5
fatto che è il solo soggetto che permetta di trovare, in termini quantitativi e
qualitativi, quella documentazione che altrove sarebbe carente. La sua
partecipazione alla competizione elettorale ha offerto, altresì, ulteriori spunti
di indagine. Nella trattazione si è cercato di dare un’impostazione per certi
versi storico-politica, per altri più vicina all’inchiesta.
Nella prima parte viene trattata, nelle sue linee essenziali, la travagliata storia
della destra radicale italiana nella duplice componente interna al MSI - non
dimenticando che FN è sostanzialmente una costola del suddetto partito e
condivide in parte la medesima cultura - ed esterna, prendendo in
considerazione i gruppi storici più noti. Alcuni paragrafi sono dedicati agli
ideologi della destra radicale, tra cui spicca il nome di J. Evola. Aaaaaaa
Nella seconda viene analizzato il retroterra culturale che accomuna l’attuale
arcipelago dell’ultradestra italiana e sono brevemente esaminate le formazioni
- frutto di ripetute scissioni dal MSI-FT - più rilevanti. aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
Nella terza vengono esposti gli elementi tipici che caratterizzano FN,
attraverso la ricostruzione della sua storia e di quella personale dei fondatori,
l’evoluzione del movimento e l’organizzazione interna. Sono quindi
presentate le iniziative della militanza, i rapporti con partiti analoghi e la
recente esperienza elettorale delle politiche 2001 con un’analisi
particolareggiata del programma. aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
Nella quarta e ultima parte vengono esaminate le tematiche d’attualità legate al
movimento, nonché quegli aspetti che lo rendono “radicale” nei contenuti e
che costituiscono fattori di originalità. Un paragrafo è interamente dedicato
alla visone che i media e la sinistra si sono fatti di questo partito che, tra le sue
prerogative, ha sicuramente quella di far parlare molto di sé. aaaaaaaaaaaaaaaaa
Infine si è proceduto ad un analisi di FN alla luce di esperienze analoghe a
livello europeo, cercando di delinearne un possibile spazio d’azione nel
contesto italiano. A questo proposito, vengono messe a fuoco alcune
caratteristiche che distaccano FN dall’etichetta neofascista “tout court” e lo
pongono nell’ambito più ampio dell’ “estrema destra postindustriale”.
6
Capitolo 1
STORIA, IDEOLOGIA E RUOLO DELLA DESTRA RADICALE
AAAAAAITALIANA DURANTE LA PRIMA REPUBBLICA
1. MSI, il polo escluso
In generale, possiamo sostenere che, quanto a ideologie politiche e riferimenti
culturali, la destra, nel senso tradizionale del termine, può essere identificata
come quello spazio ideale nel quale convivono il principio di autorità, la
superiorità di un’entità (stato, nazione, chiesa) rispetto all’individuo, il
richiamo alla tradizione e alle radici, l’ideale dell’ordine, dell’armonia e della
gerarchia e la trasposizione sul piano politico-sociale delle ineguaglianze
sociali e naturali, il bisogno di appartenenza e la ricerca/ristabilimento di
comunità naturali.
1
Più complesse e sottili sono invece le distinzioni
concettuali tra destra radicale e destra estrema. Alcuni studiosi definiscono
come “destra radicale” quell’area ideologicamente intransigente del
neofascismo, nettamente antisistema, irriducibilmente determinata a negare
ogni legittimità alle istituzioni repubblicane e ad accettare anche l’ “uso di
mezzi extralegali” al fine di combatterle. La destra radicale risulterebbe quindi,
riferendosi a questa impostazione, una componente minoritaria dell’
estremismo di destra: vi ricadrebbero gruppi medio-piccoli, il più delle volte
organizzati come sette chiuse, spesso dedite alla violenza, al gesto esemplare,
avvolte in una visione del mondo complottistica e spesso a-razionale, votate
alla ricerca di capri espiatori da punire.
2
Si tratta, peraltro, di una distinzione in
buona misura convenzionale, che non deve essere intesa in maniera troppo
rigida. In verità estremismo e radicalismo presentano importanti aree di
contatto e sovrapposizione, indicando, grosso modo, l’orientamento di chi
non si riconosce nelle regole di una comunità politica, e vuole mutarle a
fondo.
3
In Italia le due componenti - quella estrema e quella radicale - per
molto tempo sono state legate da stretti rapporti di alleanza tattica e strategica,
7
rafforzati dal frequente pendolarismo di militanti e di dirigenti fra l’una e
l’altra. Quindi l’area radicale non può essere identificata in toto con il MSI ma
non può esservi neppure contrapposta nettamente, in quanto, il movimento
in questione, mantenne con questa un rapporto ambiguo, avvicinandosene e
distanziandosene periodicamente. Gruppi intransigenti rimasero attivi al suo
interno o se ne separarono a seconda della linea ondivaga del partito, della
prevalenza di una corrente o dell’altra e del succedersi dei segretari
4
.
Prima della nascita del Movimento sociale le istanze fasciste furono portate
avanti dai FAR
5
– Fasci di azione rivoluzionaria – fondati allo scopo di far
confluire in un’unica organizzazione clandestina una miriade di piccoli gruppi
che nacquero spontaneamente in molte zone d’Italia. Il loro vertice era
composto da giovani per nulla rassegnati alla sconfitta, provenienti dalla
Guardia Nazionale Repubblicana o dalla X Mas. Portatori delle antiche
suggestioni terzaforziste della RSI, i FAR avevano una struttura simile a quella
di un partito politico e una vera e propria struttura militare. Molte furono le
azioni, più o meno clandestine e dimostrative, compiute dai FAR, col il fine
dichiarato di una riconquista violenta del potere e della rifondazione di un
nuovo partito Fascista. Dopo la nascita del MSI il gruppo si divise tra chi si
era convinto della necessità di fare politica alla luce del sole e chi, pur avendo
aderito al nuovo movimento, continuò a far parte dell’organizzazione
clandestina.
Nel 1946 il MSI nacque in stretta discendenza dall’esperienza della Repubblica
di Salò e si pose da subito con caratteristiche diverse rispetto qualsiasi altra
formazione di destra europea: dall’area degli ex combattenti della repubblica
sociale proveniva la maggior parte dei militanti e dei quadri oltre che i
fondatori; tra questi, alcuni avevano fondato una miriade di associazioni di
tipo combattentistico e reducistico, altri avevano fatto parte dei già citati FAR.
Il fondamento della “cultura politica” del movimento ebbe origine, dunque,
da questi presupposti e si concretizzò in un anticapitalismo etico, a-classista e
anti-classista che segnerà fortemente la sua identità originaria; tutto ciò in un
complesso ideologico fortemente antistorico in cui emergono il rifiuto della
8
sconfitta, l’orgoglioso senso di separazione e di non appartenenza alla civiltà
contemporanea, il culto delle minoranze eroiche e delle élite dello spirito e
una forte carica antistituzionale e antisistema. A ciò vanno aggiunti gli
immancabili richiami alla sovranità sul territorio nazionale e all’autorità dello
stato da restaurare
6
. Tuttavia, la linea seguita non fu sempre unitaria e ben
presto si scontrarono due anime la cui dialettica caratterizzerà gran parte della
storia politica del movimento. Da una parte, una componente interna,
caratterizzata da un’anima rivoluzionaria, per certi versi eversiva, radicalmente
antiliberale e antiborghese; dall’altra, quella più vicina all’anima autoritaria e
conservatrice del fascismo storico che guardava all’ampio elettorato moderato
e ad alleanze strategiche in questo senso. Infine non è da sottovalutare,
specialmente nel settore giovanile, una terza componente di tipo
“tradizionalista”, dalla forte carica spiritualista e antimoderna, con
connotazioni insieme antiliberali e antisocialiste che vide Julius Evola come
suo principale pensatore. Ne facevano parte un élitario gruppo di intellettuali,
tra cui spicca il nome di Pino Rauti, con un programma imperniato di
riferimenti controrivoluzionari e, in particolare, sull’idea dello Stato organico e
della restaurazione del mondo della tradizione, in contrapposizione al degrado
economico e mercantile. Tale gruppo, che si caratterizzerà per la sua duplice
strategia dell’azione legale e della pratica clandestina - tra gli obiettivi vi era il
proseguimento dell’azione militare dei FAR - ebbe scarso peso a livello
istituzionale ma si segnalò per il suo ruolo di rilievo sul piano del
reclutamento giovanile e su quello puramente ideologico, articolando un
corpus di valori e di credenze che risulteranno fondamentali per strutturare e
confermare le convinzioni dei militanti, per guidarli all’azione, per il
sostenimento della coesione dei gruppi e il rafforzamento dell’ identità dei
loro membri.
Per tutto il dopoguerra, in Italia, la destra radicale è stata rappresentata da un’
area, la cui ostilità contro il sistema ne ha drasticamente ridotto l’accesso alla
risorse materiali. E’ stato, quindi, più che mai fondamentale il ricorso a
incentivi di carattere simbolico
7
. Mentre la componente parlamentare del MSI
9
si era rapidamente collocata in un universo di riferimenti piuttosto
semplificato (nazionalismo, anticomunismo, ordine…) evitando un esame
approfondito che ne avrebbe messo in luce le ambiguità e le contraddizioni, lo
sforzo di riflessione impegnò invece fortemente i gruppi più radicali.
Abbastanza ovviamente, la fonte principale è stata quella del fascismo storico,
utilizzata però in maniera piuttosto selettiva
8
, con una sorta di esaltazione per
il periodo della RSI come esperienza concreta più vicina a quanto l’ideale
fascista avrebbe dovuto incarnare. Da questo punto di vista la sconfitta
militare divenne una risorsa politica, uno strumento per l’identificazione di
un'identità forte, in grado di sopravvivere alla disgregazione e alla
ghettizzazione imposte dal regime democratico. Primo fra tutti era il “mito”
legionario, di chi rifiuta il verdetto della storia cercando, invece, di prolungare
la battaglia anche dopo che questa è stata materialmente persa. Ciò
espressamente in contrasto con coloro che avevano accettato la sconfitta per
salvaguardare comodità e interessi. Strettamente correlato a questo era la
mistica del coraggio, che ruotava attorno alla capacità di affrontare la morte,
intesa come criterio di verità. In questo senso solamente i valori per cui era
disposti a morire erano veri e giusti.
9
Al culto della morte e dei suoi simboli si
accompagnava, naturalmente, il culto delle armi verso le quali alcuni militanti
subivano una vera e propria fascinazione
10
Il compito di dare forma coerente a queste tematiche - che in molti casi
restavano comunque circoscritte nell’ambito teorico o di semplice vanteria - è
stato svolto da alcuni intellettuali e ideologi tra cui, come già precedentemente
esposto, spicca il nome di Evola, del pensiero del quale vi saranno
approfondimenti successivi.
Per quanto attiene, più specificatamente, alla prevalenza delle correnti, la
sinistra interna ha continuato ad esercitare una forte influenza sulla linea
politica per lo meno fino al 1948, l’anno della prima prova elettorale di
carattere nazionale, anche se una buona parte del programma conteneva temi
qualificanti di una forza tendenzialmente autoritaria e nazionalista che
costituiranno il patrimonio pressoché costante del movimento. In quelle
10
elezioni il neonato movimento ottenne una sonora sconfitta. La dirigenza la
giustificò con il fatto che il pericolo rosso avesse indotto molti nostalgici a
puntare sulla DC.
11
Nel 1950, col cambio della segreteria l’asse del partito
venne riequilibrato a destra. Segno evidente della nuova linea sono l’apertura
di trattative con l’area monarchica e con la parte conservatrice del mondo
cattolico, al fine di tracciare i confini di una destra più ampia di quella
racchiusa nel raggio breve della protesta radicale e violenta. Ne sono un
chiaro esempio la rapida conversione dell’originario antiatlantismo -
espressione del rifiuto dei “vinti” di schierarsi con l’Occidente vincitore - a
posizioni sempre più apertamente atlantiste e filoccidentali e un rilancio
massiccio del tema della riconciliazione nazionale, che punta a ricollocare la
nuova formazione nel nuovo fronte aperto dal radicalizzarsi della “guerra
fredda”. In quel periodo si poté parlare per certi versi di una doppia
costituzione
12
: a quella di tipo “formale”, esplicitamente antifascista,
espressione del patto siglato tra i partiti che dal fascismo erano stati
perseguitati e disciolti, e che si erano ritrovati nel ‘46 nell’assemblea
Costituente, se ne aggiunge una di tipo materiale, implicitamente
anticomunista. Da quest’ultima, che struttura l’effettivo funzionamento della
società politica, derivava una relativa legittimazione dell’area neofascista in
funzione della comune lotta anticomunista e dello scontro tra blocco
occidentale e sovietico. Si trattava di un “riallineamento” di notevole rilievo e,
infatti, il centro democristiano, diviso tra l’aspirazione a conservare il
monopolio dell’elettorato moderato, scoraggiando ogni aggregazione politica
significativa alla propria destra, e la tentazione di allargare a destra il fronte
delle alleanze nella chiave appena esposta, reagì immediatamente e in duplice
modo. Da una parte, tentando la carta della distruzione sul nascere di una
possibile alternativa conservatrice, prima con la cosiddetta “legge Scelba” -
che vietava la ricostruzione del partito fascista - poi con la riforma elettorale a
premio di maggioranza del ‘53, nota ai più come “legge truffa”. Dall’altra
parte, a opera soprattutto degli ambienti vicini al Vaticano e dell’Azione
cattolica, varando una strategia dell’attenzione che puntava a una qualche
11
forma di integrazione dell’estrema destra nell’arco costituzionale
anticomunista. Un doppio “disegno” che ebbe, come conseguenza delle
misure repressive, la mobilitazione all’interno del MSI dell’ala militante - più o
meno esplicitamente antisistema, in una battaglia frontale con le forze di
governo - mentre per quanto attiene alle aperture, legittimò senza
contropartite l’intero movimento assumendolo come potenziale alleato
13
. I
risultati lusinghieri delle amministrative del ‘52 e delle politiche dell’anno
successivo resero impensabile uno scioglimento d’autorità del movimento da
parte del governo ed ebbero come effetto quello di inserirlo in un quadro di
tacita legittimazione e di possibili alleanze. Tutto ciò, nonostante tale soggetto
politico fosse ancora fortemente connotato in senso nostalgico e antisistema -
sia la sinistra interna che la destra “tradizionalista ed evoliana” - di dubbia
compatibilità costituzionale e presentabilità internazionale, anche per i suoi
impulsi squadristici mai definitivamente sopiti
14
. Tra l’altro, pur non essendoci
prove certe, si è sempre parlato di un potenziale golpe anticomunista che
avrebbe dovuto essere attuato nel ‘48 dall’esercito con l’appoggio degli Usa
!5
.
L’attività dei FAR intanto manteneva una certa continuità. Nel ‘49 l’obbligo
per l’Italia di consegnare all’URSS alcune navi italiane, per risarcire le potenze
vincitrici dai danni di guerra venne vista da un gruppo di giovani faristi come
un’umiliazione intollerabile. Per impedirlo decisero di affondare la nave ma
vennero scoperti e arrestati dai servizi segreti. Nel 1950 ripresero a
manifestarsi una serie di azioni terroristiche, attribuite dalla polizia a quello
che restava dei FAR
16
ma rivendicate con la sigla Legione Nera. Si passò da
attentati chiaramente dimostrativi a veri e propri ordigni che distrussero
completamente alcune sedi di partito. Nel ‘51 vennero lanciate più bombe.
Tra gli obiettivi il ministero degli Esteri, l’ambasciata americana e versagli
nell’ambito della campagna politica per Trieste italiana. Tutto questo porterà a
numerosi arresti e al processo FAR-Legione Nera che impartirà comunque
condanne molto miti, forse perché la magistratura proveniva dal regime.
Diverso discorso va fatto per il MSI che dopo la svolta nazional-conservatrice
del ‘50 puntò sulla strategia dell’inserimento. Questa avrà come conseguenza,
12
nella seconda metà degli anni ‘50, le numerose diaspore di coloro che dopo la
svolta, non si riconosceranno più nel movimento che aveva rigettato le sue
impostazioni originarie. L’avvicinamento alle istituzioni era vissuto in modo
del tutto particolare: stare contemporaneamente dentro - anche per isolare il
virus marxista - e contro il sistema, approfittando di tutte le chances di potere
offerte dalle circostanze, pur configurandosi come contropotere.
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Questo
processo, incominciato col sostegno indiretto in occasione della fiducia al
governo Pella, si concretizzò, oltre che in modo molto evidente nei governi
locali, con l’elezione di Gronchi come Presidente della Repubblica, con
l’appoggio del primo governo Segni in occasione del rimpasto, col sostegno
diretto e determinante al governo Zoli e con la fiducia al secondo governo
Segni. Le spinte più aggressive, provenienti dalle componenti più intransigenti
e dai settori giovanili, vennero governate attraverso una spregiudicata gestione
della mobilitazione nazionalistica - per “Trieste italiana” - e anticomunista
18
.
In generale, tuttavia, il processo di istituzionalizzazione e normalizzazione
dell’estrema destra fallì perché il movimento, diviso fortemente al suo interno,
restava sostanzialmente una forza “neofascista” con caratteristiche tali da non
permettere il raggiungimento di quel livello di democraticità che necessitava
per entrare nell’arco costituzionale. In verità, troppo alta era, ancora, la soglia
di sensibilità “antifascista” nella società civile.
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Il 1960 fu l’anno
dell’inversione di tendenza: la fiducia al governo Tambroni con l’apporto
determinante del MSI e dei monarchici fu il detonatore di una crisi che sancì
la definitiva emarginazione e radicalizzazione del movimento. La crisi politica
si trasferì, presto, dal palazzo alla piazza, utilizzata dalla DC come detonatore
per la svolta a sinistra.
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La reazione delle organizzazioni antifasciste fu
particolarmente forte e il governo reagì di conseguenza. In pochi giorni il
Paese sembrò giungere sull’orlo di uno scontro frontale e armato, scampato a
seguito delle dimissioni di Tambroni. La brusca interruzione del processo di
inserimento ebbe, come conseguenza, il riemergere, a livello ideologico e
culturale, dell’originaria tentazione evoliana, che finì con l’alimentare la fitta
rete di gruppi minori che seguiranno il gruppo di “Ordine nuovo” nella sua