1
Introduzione
Il presente elaborato, incentrato sul tema dell’olivicoltura biologica, si propone di offrire una panoramica sulle
caratteristiche e la diffusione della specie Olea europaea L., in particolar modo nell’area mediterranea. Lo
scopo, inoltre, è quello di illustrare le tecniche di coltivazione biologica dell’olivo a minor impatto ambientale,
a partire dalla fase di impianto e fino alla raccolta, grazie all’analisi della letteratura disponibile.
Visto il largo consumo e la conseguente notevole produzione di olio d’oliva, è importante dare spazio alle
peculiarità di questo prodotto, da sempre radicato nella cultura, nell’economia e, in generale, nella società, con
un valore ampiamente riconosciuto, ad esempio, da certificazioni DOP; esso rischia oggi di standardizzarsi a
causa dell’esponenziale sostituzione delle pratiche tradizionali con altre intensive e super-intensive, le quali,
inoltre, contribuiscono nel tempo alla rottura dell’equilibrio naturale del pianeta.
Oggi i Paesi di tutto il mondo si trovano, infatti, a dover affrontare numerose sfide, tra cui il cambiamento
climatico, con le sue preoccupanti conseguenze, l’inquinamento ambientale, la sicurezza alimentare,
l’impoverimento delle risorse naturali e della biodiversità, la compattazione dei suoli o la loro erosione e la
dipendenza dalle fonti di energia non rinnovabili, il cui uso è attualmente ancora molto radicato nella società.
Altre problematiche, connesse direttamente e indirettamente a quelle citate, sono la siccità, l’impoverimento
dei suoli e la desertificazione. Molte di queste sfide interessano da vicino l’agricoltura, la quale è ancora
fortemente orientata sulla monocoltura a causa di un’elevata specializzazione agricola. Questo ha portato ad
una semplificazione, spesso estrema, dell’agroecosistema, rappresentata soprattutto dai sistemi agricoli
convenzionali e intensivi, largamente diffusi nei Paesi più sviluppati. È noto, però, che, specialmente negli
ultimi decenni, l’interesse per il biologico e la sensibilizzazione verso la salvaguardia del pianeta sono
notevolmente aumentati.
Pertanto, nell’ottica di arrestare il processo di degradazione ambientale attualmente in corso puntando su una
maggiore sostenibilità, obiettivo peraltro largamente perseguito dall’Agenda 2030, è necessario scommettere
su sistemi alternativi, come quelli agroforestali; si prospetta, infatti, con il supporto fondamentale della ricerca
e di politiche mirate, di poter “riprogettare” in futuro gli agroecosistemi, ponendo un freno al degrado causato
dall’uomo e rendendoli più complessi e ricchi, aumentandone la resilienza e la loro biodiversità. L’ampia
possibilità di sperimentazione sull’olivo e sulle colture ad esso consociabili consentirebbe il recupero della
biodiversità locale.
2
Capitolo 1. Caratteristiche, diffusione e problematiche dell’olivo
1.1. Note storiche sull’olivicoltura
L’olivo (Olea europaea L.) è una specie arborea la cui storia si intreccia profondamente con quella di diverse
antiche civiltà, nonché una delle principali coltivazioni praticate nell’area mediterranea
1
. È così prezioso e
radicato da secoli nella cultura che fu definito da Columella (I secolo d.C.), famoso scrittore latino di
agronomia, "la regina di tutti gli alberi"
2
. Siriani, Egiziani, Arabi, Greci, Romani e molti altri popoli
dell’antichità sono considerati “figli della terra dell’olivo”. Il nome Olea europaea è dovuto al fatto che esso
era ampiamente coltivato in Europa meridionale
3
. Secondo molti geografi, è l’olivo a definire i confini
dell’area mediterranea
2
. Molti reperti archeologici sono stati rinvenuti in tutta l’area e i più antichi, risalenti al
tardo Paleolitico, nel suo bacino orientale
3
; i ritrovamenti più caratteristici sono foglie di olivo fossilizzate,
risalenti ad un periodo compreso tra 35.000-60.000 anni fa e scoperti nella cenere vulcanica delle isole greche
di Nisyros e Santorini
3,4
.
Sono state formulate diverse ipotesi sull’origine dell’olivo; le più note lo collocano per la prima volta nella
“Mezzaluna fertile”, nei pressi del Mar Caspio in Medio Oriente
5
, altre nel bacino orientale del Mediterraneo,
in Asia Minore. Queste ipotesi si basano sull'esistenza di un gran numero di olivi selvatici autoctoni in queste
aree
3
. Grazie alle moderne tecnologie di diagnosi molecolare, è stato scoperto, infatti, che l’olivo
addomesticato discende dal suo antenato selvatico
3,6
, l’oleastro (Olea europaea subspecie europaea, varietà
sylvestris), comparso per la prima volta in una zona compresa tra Turchia e Siria
1
.
Per quanto riguarda l’addomesticamento, è certo che le prime coltivazioni di olivo risalgono addirittura al 6000
a.C.
5
, ma alcuni le attribuiscono al periodo compreso tra il 4800 e il 4300 a.C
1,3,6
, praticate dapprima nel Mar
Egeo e successivamente nel Mediterraneo centrale e occidentale. Da qui poi l’olivicoltura sarebbe stata diffusa
nel continente americano (dove l’olivo fu portato dai coloni spagnoli), in Oceania e in Africa
4,6
. È certo che
molti popoli del Mediterraneo hanno avuto un ruolo fondamentale sulla sua diffusione, tra cui Ittiti, Fenici,
Egizi, Greci e Romani
3
.
Nell’antica Grecia, abbattere o bruciare un albero di olivo era considerato un grave reato e poteva condurre il
colpevole, come scrive Aristotele (IV secolo a.C.), anche alla pena di morte
4
. La leggenda narra che l’olivo,
considerato un tesoro spirituale, venne donato ai greci dagli antichi Dei; i suoi rami erano ampiamente utilizzati
in diversi eventi, dai riti funebri ai giochi olimpici, e gli atleti vittoriosi ricevevano una coppa colma di olio e
venivano incoronati con corone di rami d’ulivo
3
. Era usanza, inoltre, ungere personaggi importanti con olio
d’oliva
5
. Ciò è una prova di quanto l’olivo fosse radicato anche nel mito e nella religione dell’epoca
4
. A lungo
è stato un simbolo di pace, purezza e onore
5
, ma anche di longevità, forza, prosperità, saggezza e vittoria
4
.
Di certo, Roma diede un grande contribuito alla diffusione della coltivazione dell’olivo poiché la estese a tutto
il suo impero. I romani inventarono la pressa idraulica per le olive, considerate i frutti più pregiati dell’epoca
insieme ai fichi e all’uva
3
.
3
L’ulivo e l’olio d’oliva hanno anche una forte valenza per il Cristianesimo e numerosi sono i riferimenti
nell’Antico Testamento
5
. Si pensi all’olio usato per consacrare i sacerdoti ortodossi o al riferimento biblico
della colomba che porta nel becco il ramoscello di ulivo, simbolo di pace
3
. Oggi ritroviamo il ramo d’ulivo
nella bandiera dell’ONU
4
. L'Olea europaea compare, oltre che nella Bibbia, nel Corano, considerata anche in
questo caso come l'albero più sacro e venerato
4
.
1.2. Cenni botanici
L’olivo, Olea europaea L., è una specie sempreverde a crescita lenta, longeva e tollerante alla siccità;
l’aspettativa di vita è molto lunga, trattandosi di una pianta secolare. Non a caso, Teofrasto (III secolo a. C.)
scrive che "Forse si può dire che l'albero più longevo è quello che, in tutti i modi, è in grado di persistere,
come l'olivo per il suo tronco, per il suo potere di sviluppare una crescita laterale e per il fatto che le sue
radici sono così difficili da distruggere". E ancora prima Sofocle (V secolo a.C.), in un inno dedicato proprio
all’olivo, lo definisce “una cosa immortale” (…) “resistente, che si rinnova da sola, una ricchezza duratura,
che passa attraverso le generazioni l’invincibile olivo dalle foglie grigie. Invecchiato e sopravvissuto a tutte
le vicissitudini”. Già nel passato, infatti, l’uomo si era reso conto che “l’invincibile” olivo era in grado di
sopravvivere anche a lunghi periodi di siccità estiva, tipica dell’area mediterranea
4
.
L’olivo appartiene alle Oleaceae, la stessa famiglia di diverse piante ornamentali, tra le quali il gelsomino
(Jasminum), il ligustro (Ligustrum), il frassino (Fraxinus) e la campanula d’oro (Forsythia). È classificato poi
nella sottofamiglia Oleidaeae, genere Olea, sottogenere Olea, sezione Olea, specie Olea europaea.
Quest’ultima comprende sei sottospecie
3,7,8
:
• O. europaea subsp. cuspidata, originaria dell'Africa meridionale e orientale e diffusa dal Medio
Oriente alla Cina;
• O. europaea subsp. laperrinei, originaria delle montagne del Sahara;
• O. europaea subsp. maroccana, proveniente dal Marocco sudoccidentale;
• O. europaea subsp. cerasiformis, originaria dell’arcipelago portoghese di Madeira;
• O. europaea subsp. guanchica, proveniente dalle Isole Canarie;
• O. europaea subsp. europaea, la cui origine è collocata da molte fonti presso il bacino del
Mediterraneo.
Quest’ultima è suddivisa in due varietà, quella europaea, cioè l’olivo coltivato o domestico, corrispondente
all’antica denominazione di Olea sativa (Weston), e quella sylvestris, ovvero l’olivo selvatico o oleastro,
corrispondente al vecchio nome di Olea oleaster (Hoffman e Link)
3,7
. In passato diversi botanici classificavano
quest’ultima come una specie indipendente, Olea oleaster, appunto, ma la maggior parte oggi la colloca
all’interno di Olea europaea subsp. europaea come varietà (var. sylvestris), viste le notevoli affinità genetiche
e morfologiche con l’albero coltivato
4
.
La Figura 1 riporta un diagramma semplificato del genere Olea, con le aree geografiche dei taxa.
4
Figura 1. Diagramma semplificato del genere Olea con aree geografiche dei taxa
8
.
Per quanto riguarda la varietà coltivata, l’apparato radicale generalmente non supera gli 1,2 metri di lunghezza,
anche in terreni profondi. Si tratta di un albero sempreverde di altezza compresa tra gli 8 e i 20 metri, con
tronco nodoso e contorto; la chioma è molto compatta e rende fondamentale una corretta potatura per
permettere alla luce di permeare al suo interno
7
.
Le foglie sono piccole, coriacee e dotate di una spessa cuticola (caratteristiche che contribuiscono a rendere
l’olivo una specie xerofita
9
), opposte e strettamente ellittiche, con superficie adassiale di colore verde –
grigiastro e abassiale grigia argentea. La pagina inferiore, inoltre, è ricoperta da un fitto strato di tricomi e
questo sembra ridurre le perdite d’acqua, intrappolando l’aria calda e umida al di sotto degli stomi infossati
4,7
.
La fioritura si verifica nel mese di maggio; i fiori sono raggruppati in infiorescenze bianche e piccole, per lo
più ascellari
5
, chiamate mignole. Queste si formano da gemme a fiore situate su rami da 1 a 3 anni di età
(prevalentemente su quelli di un anno) e, in alcuni casi, anche su rami dell’anno, se originate da gemme miste
9
.
I fiori sono ermafroditi e l’impollinazione è anemofila
7
. Quest’ultimi, a seconda della cultivar, sono spesso
caratterizzati da fenomeni di sterilità dovuti ad anomalie fiorali o ad auto-incompatibilità fattoriale; per questi
motivi spesso è necessaria una consociazione varietale, per consentire l’impollinazione incrociata, poiché
esistono diverse cultivar autosterili
9,10
.
I frutti sono delle piccole drupe di lunghezza 1 – 3,5 centimetri, inizialmente verdi e poi bruni o neri in epoca
di raccolta (mesi di novembre e dicembre)
5
, e sono gli unici commestibili del genere Olea. Botanicamente
sono simili ai frutti di pesca, ciliegia, albicocca, prugna e mandorla
7
. Trattandosi di drupe, esse sono costituite
da un epicarpo membranoso, corrispondente alla buccia, un mesocarpo carnoso, ovvero la polpa, e un
endocarpo, contenente il nocciolo; l’endocarpo si lignifica durante la maturazione
9
. L’olio è espresso dal
mesocarpo carnoso e contiene l’85,2 % di grassi insaturi e il restante 14,8 % di grassi saturi
4
.
5
1.3. Diffusione dell’olivo nel mondo
La maggior parte delle aree destinate all’olivicoltura si trova tra i 30° e i 45° di latitudine a nord e a sud
dell’Equatore
7,11
.
La produzione di olive è destinata per lo più all’estrazione dell’olio, per circa il 90 % dell’intero prodotto,
mentre quelle da mensa costituiscono solo il restante 10 %. L’offerta mondiale di olio d’oliva ammonta a circa
2,5 milioni di tonnellate
11
. Una recente review riporta che l’olivicoltura oggi è diffusa in 58 paesi, con oltre 12
milioni di ettari coltivati (di cui 9,5 milioni in Europa
12
), ma i suoi prodotti sono consumati in 179 paesi
1
.
Inoltre, risulta che almeno il 95 % dell’olivicoltura a livello mondiale è praticata nell’area mediterranea
7,12,13
ma ad oggi questa fornisce circa il 70 % del prodotto totale. È qui che l’olivicoltura riveste un ruolo
fondamentale nel settore agricolo. In quest’area, infatti, sono state registrate circa 1,9 milioni di aziende
olivicole
12
. La Figura 2 mostra le zone principalmente interessate da questa coltivazione. I principali produttori
di olio sono la Spagna (38 %
11
), l’Italia e la Grecia (entrambi per l’11 %
11
), seguiti da altri paesi dell’area
mediterranea e del Medio Oriente
1
. Questi tre paesi europei hanno anche le superfici olivicole tra le più estese
a livello mondiale
11
. Inoltre, la Spagna è anche il principale esportatore di olio d’oliva nel mondo; nelle
province di Jaén e Córdoba oltre il 91 % dei terreni coltivati sono olivicoli, conferendo a queste zone una
concentrazione di colture arboree tra le più elevate in Europa
14
.
La Tabella 1 riporta dati di produzione e di estensione delle superfici coltivate dei principali produttori
dell’area mediterranea (relativamente al periodo 2016 – 2018) e un elenco delle varietà più diffuse in ciascun
paese citato.
Figura 2. Estensione della superficie destinata ad olivicoltura nel bacino del Mediterraneo
11
.
6
Tabella 1. Informazioni relative ai principali paesi produttori di olive: quantità, estensione delle superfici olivicole ed elenco delle varietà più coltivate (periodo 2016 – 2018)
11
.
Paese* Prod. (t) % prod. mondiale Superficie (ha) % superf. mondiale Principali cultivar
Spagna 7.817.206 38 2.551.841 25
Arbequina, Alorena, Cornicabra, Empeltre, Farga, Gordal Sevillana, Hojiblanca, Lechín de Sevilla,
Manzanilla de Sevilla, Morisca, Negral, Nevadillo, Picual, Picudo
Grecia 2.224.096 11 851.194 9 Anphissis, Chalkidiki, Conservolia, Kalamon, Koroneiki, Kolybada, Lianolia, Mastoidis, Megaritiki
Italia 2.171.166 11 1.144.782 11
Ascolana, Bella di Cerignola, Biancolilla, Bosana, Canino, Carolea, Casaliva, Coratina, Frantoio,
Leccino, Moraiolo, Nocellara del Belice, Nocellara etnea, Ogliarola, Pendolino, Peranzana, Taggiasca
Turchia 1.776.822 9 852.011 8 Ayvalik, Domat, Erkence, Çakir, Memecik, Memeli, Uslu, Izmir Sofralik, Gemlik
Marocco 1.338.896 7 1.024.707 10 Picholine Marocaine, Dahbia, Haouzia, Menara, Meslala
Egitto 912.549 4 81.523 1 Aggizi Shame, Kosiem, Maraki, Meloky, Hamed, Sebhawi, Sinawy, Toffahi,Wateken
Algeria 747.225 4 429.217 4
Aaroun, Azeradj, Blanquette, Bouchouk, Chemlal, Ferkani, Khadraya, Hamra, Limli, Mekki, Sigoise,
Roulette
Portogallo 697.456 3 358.647 4 Galega, Corbrançosa, Cordovil, Verdeal Transmontana, Carrasquenha, Lentrisca, Madural
Tunisia 675.156 3 1.372.104 13 Chétoui, Chemlali, Oueslati, Chemlali Tataouine, Zalmati, Gerboui, Baroni, Rkhami
* I paesi sono elencati in ordine decrescente per quantitativo di produzione.
7
Recentemente, inoltre, si stanno affermando sul mercato paesi dell’America latina (Perù, Cile, Argentina,
Uruguay) e l’Australia
1
. L’olivicoltura è stata introdotta anche in Cina e in alcune zone dell’Africa
meridionale
4
. Nonostante il largo consumo negli Stati Uniti, questo paese ne importa ancora in grande quantità;
la maggior parte degli oliveti si trova in California e in Arizona
3
.
Per quanto riguarda il consumo di olio, il rapporto della Coldiretti del 2016 riporta che quello mondiale è quasi
raddoppiato negli ultimi 25 anni e l’Italia è il paese con il maggior numero di consumatori in tutto il mondo,
seguito da Spagna e Stati Uniti
14
.
1.4. Principali cultivar e aree di localizzazione dell’olivicoltura italiana e siciliana
Ad oggi sono note e coltivate tantissime varietà dell’olivo e, nel solo bacino del Mediterraneo, sono presenti
oltre 2000 cultivar
7,8
. I frutti delle diverse varietà differiscono per dimensione, forma, resa in olio e sapore e
per distinguerli si sono resi necessari numerosi studi ed analisi, sfruttando in particolar modo dei marcatori
molecolari
4
. Questi ultimi, insieme alle caratteristiche morfologiche, sono fondamentali, infatti, per una
corretta identificazione; lo scopo è quello di salvaguardare anche le varietà meno diffuse di olivo evitando in
tal modo la perdita di biodiversità
7
.
Come già riportato nella Tabella 1, in Italia le cultivar più diffuse sono (in ordine alfabetico): l’Ascolana, la
Bella di Cerignola, la Biancolilla, la Bosana, la Canino, la Carolea, la Casaliva, la Coratina, la Frantoio, la
Leccino, la Moraiolo, la Nocellara del Belice, la Nocellara etnea, l’Ogliarola, la Pendolino, la Peranzana e la
Taggiasca
11
.
La superficie coltivata in Italia per la produzione di olive è pari a 1.124.402 ettari, di cui 1.092.822 destinati
alle olive da olio, e oltre il 50 % di questi si trova nel Sud Italia. Qui, infatti, troviamo le due regioni con la
superficie coltivata più estesa per la produzione di olive da olio nel territorio italiano, la Puglia e la Calabria,
rispettivamente con 339.880 e 181.958 ettari; la terza regione per area coltivata è la Sicilia, con 155.805 ettari
15
.
In Puglia, in particolare, si trova oltre il 30 % dell’intera superficie olivicola italiana
16
. Nonostante la
coltivazione dell’olivo sia particolarmente diffusa al Sud, nel Nord Italia troviamo particolari zone circoscritte
che mostrano avere condizioni microclimatiche favorevoli, come la Riviera Ligure, le rive dei grandi laghi
(Garda, Maggiore, Como, Iseo, Lugano) e alcune zone collinari della Romagna
9
.
In generale, non è stato identificato un limite ben preciso di altitudine, poiché dipende dalla latitudine e dalle
specifiche condizioni microclimatiche locali; ad esempio, a Nord l’olivicoltura è praticata anche ad oltre 600
metri s.l.m. e in Sicilia si spinge anche fino ai 1000 metri s.l.m.
9
.
La Figura 3 mostra la distribuzione della superficie destinata alla produzione di olive da olio: da sinistra a
destra, il confronto è relativo a Nord, Centro, Sud Italia ed isole maggiori (Figura 3A), seguito da quello tra le
regioni (Figura 3B) e, infine, tra le province (Figura 3C). La Figura 4, invece, mostra nel dettaglio la superficie
in ettari coltivata in Sicilia.