medievale e della visione che gli
storici hanno di tale universo, come nel caso del Calasso, il quale
costruisce la teoria della sovranità anche sui glossatori; il Grossi
nella trattazione dell’ordine giuridico medievale critica il
Calasso; entrambi sono centrali nella storiografia da me presa in
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esame e nell’evoluzione delle categorie utilizzate col fine di
comprendere la storia del diritto, culminante in trattazioni
complete come quella dell’Hespanha, il quale spazia dalla
metodologia della storia agli avvenimenti che culminano nella
postmodernità o ancora l’opera del Birocchi, in cui la ricerca
dell’ordine giuridico percorre e intercorre epoche differenti,
costituendone non solo un legame ma anche uno schema di
comprensione.
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CAPITOLO I
La metodologia della ricerca storica
Il diritto è un sapere formativo. Esso esiste da sempre nella
società e le soluzioni giuridiche ai problemi pratici sono
contingenti in rapporto a un determinato ambiente, a una
specificità e a un quid locale. Max Weber sviluppa la nozione di
storia del diritto come discorso legittimante, a partire da vari
insiemi di credenza, detti strutture di legittimazione, organizzate
intorno a valori tradizionali o razionali o collegati alla religione
e alle divinità. La storia del diritto ha svolto questo ruolo
legittimante. La giustizia del diritto si identifica col diritto
praticato da lungo e immemorabile tempo. La Scuola Storica
dell’inizio dell’ottocento era edificata sulla idea che il diritto
sorge dallo spirito del popolo e della nazione, di cui le tradizioni
culturali, e anche giuridiche, sono i gelosi custodi e i depositari.
La storia del diritto aveva un ruolo dogmatico essenziale
per svelare i valori tradizionali e per conservare l’autenticità del
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diritto contemporaneo da innovazioni non radicate nel sentire
comune della società. Oggi nel mondo occidentale la tradizione
non è la principale struttura legittimante. Le nozioni giuridiche di
famiglia, omicidio, aborto, furto e tante altre sono da sempre
presenti nella storia della umanità, ma esistono rotture e fratture
insanabili e distanti che le contraddistinguono da un’epoca
all’altra. Il significato semantico è differente. La famiglia,
sebbene abbia una derivazione latina, non può essere assimilata o
paragonata a quella Romana, in cui le parentele sono molto più
ampie e coinvolgono i non sanguinei e comprendono perfino i
beni della casa. Venuta meno questa illusoria continuità, cade il
mito della naturalezza delle categorie giuridiche e della loro
assolutezza e universalità, sostenuta, nel caso della famiglia, dal
giusnaturalismo cristiano, specie in quello cattolico.
C’è chi utilizza la storia per spiegare il progresso del sapere.
Il presente viene così sacralizzato dal lavorio di antichi laboratori
giuridici rudi ed imperfetti, che hanno forgiato nel tempo
l’odierno e moderno e efficiente e centellinato diritto
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contemporaneo. La tecnica della naturalizzazione e quella della
progressione, impongono o il prevalere del passato, o il dominio
del presente. E’ un gravissimo errore l’applicazione di categorie
moderne come la privacy, a elementi giuridici medievali, come la
protezione del domicilio da parte delle corti regie: i diritti
soggettivi non erano ancora percepiti come inviolabili dalla
società e venivano sacrificati per la salvaguardia dell’ordine
sociale.
Atra tecnica di legittimazione è quella di Hans Kelsen,
basata sul lavoro scientifico in un periodo attraversato da roventi
lotte ideologiche, in cui il laboratorio dell’inventiva giuridica ha
tentato anche di percorrere la via della neutralità.
Alcuni autori invece non hanno la minima esitazione nel
classificare ed etichettare la storia del diritto come un genere
letterario, ed altri ancora considerano oggetto della nobile
disciplina in questione, la intera società, intesa come cultura,
tradizione, e letteratura.
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Le norme giuridiche possono essere oggetto di
comprensione solamente se esse non sono la base di
considerazioni isolate bensì se immerse nei complessi moti della
vita sociale. Il diritto quotidiano presenta una resistenza che
manca ai restanti diritto ufficiali.
Michel Foucault ha fatto riferimento al carattere molecolare
del potere e alla sua presenza continua e diffusa nella società: la
panpoliticizzazione, causa anche di un nuovo pluralismo
giuridico.
Il postmodernismo si è fatto portatore di una forte
attenzione verso la quotidianità, e verso forme di manifestazioni
puramente sociali e non oggetto di giuridicità in sé e per sé, come
l’amicizia e l’amore. Il diritto è semplicemente e puramente e
spontaneamente un prodotto sociale.
Occorre grande attenzione nei confronti del contesto e del
tempo in cui i valori giuridici sono incastonati; quando si riceve
un testo lo si riproduce, dando al medesimo un nuovo significato,
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differente e derivato dall’originale e al tempo stesso autonomo e
principale.
L’ennesima strategia della storia critica del diritto è quella
che sostiene la non necessità dello sviluppo storico secondo una
logica escatologica: è rifiutata e rigettata la teleologia.
La storia è una continuità di discontinuità, un insieme di
rotture; la storia del diritto ha dunque natura relazionale, legata a
contesti sempre specifici e perennemente locali.
Il presente non è più il trionfo e la realizzazione del passato,
che può essere liberato e studiato in sé.
Dopo l’economismo degli anni settanta, è centrale il potere
politico.
La teoria politico- liberale e il positivismo giuridico
avevano dato risalto solamente alle Istituzioni, ma la crisi politica
dello statalismo e la dissoluzione dell’esercizio del diritto delle
istituzioni, travolte anche dalla corruzione e dalla mancanza di
fiducia della base legittimante le democrazie liberali e
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rappresentative, ora è possibile invece dare spazio ad altri ambiti
di manifestazioni culturali, anche quotidiane.
L’uguaglianza era sommersa e svaniva di fronte alle
richieste di maggiori garanzie da parte di un ceto politico alla
ricerca di protezione nei confronti dell’ ordine giudiziario.
L’astensionismo elettorale cresce e le leggi, sempre più
numerose e tecniche, non vengono lette e conosciute. Crescono
altri ambiti sociali esterni allo statalismo, come la famiglia e
l’amicizia.
Questa nuova crescita della dimensione quotidiana è
essenziale per la comprensione piena della realtà postmoderna.
Negli anni venti e nel decennio successivo, alcuni romanisti
si mossero contro la attualizzazione del diritto operata dalla
pandettistica, denunciando il tradimento operato sulle fonti
romane, i cui significati autentici sono stati sostituiti da ibridi
formati dalla applicazione ai medesimi di categorie non a questi
appartenenti. Negli anni settanta il diritto dello Stato
rappresentativo ha liberato il passato dalle catene del presente.
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Per Scholz occorre storicizzare la storia del diritto e
reintrodurre i metodi degli Annales, osservando il diritto nel suo
contesto spaziale, temporale e culturale. Il diritto del passato va
studiato nella coscienza della sua diversità ontologica.
Per Grossi i testi giuridici della antichità non sono i
progenitori e creatori del diritto presente. Per Pietro Costa una
lettura più autentica del diritto che fu, può essere effettuata
tramite l’analisi dei prodotti dei tribunali e quindi della litigiosità
giuridica.
Per Bartolomè Clavero, lo ius dell’antico regime era
pluralistico e complementare rispetto alla morale; la disciplina
della usura è permeata dalla morale e dai sentimenti.
La lettura delle fonti va affrontata evitando l’applicazione di
categorie estranee e moderne ai testi di altre epoche e contesti;
occorre recuperare l’autentico significato perduto.
La logica nella quale e con la quale ricercare le risposte non
deve essere necessariamente familiare, bensì può essere strana,
poco comprensibile, perché di un altro popolo, di un’altra età di
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altri mondi culturali differenti dal nostro. La realtà descritta dai
testi è sempre e solamente una rappresentazione.
Non esistono fatti ma solo interpretazioni. E’ impossibile la
trasmissione dei discorsi e dei contesti.
La distanza dello storico dal suo oggetto di studio è
essenziale. La critica che è facile fare alla storia contemporanea
non è il formalismo, bensì il dogmatismo, il quale è nemico di
ogni tentativo di contestualizzazione storica, poiché i dogmi
hanno parvenza di provenire dalla natura delle cose o da una
evidente razionalità a volte di natura divina. Urge una lettura
della storia e delle fonti immersa nei contesti locali e specifici.
Il contesto non è trasportabile. Il testo è ciò che resta del
discorso, la sua traccia; esso è trasportabile. Ogni volta che si
produce un’opera di trasmissione di documenti e notizie, si causa
un necessario tradimento, poiché esse sono estrapolate da un
contesto che non è mai perfettamente riproducibile tramite testi.
Michel Foucault nella “Archeologia del sapere”, descrive
l’attività dello storico, non come una fedele ricostruzione dei fatti
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( concezione del positivismo storico) ma come una vera e propria
costruzione, cioè un’attività poietica resa necessaria
dall’inevitabile “rottura epistemica” che si crea tra un’epoca ed
un’altra: l’atteggiamento archeologico dello storico deve tendere
alla ricerca di tale stratificazione, nella consapevolezza della non
riproducibilità del contesto, causa di un necessario tradimento-
tradizione e non una rigorosa ricostruzione dei fatti, sostenuta dal
positivismo storico ottocentesco. Ogni fatto è determinato da un
preciso contesto, impossibile da riprodurre; la tradizione è una
necessaria opera di tradimento. Le correnti culturali che
affermavano e sostenevano la perfezione del diritto romano e la
sua applicazione in ogni epoca, oppure la trasmissione dei codici
originatisi in un contesto occidentale verso territori di cultura
differenti, compiono un’operazione di tradimento, poiché ciò
che viene proposto come originale, è un elemento nuovo e spurio
Le categorie giuridiche e le classificazioni storiche hanno
una precisa valenza antropologica.