2
determinare in modo più lucido ed efficace la funzione e l’estensione
dei controlli ad opera degli organismi ad essi preposti
2
. Ebbene, è
nell’ordito normativo, a dire il vero piuttosto variegato, che la legge
262 del 2005 ha tessuto per rispondere a tali sollecitazioni, che va a
inserirsi il tassello costituito dalla nuova incriminazione dell’omessa
comunicazione. È in questo senso che si può sottolineare
positivamente il recupero della funzione del diritto penale societario, il
quale, pur non dubitandosi della patrimonialità degli interessi in gioco,
costituisce un antemurale atto a fronteggiare la peculiarità dei rischi
che bilanciano i benefici produttivistici degli organismi societari
3
. Si
avvertiva cioè come il delitto di infedeltà patrimoniale, di cui
all’articolo 2634 del codice civile, avesse una formulazione
inadeguata e che l’attenzione doveva piuttosto tornare a essere
concentrata sul conflitto di interessi
4
.
Dal momento che la disposizione era ancora in esame, tuttavia, le
numerose analisi critiche
5
del testo, che poi sarebbe diventato
definitivo, si concentravano anche sui problemi di compatibilità con le
2
Cfr. la lucida analisi compiuta da VIETTI Michele (2005), La tutela del risparmio
e la riforma del diritto societario, in Le Società: rivista di diritto e pratica
commerciale, societaria e fiscale, n. 3, 286.
3
PEDRAZZI Cesare (2002), Prefazione a Il nuovo diritto penale delle società, a
cura di ALESSANDRI Alberto, Milano, IPSOA, XIX.
4
Si ricordi anche l’intervento di AMBROSETTI Enrico Mario Il nuovo delitto di
omessa comunicazione del conflitto di interessi e i rapporti con le vigenti fattispecie
di infedeltà patrimoniale, in occasione del convegno Infedeltà patrimoniali e
conflitti di interesse, Le nuove responsabilità penali di gestori e revisori di società,
Treviso, 18 maggio 2006.
5
V. ad esempio SEMINARA SERGIO (2004), Considerazioni penalistiche sul
disegno di legge in tema di tutela del risparmio, in Diritto penale e processo, n. 4,
503-511; ancora SEMINARA SERGIO (2005), Note sul reato di illeciti rapporti
patrimoniali tra dirigenza e banca (art.136, t.u.b.), in Banca Borsa Titoli di Credito,
vol. LVIII, maggio-giugno 2005, 238-252; e FONDAROLI Désirée (2005),
Introduzione ai delitti di infedeltà, in Reati societari, a cura di ROSSI Alessandra,
Torino, UTET Giuridica, 397 e ss.
3
norme già esistenti, specialmente con i reati societari, introdotti dalla
riforma del 2002, e venivano auspicati dei ripensamenti riguardo sia
alla struttura del nuovo reato, che è sì caratterizzato dalla mancata
previsione della perseguibilità a querela, a differenza dell’infedeltà
patrimoniale, ma presenta comunque un elemento di danno; sia
all’individuazione di una progressione offensiva tra le due fattispecie
incentrate sul conflitto di interessi. Ora che è stata approvata, la nuova
norma, che trova collocazione all’articolo 2629-bis del codice civile,
permane lungi dall’essere perfetta, ragion per cui i primi
commentatori hanno avuto gioco facile a sottolinearne i motivi di
critica
6
. Ovviamente occorrerà dar conto di tutto ciò, analizzando
compiutamente il testo normativo, che si presenta ostico, ma al tempo
stesso si cercherà di dar conto di come, una volta che il legislatore ha
introdotto tale nuova disposizione, i giuristi debbano prenderne atto e
ragionare nel senso di trovarle una collocazione all’interno del
sistema. Si tratta cioè di affrontare i problemi interpretativi, non pochi
6
V., su tutti, SEMINARA SERGIO (2006), Nuovi illeciti penali e amministrativi
nella legge sulla tutela del risparmio, in Diritto penale e processo, n. 5, 549-563,
secondo cui tale disposizione appare tutt’altro che convincente; GROSSO Carlo
Federico (2006), Cinque anni di leggi penali: molte riforme (talune contestabili),
nessun disegno organico, in Diritto penale e processo, n. 5, 533-541, che parla di
risultati modesti; MILANI Orsola (2006), La riforma del risparmio: aspetti
penalistici, in dircomm.it il diritto commerciale oggi, V.2.
<http://www.dircomm.it/2006/n.2/02.html>, che evidenzia la frammentazione della
normativa, in cui si inserisce quello che è un vero e proprio fenomeno di nuova
incriminazione; PALIERO Carlo Enrico (2006), La riforma della riforma penale del
risparmio: continuità e fratture nella politica criminale in materia economica, in Il
corriere del merito, n. 5, 615-619, secondo cui la riforma non sembra destinata a
passare alla storia; PALMIERI Renato (2006), Tutela del risparmio: riflessi penali
sulla materia societaria, in Diritto e Pratica delle Società, Il Sole 24 Ore, n. 4,
marzo, 6-18, che lamenta l’allarmante sovrapposizione con la vitale fattispecie
dell’infedeltà patrimoniale, putroppo non ripulita dalle “pillole avvelenate” che la
affliggono; e SALAFIA Vincenzo (2006), La legge sul risparmio, Le società:
rivista di diritto e pratica commerciale, societaria e fiscale, n. 2, 137-144, per il
quale, peraltro, una valutazione complessiva «non può non essere positiva».
4
e con implicazioni non lievi, che sono posti dalla nuova disposizione,
cercando soluzioni coerenti al testo di legge ma, per quanto possibile,
razionali rispetto al sistema complessivo e alle esigenze di tutela
7
. Il
legislatore penale infatti ci ha abituato alla modestia tecnica delle sue
creazioni
8
, ragion per cui i giuristi potrebbero anche essere tentati di
limitarsi all’individuazione dei motivi di critica; tuttavia si tratta di
evitare, per quanto possibile attraverso un’attenta attività ermeneutica,
che alla produzione di abnormità cartacee seguano mostruosità
applicative
9
.
D’altro lato, si trae spunto dalla nuova regolamentazione della materia
per ripercorrere brevemente le tappe della disciplina del conflitto di
interessi, evidenziandone gli elementi di continuità e di frattura. Al
tempo stesso una panoramica sul modo in cui altri ordinamenti hanno
affrontato problematiche analoghe ci permetterà di renderci conto di
come siano possibili modelli diversi di repressione del fenomeno del
conflitto di interessi, considerato come tali diverse soluzioni abbiano
influenzato l’esperienza italiana. Dopo l’excursus ricognitivo dello
stato dell'arte della disciplina del conflitto di interessi si getterà altresì
un fugace sguardo agli orizzonti di evoluzione di un diritto comune
7
Nello stesso modo esortava a fare, in occasione della riforma dei reati societari del
2002, ALESSANDRI Alberto (2002), Alcune considerazioni generali sulla riforma,
in Il nuovo diritto penale delle società a cura di ALESSANDRI Alberto, Milano,
IPSOA, 3.
8
Parla addirittura di “teratogenia del sonno della ragione legislativa” PALIERO
Carlo Enrico (2006), La riforma della riforma penale del risparmio: continuità e
fratture nella politica criminale in materia economica, in Il corriere del merito, n. 5,
617.
9
Secondo la previsione di ALESSANDRI Alberto (2002), Alcune considerazioni
generali sulla riforma, in Il nuovo diritto penale delle società a cura di
ALESSANDRI Alberto, Milano, IPSOA, 5.
5
europeo, valutando le possibilità di rinvenire un giorno una disciplina
omogenea di diritto penale commerciale.
In seguito, avendo in questo modo tracciato un quadro di quelli che
sono, in generale, considerati gli elementi salienti di una disciplina del
conflitto di interessi e le alternative, anche storiche, all’attuale
modello italiano, si tratterà di concentrare l’attenzione sulla nuova
norma di cui all’articolo 2629-bis del codice civile, tentando di
sciogliere i nodi problematici che ostano alla sua futura applicazione.
Con l’acquisita consapevolezza che le problematiche e le soluzioni
legate al conflitto di interessi siano da un lato variegate e dall'altro
ricorrenti, sarà necessario comprendere che ambito la norma
sull’omessa comunicazione sia destinata a presidiare, guardando al di
là della sua collocazione tra i reati societari di cui al codice civile. Si
tratterà di valutare perché la rubrica menzioni il conflitto di interessi,
anche se la norma rinvia agli obblighi informativi di cui all’articolo
2391 del codice civile, che non appaiono limitati a situazioni di
conflitto. Ancora, si dovrà chiarire che natura abbia l’elemento del
danno nella nuova disposizione penale.
Occorrerà quindi misurarsi con il problema delle oggettività tutelate,
da sempre terreno spinoso per i reati societari, ma che qui si
arricchisce di una nuova dimensione allorché si tratta di delineare i
rapporti tra il delitto di omessa comunicazione e quello di infedeltà
patrimoniale, tra cui è forse possibile individuare un concorso di
norme, ma che sicuramente formano un intreccio apparentemente
inestricabile.
6
Infine, si darà conto di come l’introdotta responsabilità amministrativa
degli enti connessa al nuovo reato incontri dei problemi applicativi per
la difficile compatibilità proprio tra struttura del reato e criteri di
attribuzione della responsabilità all’ente.
7
2- Il conflitto di interessi nel codice civile attraverso tre riforme
2.1. L’articolo 2631 - 2.2. L’articolo 2634 - 2.3. L’articolo 2391 - 2.4. L’articolo
2629-bis
I profili penali dell’infedeltà patrimoniale si sono di recente arricchiti
di scenari non immaginabili fino a pochi anni fa. La riflessione su
questo tema si è sviluppata nell’arco di decenni, attraverso le
riflessioni di autorevole dottrina
10
, di cui il legislatore ha infine
cercato di cristallizzare i risultati. Il problema di fondo, su cui da
sempre si è incentrato il dibattito, è stato enormemente alimentato e
amplificato dai recenti scandali finanziari, che hanno mandato in fumo
i risparmi di un assai rilevante numero di piccoli investitori, per
un’incidenza economica complessiva paragonabile a quella di una
legge finanziaria. È così emersa sotto gli occhi di tutti la reale portata
10
Le opere principali, che costituiscono le pietre miliari del precorso compiuto dalla
dottrina sul tema dell’infedeltà patrimoniale, sono NUVOLONE Pietro (1941),
L'infedeltà patrimoniale nel diritto penale, Milano, Giuffrè; PEDRAZZI Cesare
(1953), Gli abusi del patrimonio sociale ad opera degli amministratori, Milano,
Antonino Giuffrè; ZUCCALÀ Giuseppe (1961), L'infedeltà nel diritto penale,
Padova, CEDAM; MARINUCCI Giorgio e ROMANO Mario (1971), Tecniche
normative nella repressione penale degli abusi degli amministratori di società per
azioni, in Il diritto penale delle società commerciali, a cura di Nuvolone, Milano,
Giuffrè; FOFFANI Luigi (1997), Infedeltà patrimoniale e conflitto d’interessi nella
gestione d’impresa, in Quaderni di giurisprudenza commerciale, Milano, Giuffrè.
8
del fenomeno della dissociazione della ricchezza, che con la
globalizzazione dei mercati è andata sempre più sviluppandosi e
acuendosi. Se infatti tale dissociazione significa scissione tra proprietà
e gestione, l’infedeltà gestoria, di chi è deputato ad amministrare i
beni di un terzo, assume, nella moderna economia, un peso sempre
maggiore. Si è perciò avvertita la stringente necessità di trasfondere
gli abusi in norme incriminatrici.
Non si può quindi intraprendere una trattazione sulla nuova
incriminazione dell’omessa comunicazione del conflitto di interessi
senza prima dar conto dell’intreccio di diverse disposizioni, che
contengono norme sul conflitto di interessi e sull’infedeltà
patrimoniale, succedutesi nel tempo, o sarebbe forse più corretto dire
accavallatesi. Parlare di infedeltà patrimoniale, infatti, è parlare di
conflitto di interessi, nel senso che il modello è comune e si realizza
qualora un soggetto deputato alla gestione del patrimonio di un terzo,
nell’interesse di questo, vi anteponga la cura di un interesse diverso.
Questo è quanto emergerà con maggior chiarezza anche dai capitoli
dedicati ai profili comparatistici, ma, anticipando non di molto i
contenuti di parte della trattazione, possiamo brevemente evidenziare
come nell’ordinamento italiano sia presente, in controluce, una
distinzione tra conflitto di interessi e infedeltà patrimoniale. È una
differenza sottile che si coglie ponendo l’accento soprattutto sulla
diversità tra l’oggetto della tutela e il momento dell’offesa
11
, ciò che
11
V. in proposito ALDROVANDI Paolo (2002), Art. 2634 Infedeltà patrimoniale,
in I nuovi reati societari, a cura di LANZI Alessio e CADOPPI Alberto, Padova,
9
ha comportato la presenza di norme modellate ora sull’uno ora
sull’altra e i conseguenti revirement del legislatore.
La disciplina della materia, così come oggi si presenta, si è modellata
attraverso tre riforme: quella dei reati societari, di cui al decreto
legislativo 11 aprile 2002, n. 61, quella delle società di capitali e delle
cooperative, di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, e
infine quella sulla tutela del risparmio, appunto con la legge n. 262 del
28 dicembre 2005.
Cominciamo dunque a vedere i contenuti delle principali disposizioni,
penali e civili, che costituiscono il percorso compiuto dal legislatore
nella repressione dell’infedeltà gestoria.
CEDAM, 126-127, che sviluppa il ragionamento di NUVOLONE Pietro (1941),
L'infedeltà patrimoniale nel diritto penale, Milano, Giuffrè, passim.
10
2.1- L’articolo 2631
Prima della riforma del diritto penale societario del 2002, il nostro
ordinamento contemplava una norma, l'articolo 2631 del codice civile,
che nelle intenzioni del legislatore
12
muniva di difesa penale l'articolo
2391 del codice civile
13
. Secondo tale disposizione, di natura
civilistica, l’amministratore, che in una determinata operazione
avesse, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello
della società, avrebbe dovuto darne notizia agli altri amministratori e
al collegio sindacale, oltre ad astenersi dal partecipare alle
deliberazioni riguardanti l’operazione stessa.
Purtroppo, la formulazione dell’articolo 2631 non era tale da
permettere di sostenere la tesi, pure ragionevole, che fosse esclusa
l'applicazione di una pena criminale per i casi in cui non fosse neppure
sancita l'annullabilità della deliberazione
14
. Ricordiamo infatti che la
deliberazione del consiglio poteva essere impugnata dagli
amministratori assenti o dissenzienti e dai sindaci solo qualora potesse
arrecare danno alla società, se, senza il voto dell’amministratore che
doveva astenersi, non si sarebbe raggiunta la maggioranza richiesta. Il
testo dell’articolo 2631 recitava invece:
«L'amministratore, che, avendo in una determinata operazione per
conto proprio o di terzi un interesse in conflitto con quello della
12
secondo quanto riporta ANTOLISEI Francesco (1999), Leggi complementari, vol.
I -I reati societari, bancari, di lavoro e previdenza, Manuale di Diritto Penale,
undicesima edizione, Milano, Giuffrè, pagina 313.
13
Naturalmente nella versione vigente fino alla riforma del 2003. Per maggiori
dettagli v. infra.
14
ANTOLISEI Francesco (1999), Leggi complementari, vol. I -I reati societari,
bancari, di lavoro e previdenza, Manuale di Diritto Penale, undicesima edizione,
Milano, Giuffrè, ibidem.
11
società, non si astiene dal partecipare alla deliberazione del consiglio o
del comitato esecutivo relativa all'operazione stessa, è punito con la
multa da L. 400.000 a L. 4.000.000.
Se dalla deliberazione o dall'operazione è derivato un pregiudizio alla
società, si applica, oltre la multa, la reclusione fino a tre anni.».
Si comprende dunque come per l'esistenza del reato bastasse una
situazione di conflitto di interessi, del tutto indipendente dalla
causazione di un danno alla società, da parte dell'amministratore che
non avesse rispettato l'obbligo di astenersi dal partecipare alla
deliberazione del consiglio di amministrazione. Già il fatto della
mancata astensione dal voto veniva cioè elevato a delitto, al fine di
sottrarre l’amministratore anche alla semplice tentazione di un
tradimento dell’interesse sociale. Il legislatore non attendeva il
verificarsi di conseguenze pregiudizievoli, e nemmeno richiedeva che
il voto dell’amministratore avesse effettivamente contribuito
all’approvazione di una delibera
15
.
Quanto all'eventuale pregiudizio non sembravano invece esserci dubbi
sul fatto che la previsione normativa avrebbe descritto una circostanza
aggravante o un delitto aggravato dall’evento
16
.
Un altro elemento indicativo dell'eccessivo formalismo, o della
15
FOFFANI Luigi (2000), La tutela penale del corretto funzionamento degli organi
sociali, in Manuale di diritto penale dell'impresa, a cura di Pedrazzi Cesare e altri,
Bologna, Monduzzi, 362.
16
Per un’ampia bibliografia sul punto, v. FOFFANI Luigi (2000), La tutela penale
del corretto funzionamento degli organi sociali, in Manuale di diritto penale
dell'impresa, a cura di PEDRAZZI Cesare e altri, Bologna, Monduzzi, 369.
12
“frettolosa formulazione”
17
, della disposizione era costituito dalla
mancata considerazione della posizione dell'amministratore unico.
Questi, infatti, sarebbe sempre sfuggito alla sanzione in quanto, non
essendovi un consiglio di amministrazione, non avrebbe mai integrato
la condotta dolosa, che consisteva appunto nella partecipazione alla
delibera del consiglio o del comitato esecutivo
18
.
Quanto poi all'astensione dalla partecipazione, la dottrina si era posta
il problema se, oltre all'astensione dal voto, la norma sanzionasse
anche l'omessa denuncia del conflitto, giacché si era osservato che il
divieto penalmente sanzionato comprendeva sì la dazione del voto, ma
che non esisteva alcun divieto (né penale, né civile) di partecipare alla
discussione anteriore alla votazione
19
. La soluzione data è stata
perlopiù negativa
20
. Infatti, si argomentava, la partecipazione alla
deliberazione consiste nell'esercizio del voto, sicché il divieto posto
dalla norma non si sarebbe esteso alla partecipazione alla
discussione
21
. Tuttavia un conto era se si fosse denunciato il conflitto
agli altri amministratori, rivelando così la posizione del denunciante.
17
Secondo l’espressione di ANTOLISEI Francesco (1999), Leggi complementari,
vol. I -I reati societari, bancari, di lavoro e previdenza, Manuale di Diritto Penale,
undicesima edizione, Milano, Giuffrè, pagina 313.
18
V. in proposito anche SAMORÌ Samuele (1990), Conflitto di interessi ed illeciti
rapporti patrimoniali, in Trattato di diritto penale dell'impresa, a cura di
MAZZACUVA Nicola, Padova, CEDAM, vol. II, 257.
19
SAMORÌ Samuele (1990), Conflitto di interessi ed illeciti rapporti patrimoniali,
in Trattato di diritto penale dell'impresa, a cura di MAZZACUVA Nicola, Padova,
CEDAM, vol. II, 259.
20
ANTOLISEI rinvia, a questo riguardo, a ZUCCALÀ Giuseppe (1988), Dei delitti
di infedeltà degli organi verso la società: problemi attuali, in Rivista trimestrale di
diritto penale dell’economia, 164; CONTI Luigi (1965), Diritto penale
commerciale, I, Torino, UTET, 395; LA MONICA Mario (1988), Diritto penale
commerciale, II, Milano, IPSOA, 371; MIRTO Pietro (1954), Il diritto penale delle
società, Milano, Giuffrè, 321; ROVELLI Roberto (1953), Disciplina penale
dell’impresa, Milano, Giuffrè, 69.
21
Cassazione, 25 febbraio 1959, in Rivista italiana di diritto e procedura penale,
1960, 939.
13
Un altro se l'amministratore in conflitto si fosse astenuto meramente
dall’esercizio del voto. Solo nel primo caso, infatti, egli avrebbe
assolto il proprio dovere di fedeltà e non si sarebbe visto il motivo di
impedirgli di sostenere comunque che l'operazione, nella quale egli
aveva un interesse, avrebbe potuto tuttavia dimostrarsi favorevole alla
società
22
.
Il problema di un vuoto di tutela si sarebbe semmai presentato
nell'ipotesi in cui un amministratore, tenendo gli altri amministratori
all'oscuro del conflitto e patrocinando la delibera, si fosse poi
semplicemente limitato a non partecipare al voto. Se la norma penale
fosse stata così facilmente aggirabile, avrebbe avuto “ben scarsa
efficacia”
23
. Sembrava dunque logico ritenere che l'obbligo di
astensione implicasse un obbligo di comunicazione del conflitto.
Questa teoria, data la lettera della norma e la fedeltà dell'ordinamento
al principio nullum crimen sine lege, non poté però trovare
accoglimento nella vigenza dell'articolo 2631; d'altro canto averla qui
ricordata permette di rilevare come l'introduzione del reato di omessa
comunicazione si presenti come un elemento di continuità nel sistema
e l'aver previsto che l’offensività sia insita nella mancata
comunicazione, piuttosto che nella mancata astensione, anziché
22
In tale circostanza si sarebbero dovute indicare le condizioni idonee a
neutralizzare il conflitto tra l'interesse dell'amministratore e quello della società dal
momento che, qualora ex ante si ipotizzi un vantaggio per quest'ultima, vi sarà
piuttosto convergenza di interessi, non già conflitto; si tratta però di una tesi che si
svolgerà meglio in seguito, nel capitolo dedicato all’interesse.
23
ANTOLISEI Francesco (1999), Leggi complementari, vol. I -I reati societari,
bancari, di lavoro e previdenza, Manuale di Diritto Penale, undicesima edizione,
Milano, Giuffrè, 313.
14
sanzionare un obbligo meramente formale
24
, dia rilievo a quella
condotta nella quale realmente si annida l'infedeltà
dell'amministratore.
Ricordiamo però che l’aspetto più controverso del delitto di conflitto
di interessi era sicuramente il suo elemento oggettivo. L’orientamento
giurisprudenziale prevalente
25
aveva in un primo tempo ritenuto che in
pratica l’articolo 2631 non facesse altro che sanzionare l’articolo 2391
e quindi il reato fosse da escludere ogniqualvolta l’amministratore in
conflitto avesse sostenuto, in seno al consiglio di amministrazione o al
comitato esecutivo, la soluzione favorevole alla società e avesse
votato a favore di questa. In tal modo, infatti, non poteva sorgere per
l’ente il pericolo in cui avrebbe dovuto ravvisarsi l’“evento” del
reato
26
. Risultava così un identico ambito degli articoli 2391 e 2631
del codice civile. Questa interpretazione sostanzialistica veniva però
confutata dalla dottrina che, tenendo conto del dato letterale, riteneva
sufficiente ad integrare la fattispecie prevista dall’articolo 2631 la
mera partecipazione alla delibera. Secondo tale interpretazione il
legislatore avrebbe voluto creare un fronte talmente avanzato di tutela,
da concretarlo in un reato di pericolo presunto che tendeva, allo scopo
di tener comunque lontano dal consiglio o dal comitato esecutivo
l’amministratore in conflitto di interessi, a garantire un funzionamento
24
cioè quello dell’articolo 2391 del codice civile, a sua volta riformato. Per una
riflessione sull’intervenuto mutamento del concetto di interesse rilevante, v. infra.
25
Cassazione, 25 febbraio 1959, in Rivista italiana di diritto e procedura penale,
1960, 939.
26
SAMORÌ Samuele (1990), Conflitto di interessi ed illeciti rapporti patrimoniali,
in Trattato di diritto penale dell'impresa, a cura di MAZZACUVA Nicola, Padova,
CEDAM, vol. II, 258.
15
degli organi sociali ed una gestione al di sopra di ogni sospetto.
L’esaltazione dell’aspetto puramente formale non ha tuttavia mancato
di suscitare critiche
27
, basate sull’irrazionale barriera che sarebbe
venuta a separare il primo comma (reato di pericolo presunto) ed il
secondo (addirittura reato di danno) dello stesso articolo
28
.
Un orientamento diametralmente opposto a quello della prima
pronuncia di legittimità comparve quindi nella più recente decisione
della Suprema Corte, secondo la quale il legislatore, con l’imposizione
dell’obbligo incondizionato di astensione, avrebbe inteso “tutelare la
società dalle possibili commistioni di interessi ad essa estranei,
mediante la garanzia della correttezza formale delle deliberazioni
adottate dai suoi amministratori”. La punibilità, dunque, avrebbe
dovuto essere affermata persino nel caso in cui dalla delibera la
società traesse vantaggio
29
.
Se lo scopo della norma era di evitare che l’amministratore,
trovandosi a dover scegliere tra l’interesse proprio e quello della
società, scegliesse il primo, il mezzo adottato per realizzarlo è stato
quello di una anticipazione della tutela così forte, da mantenere
l’attenzione sul dato formale della partecipazione alla delibera del
consiglio o del comitato esecutivo, senza alcuna considerazione per
27
MAZZACUVA Nicola (1984), Bene giuridico e tecniche di tutela nel diritto
penale societario, in AA.VV., Materiali per una riforma del sistema penale, a cura
di NEPPI MODONA Guido, Milano, Angeli, 206.
28
SAMORÌ Samuele (1990), Conflitto di interessi ed illeciti rapporti patrimoniali,
in Trattato di diritto penale dell'impresa, a cura di MAZZACUVA Nicola, Padova,
CEDAM, vol. II, 258.
29
Si tratta di passaggi argomentativi essenziali della sentenza della Cassazione, 4
luglio 1989, in Cassazione penale, 1991, 307; FOFFANI Luigi (2000), La tutela
penale del corretto funzionamento degli organi sociali, in Manuale di diritto penale
dell'impresa, a cura di PEDRAZZI Cesare e altri, Bologna, Monduzzi, 365.