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Questi guerrieri hanno elaborato proprie norme e consuetudini che riflettono gli ideali e
i principi di cui erano portatori, diversi da quelli delle organizzazioni giuridiche
secolari,e che rappresentano un importante patrimonio e insieme una significativa
testimonianza della originalità della loro esperienza. Gli ordinamenti civili infatti sono
l’espressione del primato di valori prevalentemente utilitaristici come
l’appropriazione,l’avere, il potere costituendo una struttura al cui interno essi, in tutte le
loro applicazioni concrete, possano essere messi in pratica. Tali ordinamenti esprimono
un diritto che si pone come obiettivo il contenimento, la limitazione delle
manifestazioni esteriori della volontà di affermazione, di potenza,di possesso proprie di
ognuno degli Io individuali che nel loro insieme compongono una società, al fine di
renderne possibile la coesistenza .I Templari e i Samurai sono stati artefici entrambi, sia
pure con forme e caratteristiche distinte, della creazione di un ordinamento religioso
combattente, che rappresentava il frutto insieme della spiritualità delle più importanti
religioni, come il buddismo e il cristianesimo, e dei valori di quella cultura nobiliare e
cavalleresca che ha caratterizzato la civiltà europea, ma anche orientale, durante il
medioevo.
Essi hanno elaborato un diritto che finalizzato non tanto a regolare i comportamenti
esteriori, quanto ad incidere sulla sostanza interiore dei suoi destinatari, rimuovendo alla
radice gli impulsi egoici, le passioni disordinate dell’animo umano, attraverso
l’imposizione di norme di condotta che avessero in primo luogo un valore etico-
pedagogico allo scopo di formare un individuo rinnovato interiormente, educato alle
virtù ed ai fondamenti della spiritualità, ma anche la funzione di creare un modello
organizzativo eccezionalmente ordinato ed efficiente, in forza del quale affrontare con
solide fondamenta le sfide, le prove, le difficoltà del commisurarsi col saeculum.
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1.1 Il monachesimo
La scelta di rinunciare alla realizzazione di sè stesso nella vita mondana, nella società,
attraverso il conseguimento dei beni che ne costituiscono l’essenza: i beni materiali, la
ricchezza, ma anche l’amore umano, la famiglia, fino al successo professionale, la
carriera, e di consacrare la propria esistenza, è un fenomeno che si è verificato in
maniera trasversale in tutte le società nel corso dei secoli.
Esso esprime in una forma estremamente evidente l’aspirazione dell’uomo ad una
dimensione più alta, al di là delle apparenze del mondo visibile, che pure gli è
intimamente connaturata.
Per accedervi è però necessario recidere i legami della propria anima con l’esteriorità,
con ciò che costituisce solo un riflesso della Realtà Superiore che ne è il fondamento
ultimo allo scopo di consentire alla mente di concentrarsi pienamente su di essa,
evitando di subire il fascino, l’attrazione delle potenze mondane che ne distolgono il
pensiero.
Tale necessità ha spinto alcuni uomini alla creazioni di un nuovo genere di vita che
fosse funzionale a tali obbiettivi, il monachesimo.
Il requisito fondamentale per l’ingresso della persona in questa nuova dimensione era la
pronuncia dei tre voti di povertà, castità ed obbedienza che assumono la caratteristica di
scelte decisive e definitive sulla propria esistenza, ad indicare la radicalità e la
profondità dell’impegno.
Essi sanciscono la rinuncia alla vita secolare nei suoi vari aspetti e l’inizio di un
percorso di ricerca verso l’Eterno. Hanno la funzione di spezzare quelli che
costituiscono i vincoli più forti dell’uomo con il secolo:la sessualità, il desiderio di
ricchezza, di prestigio, eliminati i quali egli può volgere la mente liberamente ad una
Realtà Superiore.
1
Infatti, essi sono la struttura portante dell’Io,quel complesso di volizioni,
rappresentazioni, passioni che soggiogano l’anima, costituendo il principale ostacolo
alla recezione dell’Altro, e dunque eliminarli è fondamentale per far emergere la
dimensione più profonda dell’uomo.
1
Cfr. Luigi Lombardi Vallauri, Terre: terra del nulla, terra degli uomini, terra dell’oltre; Vita e Pensiero,
Milano 1989, 425ss.
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Il voto di obbedienza comporta la rinuncia dell’individuo all’autonomia nel disporre
della propria vita, dalle scelte più importanti alle piccole decisioni quotidiane. Il
membro della comunità monastica è tenuto a conformarsi alle direttive del superiore e
alle prescrizioni contenute nella Regola, mentre lo spazio alla libera iniziativa
individuale è pressochè inesistente. E’ una vera e propria tecnica spirituale finalizzata
alla demolizione della volontà individuale, ottenuta mediante la totale subordinazione
della vita dell’uomo ad un autorità esterna, che abbia la capacità di infondere nel
monaco la virtù dell’umiltà, il cui possesso costituisce il principio fondamentale di ogni
cammino spirituale. L’umiltà come suggerisce in modo esemplare l’etimologia latina
della parola, humilitas di cui è evidente la radice comune con humus(terra), consiste
nella consapevolezza di essere parte della “terra” , cioè fatti di elementi concreti
determinati nel tempo e nello spazio, soggetti al dominio delle cause naturali, le cause
seconde nel linguaggio aristotelico.
Ma proprio tale sapere, negando ogni pretesa di valore dell’Io personale, consente
all’uomo di sottrarsi al loro condizionamento e di ricevere direttamente l’influsso della
Causa Prima.
Il voto di povertà esprime la rinuncia ai beni materiali, alla ricchezza; il monaco non
possiede niente di proprio, nella comunità la proprietà individuale non esiste ed i beni di
cui dispone appartengono ad essa nel suo insieme. Il possesso dei beni propri è ritenuto
infatti, nella concezione monastica un forte elemento di legame con la secolarità poiché
genera aspettative e preoccupazioni riguardo al futuro,tempo del secolo, mentre la
povertà consente alla persona di vivere pienamente l’oggi, che è il tempo proprio
dell’Altro.
Inoltre educa alla comprensione della transitorietà, caducità, dei beni visibili inducendo
l’anima a volgere lo sguardo verso l’Invisibile.
Il voto di castità consiste nella volontaria privazione dei beni di natura
erotico/sentimentale che compongono nel loro insieme le molteplici forme che l’amore
umano assume, da quelle più istintive a quelle più elevate, di cui il matrimonio è la
massima espressione. La sessualità infatti alla sua radice costituisce una essenziale
manifestazione della volontà di autoaffermazione dell’Io e allo stesso tempo una causa
di attaccamento alla mondanità. Per questi motivi rappresenta per l’uomo un rilevante
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fattore ostativo al suo accesso alla vita spirituale e conseguentemente l’esperienza
monastica ne esige la radicale rimozione.
La pronuncia dei voti non è tuttavia un atto sufficiente all’uomo per consentirgli di
sottrarsi definitivamente all’attrazione del secolo e volgersi verso l’Eterno, liberando la
mente dai pensieri mondani fino a raggiungere la contemplazione. Secondo la
concezione monastica essa costituisce solo un primo tratto del percorso, ed è necessario
che il monaco ponga in essere ulteriori passi per il proprio perfezionamento spirituale.
La separazione, il distacco dalla società secolare è considerata una tappa fondamentale
per allontanare l’anima umana dal caos, dal disordine della molteplicità, dall’influenza
delle distrazioni mondane e creare l’ambiente esteriore più favorevole al rapporto con
l’Uno.
2
Il monaco deve inoltre essere obbligato al compimento di attività, all’assunzione
di comportamenti atti a spegnere gli appetiti naturali e purificare progressivamente la
mente. Il monachesimo crea un modello di vita ordinato all’esperienza dell’Eterno nel
tempo e lo codifica in una Regola, cioè un testo normativo in cui sono contenute tutte le
prescrizioni alle quali colui che sceglie di appartenere alla comunità monastica deve
conformarsi.
L’organizzazione della vita monastica è progettata in base a criteri capovolti rispetto a
quelli della società laica. Il contenuto delle attività che vi si svolgono sono finalizzate al
bene spirituale primario che l’esperienza monastica si propone, la contemplazione.
Momenti fondamentali sono la lettura e la meditazione dei testi sacri, la preghiera, il
lavoro. La preghiera costituisce l’occupazione più importante della giornata del
monaco; essa scandisce il trascorrere delle ore, l’inizio e la fine del giorno, permea la
quotidianità del monaco avvolgendolo nella dimensione del sacro e dello spirituale. Un
ruolo complementare svolge la lettura dei testi sacri e la relativa
meditazione,impegnando la mente del monaco alla riflessione, all’analisi, allo studio di
una basilare forma di comunicazione dell’Ineffabile, attuata mediante l’espressione
verbale.
Il lavoro, che nella società profana, nella secolarità costituisce il fondamento della vita
della persona, sia dal punto di vista economico, ma anche sociale(è il lavoro che
definisce l’esserci della persona nella società: si è quel che si fa), nella comunità
monastica assume una funzione secondaria e puramente strumentale.
2
Cfr. Divo Barsotti, Monachesimo e mistica, Abbazia di S.Benedetto, Seregno 1996.
9
E’ un’attività integrativa della preghiera e dello studio dei testi sacri che assume
rilevanza non in sé ma in quanto metodo di ascesi individuale, di perfezionamento
spirituale. Completano il quadro dell’esperienza monastica le pratiche di natura
penitenziale come il digiuno o l’espiazione delle mancanze commesse che svolgono la
funzione di far riconoscere al monaco la propria fragilità, imperfezione, corruttibilità.
3
All’interno di tutte le principali religioni nel corso della storia si è sviluppata questa
peculiare forma di spiritualità,al di là delle differenze dottrinali e di culto, a
testimonianza della natura universale di questo fenomeno
3
Cfr. AA.VV., Monachesimo cristiano, buddista, indù : incontro interreligioso sulla vita monastica,
Praglia 3-8 Ottobre 1977, EMI 1978.
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1.2 Il monachesimo cristiano
L’esperienza monastica cristiana intende ripercorrere la Sequela Christi, che consiste
nell’abbandono totale dei beni, infatti “Il Regno dei Cieli è simile ad un mercante che
cerca perle preziose , trovata una perla di grande valore vende tutto il suo avere e la
compra”(Mt 13,45), degli affetti, poiché “chi ama il padre e la madre più di me, il figlio
e la figlia più di me, non è degno di me”, dei propri progetti al fine di conformare la
propria esistenza a quella del Cristo. Nel pensiero cristiano nel Cristo sussistono
insieme pur nella loro distinzione natura umana e natura divina, Egli rappresenta
l’Eterno che si fa presente nel tempo.
Già alla fine del III secolo con la crisi dell’Impero Romano alcuni cristiani iniziarono a
ritirarsi dalla società per ritirarsi nel deserto a vivere in solitudine dedicandosi all’ascesi
individuale. Successivamente con il moltiplicarsi delle “vocazioni” questo fenomeno
assunse una struttura più definita. Si formarono le prime comunità di persone dedite alla
preghiera e al lavoro comune che si impegnavano a vivere in povertà e castità sul
modello della vita apostolica descritta nel Vangelo. Il successo e la diffusione del
monachesimo determinò la codificazione dei principi e delle caratteristiche di questa
peculiare tipologia di vita consacrata e nacquero cosi’ le regole monastiche di cui quella
di S.Benedetto costituisce l’archetipo, la base, il fondamento a cui nel corso dei secoli si
rifaranno i principali ordini monastici.
La Regola di S.Benedetto descrive la struttura fondamentale del monachesimo cristiano.
Predispone scrupolosamente l’organizzazione della vita monastica che si alterna tra
preghiera , lettura dei testi sacri, la sacra Bibbia e le opere dei padri della Chiesa, e
lavoro, prevalentemente manuale, secondo ritmi rigorosi. Sono indicate le norme
relative alla vita comunitaria, ispirate al principio della carità fraterna che si estrinseca
in rispetto e attenzione reciproca. La responsabilità della comunità è attribuita alla
figura dell’abate, concepita come una personalità di particolare saggezza e serietà che in
forza delle sue doti morali e spirituali possa garantirne un efficiente gestione e
contemporaneamente possa apportare un fondamentale contributo al progresso spirituale
dei suoi monaci. La Regola inoltre fissa i criteri per l’ammissione dei candidati
all’ingresso in monastero, esigendo il superamento di un periodo di prova finalizzato ad
accertare la serietà della vocazione e l’idoneità dell’aspirante monaco.
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Essa non attribuisce alla comunità monastica alcun compito esterno, di tipo sociale,
economico, e neppure pastorale. Il suo fine è l’esistenza in sé, intesa come strumento
temporale di ricerca di Dio.
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Essa conosce un’ampia diffusione, applicandosi a
numerose realtà. Si verifica un’espansione notevole del fenomeno monastico che si
estrinseca nella nascita di numerosi centri monastici in tutta Europa.
Questa nuova istituzione deve confrontarsi con l’ assetto politico e sociale della società
altomedievale, caratterizzata dall’assenza di un governo centrale, e dalla
frammentazione del potere tra le numerose signorie feudali che determinava una
situazione di anarchia e di disordine, in cui solo l’inserimento nel sistema feudale
poteva garantirne la sopravvivenza. Questo fatto tuttavia comportava l’assoggettamento
a gravi ingerenze da parte dei signori feudali e alla sottrazione delle risorse economiche
possedute con gravi conseguenze sull’organizzazione monastica fino a svuotarne il
significato stesso.
Contro tali circostanze la corrente cluniacense reagi’ facendo dell’istituzione monastica
un imponente centro di potere politico ed economico. Essa adottò il sistema feudale
incorporando cosi’ tutti i nuovi monasteri e ponendoli sotto la sua autorità, ed accumulò
ingenti beni e ricchezze. Questa evoluzione tuttavia portò ad una crisi dei principi e
degli ideali dell’esperienza monastica contro la quale nacque la corrente
cistercense,sempre di origine francese, che rivendicava il ritorno alla purezza della
regola originaria di S.Benedetto contro le degenerazioni prodotte dai cluniacensi,
accentuando il valore della povertà, dell’ascesi, del lavoro manuale, come cardini
dell’esperienza monastica.
5
E’ in ambito cistercense che vede la luce una peculiare forma di vita consacrata con la
nascita dei Templari, il primo ordine monastico cavalleresco della storia cristiana.
L’apparizione di questa originale esperienza, nella quale coesistono due aspetti
apparentemente incompatibili come la funzione militare e la vita consacrata a Dio, non è
tuttavia da considerarsi una creazione ex nihilo, ma piuttosto il risultato finale di un
lungo percorso di evoluzione storico culturale.
4
Cfr. Gregorio Penco, Il monachesimo, Mondadori, Milano 2000.
5
Cfr. Ibid.