// PREMESSA
Il 6 febbraio 2011 un incendio provocato da un braciere dis-
trugge una baracca in un accampamento di rom romeni a Tor
Fiscale, periferia Sud di Roma. Perdono la vita quattro bambini.
Il sindaco Alemanno, rammaricato per l’incidente, chiede poteri
speciali per attuare il Piano Nomadi nella capitale.
Lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti delle co-
munità nomadi delle regioni Campania, Lazio, Lombardia, Pi-
emonte e Veneto, dichiarato nel maggio del 2008, era stato
prorogato a tutto il 2011
(1)
. Tre anni di emergenza ed ancora
una tragedia. Ma quando e perchè nasce questa emergenza?
E soprattutto esiste davvero?
Per rispondere ai quesiti bisogna fare qualche salto indietro negli
anni, al 2007, quando la Romania entra in Europa ed ha inizio
un forte flusso migratorio di rom in Italia. Il Paese mette in atto
con gli enti locali i “patti per la sicurezza” per far fronte, tra gli altri
problemi di ordine pubblico, alla sempre più difficile convivenza
con le popolazioni rom. A Roma il sindaco Veltroni stringe con
l’allora prefetto Serra il “patto per Roma sicura” che prevede un
aumento del dispiegamento di forze dell’ordine nella città. Per le
“popolazioni senza territorio” è prevista la demolizione di tutti gli
insediamenti abusivi e la realizzazione di quattro mega strutture
oltre il Grande Raccordo Anulare (GRA), chiamate “villaggi della
solidarietà”, ognuna predisposta ad ospitare mille persone
(2)
.
L’autunno di quello stesso anno l’omicidio di Giovanna Reggiani
ad opera di un giovane romeno contribuisce ad inasprire il clima
d’intolleranza verso i rom nella capitale.
Questo ed altri episodi avvenuti nelle principali città italiane
sono la premessa per dichiarare uno stato di emergenza ancora
in corso. I prefetti delle città interessate sono nominati “com-
missari straordinari per l’emergenza nomadi”. A Roma l’allora
prefetto Mosca preferisce la denominazione di “commissario
straordinario all’emergenza abitativa” considerando il problema
rom al pari del bisogno del resto della popolazione italiana ed
immigrata con difficoltà di accesso al lavoro ed alla casa
(3)
.
Il Governo stanzia 32 milioni di euro per la sola Roma. Il sindaco
Alemanno quest anno ha fatto richiesta di altri 30 milioni per
completare il Piano Nomadi. La richiesta è stata respinta.
2008-2011
L’emergenza
nomadi in Italia
2007.05
I patti per la
sicurezza
2007.10
L’omicidio
Reggiani
10
l’emergenza. i
dati ed i numeri
11
Lo stato di emergenza è il risultato di un’assenza di controllo
nonchè di una scarsa conoscenza delle popolazioni rom e sinte
presenti in Italia da secoli, ma non considerate minoranza lin-
guistica. Durante l’iter parlamentare per la stesura della legge
n.482 del 15 dicembre 1999 che tutela la lingua e la cultura
delle minoranze storiche infatti, il riferimento a rom e sinti fu
stralciato e la questione rinviata. La vicenda ha certamente con-
tribuito all’emarginazione e ad una disparità di diritti a cui sono
soggette queste popolazioni ancora oggi.
Il problema del reperimento di dati certi è uno delle cause prin-
cipali della scarsa conoscenza riguardo questo popolo. Molti in-
fatti non dichiarano di appartenere all’etnia rom per non essere
soggetti a pregiudizi e discriminazioni. Altri vivono in condizioni
di clandestinità ai margini della società, diventando di fatto ine-
sistenti. Le Istituzioni, dal canto loro, tendono a ridimensionare
il problema dichiarando un numero inferiore di presenze sul ter-
ritorio rispetto a quelle effettive.
Le cifre del governo (140.000 unità) infatti, discordano con quelle
delle associazioni che operano sul territorio, come l’Opera No-
madi (170.000). La maggioranza della popolazione rom che ab-
ita nei campi (1/3 del totale) è concentrata nelle maggiori città.
Roma ospita un numero di gran lunga superiore al resto delle
città italiane (15.000 secondo le associazioni, 7200 secondo la
CRI), seguita a grande distanza da Milano (4130) e Napoli (circa
3000)
(4)
.
Per dare un’idea del grado di problema che risultano essere le
popolazioni rom e sinte nel Paese, basta pensare che si tratta
dello 0,2% della popolazione nazionale. Una percentuale inferi-
ore alla media europea
(5)
.
Questa cifra è indicativa del fatto che queste popolazioni sono
una minoranza in Italia e che, aspetti culturali a parte, risentono
delle stesse problematiche di una larga fascia del Paese. Rial-
lacciandosi quindi alle parole dell’ex prefetto Mosca, l’approccio
su cui si basa questa ricerca parte dal presupposto che la
questione rom non sia da considerare nella specificità etnica,
ma rientri in una politica abitativa più generale comune a una
parte della popolazione italiana.
Bulgaria, Romania
Slovacchia
Ungheria
Grecia, Rep. Ceca
Spagna
Francia, Irlanda, Svezia, Lettonia
Germania, Portogallo, Austria,
Regno Unito, Slovenia
Belgio, Lituania, Italia
Paesi Bassi, Polonia
8-8,4%
7%
2-2,4%
1,6%
0,5-0,6%
0,3-0,4%
0,1-0,2%
0,05%
5,7%
rom sinti & camminanti
sulla popolazione totale
0/1 Percentuale della popolazione rom rapportata alla nazionale in alcuni Paesi Europei
12
170.000
1/3 in campi 2/3 in case
4130
15000
3000
rom in ITALIA
ROMA
NAPOLI
MILANO
0/2 Numero di rom, sinti e camminanti sul territorio italiano e nelle città di Milano, Napoli e Roma 13 13
l’oggetto
dell’analisi e
la nascita dei
campi nomadi
14
// INTRODUZIONE
La seguente ricerca affronta il tema della crisi abitativa in Italia.
L’obiettivo è dimostrare che è possibile rispondere al fabbi-
sogno di alloggi recuperando il patrimonio immobiliare pubblico
dismesso, presente sul nostro territorio, attraverso un processo
di autorecupero in cui l’utilizzatore della casa partecipa alla re-
alizzazione del progetto.
L’oggetto dell’analisi è la popolazione rom che ad un alloggio
stabile non ha mai avuto facile accesso. Alla richiesta di ac-
coglienza del popolo zingaro, l’Italia ha sempre risposto con la
politica dei campi. Risposta che nasce dal presupposto errato
secondo cui tutti i rom sono nomadi e basano la propria cul-
tura abitativa nei campi. Queste idee trovano fondamento nella
seconda metà degli anni ‘80, quando sono emanate le prime
leggi regionali (L.R.)
(6)
che riconoscono e tutelano la pratica del
nomadismo associandola, però, all’intera popolazione rom. Tali
provvedimenti danno risposta all’esigenze della maggioranza
della popolazione di sinti e rom che in quell’epoca era costituita
in gran parte da nomadi che risedevano nel territorio italiano e
avevano spesso difficoltà a sostare legalmente in un’area. Oggi,
però, almeno 2/3 della popolazione rom presente sul nostro
territorio è stanziale e vive in case. Alcune regioni, come la
Toscana e L’Emilia Romagna, hanno compreso questa transiz-
ione modificando le citate L.R. già negli anni ‘90. E’ in questo
periodo, infatti, che si assiste al forte flusso migratorio di rom in
fuga dalle guerre nei paesi dell’ex Jugoslavia.
I campi sosta diventano campi profughi, gli standard minimi
stabiliti dalle leggi non vengono più rispettati perchè non si è in
grado di contenere il flusso. I rom sono rifugiati di guerra che
non possono essere espulsi. Ed è nel 2008, successivamente
all’ulteriore ondata migratoria dalla Romania (entrata nell’UE
nel 2007), che il governo italiano affida ai prefetti delle città di
Roma, Milano e Napoli (centri che ospitano il maggior numero
di rom), e successivamente, Torino e Venezia, poteri straordi-
nari per la risoluzione della questione abitativa rom, dichiarata
“emergenza”.
la questione
abitativa Rom
il caso studio:
Casilino 900
la situazione
romana
15
La soluzione è sempre nei campi. Una risposta “temporanea”,
secondo quanto affermano le istituzioni, in attesa di un inseri-
mento abitativo. Risultato questo non facile senza un intervento
politico decisivo in grado di smuovere gli interessi e annullare le
discriminazioni. Sono diversi infatti, i meccanismi che rendono
complesso l’inserimento abitativo dei rom, più che di altri citta-
dini. Da un lato il pregiudizio di base, che nella maggioranza dei
casi grava sulla semplice richiesta di affittare una casa. Dall’altro
il difficile avanzamento nelle graduatorie per le case popolari,
per accedere alle quali uno dei requisiti è aver subito uno sfratto,
condizione in cui la maggioranza dei rom non si è mai trovata,
avendo da sempre vissuto in Italia all’interno di campi
(7)
. Altra
questione è la localizzazione di un campo, scelta che segue
le volontà del mercato immobiliare: quando si vuol far salire la
rendita di una zona, lì sarà necessario sgomberare il campo;
viceversa se un terreno non è edificabile si avvia un processo
di urbanizzazione e quindi si cerca una rendita realizzandovene
uno. C’è, infine, ma non in ultimo, un business che ruota intorno
ai campi nomadi cosiddetti “attrezzati”, legato, per esempio ai
costi associati all’affitto del terreno ed alle infrastrutture, nonché
ai fondi affidati alle associazioni
(8)
.
Si è speso tanto in Italia nell’operazione di gestione e manuten-
zione dei campi negli ultimi vent’anni che con gli stessi soldi
si sarebbe potuto investire nel recupero di strutture da adibire
a case (senza dimenticare che l’Italia ha richiesto solo 1 mil-
ione dei fondi europei per l’emergenza nomadi a differenza della
Spagna che ne ha chiesti 62)
(9)
.
Si è scelto di studiare un caso specifico della complessa realtà
romana, in cui l’emergenza abitativa della popolazione italiana si
unisce a quella della popolazione rom (tra cui molti di cittadinan-
za italiana) e in cui si è creato un clima tale di discriminazione,
da parte di molti cittadini, e diffamazione, da parte dei media,
che si riflette in strategie politiche che violano i diritti umani
(10)
.
A Roma al momento della presentazione del Piano Nomadi
esistevano almeno un centinaio di insediamenti tra campi at-
trezzati (i cosiddetti “villaggi della solidarietà”) videosorvegliati
e gestiti da associazioni non rom, campi semi attrezzati e non,
sorti spontaneamente, di lunga data, dove spesso sono erogati
alcuni servizi ed infine insediamenti spontanei, ripetutamente
sgomberati che si ricostituiscono in zone della città sempre più
invisibili (come quello dove è accaduto l’omicidio Reggiani)
(11)
.
Seguendo le vicende di una nota baraccopoli, l’ex “Casilino
900”, si vuole dimostrare che esistono soluzioni abitative alter-
native a quelle previste dal Piano Nomadi promosso dall’attuale
amministrazione Alemanno, ed alle solite politiche sui campi
delle amministrazioni precedenti (per esempio i “villaggi della
solidarietà” dell’ex sindaco Veltroni).
la ricerca sul
campo
16
Esistono buone pratiche all’interno delle mura della città, in-
traprese in maniera indipendente con il sostegno di associazi-
oni, cittadini e studenti, che si sono organizzati insieme con i
rom per pensare, progettare e costruire soluzioni che superano
la logica dei campi.
Il caso preso in esame, il “Casilino 900” appunto, è noto alla
scala europea oltre che per la storicità dell’insediamento, per
le condizioni difficili in cui vivevano le persone che vi abitavano
(non più di altri insediamenti della capitale), ma anche per espe-
rienze esemplari condotte al suo interno.
E’ stata seguita la vicenda di un gruppo di rom kossovari e
macedoni provenienti dal suddetto campo, sgomberato nel
febbraio 2010 che, insieme ad un gruppo di gagè (non rom), si
sono organizzati ed hanno messo in moto a partire dal gennaio
di quest’anno un processo fatto di dibattiti ed azioni che han-
no l’obiettivo di individuare una soluzione abitativa, una casa.
E’ nata un’assemblea che si è arricchita di altri attori, rom e
gagè, motivati a partecipare a seguito dei numerosi e continui
sgomberi forzati portati avanti dall’amministrazione per attuare
il Piano Nomadi.
Durante la fase di ricerca condotta sul campo tramite la parte-
cipazione all’assemblea ed una serie di interviste, si è compre-
sa l’esigenza di superare la specificità rom e di ricondurre la
questione al più ampio problema abitativo che ha raggiunto un
livello critico nella capitale. Il risultato è stato l’inquadramento
dell’edilizia pubblica dismessa a Roma adatta ad essere recu-
perata per uso sia pubblico che privato. Negli ultimi anni la città
è stata interessata da almeno tre occasioni importanti (federal-
ismo demaniale, dismissione delle caserme, crollo finanziario
dell’Azienda del Trasporto Locale) che hanno permesso di rip-
ensare il riuso di un’edilizia pubblica dismessa. I movimenti di
lotta per la casa, che a Roma negli ultimi anni hanno dato a chi
ne aveva bisogno più case del Comune, rivendicano insieme ad
una larga parte dei cittadini un uso pubblico per questi edifici,
vista soprattutto la carenza di alloggi popolari. Tra gli edifici è
stato scelto uno al centro di una vasta polemica negli ultimi
mesi a Roma. Per lo stabile è stato avanzata una proposta
di autorecupero che permetterebbe alla comunità kossovara
e macedone insieme ad altre persone di risolvere il problema
casa.
Per i rom le scelte abitative sono state sempre imposte dai non
rom. “I campi”, come sostiene lo studioso Nando Sigona, “sono
una rappresentazione architettonica di come noi vediamo loro,
gli zingari”
(12)
. È stato necessario oltre che interessante quindi,
affrontare la questione con un approccio bottom up che ha per-
messo di ascoltare i protagonisti della vicenda e di avvicinarsi
conoscendo al meglio i fatti accaduti ed osservando una città in
fermento sul tema del diritto al casa.
NOTE
1. D.P .C.M., 26 maggio 2008, n.122, in materia di “Dichiarazione dello stato di
emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle
regioni Campania, Lazio e Lombardia” ; e successive proroghe.
2. Il Prefetto di Roma, il Sindaco di Roma, il Presidente della Provincia di Roma,
il Presidente della Regione Lazio, firmano alla presenza del Ministro dell’Interno
il Patto per Roma Sicura, Roma, 18/05/2007.
3. Berdini Paolo, Nalbone Daniele, Le mani sulla città. Da Veltroni ad Alemanno
storia di una capitale in vendita, Edizioni Alegre, Roma, 2011.
4. I dati raccolti sono stati richiesti alle associazioni che lavorano con i rom sul
territorio da molti anni considerate attendibili perchè riferimento ricorrente in
studi ricerche ed articoli (Comunità di Sant’Egidio per Roma, Casa della Carità
di Milano, Caritas Diocesana di Napoli).
5. Le perecentuali indicate nel testo e nella figura 0|1 possono essere consul-
tate in Fraudatario Simona “Dimensione e distribuzione romanì in Europa: dati e
stime” in AA.VV., Identità di genere e prospettive di vita delle donne appartenenti
alle comunità rom, Fondazione Lelio e Lisli Basso Issoco.
6. Regione Lazio, L.R. 24 maggio 1985, n. 82, in materia di “Norme in favore
dei rom”.
7. A titolo d’esempio il caso della Regione Lazio: Regolamento 20 settembre
2000 n. 2. “Regolamento per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia
residenziale pubblica destinata all’assistenza abitativa ai sensi dell’articolo 17,
comma 1, della Legge regionale 6 agosto 1999, n. 12”.
8. Lo racconta Lorenzo Romito di Stalker nell’intervista a cura di Cristina Artoni
in Sognando Casilino 900, marzo 2010, http://www.youtube.com/watch?v=jW
YH4Rr92z4&feature=player_embedded#at=205, (03/2011).
9. “Caccia agli zingari” inchiesta presentata alla trasmissione televisiva di Ric-
cardo Iacona Presa Diretta, 22 febbraio 2009, http://www.rai.tv/dl/RaiTV/pro-
grammi/media/ContentItem-4a7c8533-7b4a-43c1-882e-b430d6cabfe1.html,
(03/2011).
10. Una lista di alcuni documenti internazionali approvati contro le politiche per-
secutorie nei confronti dei rom in Italia è presente nel sito del gruppo di coop-
erazione internazionale Everyone http://www.everyonegroup.com/everyone/
mainpage/Entries/2008/4/20_Humanitarian_emergency_at_the_Casilino_900_
camp_in_Rome.html, (04/2011).
11. Romito Lorenzo, “Oltre i campi”, in Stalker | ON, Università Roma Tre,
ROMA TIME. Plans & Slum. Il diritto dei Rom ad abitare in Europa. Imparare
dai Rom e viceversa, anno 1, tema 3, 03/2007 – 06/2008.
12. Sigona Nando, Figli del ghetto. Gli italiani, i campi nomadi e l’invenzione
degli “zingari”, Civezzano, Nonluoghi Libere Edizioni, 2002.
18
LA BARACCA: Casilino 900 (Simona Mizzoni)
Casilino 900: storia di un antico
insediamento informale
LA BARACCA: Casilino 900 (Simona Mizzoni)
// 1.1
1960 - 2000
Vivere in una storica baraccopoli
“Casilino 900” è il nome di una delle più antiche baraccopoli
d’Europa.
Situato nella perfieria Est di Roma, l’insediamento si sviluppa
lungo la via Palmiro Togliatti e la via Casilina, dove è localizzato
l’accesso principale. Il terreno che copre una superficie di 120
ha, è parco archeologico, contiene reperti del VI sec. a.C. e ville
romane.
L’area anticamente nota come “Pratoni di Centocelle”, ha ospi-
tato all’inizio dello secolo scorso il primo aeroporto d’Italia
(13)
.
Durante la II guerra mondiale la zona è stata colpita da numero-
si bombardamenti. Alcuni testimoni che all’epoca vivevano nella
vicina borgata di Centocelle, ricordano che, nell’immediato do-
poguerra, l’area era occupata da alcune carovane zingare e da-
gli sfollati che trovavano rifugio all’interno di grotte
(14)
.
Negli anni’60 a seguito delle immigrazioni dal meridione italiano
si stabilisce il sottoproletariato napoletano, siciliano e calabrese
ed alcune famiglie di camminanti provenienti da Noto.
Abitano piccole case in muratura costruite da loro e vivono lavo-
rando principalmente come arrotini, ombrellai, o si dedicano alla
vendita di ortaggi nei mercati rionali. Sono i protagonisti dei rac-
conti neorealisti di Pasolini ambientanti nelle borgate, gli slum
romani del dopoguerra, spesso prive di acqua e luce e con i
bagni in comune.
Nella stessa epoca lungo il fronte di viale Togliatti si stabiliscono
nell’area i primi sfasciacarrozze.
Nel 1968 fa ingresso al Casilino la prima famiglia rom, i Sal-
kanovic, di etnia Khorakhané Cergarija, proveniente dalla Bos-
nia, che riuscirà ad ottenere la cittadinanza italiana e risiederà
nell’insediamento fino ai suoi ultimi giorni
(15)
.
Negli anni ‘80 sono presenti: Khorakhané Cergarija, provenienti
dalla Bosnia, Khorakhané Crna Gora, dal Montenegro, Rudari,
cristiano–ortodossi di Belgrado (che in seguito ad alcuni scontri
1968
ingresso Rom
al Casilino 900
‘60
occupazione
immigrati
meridionali
22 22
“Queste non sono immagini di Roma, ma immagini del terzo mondo.
E’ nel terzo mondo che le abitazioni hano questo colore bigio e pro-
fondo di legno marcio catarame e bandone. Le strade questa ru-
gosità di vecchio fango e di vecchia polvere.”
Pierpaolo Pasoli parla delle borgate romane, 1966
Borgata Gordiani in un’immagine tratta da “L’accattone”, Pasolini (1961) 23
via Casilina
via Palmiro
Togliatti
GRA
Tevere
0/3 Mappa d’inserimento del Casilino 900 a Roma Foto aerea del Casilino 900 24
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0/3 Mappa d’inserimento del Casilino 900 a Roma Foto aerea del Casilino 900