6 
percepirsi in sintonia con l’ambiente che lo circonda, col tempo tale apertura tende a 
chiudersi sempre più, non trovando sostegno nel contesto urbano in cui egli vive, e che 
spesso lo isola, facendolo sentire spaesato, ‘fuor di luogo’. Lo stile di vita occidentale, 
infatti, può tendere all’affermazione personale dell’Io, a discapito della socialità e 
dell’incontro diretto con l’Altro.  
Quando un bambino perde l’empatia, la compassione, intesa non come pietà ma come 
il “sentire con”, quando si distacca dalla capacità di sentire l’Altro - animale, amico di 
scuola o pianta che sia - perché i suoi sensi sono ormai avvezzi a carpire solo altri tipi di 
messaggi, ben presto il rispetto viene meno, lasciando lo spazio ad atteggiamenti di 
superiorità o, ancor peggio, di prevaricazione. 
Nella lettera del 1852, indirizzata dal Capo Indiano Seattle al Presidente degli Stati 
Uniti si legge:  
 
 «Tutte le cose sono collegate. 
 Qualunque cosa succeda alla terra succede ai figli della terra. 
 L’uomo non ha tessuto la trama della vita: egli è un filo. 
 Qualunque cosa faccia alla trama egli la fa a sé stesso. » 
 
In questi ultimi decenni le tematiche legate al dissesto ambientale si son fatte sempre 
più pressanti, ma affrontare una crisi ecologica significa indagare sulla frattura che si 
sta creando nel rapporto dell’essere umano con l’ambiente naturale.  
Lo psichiatra Dieter Baumann4, nipote di C. G. Jung, nota che l’uomo ha perso il 
ricordo di un passato caratterizzato dal sentirsi un tutt’uno con la natura, e ciò com-
porta per lui vari rischi: 
- si può sentire «atomizzato», quindi inferiore, privo di importanza, con un conse-
guente senso di frustrazione; 
- può proiettare la voce della sua coscienza in un’istituzione, che però è esterna 
rispetto a lui ed alla sua stessa coscienza; 
- può emergere un contenuto psichico – un’ideologia, l’intelletto stesso come “Ego” – 
che si comporta come se fosse «il tutto ed il centro», e ciò può sfociare in una 
perdita di senso religioso nei confronti della natura, così trattata come oggetto.  
  
Nel paragrafo 1.1 si tenta di tracciare un percorso, attraverso il tempo, delle mutazioni 
intervenute nel rapporto tra l’uomo e la natura, non solo dal punto di vista puramente 
scientifico, ma anche filosofico ed emozionale, per capire se – e quando – si sia 
verificata una qualche rottura. Coinvolgere uomo e ambiente naturale implica, infatti, 
addentrarsi in una terra di confine tra ecologia, sociologia, psicologia e filosofia 
esistenziale, poiché l’uomo è l’unico essere vivente dotato di una duplice natura, 
biologica e culturale, dove per cultura si intende la capacità di dare un significato ad 
oggetti e relazioni. Nel paragrafo 1.2 viene tracciato un altro tipo di percorso, stavolta 
restringendo l’indagine sugli ultimi 100 anni: si esaminano varie teorie che, attraverso 
discipline differenti, si sono interrogate sul legame di tipo cognitivo che si instaura 
quando l’uomo entra in relazione con l’ambiente. 
Il capitolo 2 è interamente dedicato alle metodologie della ricerca sociale, poiché la 
ricerca da me condotta, indagando su aspetti riguardanti la società umana, deve 
“prendere in prestito” alla sociologia alcuni princìpi e tecniche d’indagine. 
Nel capitolo 3, sviluppando i punti emersi nel capitolo precedente, viene presentato il 
caso di studio, e ne vengono illustrate le motivazioni delle varie scelte effettuate. 
Il capitolo 4 è completamente dedicato ai criteri in base ai quali i dati raccolti verranno 
analizzati: di essi vengono illustrati i presupposti e la metodologia adottata. 
                                                 
4
 D. Baumann – L’uomo parte cosciente, in C. Widmann (a cura di), Ecologicamente, p.38 
 7 
Nel capitolo 5, dopo aver effettuato una prima analisi dei dati, tutti i risultati ottenuti 
sono presentati sotto forma di tabelle riepilogative, le quali poi vengono esaminate  e 
commentate una per volta; nell’ultimo paragrafo di tale capitolo si presenta quindi 
un’insieme di considerazioni riepilogative di tutto ciò che è emerso. 
Infine, nel capitolo 6, in seguito all’analisi effettuata, vengono fornite alcune conside-
razioni conclusive, assieme all’enunciazione di alcuni pensieri.  
   
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 8 
«Nelle cose più importanti, i concetti non si definiscono mai attraverso le loro 
frontiere, ma sulla base del loro nucleo.» 
           (Edgar Morin) 
1.  La relazione con la natura tra percezione e cognizione  
 
Humberto Maturana, studioso cileno di neuroscienze, intorno al 1960, mentre 
effettuava degli studi sulla percezione del colore da parte dei piccioni, iniziò a porsi due 
domande: «Che cos’è l’organizzazione del vivente?», e «Che cosa avviene nel fenomeno 
della percezione?»5. Poi si rese conto che alle due domande si poteva dare la stessa 
risposta, se si fosse compresa l’«organizzazione del vivente». 
    Essendo la natura umana sia biologica che culturale, per poterla spiegare, quindi per 
poter capire come l’uomo “vede” e si pone in relazione con ciò che lo circonda, bisogna 
effettuare un’analisi non solo biologica, ma anche psicologica e comportamentale. Il 
primo paragrafo tenta di ripercorrere una parte del cammino epistemologico riguardante 
il rapporto tra uomo e natura, da Aristotele ai giorni nostri; nel secondo paragrafo si 
indaga ugualmente su tale rapporto, ma stavolta in chiave più psicologico-ecologica. 
Tutto ciò per osservare che, partendo separatamente da discipline e filoni di studio 
differenti, si possa giungere a delle conclusioni comuni, che garantiscano un approccio 
integrato, olistico6 al problema. 
  
1.1  Il rapporto uomo-natura attraverso i secoli  
 
   Questo paragrafo si snoda in più sottoparagrafi, ognuno riguardante una particolare 
tappa che il pensiero umano ha percorso, nell’indagare sia sul legame che unisce l’uomo 
alla natura, che sulla collocazione dell’uomo – paritaria, contemplativa, di supremazia – 
all’interno di tale rapporto. Premessa importante è che tale percorso non è affatto 
esaustivo, ma le tappe scelte sono frutto di una selezione del tutto personale, e 
riguardano soprattutto la costruzione del pensiero occidentale. 
 
1.1.1  Aristotele 
 
Aristotele, nato a Stagira in Tracia nel 384 a.C., inizia ad avvicinarsi a quella che noi 
chiamiamo oggi biologia, lo studio degli esseri viventi. Per lui la caratteristica di ogni 
organismo vivente è il continuo movimento, cioè il passaggio da un modo di essere ad 
un altro. L’organismo è la sintesi di materia - il substrato immutabile ed indeterminato 
in cui avviene il cambiamento, che contiene in potenza la natura delle cose -  e forma - 
il tipo che la materia tende a realizzare, quindi- l’atto. Il divenire consiste appunto 
nell’unione di materia e forma, e tale processo di realizzazione della materia nella forma 
è detto entelechia. La natura risulta essere un sistema organico gerarchico di esseri 
viventi (natura inorganica, regno vegetale, regno animale, regno umano), ed il tutto è 
organizzato secondo una finalità: ‘la natura non fa niente senza scopo’. L’anima è la 
forma del corpo, cioè l’attuazione dello scopo per cui il corpo esiste. 
Per Aristotele la conoscenza inizia dalla sensazione, un movimento dell’anima 
generato dall’azione di un oggetto esterno su un organo del corpo. Poi l’intelletto, 
effettuando un’astrazione, estrae dalla sensazione i caratteri essenziali. La connessione 
tra i vari concetti crea la scienza. 
                                                 
5
 H. Maturana, F. Varela – Autopoiesi e cognizione, p. XII 
6
 Dal grego ‘olos’ = ‘tutto, intero’. Avere un approccio olistico significa considerare l’intero come un tutto, 
diverso o superiore alla somma delle sue parti. 
 9 
 
1.1.2  Il Cristianesimo nel Medioevo  
 
Il Cristianesimo non è una filosofia, ma una religione (da re-ligo = legare di nuovo), o 
meglio una religione rivelata, la cui dottrina ha come problema essenziale l’uomo. E il 
fine ultimo dell’esistenza umana è raggiungere Dio, non intellettualmente, ma 
moralmente, attraverso le azioni della vita, che debbono essere azioni d’amore.  
Tale religione, anche per un’interpretazione troppo restrittiva e letterale del Genesi7, 
pone l’uomo al di sopra di qualsiasi altra creatura, della quale egli può servirsi per i suoi 
fini.  
Ma nel periodo medioevale si ha una grande fioritura di correnti spirituali monastiche 
che trovano, nello stretto legame con la natura, un’elevazione spirituale, una spinta 
ascetica verso Dio: frate Romualdo, fondatore dei Monaci Camaldolesi nel 1024, 
Francesco d’Assisi, Bonaventura da Bagnoregio sono alcuni esempi. 
I versi, posti ad epigrafe di questa tesi, tratti dal Cantico di Frate Sole (o Cantico delle 
Creature) di Francesco D’Assisi, sono un’espressione del fatto che, attraverso l’amore ed 
il rispetto per l’intero Creato, si ama il Creatore. Il biografo Tommaso Da Celano narra 
di come egli si riempisse di gioia e si commuovesse, contemplando in tutte le creature la 
sapienza del Creatore. Ed inoltre 
 
«Ai frati incaricati di tagliar la legna proibisce di abbatter l’albero intero, affinché 
abbia la possibilità di dar nuovi polloni. All’ortolano comanda di lasciare intorno 
all’orto una striscia di terra incolta, affinché a tempo opportuno le erbe 
verdeggianti e i bei fiori possano lodare il bellissimo Padre di tutte le cose. [...] 
Raccoglie da terra i vermi del suolo per non farli schiacciare; e per le api, affinché 
non muoiano d’inedia nel gelo dell’inverno, fa disporre miele ed ottimo vino. 
Chiama col nome di fratello tutti gli animali […] ».8 
 
 Per quanto riguarda i Monaci Camaldolesi, essi si sentono talmente in sintonia con la 
natura, al punto da identificare essi stessi con un albero, che si eleva verso il cielo. Tale 
rapporto esistenziale monaco-ambiente è stato tramandato attraverso le pagine di 
Codici, contenenti le Regole e le Consuetudini dei Monaci eremiti Romualdo e Benedetto. 
Tra questi, bisogna ricordare il “Codice forestale Camaldolese”, nel quale è documentata 
la loro straordinaria attività forestale, e che contiene tecniche di taglio selettivo, di 
marchiatura degli alberi, e di rinnovamento del bosco.  
Infine, sebbene si senta parlare spesso di ‘oscurantismo medievale’, è importante 
ricordare che proprio nel XIII secolo iniziano a sorgere le prime Università, di ispirazione 
cristiana: Bologna, Parigi, Oxford; nello stesso periodo si ha la riscoperta del sistema di 
Aristotele, in particolare della sua concezione di un’unità di spirito e materia.  
 
1.1.3  Dall’Umanesimo a Cartesio 
 
L’Umanesimo italiano del XV secolo è imperniato sulla figura dell’uomo, che si sente 
costruttore del mondo. L’anima esiste solo in quanto collegata al corpo, altrimenti 
cesserebbe la sua attività, e con ciò ne si nega l’immortalità. Difatti, sebbene una 
ripresa dell’Aristotelismo fa emergere un nuovo naturalismo, ciò avviene nel senso in cui 
la natura diviene autonoma dai presupposti extranaturali della teologia. 
                                                 
7
 Si legge in Genesi 1,28: Dio li benedisse e disse loro:/ «Siate fecondi e moltiplicatevi,/ riempite la terra;/ 
soggiogatela e dominate/ sui pesci del mare/ e sugli uccelli del cielo/ e su ogni essere vivente,/ che striscia 
sulla terra. » 
8
 Fra Tommaso Da Celano – Vita di S. Francesco D’Assisi, trad. di fausta Casolini, pp. 340-341. 
 10 
Per Bernardino Telesio (1509-1588) la natura è materia, ed i suoi principi sono 
raggiungibili attraverso l’esperienza sensibile. Poiché la conoscenza umana si basa sulla 
sensazione, l’intelletto è ridotto ai sensi, e l’anima è un’entità materiale. 
 
Nella prima metà del 17° secolo si ha una vera “rivoluzione”, con Galileo Galilei 
(1564-1642), Francis Bacon (1561-1626) e René Descartes poi (1590-1650), poiché si 
va affermando un metodo analitico - il cosiddetto metodo sperimentale - che, partendo 
dal tutto, lo disgrega nelle sue parti; alla base della ricerca scientifica vi è l’esperienza, 
la quale è l’unico mezzo che permette di avvalorare un’ipotesi.  
Sebbene Galilei riprenda alcuni concetti della filosofia aristotelica, vi si discosta per il 
fatto che, mentre per Aristotele il primo fine della ricerca era la conoscenza della forma, 
per lo studioso pisano è la conoscenza della legge, cioè la risoluzione della qualità nella 
quantità. Difatti egli considera il mondo dell’esperienza quotidiana come se fosse diviso 
in due aspetti: quello quantitativo, traducibile in linguaggio matematico, quindi 
razionale, e quello qualitativo, che, se non si può interpretare in chiave matematica, è 
considerato irrazionale. 
La matematica è quindi il linguaggio attraverso cui “leggere” il mondo naturale. 
 
Il nome di Bacon è legato al progetto utopistico di applicare il nuovo metodo 
scientifico-sperimentale a qualsiasi settore della conoscenza umana, così da dotare gli 
uomini di uno strumento che permetta loro di dominare la realtà, di “addomesticarle”, in 
modo da sfruttare le forze della natura a vantaggio del progresso materiale e spirituale. 
 
Con Descartes si torna al dualismo tra mente (res cogitans = cosa pensante), priva di 
dimensione e di corporeità, e materia (res extensa = cosa estesa), che occupa uno 
spazio fisico, con la supremazia della prima sulla seconda. 
 
E, sebbene questa possa non sembrare la sede adatta, bisogna ricordare che, in un 
periodo del quale spesso si parla in termini di “età moderna” o di “superamento dei 
secoli bui”, è stata scritta una delle pagine più nere della storia dell’umanità: nel 1486 
fu pubblicato il Malleus Maleficarum, da un indagine di due gesuiti, Sprenger e 
(Institoris) Kramer. Tale testo, con un colpo di spugna – o meglio: un colpo di fiamma – 
ha mandato al rogo, con l’accusa di stregoneria, migliaia di donne e uomini, 
incenerendo così pratiche e tradizioni antiche di secoli, che testimoniavano un passato 
di connessione al mondo naturale e rurale. 
L’Umanesimo accantona quindi – come sostiene K. Sale – ogni concezione animistica, 
religiosa e rispettosa della Terra, e quanto di divino e di magico vi fosse nelle 
componenti della natura viene soffiato via da un crescente desiderio di dominio, di uso, 
di sfruttamento.  
 
1.1.4  Dall’Illuminismo al suo superamento 
  
Tra la fine del XVII secolo e la fine del XVIII secolo abbiamo un movimento culturale 
che pone la ragione umana come la maggiore autorità. Tale movimento ha il nome di 
Illuminismo, in antitesi con l’oscurantismo medievale. I progressi della scienza, dovuti 
alla rigorosa applicazione del criterio meccanicistico riducono il mondo ad un insieme di 
forze, tagliando fuori la divinità ed il finalismo insito in ogni cosa. 
Poiché è la ragione al centro di tutto, ed essa è appannaggio di tutti gli uomini 
indistintamente, ciò deve far cadere qualsiasi pregiudizio o disuguaglianza sociale. 
In Francia viene compilata l’Enciclopedia o dizionario ragionato di scienze, arti e 
mestieri (1751-1772), come sintesi di tutto il sapere dell’epoca: essa finisce per divenire 
la nuova Bibbia. 
 
 11 
Ma in seno all’Illuminismo stesso si hanno i germi per un successivo ribaltamento: con 
J. J. Rousseau (1712-1778), invece che esaltare la ragione, si iniziano ad esaltare gli 
istinti primitivi della natura, creando un divario tra cultura corruttrice e natura integra. 
L’uomo, per ritrovare sé stesso, deve tornare alla natura, far emergere i sentimenti più 
che la ragione. Poiché non si può annullare il progresso civile e sociale a cui è arrivata 
l’umanità, l’importante è inserire la natura nella civiltà, proprio per vincere ogni 
egoismo.  
 
«Tutto ciò che esce dalle mani dell’Autore delle cose è bene; tutto degenera 
nelle mani dell’uomo. Questi costringe una terra a nutrire i prodotti di un’altra, un 
albero a portare i frutti di un altro; mescola e confonde i climi, gli elementi, le 
stagioni; mutila il suo cane, il suo cavallo, il suo schiavo; tutto stravolge e sfigura: 
ama la deformità, i mostri; non vuole niente come natura l’ha fatto, nemmeno 
l’uomo: bisogna ammaestrarlo per lui, come un cavallo da maneggio; bisogna 
plasmarlo a suo modo, come un albero del suo giardino.9 » 
 
Nel suo Emilio - un romanzo pedagogico alla ricerca di un’educazione che non alteri 
l’innata correttezza morale umana - egli sostiene che i bambini, per apprendere, devono 
essere portati in mezzo alla natura, libera da ogni corruzione, in modo che essi possano 
esplorarla. In questo modo si cerca di far emergere l'istintiva e naturale curiosità dei 
giovani verso gli accadimenti naturali, così che poi essi potranno costruire il loro mondo, 
lasciando che il loro animo segua ciò che li colpisce di più. 
 Ciò non vuol dire che i fanciulli debbano venire posti in una condizione di isolamento 
dalla società, ma che, ritornando alla natura, ritrovino in essa un’educazione che 
mantenga l’innocenza nel loro cuore, permettendo loro di sentire il dolore degli altri 
esseri viventi, e di provare compassione, identificandosi con chi soffre. 
 
Immanuel Kant (1790), tra l’Illuminismo ed il Romanticismo, professa il superamento 
della naturalità e della sua concezione idilliaca: la natura non è moralmente né buona 
né cattiva; scopo dell’educazione è raggiungere degli ideali di perfezione umana, 
attraverso l’intelletto, il giudizio e la ragione.  
Inoltre, ne La critica del giudizio, egli introduce il concetto di giudizio riflettente, 
attraverso cui cioè la mente, data l’intuizione del particolare, riflette su di esso per 
connetterlo ad un universale; questo universale non è però un concetto, ma è vissuto 
nel sentimento. In tale libro si tratta dei giudizi riflettenti con cui i particolari della 
natura sono riferiti ad un ordine universale di finalità, che li comprende. Da ciò 
scaturisce il giudizio teleologico, per cui ogni organismo vivente è dotato di più parti, le 
quali non sono legate da nessi di causa-effetto (come era enunciato nella visione 
meccanicistica), bensì da finalità: esistono cioè l’una per mezzo dell’altra. Questa 
visione, per cui la natura viene intesa come un organismo, introduce il concetto di 
organismo vivente auto-organizzantesi. 
 
1.1.5  Il Romanticismo e la diffusione del Buddhismo in Occidente 
  
Per tutto il 19° secolo, sotto l’influsso romantico, si torna ad intendere la Natura in 
modo unitario, iniziando a considerare la Terra come un’entità vivente. Questa 
riscoperta del legame uomo-ambiente naturale, in contrasto con la bruttezza raggiunta 
dalle città del tempo, a causa di un’impennata dello sviluppo tecnologico-industriale, 
abbraccia non solo il mondo scientifico, ma anche quello letterario. Sebbene, in alcuni 
casi, sia rimasta l’idea illuminista di un individuo a misura di tutte le cose, proprio in 
quel periodo il buddhismo fu assorbito dal movimento romantico, emergendo, nel 
                                                 
9
 Da Rousseau, Emilio -  cap. I pag.xxx 
 12 
pensiero occidentale, come contemplazione e celebrazione della bellezza e dell’armonia 
del mondo naturale: attraverso una fusione con esso, l’uomo si rende consapevole del 
suo mondo interiore, e sente emergere virtù e saggezza. Quando scompare, infatti, la 
convinzione che il sé sia un’entità necessaria e sufficiente a far funzionare la realtà, si 
raggiunge una specie di “intuizione”, di “illuminazione”, che non fa più sentire l’uomo 
separato dagli altri esseri. 
Il poeta Wordswort (1770-1850) conclude così il suo breve poema Daffodils: 
 
For oft, when on my couch I lie 
In vacant or in pensive mood, 
They flash upon that inward eye 
Which is the bliss of solitude; 
And then my heart with pleasure fills, 
And dances with the daffodils.10 
 
Questi versi sono pervasi da un senso di benessere, che l’uomo trae nel contemplare 
la natura, e nel perdersi in tale contemplazione, per ritrovare sé stesso e l’intimo 
legame che lo unisce al mondo naturale. Tale legame dev’essere però attuale, calato nel 
mondo reale, quindi non solo basato sulla nostalgia di tempi passati, che, comunque, 
avevano avuto i loro lati negativi. Per molti romantici, infatti, conoscere significa 
discendere in sé stessi, e l’intuizione razionale permette all’uomo di trovare la chiave 
che spieghi qualsiasi fenomeno naturale.  
 
1.1.6   Dal microscopio alla biologia organismica 
 
Con l’avvento ed il perfezionamento del microscopio nella seconda metà del XIX 
secolo, si ha un ritorno al meccanicismo, poiché tale strumento, sempre più sofisticato, 
dà la possibilità di esaminare a fondo le varie componenti di un organismo, dopo averlo 
separato nelle sue parti. Ciò conduce a grandi scoperte nel campo della biochimica, della 
microbiologia e della genetica, e gli scienziati cercano di applicare a tali discipline le 
leggi della fisica e della chimica che conoscono.  
Ma alcuni biologi, i cosiddetti ‘organicisti’, cominciano a sostenere che lo studio della 
vita non possa essere “ridotto” ad uno studio di leggi fisiche e princìpi chimici. Vi è 
infatti qualcosa in più, che tali branche della scienza non sono sempre in grado di 
cogliere e di spiegare: l’organizzazione tra le varie componenti. In particolare, è proprio 
il riconoscimento di questo “valore aggiunto”, che conduce verso il passaggio dalla 
visione meccanicistica a quella sistemica. 
 
1.1.7   L’ecologia sistemica contemporanea 
 
All’inizio del XX secolo, con la fisica quantistica, si comincia ad avvertire la limitatezza 
della visione riduzionista, derivata dal pensiero cartesiano: lo studio dei quanti dimostra 
che l'osservatore – e la sua struttura percettiva e cognitiva - e l'oggetto osservato sono 
coinvolti in una rete di relazioni talmente fitta da non poter essere differenziati in due 
entità isolate. 
Mentre nel periodo precedente ci si focalizzava soprattutto sullo studio delle singole 
funzioni all’interno di un organismo, ora l’attenzione inizia a spostarsi sullo studio delle 
                                                 
10
 Poiché spesso, quando sono sdraiato sul mio giaciglio 
   in uno stato d’animo distratto o pensoso, 
   essi balenano su quell’occhio interiore 
   che è la felicità della solitudine; 
   e allora il mio cuore si riempie di piacere, 
   e danza con gli asfodeli. (Trad. di E. Carpineti) 
 13 
organizzazioni all’interno ed all’esterno di tale organismo. Questa nuova concezione, che 
si discosta da quella meccanicistica degli ultimi secoli, è nota come ‘pensiero sistemico’, 
e mira a dimostrare che le proprietà essenziali di un organismo vivente sono proprietà 
del tutto, e non delle sue singole parti, poiché esse nascono proprio dalle interazioni e 
dalle relazioni organizzanti tra le parti.  
Un organismo vivente è quindi un ‘sistema complesso’, formato cioè da sistemi inseriti 
in altri sistemi, e le proprietà (sistemiche) di un dato livello sono dette ‘proprietà 
emergenti’, poiché emergono proprio a quel dato livello. 
Ricercando un modello che possa rappresentare tale organizzazione, il fisico Fritjof 
Capra presenta l’immagine della rete, cioè della trama complessa che collega le varie 
parti non solo di un organismo, ma anche di una cellula, di un ecosistema o di un 
sistema sociale. Attraverso tale rete fluisce energia, materia ed informazione. 
 
1.2  Dalla percezione alla cognizione 
 
Questo secondo paragrafo mira a mostrare come alcune scienze - la psicologia, 
l’antropologia e l’ecologia - abbiano cercato di delineare la relazione che si crea tra il 
soggetto che conosce e l’oggetto – in questo caso l’ambiente – che viene conosciuto. 
Nella letteratura psicologica classica si fa una distinzione tra percezione e cognizione: la 
percezione è ciò che i nostri sensi colgono di quanto ci circonda, mentre la cognizione è 
il frutto dell’attività cerebrale, la quale, in chiave semiotica, interpreta e rielabora 
quanto percepito. 
 
1.2.1  L’approccio etologico 
 
L’etologia umana, scienza che studia il comportamento dell’animale-uomo, si è 
interrogata sulle risposte comportamentali umane a determinati stimoli e segnali che 
l’uomo riceve. Essa si fonda sul realismo critico di K. Lorenz e K.R. Popper, secondo cui, 
per poter fare affermazioni “oggettive”, cioè riferite al mondo reale, la nostra percezione 
deve poter ricostruire la realtà attraverso i dati che arrivano al nostro sistema nervoso 
periferico. La particolarità è che, sebbene ci si possa trovare in condizioni variabili, 
alcuni di questi dati possono essere riconosciuti come invarianti; gli studiosi 
attribuiscono tale fatto a: 
- esperienza individuale; 
- adattamento filogenetico, poiché gli animali apprendono in modo diverso a se-
conda delle specie, con la finalità di aumentare la loro fitness. 
K. Lorenz, nel 1941, fa questo esempio: “le forme e le categorie con le quali noi 
percepiamo e conosciamo il mondo si sono fissate prima di ogni esperienza individuale e 
sono adattate al mondo esattamente allo stesso modo con cui lo zoccolo del cavallo lo è 
al terreno della steppa, già prima della nascita”.11 
 
1.2.2  La Gestalt 
 
Negli anni 1930-1940 inizia a svilupparsi la teoria della Gestalt - con Kohler, Koffka, 
Wertheimer, ma prendendo il via da alcune idee di Johann Wolfgang Goethe -, che 
considera l’uomo come un sistema aperto che si confronta attivamente col  suo 
ambiente. Tale interazione viene determinata dall’esperienza – l’unica realtà che ci è 
subito disponibile – ma anche dal comportamento, e non solo da pulsioni, come nella 
concezione etologica. La percezione umana elabora i dati sensoriali seguendo dei 
programmi precostituiti. Questo vuol dire che le cose non vengono percepite come 
elementi isolati, ma come strutture organizzate, dotate di significato. Il mondo fisico è 
                                                 
11
 Irenaus Eibl-Eisfeldt – Etologia umana, 1993, pp.3-5 
 14 
solo quello che risulta attraverso il momento della percezione e l’Io è un oggetto, 
separato dagli altri oggetti, responsabile del controllo del comportamento.12 
 
1.2.3 Piaget e gli studi sul bambino  
 
Intorno al 1960, lo psicologo Jean Piaget - di cui è famoso il principio “se ascolto 
dimentico, se vedo ricordo, se opero comprendo” - si sofferma sullo sviluppo psichico 
dell’individuo: lo paragona alla crescita organica, perché consiste in un cammino verso 
l’equilibrio che, a differenza della crescita organica, è però più instabile. Tale equilibrio 
cognitivo,, infatti, è sempre mobile, e consiste in un sistema di probabile compen-
sazione di perturbazioni esterne per mezzo dell’attività del soggetto. 
Egli sostiene inoltre che ogni azione risponde ad un bisogno, il quale è uno squilibrio 
da bilanciare. Ogni organismo tende a: 
- assimilare, mediante i sensi, il mondo esterno alle strutture già costituite. E’ un 
processo attivo, non una registrazione passiva, in cui l’organismo risponde 
attivamente all’ambiente, senza però trasformare le conoscenze preesistenti; 
- accomodare tali strutture agli oggetti esterni, inserendo i nuovi dati acquisiti in uno 
schema cognitivo. Le conoscenze ed i comportamenti già in atto vengono quindi 
incrementati e modificati. 
La caratteristica epistemologica di ogni essere vivente risulta così essere quella 
dell’adattamento, inteso come un equilibrio tra assimilazione ed accomodamento, da 
parte di azione e pensiero, in modo da bilanciare e correggere le perturbazioni prodotte 
dall’esterno. Attraverso tali processi specifici, il soggetto acquisisce conoscenza in modo 
dinamico. 
I suoi studi sulla psicologia infantile mirano a dare la “dimensione genetica” 
fondamentale per risolvere tutti i problemi mentali. Egli scopre empiricamente che, nello 
sviluppo della logica infantile, esistono quattro grandi stadi, i quali non possono essere 
né saltati né forzati: 
1) Periodo sensomotorio (dalla nascita ad un anno e mezzo - 2 anni circa), in cui le 
prime informazioni ambientali provengono direttamente dai sensi e dalle azioni 
fisiche che il bambino compie; 
2) Periodo pre-operatorio (dai 2 ai 7 anni circa), in cui si iniziano ad usare simboli, 
immagini mentali, parole, gesti per rappresentare oggetti o eventi. Inoltre ini-
ziano a crearsi le categorie ambientali, ma ancora la sua visione è egocentrica, 
non nel senso di un’ipertrofia dell’io, ma nel senso che il bambino pone sé stesso 
come “misura” di ciò che lo circonda; 
3) Periodo delle operazioni concrete (dai 7 agli 11 anni circa), in cui il bambino è in 
grado di effettuare classificazioni ed ordinamenti, come ad esempio l’inclusione in 
una categoria; in questo modo si possono creare rapporti tra ambienti che hanno 
aspetti in comune. Si parla di operazioni concrete, perché sono basate solo sulla 
realtà stessa. Inoltre inizia ad aver padronanza dei concetti spazio-temporali, 
riesce ad elaborare le prime ipotesi, e sviluppa maggiormente i sentimenti morali 
e sociali di cooperazione; 
4) periodo delle operazioni formali (dagli 11 ai 15 anni circa), in cui il bambino, 
effettuando astrazioni e cogliendo distinzioni che prima non afferrava, raggiunge 
quindi il ragionamento ipotetico-deduttivo dell’adulto. Si parla di “formali”, perché 
sono applicabili a qualsiasi contenuto, non legate cioè in modo contingente alla 
realtà. 
                                                 
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 Koffka – Principi di psicologia della forma, 1970,  p. 35