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I bambini rappresentano la speranza del mondo, ma sono anche l‟anello più
debole della società, coloro che pagano il prezzo più alto per i mali causati
dagli adulti.
Nella “condizione infantile”, confluiscono e diventano visibili, nel bene e nel
male, i nodi di una società, le sue caratteristiche economiche e culturali; tanto
che, per comprenderne i problemi e il livello di civiltà, è a volte sufficiente
guardare come essa considera e tratta i suoi bambini.
Il presente lavoro si pone la finalità di raccogliere alcune delle riflessioni
istituzionali e psicologiche sul delicato tema dei diritti negati all'infanzia.
Per comprendere appieno l‟importanza che il rispetto dei diritti dei minori ha
nella loro crescita e nel loro sviluppo sano e armonioso, nei capitoli uno e due
è stata fatta una rassegna delle teorie riguardanti lo sviluppo sia morale che
affettivo del bambino e ne sono stati delineati i bisogni fondamentali che
devono trovare soddisfazione per permettergli uno sviluppo completo.
Inoltre, all'interno della presente tesi, è documentato un progetto di
promozione dei diritti attuato presso il Colegio Monseñor Salomon Romero
nella città di Tiquipaya, dipartimento di Cochabamba, Bolivia.
Proprio seguendo una riflessione sui diritti dei bambini io stessa ho vissuto in
Bolivia 4 mesi partendo come volontaria e lavorando alla Defensoria de la
Niñez y adolescencia di Tiquipaya.
Nel terzo capitolo è stata analizzata la realtà di Cochabamba ed in particolare
della zona di Tiquipaya e sono state descritte le attività da me svolte durante i
miei “mesi boliviani”. Il capitolo si chiama La mia Bolivia perché vuole essere
un resoconto di ciò che è emerso dal mio incontro con questo stato e con la sua
gente. Ho descritto la loro storia e alcuni dei problemi interni alla società come
il maschilismo e l‟utilizzo diffuso della violenza per risolvere ogni questione.
11
Nel capitolo quattro è stato analizzato il quadro generale all'interno del quale
era stato richiesto l‟intervento con i ragazzi delle scuole. Sono emersi dati
alquanto preoccupanti soprattutto per quanto riguardo la violenza e la
differenza di status tra uomo e donna all‟interno della società boliviana.
Nel capitolo cinque è stato descritto il progetto fino ad entrare nei contenuti
degli incontri e cosa ne è emerso.
Infine nel capitolo sei sono state fatte alcune valutazioni in merito
all'intervento e si è cercato di delineare alcuni possibili sviluppi per futuri
progetti che potrebbero partire proprio dai dati emersi.
Sono arrivata in Bolivia non conoscendo quasi nulla di questo paese
incastonato tra le vette più alte del mondo. La mia conoscenza e scoperta della
zona è avvenuta principalmente attraverso la famiglia con cui vivevo e le
persone con cui ho lavorato. Persone amiche hanno provato a spiegarmi le
contraddizioni di questa loro magica regione che nella sua cultura ha leggende
straordinarie e dolci che parlano di amore e di visioni duali del mondo , ma
che nello stesso tempo tollera comportamenti che ledono la dignità umana e
compromettono la nascita di nuove generazioni libere dalla violenza.
Come accade in tutto il mondo anche qui i bambini sono i meno tutelati, ed è
stato sempre così, attraverso la storia dell‟uomo. Vi sono situazioni molto
diverse, certo, ma tutte riconducibili allo stesso identico bisogno, quello di
avere un‟infanzia.
12
Capitolo 1
DAI BISOGNI AI DIRITTI
DEI BAMBINI1
“Articolo 4
L‟uccello cova
Sotto le piume i suoi uccellini.
Ogni paese è simile a un albero:
dovrà proteggere il bambino sotto la sua ombra”
(Corcuera, 1996)
Nella storia dell‟uomo i diritti del bambino sono stati pressoché trascurati.
Il processo che portò alla stesura del primo documento internazionale sui
diritti dei minori inizò nel 1978, quando la Polonia sottopose alla
Commissione sui Diritti Umani delle Nazioni Unite una proposta di
Convenzione, per l‟adozione di un testo definitivo su tale argomento. L‟anno
successivo l‟Assemblea Generale delle N.U. decise di insediare un Gruppo di
lavoro ad hoc, a Ginevra, con il compito di elaborare un Progetto di
1
Le informazioni riportate in questo capitolo provengono inoltre da:
lezioni del professore Belotti durante il corso Politiche per l‟infanzia e
l‟adolescenza
seminario promosso dalla regione Veneto, l‟Università degli Studi di Padova e il
dipartimento di Sociologia “Vent‟anni d‟infanzia: retorica e diritti dei bambini dopo la
Convenzione dell‟89”. 17 novembre 2008
13
Convenzione sui Diritti dell‟Infanzia, partendo appunto dalla proposta della
delegazione polacca. Così dal 1979 fino al 1986, il gruppo si riunì ogni anno
per una settimana (Bernardis, 1990). Dal 1983 al 1985 si costituì un Gruppo
Informale di 26 organizzazioni non governative, con l‟obiettivo di preparare
un testo da proporre al Gruppo di lavoro delle N.U., che in seguito valutò
positivamente i risultati raggiunti facendo proprie molte delle proposte. Nel
marzo del 1986 il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite approvò un progetto
di convenzione sui diritti dell‟infanzia di 21 articoli (Cassese, 1999). Sempre
nello stesso anno, anche il comitato italiano per l‟UNICEF istituì un team con
l‟importante funzione di preparare quello che può essere considerato il
contributo italiano al progetto di convenzione (Bernardis, 1990).
Nel 1988 la Commissione esaminò le varie proposte e, alla conclusione di
questo lavoro, la bozza di Convenzione comprendeva 13 paragrafi di
preambolo e 54 paragrafi di normativa.
Il consiglio economico e Sociale adottò la bozza di Convenzione dei diritti del
fanciullo2 il 19 maggio 1989 e la trasmise all‟Assemblea Generale che, il 20
novembre dello stesso anno, a New York, l‟approvò. Il 2 settembre 1990 la
Convenzione relativa ai diritti del bambino è entrata in vigore dopo aver
ricevuto la ratificazione necessaria di 20 stati (De Stefani, 2001).
Gli stati che sono oggi parte della Convenzione sono 191 (tutti gli stati tranne
Somalia, per la mancanza di un governo stabile e gli Stati Uniti) “rendendola il
documento più ratificato della plurisecolare storia delle relazioni tra stati”
(Pariotti, 2008).
Ma come si è arrivati alla stesura di tale testo di cui sono state elogiate da più
parti doti profondamente democratiche e, quali le esperienze dell‟umanità,
2
Si veda allegato n° 1, Appendice A
14
nella sua storia che hanno portato a uno strumento tanto condiviso e
potenzialmente potente?
1.1 VERSO UN RICONOSCIMENTO DEI DIRITTI
FONDAMENTALI
1.1.1 IL DIRITTO NATURALE (LOCKE, 1690)
La storia dei diritti umani ha avuto i suoi momenti più significativi nel
momento in cui dee e testimonianze venivano trasformate in norme
giuridicamente vincolanti. Possiamo dire che la storia dei diritti dell‟uomo,
cominci con la stesura della Dichiarazione dei diritti dell‟uomo e del cittadino
del 1789 in Francia e con le Dichiarazioni d‟indipendenza delle colonie
americane nel contesto della Rivoluzione d‟indipendenza americana (1775-
1783). Entrambe sono ascrivibili al giusnaturalismo di John Locke (1690) in
cui vengono teorizzati, assieme al principio di eguaglianza, tre diritti
fondamentali dell‟uomo: il diritto alla vita, alla libertà (di pensiero, di
espressione e di stampa) ed alla proprietà (Allegra, 2005).
I contesti storici della Rivoluzione americana e della Rivoluzione francese
costituiranno, (pur tra loro diversi: la prima nella realizzazione
dell‟autogoverno e la seconda nell‟abbattimento dell‟ancient regime) un passo
decisivo proprio attraverso l‟impegno nella realizzazione dei principi affermati
in queste carte, verso la realizzazione dello stato di diritto e verso la
democrazia (Neri, 1980).
15
1.1.2 LA DICHIARAZIONE “UNIVERSALE” DEI DIRITTI DELL’UOMO
Dopo i due conflitti mondiali, il mondo ne usciva piuttosto confuso e abbattuto
nello spirito e negli ideali. La crudeltà delle trincee della I guerra mondiale e ciò
che era accaduto nei campi di sterminio durante la II aveva messo in dubbio la
vera natura dell‟uomo.
(Cantwell, 2008)
È qui che si fa spazio l‟esigenza di rendere universali e giuridicamente normativi
alcuni principi che sanciscano le libertà e i diritti fondamentali e naturali dell‟uomo.
Nel 1941 il presidente F. D. Roosevelt pronuncia il famoso “discorso delle 4
libertà” -di parola, di espressione, dal bisogno, dalla paura-; si gettano così le
basi della Conferenza di San Francisco (aprile-giugno 1945) da cui uscirà la
Carta delle Nazioni Unite, ovvero lo statuto dell‟ONU (Cassese, 2008).
Terminato il secondo conflitto mondiale il 10 dicembre 1948 nasce, ad opera
dell‟Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la Dichiarazione Universale dei
diritti Umani3, “ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le
nazioni”. Alla stesura parteciparono oltre alla Commisione diritti umani delle
Nazioni Unite, varie personalità del mondo della cultura di ogni parte del
pianeta per dare vita al testo che proclama nel suo primo articolo che “tutti gli
esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di
ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di
fratellanza”. Questi principi sono l‟effetto di quelle fondamentali esigenze che
l‟uomo contemporaneo d‟occidente, ha visto crescere come conseguenza delle
sue esperienze (Pariotti, 2008). Si può dire che le drammatiche situazioni
vissute nel „900 si sono sviluppate dal momento in cui si è cessato di vedere
nell‟individuo l‟uomo.
Ecco il perché allora, della ricerca di difendere l‟individuo tutto, cioè di
salvare la sua vita, la sua libertà e dignità. L‟uomo ne esce dunque rivalutato,
3
Si veda allegato n° 2 Appendice A
16
ma soprattutto difeso, grazie al nuovo modo di vedere i suoi diritti
fondamentali, cioè dal punto di vista internazionale (Cassese, 2001). La
dichiarazione del ‟48 rappresenta la volontà generale di affermare ed inserire
nella pratica di vita un complesso di principi e criteri che vedono come
supremo valore la persona umana che diventa fine inviolabile non riducibile
per nessun motivo a puro mezzo (Cassese, 2005).
Nella Dichiarazione Universale dei diritti dell‟Uomo i diritti qui proclamati,
poiché attinenti a ogni persona senza discriminazione alcuna, sono riferiti
implicitamente anche ai minori; ma nonostante questo, dopo lo scioglimento
della Società delle Nazioni e la nascita dell'Organizzazione delle Nazioni
Unite e del Fondo Internazionale delle Nazioni Unite per l'Infanzia (UNICEF),
si fa strada il progetto di una Carta sui diritti dei bambini che integri la
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, con lo scopo di sottolinearne i
bisogni specifici (Belotti, Ruggiero, 2008).
1.2 FASI EVOLUTIVE DEI DIRITTI DEL FANCIULLO: bambino
come oggetto di diritto
In uno studio svolto alcuni anni fa da Philip Alston e Jhon Tobin si
identificano a livello internazionale cinque fasi evolutive dei diritti del
fanciullo a partire dall‟inizio del XX secolo (Alston, Tobin, 2005).
1.2.1 LA PRIMA FASE (1901-1947)
È caratterizzata dalla conclusione della cosiddetta realtiva invisibilità sociale
dei bambini da parte della comunità internazionale (Levi, Schmitt, 1997;
Mason, 1994). Alla fine della I guerra mondiale si assistette a un lento
17
tentativo di recupero dell‟economia europea e questo includeva un massiccio
utilizzo dei minori come forza lavoro (anche a causa dell‟alta percentuale di
orfani di padre dovuti alla guerra). (De Stefani, 2001). Si vedono apparire i
primi documenti rivolti ai governi, i quali auspicano un impegno effettivo
degli uomini politici, a consapevoli e responsabili attuazioni a favore dei
bambini (AAVV, 1985). Organizzazioni internazionali per la promozione dei
diritti dei bambini reagiscono con forza allo sfruttamento sul mercato del
lavoro e agli orrori dello sfruttamento sessuale.
Fu così che, mentre nasceva una nuova visione dei bambini in ambito
pedagogico e psicologico, essi iniziarono ad essere presenti in quella parte
della società economicamente produttiva. I ragazzini incominciarono ad uscire
dalla sfera strettamente famigliare, a lavorare e ad avere delle responsabilità
verso se stessi e la propria famiglia senza però la possibilità di tutelare i propri
diritti in alcun modo. È così che il primo strumento internazionale in assoluto
a tutela dei diritti dell'infanzia è stata la "Convenzione sull'età minima"
adottata dalla Conferenza Internazionale del Lavoro (OIL) nel 1919.
A questo documento fa seguito la Dichiarazione dei diritti del fanciullo di
Ginevra4 adottata dalla Lega delle Nazioni Unite nel 1924. Tale documento
riflette pienamente le preoccupazioni del momento storico post-bellico: in essa
emerge la necessità di proteggere i bambini afflitti dalla devastazione della
Prima Guerra Mondiale.
La scomparsa di milioni di persone, il problema delle vedove e degli orfani
hanno posto in primo piano la questione della salvaguardia delle generazioni
future e ad appesantire tale condizione l‟influenza spagnola, la miseria e la
fame (Cassese, 1988).
4
Si veda allegato n° 3 Appendice A
18
Essa risponde al bisogno di difendere il rispetto della libertà, per evitare lo
sfruttamento e per la salvaguardia della persona Si enfatizzano i bisogni
materiali dei bambini proclamando la necessità di fornirgli mezzi necessari per
uno sviluppo completo ed equilibrato, facendo esplicito riferimento al cibo,
all‟assistenza medica, all‟aiuto in caso di handicap, all‟alloggio e al soccorso
quando siano orfani (Veerman, 1992).
La professoressa Ruggieri nel seminario tenutosi presso l‟Università di Padova
ha individuato alcune caratteristiche di tale documento:
Non fa riferimento ai diritti in quanto tali;
Il minore è considerato come oggetto legale piuttosto che soggetto del
diritto;
Individua i doveri degli adulti verso i minori;
Il minore è protetto come una persona senza diritti propri, dipendente dagli
adulti nell‟asserire e reclamare quanto individuato dal documento.
Come si può vedere estesamente nell‟allegato e più brevemente in questa
sintesi, la Dichiarazione di Ginevra, che consta solo di 5 paragrafi, ha un
impianto sostanzialmente assistenzialista, teso ad affermare le necessità
materiali e affettive dei minori.
1.2.2 LA SECONDA FASE (1948-1977)
Nonostante inizino a farsi spazio idee di democrazia e diritti umani ciò non ha
salvato l‟umanità dai due conflitti mondiali, dalle barbarie del nazismo e dello
stalinismo, dai campi di sterminio, dal razzismo, dalla bomba nucleare.
Tale fase si caratterizza per l‟adozione della Dichiarazione dei diritti del
fanciullo nel 19595. Il documento si basa essenzialmente sull‟assunto che
“l‟umanità ha il dovere di dare al fanciullo il meglio di se stessa”; implicita è
5
Si veda allegato n° 4 appendice A.
19
l‟enfasi sui doveri degli adulti, della società civile e delle autorità nei confronti
dei bambini e degli adolescenti (O‟Neill, 1988). Nonostante la dichiarazione
faccia per la prima volta riferimento alla libertà, al diritto al nome e alla
nazionalità e al diritto all‟educazione, il documento è lontano dal riconoscere
direttamente al bambino libertà e autonomia in quanto soggetto titolare attivo
di diritti. Sempre seguendo l‟analisi della professoressa Roberta Ruggiero
possiamo individuare le seguenti caratteristiche:
Non fa riferimento ai diritti in quanto tali;
Esplicito riferimento all‟immaturità fisica e mentale dei minori;
Gli adulti e i genitori in particolare sono i destinatari di tale documento e
diventano i responsabili dell‟infanzia felice del minore;
Riconosce il principio di non discriminazione e quello di un'adeguata tutela
giuridica del bambino sia prima che dopo la nascita;
Ribadisce il divieto di ogni forma di sfruttamento nei confronti dei minori
e auspica l'educazione dei bambini alla comprensione, alla pace e alla
tolleranza.
1.3 FASI EVOLUTIVE DEI DIRITTI DEL FANCIULLO: bambino
come soggetto di diritto
1.3.1 LA TERZA FASE (1978-1989)
È essenzialmente dedicata all‟organizzazione del primo anno internazionale
dell‟infanzia e dell‟adolescenza e alla lenta elaborazione della Convenzione
delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo6, adottata come abbiamo visto
prima a New York dall‟Assemblea generale il 20 novembre 1989 (Black,
6
Si veda allegato n° 1 Appendice A
20
1996). I temi fondamentali che stanno alla base delle dichiarazioni fin qui
analizzate (del 1924 e del 1959), per altro non vincolanti, è che i bambini
necessitano in maniera prioritaria di protezione e cura; ma questo non poteva
bastare e anzi molto spesso generava confusione nel comprendere le reali
implicazioni dei “diritti dei bambini” che vennero definiti negli anni settanta
”un concetto in cerca di definizione” (Belotti, Ruggiero, 2008).
È qui importante ricordare (anche se forse difficile da concepire) che, ad
esempio, nel 1959 in Europa, l‟abuso a danno di minori non era considerato un
problema sociale (come illustreremo nel capitolo 2, in Bolivia tuttora non è
considerato in problema sociale): il fenomeno esisteva, ma a questo non era
data alcuna attenzione, neanche da parte dell‟autorità giudiziaria (Pfhol, 1977),
mentre una costante preoccupazione riguardava la delinquenza giovanile di cui
gli adulti potevano essere vittime (Freeman, 1992).
“La CRC è considerata la pietra miliare nell‟ambito degli sforzi compiuti per
conto dei bambini ” in quanto copre tutte le aree dei diritti umani
tradizionalmente definite: civili, politiche, economiche, sociali e culturali
(Cantwell,2008). Tale convenzione è un contratto geo-politco, globale con cui
si possono garantire i diritti del bambino in ogni parte de mondo (Verhellen,
2008). Questo grazie al pluralismo culturale e giuridico che caratterizza la
convenzione.
Nella storia della stesura del documento possiamo notare che, i primi anni,
parteciparono ai gruppi di lavoro per la stesura del trattato non più di trenta
stati per poi arrivare a quaranta a metà degli anni ottanta (Cantwell, 1998). Gli
stati più industrializzati erano decisamente i più rappresentati al principio,
rischiando di trasformare la convenzione in un documento ad hoc per i
bambini della parte di mondo occidentalizzata e industrializzata. Nel 1988,
però, vi fu un‟ondata inaspettata di “delegati del Sud del Mondo, molti dei
21
quali provenienti da Stati in cui vigeva il diritto islamico” (Ruggieri, 2008).
La categoria dei partecipanti era composta, oltre che dai rappresentanti dei vari
governi, anche dalle organizzazioni intergovernative e dalle organizzazioni
non governative (ONG) riconosciute.
Nei dieci anni necessari alla stesura del testo, infatti, il dibattito tra gli esperti e
giuristi designati dai diversi Paesi membri fu molto ampio e approfondito e
dovette fare i conti con diverse impostazioni culturali e giuridiche riguardo a
determinati temi: l‟età minima del bambino nell‟art 1, se permettere o
dichiarare illegale l‟aborto; la libertà di religione; i problemi sull‟adozione;
l‟età a cui ai bambini poteva essere permesso di prendere parte ai conflitti
armati (art. 38) (Bernardis, 1991). Non vi è dubbio che la CRC introduca un
nuovo approccio e dei nuovi parametri in materia di infanzia e di adolescenza.
Il minore diviene “titolare attivo di diritto” e quindi diretto destinatario del
documento; gli viene riconosciuto, inoltre, il diritto alla partecipazione -mai
menzionata nei documenti precedentemente elaborati- e l‟introduzione del
principio dell‟interesse superiore del fanciullo -best interest of the child-
(art.3).
L‟art 12 afferma il diritto a esprimere un‟opinione e a vederla prendere in
considerazione in ogni contesto o procedura riguardante il bambino (Belotti,
Ruggero 2008): egli viene così visto come un individuo con una propria
opinione e non più in quanto individuo con un‟opinione non ancora del tutto
formata. Nasce così un approccio ai bambini come facenti parte di un gruppo
sociale definito e distinto con caratteristiche peculiari e bisogni specifici
(Alston, 1994).
22
1.3.2 LA QUARTA FASE (1989-2000)
Sempre sulla base dell‟analisi di Alston e Tobin si assiste alla continua
proliferazione di standard internazionali come per esempio l‟adozione di due
protocolli opzionali alla Convenzione del 1989. Il XX secolo si conclude con
la predisposizione di un sistema normativo internazionale interamente
dedicato ai diritti dei fanciulli che solo un quarto di secolo prima sarebbe stato
inimmaginabile (Ruggiero, 2007).
1.3.3.LA QUINTA FASE (2001-oggi)
Gli autori definiscono tale fase di “consolidamento dei diritti dei fanciulli in
cui i vari attori sembrano realizzare l‟enormità del loro impegno e i governi
avvertono la loro responsabilità nell‟attuazione della stessa Convenzione
ONU”. Tuttavia, si sostiene che nonostante i traguardi raggiunti, molto resta
ancora da fare, perciò i prossimi anni “saranno cruciali per proteggere i
risultati raggiunti e costruire su questi nuovi obbiettivi” (Alston, Tobin, 2005).
Di questo immenso lavoro ancora da fare nel campo della protezione dei diritti
dei minori ne sono una prova tutti i paesi cosiddetti in via di sviluppo e del
terzo mondo e ciò che accade in Bolivia ogni giorno né è un esempio
lampante.