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CAPITOLO I
IL BENE VITA: PRINCIPI COSTITUZIONALI,
PROFILI PROBLEMATICI
Il dibattito filosofico e politico
Il dibattito sul delicato tema dell’eutanasia risente delle
differenti concezioni filosofiche e politiche in ordine alla natura
del bene vita.
In virtù delle premesse valoriali e culturali sottese,
l’eutanasia viene qualificata da alcuni autori come atto
contrario ai principi costituzionali, da altri come diritto
inviolabile dell’uomo.
Sul punto, vengono in considerazione due principali
concezioni politico-filosofiche: comunitarismo e liberalismo
1
.
La teoria comunitarista
2
ritiene che compito dello Stato sia
1
Comunitarismo e liberalismo sono le due teorie di filosofia morale che, nell’ultimo
trentennio, soprattutto nel Nord America, si sono occupate di problemi di natura
pratica concernenti il ruolo dello Stato, della giustizia, dell’etica, e, recentemente,
della bioetica (cfr. C. TRIPODINA, Il diritto nell’età della tecnica. Il caso
dell’eutanasia, Napoli, 2004, p. 166, nota 2).
2
Tra gli esponenti più rappresentativi del comunitarismo possono essere ricordati: A.
MACINTYRE, After virtue: a study in moral theory, London, 1985 (trad. it. Dopo la
virtù. Saggio di teoria morale, Milano, 1988); M. J. SANDEL, Liberalism and the
limits of justice, Cambridge, 1982 (trad. it. a cura di S. D’Amico, Il liberalismo e i
limiti della giustizia, Milano, 1994; C. TAYLOR, Multiculturalism and “the politics of
4
tutelare la comunità, non solo come contesto sociale in cui i
singoli convivono, ma anche come elemento costitutivo della
loro stessa identità. Il ruolo che svolge la comunità nella
formazione dei singoli è fondamentale, poiché influenza la
moralità degli stessi
3
.
Per i teorici del comunitarismo è molto importante la
garanzia da parte dello Stato di un’area comune di moralità
condivisa, costituita da un insieme di valori ai quali chiunque si
deve conformare.
L’autonomia individuale è subordinata a valori morali
“oggettivi” stabiliti dalle autorità; l’accento è posto sui doveri e
sugli obblighi di ciascuno, non sui diritti, ritenuti
“individualistici” e potenzialmente antisociali
4
.
In questa prospettiva, il più importante fra i valori è la
sacralità della vita umana: essa è considerata sacra di per sé, dal
momento del concepimento fino alla morte, indipendentemente
dalle condizioni, fisiche e mentali, in cui versi l’individuo
5
.
recognition”: an essay, Princeton, 1992 (trad. it. a cura di G. Rigamonti,
Multiculturalismo: la politica del riconoscimento, Milano, 1993).
3
A. MACINTYRE, Is patriotism a virtue?, Lawrence, 1984 (trad.it. Il patriottismo è
una virtù?, in A. FERRARA, (a cura di), Comunitarismo e liberalismo, Roma, 1998, p.
62).
4
M. CHARLESWORTH, Bioethics in a liberal society, Cambridge, 1993 (trad. it. a cura
di G. Gozzini, L’etica della vita. I dilemmi della bioetica in una società liberale,
Roma, 1996, p. 24 ss.).
5
In questo senso: G. IADECOLA, Eutanasia e sue problematiche giuridiche, in La
giustizia penale, n. 6, Roma, 1985, p. 188; R. PANNAIN, Omicidio (voce), in Nov.
Dig. It., XI, 1957/75, p. 884; F. STELLA, Il problema giuridico dell’eutanasia:
l’interruzione e l’abbandono delle cure mediche, in Riv. It. Med. Leg., 1984, p. 1012;
C. VENTRELLA MANCINI, L’eutanasia tra il diritto alla vita e alla libertà di
5
Parimenti, la vita è degna in sé: non è la dignità a costituire il
fondamento della vita umana, ma è la vita umana a fondare la
dignità
6
.
Sono dunque sacre e degne di essere vissute non solo le
vite caratterizzate da coscienza e vita di relazione, da
“spiritualità”. L’uomo non decade dalla condizione umana
quando è totalmente, e financo definitivamente, privo di
coscienza, purché permangano funzioni vegetative
organizzate
7
.
Sulla base di tali premesse, la dottrina ispirata alle
concezioni comunitariste nega l’esistenza di un diritto alla
scelta autonoma e consapevole della propria morte: l’eutanasia
rappresenta un’offesa indiscriminata al valore intrinseco della
vita, che lo Stato deve condannare e contrastare utilizzando gli
strumenti normativi a sua disposizione.
A sostegno del suddetto assunto, i teorici del
comunitarismo adducono vari argomenti, tesi a dimostrare
l’impossibilità giuridica e morale di una legge che conferisca
legittimità alle pratiche eutanasiche.
autodeterminazione in Italia e in Spagna, in Revista espanõla de derecho canònico,
n. 142, 1997.
6
E. MONTERO, L’eutanasia è un diritto? Autonomia, dignità, pluralismo, in Studi
cattolici, n. 469, Milano, 2000; F. D’AGOSTINO, Criteri di valutazione giuridica, in
Parere del Comitato nazionale per la bioetica sulla proposta di risoluzione
sull’eutanasia ai pazienti terminali, in Società e istituzioni, 1991. Contra, J.
RACHELS, Uccidere, lasciar morire, e il valore della vita, in Bioetica, n. 2, 1993.
7
L. EUSEBI, Omissione dell’intervento terapeutico ed eutanasia, in Archivio penale,
1985, p. 675.
6
Fra tali argomenti, assume particolare rilievo quello detto
“del pendio scivoloso” (“the slippery slope argument”)
8
. In
base a tale argomento, a fronte della concessione di una
situazione ipoteticamente desiderabile o moralmente
accettabile, sussistono valide ragioni per temere che si scivolerà
verso qualcos’altro, che consisterà invece in una situazione
indesiderabile o moralmente inaccettabile; pertanto, nulla deve
essere concesso.
Applicato all’eutanasia, l’argomento in questione viene
utilizzato per sostenere come, una volta violato il principio
dell’intangibilità della vita — sia pure sul presupposto del
motivo pietoso —, si presenti appunto uno scivoloso pendio
9
.
Infatti, una volta accettata e legalizzata un determinata forma di
uccisione per pietà, considerata moralmente accettabile
(eutanasia volontaria), si rischierebbe, nondimeno, di essere
indotti a ritenere parimenti moralmente accettabili altre forme
di eutanasia
10
. Essa diverrebbe così un fenomeno collettivo e
ampiamente diffuso. Viene allora sostenuto che, data la
sussistenza di tale pericolo, neppure il primo passo in quella
8
Tra gli altri si vedano: D. NERI, Eutanasia. Valori, scelte morali, dignità delle
persone, Bari, 1995, p. 157; R. G. FREY, Il timore della “china scivolosa”, in G.
Dworkin – R.G. Frey – S. Bok, Eutanasia e suicidio assistito, Torino, 2001, p. 52;
M. REICHLIN, L’etica e la buona morte, Torino, 2002, p. 164.
9
F. MANTOVANI, Problemi giuridici dell’eutanasia, in Archivio Giuridico, 1970, nn.
1 e 2, p. 76.
10
Secondo tale linea teorica, nell’ipotesi in cui divenisse lecito uccidere per pietà il
malato incurabile e terminale, non riconoscendo la dignità intrinseca del suo vivere,
si giungerebbe poi a ritenere altresì lecito cagionare la morte del malato incurabile
ma non terminale, nonché di altre categorie di persone (ibidem).
7
direzione deve essere compiuto
11
.
Posizione opposta nei confronti dell’eutanasia è assunta dai
fautori del liberalismo.
Tale corrente di pensiero presuppone che tutti gli uomini
abbiano una sfera di diritti che lo Stato deve rispettare, non
invadendoli, e garantire contro ogni possibile invasione altrui
12
.
In questa prospettiva, l’individuo è posto in una posizione di
preminenza rispetto allo Stato
13
.
Quest’ultimo deve essere laico e imparziale: le leggi, le
decisioni politiche e le sentenze devono essere giustificabili
unicamente secondo criteri di neutralità e razionalità. Criteri e
fini dell’agire statuale sono la responsabilizzazione dei singoli
— affinché gli stessi possano compiere autonomamente e
liberamente scelte cruciali per la propria vita — e la garanzia
della pacifica esistenza delle diverse concezioni di bene,
attraverso la promozione del valore della tolleranza
14
.
Nessun valore, nessuna idea di vita — sia pure buona,
giusta o felice — può essere imposta. Le persone, purché non
rechino danno ad altri, devono essere lasciate libere di
perseguire il modo di vivere che esse ritengono per sé più
11
S. CASTIGNONE, Nuovi diritti e nuovi soggetti: appunti di bioetica e biodiritto,
Genova, 1996, p. 226.
12
N. BOBBIO, Liberalismo e democrazia, Torino, 1999, p. 9.
13
N. BOBBIO, L’età dei diritti, Torino, 1998, p. 60.
14
C. TRIPODINA, Il diritto, cit., p. 199.
8
adatto
15
.
Diversità sociale e pluralismo culturale sono incoraggiati,
in quanto reputati segno di vitalità sociale. L’unica idea che
deve essere condivisa dai membri di una società è quella
secondo cui l’autonomia e la libertà individuale costituiscono il
valore supremo
16
.
Lo Stato è legittimato a intervenire coercitivamente solo
nell’ottica di limitare le azioni con cui un determinato
individuo, per soddisfare un proprio desiderio, interferisce nella
sfera di libertà e dignità di un altro (cosiddette “azioni
esterne”). Per contro, non è tollerabile alcuna ingerenza della
pubblica autorità nel caso di “azioni interne”, che non
trascendono la sfera dell’individuo stesso, riguardando appunto
la sua coscienza interiore, la sua sensibilità, il suo pensiero, le
sue opinioni morali, religiose o scientifiche.
La decisione sul come e sul quando morire riguarda,
appunto, azioni interne, rispetto alle quali la scelta ultima spetta
al singolo
17
: ciascuno deve potersi autodeterminare liberamente
15
Ivi, p. 200.
16
In un certo senso, si tratta di un accordo sul disaccordo: «ciascuno deve tollerare la
visione del mondo e il sistema di valori degli altri fintanto che non ne viene
danneggiata la libertà di qualcun altro di seguire il proprio modo di vita» (M.
CHARLESWORTH, L’etica, cit., p. 10).
17
A tal proposito scrive Dworkin: «la morte ha il dominio, perché non è solo l’inizio
del nulla, ma è la fine di tutto, e il modo in cui pensiamo e parliamo del morire
(l’enfasi che poniamo sul morire con dignità) mostra quanto sia importante che la
vita finisca in modo appropriato, che la morte tenga fede al modo in cui vogliamo
aver vissuto. Non possiamo comprendere che cosa significhi la morte per gli altri:
perché alcuni preferirebbero essere morti anziché vivere costantemente sotto
9
di fronte alla morte, in base ai valori ai quali ha improntato la
propria vita
18
. Ciò garantisce il rispetto della dignità del
morente
19
.
Dunque in uno Stato liberale, laico e pluralista, è diritto del
malato terminale, qualora ritenga che la sua esistenza abbia
perso definitivamente significato, richiedere ed ottenere di
morire in un modo per lui dignitoso, con l’aiuto di chi sia
disposto a darglielo
20
.
Per i teorici del liberalismo, l’argomento decisivo in favore
dell’eutanasia e di una sua legittimazione da parte dello Stato
risiede nel principio di autonomia, a mente del quale «per agire
in modo etico o morale io devo scegliere da solo quello che
farò»
21
22
.
sedativi, o incapaci, e perché altri vorrebbero “combattere”, seppur soffrendo
atrocemente e ormai incoscienti o inabili e incapaci di apprezzare quella battaglia;
perché sono così pochi a pensare che non importa affatto se vivere o morire, una
volta caduti in uno stato di incoscienza permanente. Non possiamo comprendere
nulla di questi problemi, né molto di più dei sentimenti delle persone riguardo alla
morte, se non distogliendo lo sguardo dalla morte per volgerlo, per un momento, alla
vita» (R. DWORKIN, Life’s Dominion: An Argument about Abortion, Euthanasia, and
Individual Freedom, Londra, 1993 (trad. it. a cura di Carla Bagnoli, Il dominio della
vita: aborto, eutanasia, e libertà individuale, Milano, 1994, p. 274).
18
D. NERI, Eutanasia: valori, scelte morali, dignità delle persone, Bari, 1995, p. 118.
19
Dworkin osserva appunto che è fondamentale chiedersi se, in altre parole, «una
società… sceglierà la coercizione o la responsabilità, se cercherà di imporre a
ciascuno un giudizio collettivo su questioni della più profonda natura spirituale, o se
consentirà e anzi chiederà ai suoi cittadini di formulare da sé i giudizi che stanno al
centro della definizione della propria personalità» (R. DWORKIN, Il dominio, cit., p.
286).
20
C. TRIPODINA, Il diritto, cit., p. 203.
La libertà di scelta, anche circa la propria morte, è vista come presupposto cardine e
irrinunciabile del rispetto della persona umana, che uno Stato che voglia realmente
dirsi liberale e democratico non può disconoscere (ibidem).
21
M. CHARLESWORTH, L’etica, cit., p. 3.