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Il presente lavoro mirerà verso la comprensione di fenomeni che sempre più
spesso entrano a far parte della nostra quotidianità anche se, spinti forse più dal clamore
della notizia e dallo scandalo, si rischia di perdere di vista la gravità e la drammaticità
che invece li caratterizzano.
Dunque, figli che uccidono i propri genitori o parenti, genitori che uccidono i
propri figli. Perché? Esistono delle differenze tra uomo e donna nella commissione di
tali atti? Chiunque se lo sarà chiesto, ma tali reati rappresentano un dramma che forse
oltre ad essere inquadrato e classificato, andrebbe capito e fatto oggetto di prevenzione.
La società rimane impotente, incredula, perché quella che viene colpita è la sua
forza trainante, è come sbagliare la costruzione di un palazzo, attaccarne le fondamenta:
se non reggono, tutto crolla.
La famiglia, microcosmo essenziale e vitale, sembra sbriciolarsi lentamente,
attaccata da dinamiche, da cambiamenti e da richieste troppo rapide, complesse ed
improvvise, che la società stessa detta.
Essa, convoglia su di sé, speranze, gioie, frustrazioni e bisogni di diverse
persone appartenenti a differenti momenti evolutivi e spesso “volersi bene” non è,
purtroppo, condizione necessaria né sufficiente per allontanare il rischio di tali reati.
La famiglia deve essere considerata non solo come un’istituzione che produce
vittime di violenze, ma anche luogo dove, purtroppo, la violenza viene perpetrata,
insegnata e appresa tramite modelli comportamentali e relazionali che tendono a
trasmettersi di generazione in generazione. A tale back ground può aggiungersi, poi,
anche la patologia psichica.
Molti studi ed analisi sono stati condotti su parricidio, matricidio, figlicidio,
ancora poche invece le notizie riguardanti il parenticidio, sia dal punto di vista
scientifico che giuridico: esso, infatti, non rappresenta una configurazione autonoma,
ma è contemplato tra le aggravanti di omicidio, poiché commesso su discendenti
(Eurispes, 1996).
Per questo lavoro sono state raccolte le informazioni anamnestiche (sesso, età
dell’arresto, regione di provenienza, stato parentale, stato civile, livello di scolarità),
quelle relative alla patologia (precedenti ricoveri psichiatrici, i tempi di latenza tra
l’inizio della sintomatologia e l’atto omicidiario, il tipo di patologia di cui il paziente è
portatore) e quelle riguardanti il reato commesso (il tipo di reato, le vittime, l’arma
utilizzata, l’esito del trattamento durante la detenzione presso l’OPG).
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Queste informazioni sono state frutto di elaborazioni statistiche, in particolare il
capitolo due è dedicato alla parte statistico/anamnestica, con la descrizione e
distribuzione del campione rispetto a tutti gli elementi anamnestici considerati, nonché
rispetto alla patologia e al reato.
Il capitolo terzo è dedicato esclusivamente all’analisi statistica delle differenze
di genere, con la correlazione tra loro le variabili più significative (sesso-tipo di reato;
sesso-tipo di arma usata; sesso-tipo di patologia; sesso-esito del trattamento; sesso-stato
civile; sesso-stato parentale; sesso-precedenti ricoveri psichiatrici ecc) al fine di rilevare
le eventuali differenze.
Infine, una buona parte del lavoro, che occuperà il quarto capitolo, riporta i casi
più significativi esaminati per ciascun tipo di reato, accompagnata da una breve
descrizione psicologica di tale reato.
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CAPITOLO 1
LA FAMIGLIA MULTIPROBLEMATICA
Gli attuali modelli di vita guardano alla famiglia come alla più solida delle
certezze rimanenti e s’impone ad essa, un ruolo di grande importanza nel tamponare le
ferite inferte ai suoi membri, dalle insoddisfazioni e dalle difficoltà di realizzazione che,
ogni giorno, gli individui devono affrontare per sopravvivere nella società.
L’aggressività che ne deriva, non riesce più a trovare nella famiglia il principale
sfogo ed esaurimento, ma finisce spesso per scaricarsi in essa e contro di essa. Tutto
quello che sarebbe auspicabile ricondurre ad un piano istituzionale di crescita e
rafforzamento interno, viene invece alimentato fino alla creazione di un piano distorto e
parallelo da cui spesso si innesca drammaticamente la condotta che porterà all’omicidio
(Piacenti, 1997).
Ciò avviene anche a causa delle trasformazioni relazionali e culturali che negli
ultimi anni hanno alterato gli equilibri interni della famiglia, andando a minacciare il
concetto stesso di famiglia, divenuto ormai un termine ibrido, catalizzatore di
problematiche interne di difficile risoluzione al punto che si è parlato del “ruolo
criminogeno della famiglia”, dato il costante aumento dei reati familiari (Giusti e Bacci,
1992).
Un clima caratterizzato spesso da forzature e da induzioni, ha reso ancora più
difficili i rapporti genitori-figli, generando solo confusione e annullando spesso ruoli già
predefiniti. Si è compromessa quindi, la possibilità da parte del nucleo familiare, di
costruire una visione ragionata e condivisa dei compiti e delle specifiche responsabilità.
Il peso e le difficoltà che gli individui avvertono, ormai all’interno di tutte le fasi
evolutive, nel dover fornire continuamente risposte adattive, di integrazione e di
affermazione sociale ad una serie di richieste sempre più complesse e contraddittorie,
pongono l’individuo in una condizione di costante comunicazione paradossale, rispetto
alla quale, qualsiasi comportamento il soggetto cerchi di adottare, risulterà comunque
inevitabilmente insufficiente, oppure errato.
La società attuale richiede sempre maggiori sacrifici e rinunce: spesso sono
negate le possibilità di soddisfare i bisogni primari di autonomia e sicurezza.
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L’individuo, stretto quindi da una società che tende ad escluderlo e una sfera
familiare che non riesce a fornirgli solide e stabili sicurezze, scarica la propria
aggressività in maniera improvvisa, violenta e soprattutto contro le persone che più gli
sono vicine, sia fisicamente che affettivamente.
Nel mio esame delle cartelle cliniche ho osservato che spesso è all’interno di
famiglie multiproblematiche che si sviluppano comportamenti violenti che sfociano, a
volte, nell’omicidio.
Malagoli e Tofani (1987) individuano cinque tipi possibili di famiglia
multiproblematica:
1) Il padre si presenta periferico, poco attivo nello svolgere bene il proprio
ruolo, sia nel sottosistema coniugale che in quello genitoriale.
Scarsa è la coesione della coppia genitoriale e la figura centrale è la madre
sovraccarica di compiti e funzioni. Il padre periferico, è spesso un padre aggressivo sia a
livello fisico che psicologico. Il bambino in questo caso ha due opzioni:
a) decidere di assumerlo comunque come modello identificatorio, tendendo, una
volta divenuto adulto a ripetere gli stessi comportamenti violenti;
b) rifiutare il modello paterno e scegliere, se possibile, una figura maschile di
riferimento sostitutiva. Ho potuto osservare che in quei pochi casi in cui la vittima era
una persona estranea alla cerchia familiare poteva essersi verificato un meccanismo di
questo tipo, l’estraneo era un sostituto simbolico della figura genitoriale (vedi capitolo
4.8.).
2) La relazione coniugale risulta interrotta: il padre spesso manca e la madre
non si è evoluta in un ruolo genitoriale.
L’assenza del padre può essere causata dalla sua morte improvvisa, da impegni
lavorativi intensi o da un abbandono dovuto a problemi coniugali. Il bambino subisce in
questo caso un forte trauma, perché gli viene a mancare improvvisamente un importante
punto di riferimento e anche perché la madre, rimasta spesso in una situazione
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adolescenziale, non è in grado di occuparsi dei figli sia fisicamente che
psicologicamente.
3) Entrambi i genitori sono presenti, ma per immaturità psicologica o
incompetenza psico-sociale, il sottosistema genitoriale non funziona adeguatamente.
I due genitori tendono ad eseguire la loro autorità in modo confuso ed instabile.
In questa situazione di precarietà, il nucleo famigliare tende a disgregarsi proprio
per la mancanza, l’inconsistenza e la mutevolezza delle regole.
4) In alcune situazioni, è la madre l’elemento incompetente e spesso assente
della famiglia, mentre il padre tenta da solo di mantenere attivo il sottosistema
genitoriale.
La madre è spesso fuori casa e frequentemente si tratta di una madre adultera. Il
padre tenta di far finta di niente e di mantenere un’atmosfera serena e normale in casa:
nel far questo, non essendo in grado di affermare la propria autorità di marito, ottiene la
sua rivalsa nel ruolo genitoriale, rimarcandolo continuamente con comportamenti di
autoritarismo eccessivo.
5) Una configurazione particolare è quella in cui c’è uno stato di quasi continuo
flusso e riflusso di membri.
In questo tipo di famiglia la situazione non è mai stabile. Si alternano momenti
di unione familiare ad altri di dispersione: il nucleo si aggrega e si scioglie
continuamente, ed i legami affettivi per quanto spezzati perdurano, oscillando in questo
clima dove carente è soprattutto la continuità nello svolgimento dei ruoli.
Indipendentemente dal tipo di configurazione assunto, la famiglia
multiproblematica non permette un sano sviluppo psicologico del bambino
costringendolo ad affrontare una realtà in perenne conflitto, caratterizzata da seri
problemi nello svolgimento dei ruoli e dalla scarsa delimitazione dei sottosistemi
familiari.
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Esistono una serie di indicatori e di sintomi che ho potuto osservare dalle cartelle
e che, se riscontrati durante l’infanzia e l’adolescenza, possono aiutare a prevenire il
futuro comportamento violento e omicida (con l’attenzione di non formulare mai ipotesi
di causalità diretta).
Tali indicatori sono:
a) L’isolamento sociale: coinvolge bambini nei quali la fantasia assume un
ruolo predominante e compensa una realtà povera di stimoli positivi. I soggetti con
problemi di isolamento sociale si lasciano sedurre da un mondo fantastico, immaginario,
allontanandosi dal mondo reale. Le relazioni sociali appaiono superficialmente e
apparentemente sviluppate perché, in realtà, in questi individui sono presenti una serie
di conflitti e pulsioni che loro stessi non riescono a decifrare e che li fanno sentire
diversi rispetto agli altri.
b) Difficoltà di apprendimento. Danni fisici e mentali, deprivazioni precoci e
una mancanza cronica di fiducia nei confronti degli altri, sono tutti fattori che
contribuiscono a creare il fallimento scolastico e quindi la conseguente situazione di
stigmatizzazione e autoconvinzione di essere un incapace, una persona stupida e poco
intelligente.
c) Danni neurologici. Il danno neurologico può essere associato ad una ferita o
malattia e comprende forti mal di testa, attacchi epilettici, scarsa coordinazione
muscolare ed incontinenza. Un forte trauma alla testa spesso si concretizza con
un’aggressività improvvisa ed una sessualità eccessiva. Nella mia ricerca ho trovato
alcuni casi in cui vi sono danni neurologici e/o ritardi mentali che hanno impedito il
controllo della propria aggressività.
d) Comportamenti irregolari. Per comportamento irregolare si intende
soprattutto un forte ed immotivato bisogno di mentire e di assumere atteggiamenti
ipocondriaci e camaleontici. A volte il mentire in modo compulsivo provoca in certi
individui, una sensazione di eccitazione e di potere. Il comportamento ipocondriaco
viene, invece attivato per attirare l’attenzione su di sé e per scaricare le proprie
responsabilità sugli altri.
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e) Problema con le autorità e l’ autocontrollo. Rientrano in questa categoria gli
individui che fin da bambini non tolleravano la minima frustrazione e restrizione. Ogni
cambiamento genera in tali soggetti comportamenti aggressivi ed oppositivi.
f) Attività sessuale precoce o bizzarra. La sfera sessuale entra a far parte della
vita di alcune persone che presenteranno in seguito dei disagi, molto precocemente,
manifestandosi con un’intensa attività masturbatoria. La sessualità agita nei riguardi
degli altri è spesso abusiva e violenta. A volte sono stati loro stessi vittime di abusi e
violenze sia intra che extrafamiliari.
g) Furto, accaparramento, ingordigia. Solitamente tali comportamenti sono
significativi del vuoto emozionale del bambino. Il furto compare in età precoce e a volte
può essere collegato a deviazioni della sfera sessuale come feticismo e voyeurismo. I
disordini della sfera alimentare si sviluppano soprattutto durante l’adolescenza e
colpiscono per la maggior parte le femmine.
h) comportamento autodistruttivo. Gli studiosi collegano tale fenomeno o ad un
precoce desiderio di morte e sadomasochismo o ad una semplice brama di attenzione.
Tale comportamento è stato frequentemente rilevato, nella mia ricerca, in
pazienti con una patologia borderline di personalità, dove, in anamnesi, si sono rilevati
precedenti casi di aggressività e rabbia autodiretta al fine di ricevere attenzioni per
colmare il profondo senso di vuoto che caratterizza questi pazienti. Quando tali
sollecitazioni non hanno dato i risultati sperati la rabbia e la violenza si sono eterodirette
verso l’oggetto che non forniva le dovute attenzioni o verso un suo sostituto simbolico
esterno alla cerchia familiare.
i) Precoce abuso di stupefacenti. L’uso di sostanze stupefacenti rappresenta un
modo di evasione psichica dalla realtà. Gli stupefacenti hanno un effetto facilitante sugli
acting-out delle persone, annullando sia resistenze che inibizioni. Spesso i giovani
usano queste sostanze per darsi arie e coraggio a compiere determinate azioni. L’abuso
alcolico e di sostanze è stato frequentemente rilevato nella mia ricerca, spesso come
fattore slatentizzante una sottostante patologia, specie disturbo di personalità.
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Anche se non tutte le variabili sopra elencate sfoceranno in omicidi, è comunque
consigliabile tenerle sotto controllo, perché rappresentano comunque delle sofferenze
che potrebbero esplodere in violenza.