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CAPITOLO II
LEGGE 20 MAGGIO 2016, N° 76: GENESI, CONTENUTO E
DIFFERENZE DALLA DISCIPLINA MATRIMONIALE
SOMMARIO: 1. Legge sulle Unioni Civili: iter parlamentare. – 2. Disciplina dell’unione
omosessuale e della coppia convivente – 3. Due istituti a confronto: differenze tra unione civile e
matrimonio.
1. Legge sulle Unioni Civili: iter parlamentare
Tornando a quanto detto a suo tempo,
1
il panorama delle “famiglie di fatto”,
con peculiare riferimento alle coppie same sex, era rimasto, per lungo tempo,
sprovvisto di una qualsivoglia disciplina: risale al 2010 la famosa pronuncia della
Corte Costituzionale, con la quale i giudici richiamavano l’attenzione del
legislatore in merito al riconoscimento giuridico dell’unione omosessuale.
Dopo circa 6 anni dalla statuizione citata, interviene nel nostro ordinamento
la legge sulle unioni civili, L. 20 maggio 2016, n° 76, risultato di un complesso
procedimento parlamentare che ha contribuito alla definizione del testo normativo
di cui oggi prendiamo atto.
Come è noto, tale normativa fu varata nel corso della XVII legislatura, ma
antecedenti ad essa si possono annoverare varie proposte di legge presentate già a
partire dagli anni ‘80:
1) il primo provvedimento che, seguendo un ordine cronologico, viene in
esame, è la proposta del 12 febbraio 1988, n° 2340. Essa recava la firma di Agata
Alma Cappiello, deputata particolarmente sensibile ai diritti civili, e di Margherita
Boniver ed ebbe il pregio di proporre, già 32 anni fa, un testo volto a definire la
disciplina della “famiglia di fatto”
2
. Il documento non fu, però, mai ammesso in
discussione;
1
Si veda supra C. I § 2 e 3.
2
La proposta di legge (consultabile al sito
http://media2.corriere.it/corriere/pdf/2016/Coppie_di_fatto_1988.pdf) era scandita da vari articoli,
che disciplinavano: il rapporto giuridico tra conviventi (ART.1), l’iscrizione anagrafica (ART.2),
l’obbligazione alimentare (ART.3), il rapporto patrimoniale tra conviventi (ART.4), l’impresa
famigliare (ART.5), la successione nel contratto di locazione (ART.6), il risarcimento del danno
causato dal fatto illecito cui è derivata la morte del convivente (ART.7), i provvedimenti relativi
28
2) successivamente, nella XIII legislatura, furono depositate una decina di
proposte di legge: si ricordano quelle di Vendola (n°1020), di Buffo (n°2870) e di
Soda (n°4657). Ma ancora una volta nessun disegno di legge, tra i molti creati,
raggiunse l’ordine del giorno dei lavori parlamentari;
3) inoltre, durante la XIV legislatura, venne alla luce la proposta di Franco
Grillini (n° 3296 del 21 ottobre 2002), la quale ricalcava il modello dei PACS
francesi e scandinavi
3
. Questo provvedimento venne iscritto all’ordine del giorno
della Commissione Giustizia, ma non proseguì oltre;
4) altro disegno legge da considerare è il c.d. Di.Co (diritti e doveri delle
persone stabilmente conviventi), presentato nel febbraio del 2007 dal Governo
Prodi (XV legislatura). L’atto in questione si poneva come obiettivo quello «di
definire in quali casi le situazioni di convivenza, per il particolare sistema di
relazioni che in esse opera, danno luogo a diritti e doveri giuridicamente tutelati
in capo ai soggetti che ne fanno parte. Esso inoltre individua analiticamente i diritti
e i doveri, di natura patrimoniale e non, che si intendono attribuire a tali soggetti,
facendo espressamente salvi i diritti e gli obblighi già previsti da altre disposizioni
vigenti per le situazioni di convivenza»
4
.
Le difficoltà nascenti da tale documento si legarono alla predisposizione di
una disciplina “comune”, sia per le convivenze eterosessuali che per le coppie di
persone dello stesso sesso e al rifiuto di chi non intendeva accettare la creazione di
una figura alternativa al matrimonio (riconosciuto come istituto “privilegiato” del
all’affidamento dei figli in caso di cessazione della convivenza (ART.8), la competenza del giudice
ordinario (ART.9), i provvedimenti relativi ai conviventi in caso di cessazione della convivenza
(ART.10), la prova della proprietà dei beni mobili acquistati nel corso della convivenza (ART.11),
la violazione degli obblighi di assistenza famigliare (ART.12), i maltrattamenti in famiglia o verso
i fanciulli (ART.13), l’estensione della definizione di prossimi congiunti (ART.14), l’estensione dei
casi di non punibilità di cui all’articolo 649 del codice penale (ART.15).
3
L’articolo 2 della proposta in questione, consultabile al sito
http://legxiv.camera.it/_dati/leg14/lavori/stampati/pdf/14PDL0050850.pdf, intende per “patto civile
di solidarietà” «l’accordo tra due persone di sesso diverso o dello stesso sesso stipulato al fine di
regolare i propri rapporti personali e patrimoniali relativi alla loro vita in comune». Si trattava di
un contratto accessibile a tutte le coppie, non solo omosessuali, purché composte da membri
maggiorenni, non legati da precedenti vincoli di matrimonio e conviventi da almeno 2 anni.
4
Disegno di legge, 8 febbraio 2007, n°1339 (consultabile al sito
http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00253559.pdf).
29
nostro ordinamento)
5
: il dibattito sul tema fu tale, da portare al fallimento del Di.Co.
medesimo;
5) si arriva così alla XVII legislatura (2013 – 2018), in cui vennero
predisposti vari disegni legge: alcuni volti ad estendere il matrimonio anche a
coppie omosessuali, altri indirizzati verso la creazione di un istituto ad hoc pensato
esclusivamente per coppie di persone dello stesso sesso ed altri ancora diretti a
formare una normativa applicabile a coppie etero ed omo
6
.
Le istanze degli ultimi due gruppi vennero accolte dal c.d. testo unificato,
presentato dalla senatrice Monica Cirinnà. Su tale testo, però, non è mai iniziata
una vera e propria discussione, anzi esso fu sostituito il 25 febbraio 2016 da un
unico emendamento (c.d. maxi-emendamento). Quindi, i 23 articoli che il
documento presentava originariamente vennero compressi in un unico articolo con
ben 69 commi, senza suddivisione organica in titoli e senza rubriche
7
.
Il primo atto proposto della senatrice Cirinnà (testo unificato) è stato il frutto
di un compromesso raggiunto tra le varie forze politiche ed è stato plasmato dando
adito a quella prospettiva incline a separare il matrimonio dalle nascenti unioni
civili. A differenza del testo iniziale, il maxi-emendamento si è concretizzato in
tempi molto più rapidi: la strategia politica era cambiata e il Governo aveva deciso
di porre la fiducia sul nuovo articolato di norme.
Questa modifica repentina, ha dato luogo a profonde incongruenze tecniche:
«senza apparente ordine la legge vede casi di rinvio alle norme del codice civile,
casi di regole create ad hoc, casi in cui la regola matrimoniale viene copiata in modo
pedissequo e casi, infine, frutto di opache tecniche miste»
8
.
5
Cfr. B. de Filippis, Unioni civili e genitorialità: le nuove frontiere della giurisprudenza, CEDAM,
Milano, 2018, pp. 17-18.
6
Cfr. M. Gattuso, Trattato di diritto di famiglia le riforme: legami di coppia e modelli familiari,
Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2019, pp. 3-8.
7
Ibidem.
8
Così M. Gattuso, Trattato di diritto di famiglia le riforme: legami di coppia e modelli familiari,
Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2019, pp. 3-8.
30
2. Disciplina dell’unione omosessuale e della coppia convivente
Dopo aver delineato i principali steps di evoluzione della disciplina della
“famiglia di fatto”, che conducono all’emanazione della legge 76/2016, è opportuno
iniziare ad analizzare cosa prescrive effettivamente tale normativa, facendo
preminente riferimento alla coppia same sex.
Innanzitutto, il comma 1° dell’unico articolo presente, riconosce “l’unione
civile tra persone delle stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi
degli articoli 2 e 3 della Costituzione e reca la disciplina delle convivenze di fatto”.
Dal comma 2°, inoltre, si evince che tale unione può instaurarsi solo tra
persone maggiorenni dello stesso sesso, mediante dichiarazione davanti
all’Ufficiale di Stato Civile e alla presenza di due testimoni.
Ciò che si nota, sfogliando i primi commi della legge in questione, è
l’assenza di una definizione chiara e puntuale di unione civile.
Questa “mancanza” ha portato a domandarsi se un istituto del genere possa
o meno essere inquadrato all’interno della concezione di “vita famigliare”. Da qui
le opinioni dottrinali riportate da un autore
9
: secondo alcuni, la definizione
dell’unione civile come “specifica formazione sociale”, era sintomo della volontà
del legislatore di escluderla dalla nozione di “famiglia”; opinione prevalente, di
contro, ricavava, dall’espressione contenuta nel comma 1°, l’intento di distinguere
l’unione civile dal matrimonio e non quello di negare, all’unione medesima, la
qualificazione di famiglia. Anche se i concetti di formazione sociale e di famiglia
si pongono in rapporto genere-specie: la famiglia, specifica formazione sociale,
rimanda a ciò che si prescrive nell’art.2 Cost., ma non ogni formazione sociale è
anche una famiglia.
Sempre in relazione alla natura giuridica dell’unione civile, appare, allora,
chiaro che con la legge del 20 maggio 2016 il Parlamento italiano ha «optato per
un sistema dualistico: accanto al matrimonio, che resta ad appannaggio delle coppie
eterosessuali, si affianca l’istituto dell’unione civile»
10
.
9
Cfr. M. Gattuso, Trattato di diritto di famiglia le riforme: legami di coppia e modelli familiari,
Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2019, pp. 8-11.
10
Così F. Romeo, Trattato di diritto di famiglia le riforme: legami di coppia e modelli familiari,
Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, pp. 19-23.
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Questa scelta, come riportano alcuni autori
11
, ha il pregio sia di rispettare le
garanzie sancite dall’istituto del matrimonio, sia di dare piena applicazione al
principio di uguaglianza, che impone di trattare in modo ragionevolmente diverso
situazioni differenti.
Serve, ora, discorrere di cosa prescrive la legge 76 in riferimento agli effetti
personali e patrimoniali delle parti dell’unione civile.
Iniziando a considerare gli effetti personali, viene in rilievo ciò che si
prescrive nel comma 11° della legge suddetta: “con la costituzione dell’unione
civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono
i medesimi doveri; dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco all’assistenza
morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in
relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e
casalingo, a contribuire ai bisogni comuni”.
Quindi, alla luce di quanto asserito dal legislatore, per i componenti
dell’unione civile sorgono 3 obblighi:
a) assistenza morale e materiale, dovere che si qualifica in relazione alle
esigenze concrete e differenti che caratterizzano ogni singola coppia. Si tratta di
«condotte che mutano nell’an e nel quomodo in relazione alle diverse circostanze
della vita di ciascuno (salute, lavoro, congiunti, e via discorrendo), all’evoluzione
del progetto di vita comune e del rapporto affettivo, a qualsivoglia problema,
imprevisto, fragilità, evenienza dovesse accadere»
12
;
b) coabitazione, intesa come luogo in cui i partners pongono le basi per la
creazione della loro vita in comune. Tale obbligo dimostra la propria valenza se si
considera l’ipotesi di ingiustificato allontanamento di uno dei membri della coppia
dalla casa comunitaria. In questa circostanza, suggellata nell’articolo 146 del codice
civile a cui il comma 19° rinvia, si determina la sospensione del diritto all’assistenza
morale e materiale nei confronti del compagno che si sia allontanato. Quindi, oltre
a sottolineare l’importanza della costruzione di una condivisa esperienza
11
Cfr. D. Minussi, M. Paladini, A. Renda, Manuale di diritto civile, Giuffrè Francis Lefebvre,
Milano, 2019, pp. 247-248.
12
Così, M. C. Venuti, Trattato di diritto di famiglia le riforme: legami di coppia e modelli familiari,
Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, pp. 41-48.
32
sentimentale, il dovere di coabitazione rimanda alla disciplina matrimoniale pensata
per i coniugi (ipotesi di analogia delle discipline);
c) contribuzione ai bisogni comuni: ognuno dei membri della coppia
«apporta al ménage ciò che ha (in termini di sostanze) e ciò che sa (capacità
professionale e casalinga) concorrendo, con i propri talenti e nel rispetto della
propria individualità, alla realizzazione delle esigenze dell’altra parte e di quelle
comuni»
13
. È ovvio che gli apporti non seguiranno un criterio “formale” e
predefinito, ma saranno modulati in ragione delle vicende personali del singolo
nucleo famigliare. Inoltre, questo dovere riporta ad un’altra similitudine rispetto al
matrimonio: esso viene considerato alla stregua di quanto inserito nel regime
patrimoniale primario della famiglia.
Ancora, in merito ai rapporti personali, è opportuno soffermarsi sul comma
12° della legge sulle unioni civili: in egual modo rispetto ai coniugi, anche i
partners concordano tra loro l’indirizzo della vita famigliare, fissano la residenza
comune e attuano le scelte assunte.
Come riporta un’autrice
14
, tale comma da un lato mette in risalto la parità
dei membri della coppia, che devono operare decisioni di comune accordo,
dall’altro definisce la possibilità di ciascuno di agire singolarmente, dispiegando la
propria personalità all’interno dell’unione affettiva.
Per terminare l’analisi degli aspetti personali dell’unione civile bisogna dar
conto della disciplina sul cognome: il comma 10° stabilisce che “mediante
dichiarazione all’Ufficiale di Stato Civile le parti possono stabilire di assumere,
per la durata dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, un cognome comune
scegliendolo tra i loro cognomi. La parte può anteporre o posporre al cognome
comune il proprio cognome, se diverso, facendone dichiarazione all’Ufficiale di
Stato Civile”.
In caso violazione di uno dei suddetti doveri di natura personale, il
legislatore ha predisposto varie conseguenze.
13
Ibidem.
14
Cfr. M. C. Venuti, Trattato di diritto di famiglia le riforme: legami di coppia e modelli familiari,
Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, pp. 41-48.
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Alcune sono contemplate direttamente dal legislatore del 2016, esse
consistono: nella sospensione dell’assistenza morale e materiale (art.146 c.c.),
ipotesi collegata, come si è già detto, all’allontanamento ingiustificato dalla
residenza famigliare; nel sequestro dei beni della parte che si è allontanata, se il
giudice ne ravvisa necessità (mezzo utilizzato come surrogato dell’obbligo di
contribuzione ai bisogni comuni); nell’emissione dell’ordine di protezione in
conformità agli artt.342-bis e 342-ter c.c., nel caso in cui l’unito civilmente arrechi
grave pregiudizio all’integrità fisica o morale o alla libertà dell’altra parte; nello
scioglimento dell’unione civile medesima.
Infine, accanto a queste sanzioni, per così dire esplicitate, ve ne sono altre
che si ricavano in via interpretativa utilizzando strumenti di diritto comune.
Passiamo ora ad approfondire gli aspetti patrimoniali contenuti nella L. 76.
Così come è accaduto per gran parte della disciplina precedente, anche qui
il legislatore opera svariati rinvii alle norme contenute nel c.c. in tema di
matrimonio.
Sulla scorta di quest’approccio, alle unioni civili si estende la disciplina sui
regimi patrimoniali: i membri della coppia si vedranno applicato di default il regime
di comunione legale, a meno che non optino per altri regimi atipici (comma 13°: “il
regime patrimoniale dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, in mancanza
di diversa convenzione patrimoniale, è costituito dalla comunione dei beni. In
materia di forma, modifica, simulazione e capacità per la stipula delle convenzioni
patrimoniali si applicano gli articoli 162, 163, 164 e 166 del codice civile. Le parti
non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto
dell’unione civile. Si applicano le disposizioni di cui alle sezioni II, III, IV, V e VI
del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile”).
Come si evince dalla disposizione richiamata, i partners possono regolare
l’assetto economico della loro unione tramite convenzioni patrimoniali, le quali non
devono derogare a diritti o ad obblighi disposti dalla legge. Questo dettato
normativo sembra convergere con quanto prescritto dall’articolo 160 del codice
civile (diritti inderogabili dagli sposi), presentando una delle tante analogie
richiamate inizialmente.
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Le convenzioni, inoltre, possono essere stipulate e modificate in ogni
momento e servono per attestare la scelta delle parti dell’unione civile di accedere
ad un regime atipico, come quello della separazione dei beni o della comunione
convenzionale, oppure di creare un fondo patrimoniale.
In quest’ultima ipotesi si tratta di un regime aggiuntivo, che può co-esistere
con altri regimi tipici o atipici, «relativo a specifici beni immobili, mobili registrati
o titoli di credito nominativi cui viene impresso un vincolo di destinazione
rappresentato dal soddisfacimento dei “bisogni della famiglia”»
15
.
In entrambi i casi, regime atipico o aggiuntivo, è necessario che i membri
della coppia indichino, a margine dell’atto di costituzione dell’unione civile, la
pattuizione con cui addivengono a tale scelta, ai fini dell’opponibilità a terzi.
Inoltre, la pattuizione deve avere forma di atto pubblico, a pena di nullità.
In assenza di decisione esplicita, opererà il regime sussidiario: quello della
comunione legale dei beni. Qui, può realizzarsi quanto inserito nell’art.177, cpv e
nell’art.177 lettera d del codice civile: si tratta rispettivamente della comunione
sull’azienda gestita da entrambi, oppure della comunione sugli utili e gli incrementi
di essa, qualora l’azienda appartenga ad una delle parti prima della celebrazione
dell’unione. Mentre, in caso di esercizio individuale dell’attività economica, si avrà
la comunione de residuo dei beni destinati all’esercizio dell’impresa e dei loro
incrementi, a norma dell’art.178 c.c.
16
.
Infine, per espresso richiamo del comma 13°, si applicherà all’unione tra
persone dello stesso sesso la disciplina in tema di impresa famigliare (sussistendo i
presupposti dell’art.230-bis c.c.) e, sulla base del comma 19°, si estenderà anche la
disciplina in tema di obbligazioni alimentari.
Rimane da dire cosa afferma la legge del 20 maggio in merito allo
scioglimento dell’unione civile: i commi 22°, 23°, 24°, 25° e 26° trattano di questo
argomento, prescrivendo le varie ipotesi di scioglimento.
In ordine di esposizione ci si riferisce: alla morte o alla dichiarazione di
15
Così M. C. Venuti, Trattato di diritto di famiglia le riforme: legami di coppia e modelli familiari,
Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, pp. 55-60.
16
Cfr. M. C. Venuti, Trattato di diritto di famiglia le riforme: legami di coppia e modelli familiari,
Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, pp. 55-60.
35
morte presunta di una delle parti; ai casi previsti dall’articolo 3 numeri 1 e numero
2 lettere a-c-d-e della legge 898/1970; alla volontà delle parti, anche disgiunta, di
sciogliere l’unione dinnanzi all’Ufficiale di Stato Civile; agli articoli 4, 5
comma1° e dal 5° al 11° comma, 8, 9, 9-bis, 10, 12-bis, 12-ter, 12-quater, 12-
quinques e 12-sexies della legge 898/1970, nonché alle disposizioni del titolo II
del libro quarto del c.p.c. e agli articoli 6 e 12 del d. l. 132/2014; alla sentenza di
rettificazione di attribuzione di sesso.
Particolarità dell’unione civile attiene al frangente in cui cessa la comunione
legale, ciò si determina nel momento in cui passa in giudicato la sentenza di
divorzio.
In ultimo, in riferimento all’ipotesi di scioglimento per manifestazione della
volontà, anche disgiunta, delle parti, occorre precisare che, a norma del comma 24°,
la domanda di scioglimento dell’unione è proposta decorsi 3 mesi dalla data della
manifestazione di volontà.
Una volta esaminata la disciplina derivata dalla legge 76/2016, sembra
giusto ricordare che il legislatore italiano ha chiaramente fondato la struttura della
normativa sul modello tedesco: più precisamente sulla conformazione della
Lebenspartnerschaft.
Rispetto alla normativa teutonica, gli elementi della legge italiana sembrano
più evoluti. Questo perché la Corte di Giustizia dell’Unione Europea aveva ritenuto
contrastanti con il diritto comunitario alcuni aspetti della Lebenspartnerschaft,
aspetti che non garantivano uguaglianza della disciplina medesima con il
matrimonio.
Tenuto conto di questo quadro, nell’unione civile italiana si era deciso di
inserire una sorta di clausola di rinvio, il comma 20°, al fine di garantire alle unioni
medesime, ove possibile, la copertura della disciplina matrimoniale.
A ben vedere questo risultato si poneva in contrasto con le intenzioni del
Costituente, il quale voleva assicurare al matrimonio una sorta di posizione
preminente. In definitiva, quindi, per meglio comprendere la portata della
normativa sulle unioni civili, appare opportuno trattare delle differenze che
l’istituto presenta rispetto al matrimonio.