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uno scarso senso del “bene comune”. Troppe risposte vecchie per sfide
nuove. Con particolare turbamento si nota che, in non pochi luoghi di
questo mondo, capi e seguaci di religioni non cessano di fomentare
aggressioni, fanatismi, odi e ostilità xenofobe, quando addirittura non
ispirano e legittimano conflitti violenti. La religione viene spesso
sfruttata per scopi di potenza politica e per legittimare guerre. Dopo i
terribili attentati di New York e Washington dell’11 settembre 2001 e il
conseguente scoppio della guerra in Afghanistan, la situazione
internazionale si è fatta particolarmente difficile. Questi eventi hanno
segnato la storia ed alimentato quelle tensioni che erano già presenti in
maniera diversamente accentuata nella società. Ci troviamo
indubbiamente in una delicata fase-chiave per il riassetto delle relazioni
internazionali, del rapporto Occidente-Oriente, ma anche delle relazioni
tra le tre religioni abramitiche: ebraismo, cristianesimo e islam. Tanto
che un autore, Samuel Huntington, paventa uno scontro delle civiltà
come epilogo alla situazione creatosi.
1
Ad un occhio poco attento sembrerebbe che la modernità sia sinonimo di
secolarizzazione e che i problemi dei diritti delle religioni siano da
tempo superati, ma allora come si spiega il riemergere dell'identità
religiosa che spesso assume le vesti del fondamentalismo?
Uno degli aspetti della globalizzazione, appunto, è l'emergere di una
ripresa religiosa che taglia trasversalmente le forme esistenti di identità,
dell'impegno e del senso delle comunità nazionali. Queste verità ci
obbligano “ad abbandonare la tesi della secolarizzazione degli anni
1 S.P. Huntington, Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale, Milano,
Garzanti, 2000.
5
Settanta, secondo la quale alla modernizzazione si accompagnava
necessariamente la secolarizzazione”.
2
In un momento in cui i tempi si annunciano difficili, la conoscenza
diviene essenziale. Conoscere significa affrontare razionalmente la sfida
del “multiculturalismo” riuscendo a capire le radici di questi ordinamenti
sacri e creare un ponte di collegamento tra di essi”.
3
I motivi che
sostengono questo lavoro di tesi sono appunto quelli rivolti a conoscere
le posizioni degli ordinamenti sacri sui temi fondamentali portati dalla
modernità, cercando di capire le motivazioni di fondo che spingono ai
contrasti.
Il percorso che mi accingo a compiere con questo lavoro di tesi non deve
rimanere sterile e privo di un fine. Il fine che mi pongo è quello di
comprendere e non giudicare. Innanzitutto partire da un punto-chiave nel
primo capitolo: tentare di definire il diritto divino e cercare di
comprendere se e come possono adattarsi le norme divine, che per
antonomasia sono definite eterne ed immutabili, all'evoluzione della
nostra mutevole società. Notando come il diritto muta senza posa,
spesso costretto dalle esigenze sociali ad affrontare nuovi problemi e
assumere nuovi contenuti. I modelli culturali e fra essi i modelli giuridici
mutano, secondo la c.d. “varianza del diritto”.
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2 A. Seligman, La scommessa della modernità, Roma, Meltemi, 2002.
3 Per multiculturalismo si intende la libertà degli individui di poter scegliere il
proprio stile di vita a seconda della propria estrazione socio-culturale. Il termine ha
carattere polisemico e polifunzionale: in una prospettiva sociologica indica uno
spazio sociale caratterizzato dalla compresenza di gruppi distinti per tradizioni
culturali, stili di vita e valori di riferimento, la valenza identitaria dei quali finisce per
influenzare le condotte e le abitudini dei singoli membri. In accezione ideologica e
prescrittiva, il termine designa come fine normativo la costruzione di un ordinamento
giuridico quanto più sensibile alle differenze di matrice culturale che garantisca un
contesto sociale pacifico e non discriminatorio tra i tutti gruppi culturalmente
disomogenei che lo popolano. Vedi www.wikipedia.org/wiki/multiculturalismo.
4 R. Sacco, Antropologia giuridica, Bologna, il Mulino, 2007.
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“Nuovo” significa reperito dalle vetrine delle istanze sociali, dalle
rivendicazioni dei gruppi, dalle riflessioni dell'uomo di pensiero: rapporti
di famiglia, pratiche rivolte al corpo dell'uomo, alla sua psiche e alla sua
vita ci offrono esempi a non finire della modellazione operata nel
laboratorio del diritto ove ci si ispira anche al religioso. Le figure
trascendenti che durante i secoli hanno ammaestrato e consolato l'uomo
sono molteplici e diversissime a secondo del luogo dove ci troviamo. È
certo che esse, rivolgendosi al diritto, non hanno parlato tutte il
medesimo linguaggio. Ma è da scoprire se ogni singola forma di
religiosità sia più incline, o invece meno propensa, a pretendere dal
diritto l'adeguamento ai suoi propri ammaestramenti.
Quindi, sempre nel primo capitolo cercherò di cogliere le differenze e
gli elementi comuni degli ordinamenti sacri, per poi analizzare il posto
che viene dato al diritto nella scala dei valori di ciascun sistema religioso
e di come esso si rapporta al diritto statale e come ognuno concepisce
diversamente la legge; analizzando il grado di storicizzazione e di
elasticità di ciascun ordinamento. Successivamente cercherò di capire se
l'immutabilità del diritto divino sia realmente tale da frenare
l'evoluzione dei diritti religiosi e l'adattamento al mondo moderno o sia
solo una valida scusante per non affrontare l'interpretazione dei testi
rivelati.
Nel secondo capitolo cercherò di analizzare quali sono i punti di maggior
contrasto che il contatto tra ordinamenti sacri, modernità e
globalizzazione ha portato alla luce; partendo dal rapporto tra bioetica e
religione, diritto penale e religione per poi passare ad uno dei punti
cruciali dell'attualità: la possibilità del rispetto dei diritti umani da parte
di tutte le comunità religiose.
7
Il punto di arrivo sarà, nel terzo capitolo, quello di cercare di capire le
prospettive future delle religioni in rapporto al diritto, alla
globalizzazione, alle trasformazioni sociali e quali sono le eventuali vie
d'uscita, le tesi e le soluzioni proposte da svariati autori sul tema.
Prospettive che rimangono aperte per successivi approfondimenti in
materia, necessari per superare le tensioni ed approdare ad una
soluzione che non mortifichi nessuno e che faccia risaltare il bene
comune in favore di tutti.
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CAPITOLO I
CARATTERI DEGLI ORDINAMENTI SACRI
1.1 Tipologie generali 1.2. Il diritto divino nei tre
ordinamenti 1.3 Il problema dell'immutabilità del diritto
divino.
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1.1 Tipologie generali
Diversi sistemi sono concorrenti all'interno di uno stesso Stato. Alcune
comunità non statuali hanno allo stesso modo il loro diritto; nella
fattispecie: diritto canonico, diritto musulmano e diritto ebraico. Ogni
ordinamento costituisce nei fatti un sistema, ovvero, utilizza un certo
vocabolario, sceglie di valorizzare dei principi piuttosto che altri,
formula diversi metodi interpretativi e determina la funzione stessa del
proprio diritto.
5
Il diritto ha in sé una propria radice extragiuridica: la disponibilità degli
umani ad ottemperare. Questa disponibilità dipende da tanti fattori; in
particolare, essa può riferirsi alla motivazione trascendente. Dal
momento che il diritto deve accertare fatti e individuare rimedi, il
trascendente offrirebbe una cooperazione mirabile a tutti questi compiti.
Solitamente, su base soggettiva, si obbedisce all'autorità in modo
puramente affettivo, di natura sentimentale o in modo razionale,
credendo nella sua validità, oppure su base religiosa. In pratica si
potrebbe dire che l'esperienza interiore del soggetto è l'essenza del
fenomeno dell'autorità: è come se si accettasse una qualche autorità
come elemento fondamentale della propria identità.
6
Mentre oggi, nella cultura di tipo europeo, l'ordinamento giuridico, in
quanto diritto, rappresenta la somma delle norme cogenti a disposizione
in un determinato ordine sociale, che regolano in maniera vincolante la
coesistenza sociale e sono legittimate da un'autorità; nella cultura di tipo
5 Cfr. R. David, I grandi sistemi giuridici contemporanei, Padova, CEDAM, 2004.
6 Cfr. R. Sacco, Antropologia giuridica, Bologna, il Mulino, 2007.
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ebraico e islamico, il diritto è un ordinamento sociale che trova
fondamento e sanzione a livello religioso.
7
Prima di analizzare singolarmente i diritti propri di ciascun ordinamento
sacro e il loro rapporto con il mondo secolare, è opportuno introdurre un
accenno storico.
Il contesto storico ha giocato un ruolo fondamentale nella formazione di
ciascun diritto sacro. La possibilità di affermare oggi che, in occidente,
vi sia una netta separazione tra Stato e Chiesa deriva da molto lontano. Il
cristianesimo si è diffuso, in origine, in una società che aveva un alto
livello di civiltà e il cui diritto già godeva di grande prestigio. Il
legislatore canonico si è trovato davanti un quadro sociale già
ampiamente e dettagliatamente regolato da un sistema giuridico molto
evoluto quale quello romano, presente da tempo in maniera forte e ben
radicata sul territorio. Dunque, egli non ha avvertito la necessità di
regolare degli aspetti del vivere associato che erano già stati regolati
dalla civiltà greco-romana. Il cristianesimo ha, dunque, proclamato
nuovi dogmi di fede e nuovi principi di morale; non si è mai interessato
dell’organizzazione della società. È questo un portato tipico del
cristianesimo: la prima religione ad avere nettamente distinto Dio e
Cesare, ma con la precisa consapevolezza che Cesare muta, e che la
percezione della verità nella storia degli uomini attualizza Dio pur senza
renderlo diverso. Le leggi civili hanno presto visto confermata nel
7 È opportuno specificare, fin dal principio, che quando si parla di cultura islamica o
di paesi musulmani non si intende generalizzare. I paesi che si definiscono islamici
sono innumerevoli e ciascuno di essi adotta e utilizza il diritto sacro islamico in
maniera completamente diversa. Per citare un esempio, si va dal laicismo della
Turchia all'integralismo della Nigeria e via dicendo. Quindi bisogna procedere nella
trattazione sempre tenendo conto di queste differenze di fondo.
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Vangelo la loro validità: "Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e
a Dio quel che è di Dio".
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La Chiesa non aveva dunque interesse a redigere un diritto cristiano che
prendesse il posto di quello già esistente ma solo quello di regolare delle
“materie” di carattere più prettamente spiritual-religioso che non erano
regolate da altri sistemi. In altre parole, Essa rivendica a sé
sostanzialmente il c.d. foro interno più che quello esterno.
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Entrando nel dettaglio storico, con l'editto di Costantino il Grande (313)
e quello di Teodosio I (380) si avvia il processo di compenetrazione tra
Chiesa e patrimonio culturale dell'Impero. Quindi, per il cristianesimo,
da Costantino in poi, è sempre esistita la distinzione tra secolare e
religioso cosa che non si riflette, come vedremo, negli altri due
ordinamenti in questione. Il principale elemento di differenza tra questi
diritti sacri sta nel fatto che il diritto canonico ha subito un processo di
secolarizzazione sconosciuto agli altri due e che lo rende più prossimo ai
diritti secolari.
Il diritto romano, a sua volta, ha potuto essere recepito, in queste
condizioni, senza urtare in alcun modo la religione cristiana e senza
essere contrastato da quest'ultima, basti pensare che questo diritto fu
insegnato in università approvate da bolle pontificie!
8 “Reddite quae sunt Caesaris, Caesari et quae sunt Dei, Deo”. Così nel Vangelo di
Matteo [Mt 22,21-22], viene riportata la risposta data da Gesù ai Farisei, i quali
speravano di metterlo contro il governo romano in Palestina. Egli con le sue parole
fece ben capire che è doveroso essere soggetti, onestamente, all'autorità,
distinguendo però il potere temporale da quello spirituale.
9 Sta a significare che la Chiesa tende a trasferire la propria giurisdizione sul foro
interno, il foro della coscienza umana, amministrato dal confessore: una distinzione
estranea al diritto islamico ed ebraico.