1. LA FILOSOFIA OLD WAY/NEW WAY
L’old way/new way è una metastrategia, cioè una strategia applicabile a più
contesti, e ha le sue radici in materie come la matematica e la pedagogia nelle
quali è stata sviluppata per poi essere trasferita in ambito motorio grazie ad una
ricerca di Hanin, Korjus, Jouste, e Baxter (2002), questa tecnica può essere
applicata a sportivi che hanno precedentemente appreso e automatizzato un abilità
errata e vogliano correggerla.
Molte metodologie puntano a prevenire l’errore considerandolo un danno, ma
quando questo è interiorizzato e l’atleta non riesce più a gestirlo perché non è più
sotto il controllo della coscienza, iniziano i problemi in quanto far apprendere una
strada corretta è molto difficoltoso.
I metodi tradizionali di correzione dell’errore prevedono diverse fasi:
1. spiegare all’atleta che cosa fa di sbagliato e perché lo fa;
2. aumentare la consapevolezza dell’atleta di cosa sta facendo di sbagliato;
3. mostrare delle immagini o imitare il gesto tecnico corretto e spiegare perché è
meglio;
4. chiedere all’atleta di copiare il gesto tecnico corretto;
5. dare il feedback correttivo e di rinforzo;
6. far fare molta pratica all’atleta.
L’enfasi su questa metodologia deriva dall’assunto che i fattori neurobiologici e le
funzioni del sistema nervoso centrale sono alla base degli apprendimenti motori e
dei relativi comportamenti (Koulianou e Vosniadou, 2002)
Spesso gli allenatori non avendo alternative continuano con questo tipo di
metodologia anche se spesso comporta un abbassamento della motivazione degli
allenatori che vedono progressi molto lenti e spesso vanificati in gara e anche negli
atleti che si sentono migliorare in allenamento ma in gara sembra che non
ottengano nessun tipo di miglioramento. Questo tipo di metodologia sebbene molto
utilizzata ed anche molto analizzata dalla letteratura scientifica spesso non porta a
risultati concreti e anche questo viene ben messo in evidenza dalla stessa
letteratura scientifica che indica tra le varie cause:
- poca motivazione per via degli insuccessi;
- allenamenti con scarsi contenuti;
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- attitudini dell’atleta;
- mancanza di abilità allenate;
- mancanza di esperienza dell’atleta e/o dell’allenatore/insegnante.
Molti di questi sono considerati fuori dal controllo dell’educatore e/o allenatore.
Questa meta-strategia è efficace nel correggere errori in atleti che hanno
automatizzato un determinato gesto tecnico erroneamente appreso nel corso della
loro carriera agonistica per i più svariati motivi:
-insegnamenti/apprendimenti sbagliati;
-gesti tecnici di diversi sport che contrastano tra loro;
-inibizione proattiva, cioè gesti appresi precedentemente e che contrastano tra di
loro (Lyndon, 2000) che portano a interferenze e accelerate dimenticanze;
-cambiamento di categoria con relativo cambio delle dimensioni e del peso dei vari
attrezzi e/o intensità dello sforzo;
-un cambio di allenatore e/o della routine di allenamento.
Tutti questi fattori possono portare ad avere un decadimento della prestazione
rispetto ad un modello ideale o della propria prestazione nella disciplina praticata.
Il miglioramento di nuove abilità è determinato dall’approccio cognitivo che si
decide di seguire e dai concetti precedentemente appresi. In base a questo è
essenziale come viene guidato il processo di cambiamento. Questo si fonda su:
- precedenti concetti;
- fiducia nei propri mezzi e nell’allenatore;
- pensiero sulla reale efficacia del cambiamento;
- percezione di effettivi cambiamenti positivi;
- abilità e pratica.
Sulla base di questi punti i concetti successivi vengono costruiti analizzando,
organizzando e memorizzando precedenti conoscenze.
Lyndon ha prodotto una spiegazione di perché si presentano gli errori abituali e
sono così difficili da eliminarsi e un metodo per superare questo problema. Questa
spiegazione può essere così sintetizzata:
innanzitutto considera che la ripetizione del comportamento errato è un segnale
che un’ apprendimento è avvenuto. La consistenza e l’abitudine all’errore indicano
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che c’è stato un apprendimento piuttosto che indicare che non c’è stato niente. Tra
le altre possibilità questo può avvenire perché quando una nuova conoscenza o
abilità si discosta o compete con che cosa una persona realmente conosce si crea
un conflitto che genera inibizione proattiva la quale causa un accelerata
dimenticanza delle nuove informazioni che la persona tenta di apprendere.
L’inibizione proattiva è un meccanismo involontario e universale sul quale il
soggetto ha un piccolo o nullo controllo. Questa non impedisce il nuovo
apprendimento ma semplicemente prevede l’associazione di idee conflittuali.
Questo non prevede che la persona sappia cosa sia corretto o sbagliato perché
l’inibizione proattiva provvede a creare un conflitto e non a discriminare tra cos’è
giusto e cosa è corretto ed esercita un mantenimento dell’apprendimento
precedentemente acquisito, inibizione al cambiamento e preservazione dell’erronea
conoscenza e abilità. Individui con un alta inibizione proattiva hanno meno
probabilità di raggiungere dei cambiamenti di comportamenti positivi con i metodi
convenzionali di correzione. La performance corretta diventa un ricordo
dipendente da altri fattori e l’individuo ritorna al comportamento precedente
quando la presenza della fonte che garantisce un cambiamento nella prestazione
sparisce. Così si inibisce il transfer d’apprendimento così da far sembrare tutto una
fatica inutile e diventa uno stimolo per garantire che il comportamento e la
conoscenza erronea continuino a resistere alla correzione
Gli studi degli effetti dell’inibizione proattiva nello sport sono scarsi ma le poche
ricerche (Eason, Smith e Plaisance, 1989) confermano il forte effetto
dell’interferenza proattiva osservata in abilità motorie non sportive (per una
rassegna vedere Lewis, Smith, e McAllister, 1952; Warren, 1974). Alcuni supporti
teorici per la nozione di saper accettare e incorporare gli errori nell’apprendimento
di abilità vengono anche da altri studiosi:
- Holding (1965) propose che imparare un esercizio nella forma alternativa, cioè
sbagliata, “mette ordine” nel distinguere la differenza tra risposta corretta e
sbagliata proveniente dai relativi feedback;
- Schmidt (1977) dice che l’errore non è un aspetto negativo della performance ma
può dar forza all’apprendimento motorio perché il loro aiuto definisce il limite
della performance ideale aiutando la costruzione dello schema motorio;
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- Kerr e Booth notarono che la precisione del lanciare la palla aumentava sia
eseguendo lanci corti che lunghi, cioè sia eseguendo una pratica per errori sia
quando si eseguivano lanci precisi sul bersaglio;
- Sharp (1988) sulla nozione di “pratica negativa” riconosce che la pratica del
movimento sbagliato può essere utile perché chiarisce la differenza tra una buona e
una cattiva performance;
- Cesari e Milanese (1995) descrivono l’uso della deliberata esagerazione della
performance dell’errore nella correzione di abilità nel tennis;
- Collins, Morriss, e Trower (1999) riportano benefici dall’uso di “esercizi
contrastanti” nei quali l’atleta esegue l’azione nella “via corretta” seguita dalla
performance della “via sbagliata”.
Le ricerche svolte finora offrono alcune effettive e pratiche soluzioni per occuparsi
di questo profondo e universale ostacolo d’apprendimento. Tra queste l’old
way/new way che consiste nel preparare un protocollo dove sia prevista una fase di
enfatizzazione dell’errore seguita da una fase di enfatizzazione della parte corretta,
con delle esplicitazioni delle singole prove e/o confronti con le prove precedenti
utilizzando le informazioni visive, se necessario, per aumentare la consapevolezza,
dell’errore o del gesto tecnico corretto, all’atleta.
Già altri studi hanno evidenziato come l’utilizzo di questa metodologia sia molto
fruttuoso rilevando miglioramenti già dopo la prima seduta dell’ 80% nella nuova
via: Hanin et al. (2002), Koulianou e Vosniadou (2002), Hanin, Malpela, e Hanina,
(2004).
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2. APPROCCIO COGNITIVO
2.1 Introduzione
L’approccio cognitivo è una teoria che spiega l’apprendimento di abilità motorie
attraverso le modificazioni cognitive e strutturali che avvengono nell’encefalo del
soggetto.
Il maggiore esponente di tale approccio è Schmidt (1976) il quale sostiene l’ipotesi
che i movimenti siano centralmente rappresentati e che il feedback possa interagire
con tali strutture. Tale rappresentazione viene definita programma motorio.
Schmidt ritiene che i movimenti siano controllati da processi open-loop con una
struttura centrale responsabile della gradazione, sincronizzazione e coordinazione
dei movimenti che formano abilità motorie e da processi closed-loop con il
feedback che interagisce durante la produzione dei movimenti.
Egli sostiene che le prestazioni coinvolgono entrambi i sistemi con una
predominanza del sistema open-loop per le abilità rapide e con una predominanza
del sistema closed-loop per le abilità lente. Nel circuito open-loop i comandi
esecutivi sono completamente specificati a priori in quanto contengono tutte le
informazioni necessarie ad eseguire il movimento. L’azione, infatti, non è
controllata dal feedback perché la sua durata è talmente breve, sotto i 180 ms, che
non può esserci un controllo. Nel circuito closed-loop invece i comandi iniziali agli
effettori sono predisposti per avviare il movimento, mentre l’esecuzione che ne
deriva e il suo completamento dipendono dalle informazioni di ritorno. Il feedback
prodotto viene utilizzato per dirigere il movimento in corso mantenendo
continuamente aggiornato il centro di controllo. Il feedback parte dalla valutazione
dell’azione e arriva tra l’identificazione dello stimolo e la selezione del programma
motorio per modificare quest’ultimo se necessario oppure lasciarlo continuare.
Il movimento inizia dopo l’identificazione di un obiettivo e la valutazione delle
condizioni iniziali. Successivamente vengono selezionati dallo schema di richiamo
ed applicati al programma motorio i parametri specifici per la risposta;
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simultaneamente vengono precisate da parte dello schema di riconoscimento le
conseguenze sensoriali attese.
L’esistenza dei programmi motori è motivata da tre considerazioni (Schmidt e
Young, 1987):
- deafferentazioni per bloccare il flusso di informazioni sensoriali. Alcuni
esperimenti sono stati condotti anche su animali;
- in movimenti rapidi l’elaborazione delle informazioni è troppo lenta per un
efficace controllo per mezzo del feedback durante l’esecuzione;
- il tempo dei movimenti di reazione dipende dalla complessità della risposta:
movimenti più complessi hanno bisogno di tempi di reazione più lunghi poiché la
loro programmazione richiede la gestione di un numero di informazioni più grande.
Lo schema concettuale è presentato in figura 1:
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Stato desiderato
M2 M2
M1
Feedback propriocettivo
Visione focale
Feedback esterocettivo
Conoscenza dei risultati
Conoscenza della prestazione
Figura 1 schema concettuale dell’approccio cognitivo (Schmidt e Wrisberg 2000,
p.259, modificato)
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INPUT
SELEZIONE
DELLA
RISPOSTA
PROGRAMMAZIONE
DELLA
RISPOSTA
PROGRAMMA
MOTORIO
MUSCOLI
OUTPUT
COMPARATORE
MIDOLLO
SPINALE
RISULTATO
DEL
MOVIMENTO
IDENTIFICAZIONE
DELLO STIMOLO
2.2 Identificazione dello stimolo
In questa fase il soggetto raccoglie dall’input le informazioni che gli servono per
eseguire la prestazione. Questa raccolta avviene attraverso gli analizzatori
sensoriali. Quelli importanti per le attività motorie sono:
- tattile: rileva informazioni sul contatto fisico diretto con l’avversario o con
l’attrezzo da usare. Fanno parte di questa categoria anche gli analizzatori termici e
dolorifici;
- visivo: questo analizzatore risulta importante in tutti gli sport anche se riveste
particolare importanza negli sport di situazione; esso raccoglie le informazioni
riguardanti i parametri spazio-temporali;
- uditivo: fornisce informazioni di tipo sonoro-verbale;
- cinestesico: collocato a livello muscolare ne fanno parte i fusi neuromuscolari e
gli organi tendinei del golgi. I primi danno informazioni sulla contrazione e
decontrazione muscolare e più precisamente sulla posizione dei muscoli. Gli organi
tendinei del golgi invece sono delle strutture adibite a sentire la tensione muscolare
e a prevenire eventuali infortuni;
- vestibolare: si trova nell’orecchio interno e più precisamente nella coclea ed entra
in funzione quando ci sono delle perturbazioni come accelerazione e
decelerazione. Rileva informazioni riguardanti l’equilibrio.
Con l’apprendimento migliora la selezione delle informazioni nel senso che
aumenta il numero di informazioni rilevanti catturate con l’aumentare
dell’esperienza del soggetto. La percezione non è mai passiva perché il soggetto
ricerca sempre le informazioni principali.
2.3 Selezione della risposta
In questa fase dopo una prima elaborazione delle informazioni si sceglie il
programma motorio generalizzato. Questo è una rappresentazione mnemonica di
una classe di azioni pensata come un gruppo di risposte che posseggono lo stesso
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pattern. Vi può essere un unico programma per le molte maniere di lanciare una
palla modificato poi da specifiche istruzioni come ad esempio la forza del lancio.
Il programma motorio generalizzato è stato ipotizzato per:
- risolvere il problema dell’immagazinamento di quantità enormi di informazioni;
- spiegare la possibilità di realizzare movimenti mai eseguiti prima.
Caratteristica fondamentale del programma motorio generalizzato è la flessibilità.
Per questa sua caratteristica Schmidt lo paragona ad un software (Bortoli e
Robazza, 1990), il programma motorio generalizzato possiede delle caratteristiche
invarianti che determinano gli elementi essenziali della classe d’azione che è sotto
il controllo del programma motorio e definiscono la forma base del movimento.
Sono state individuate le seguenti caratteristiche invarianti:
- ordine degli elementi: indica l’ordine delle contrazioni muscolari implicate in un’
azione; questo significa che specifica qual’è la sequenza delle contrazioni
muscolari per eseguire un gesto/movimento;
- struttura temporale (timing) cioè la proporzione temporale tra i singoli elementi
rimane costante anche se il tempo totale del movimento cambia;
- forza relativa ovvero la reazione tra le forze espresse dai vari muscoli che
partecipano all’azione rimangono in proporzione costante rispetto alla forza totale
espressa. Ad esempio se per spostare un peso eseguo due spinte con un braccio e
le due spinte sono una di 150 N e l’altra di 200 N la forza totale varia ma il
rapporto di forza tra i vari muscoli, ad esempio tra bicipite brachiale,
brachioradiale e brachiale rimane costante.
Se due movimenti hanno la stessa struttura temporale relativa allora sono governati
dallo stesso programma motorio generalizzato, se invece tale struttura è diversa
allora anche il programma motorio generalizzato che lo governa è diverso (Bortoli
e Robazza, 1990) .
2.4 Programmazione della risposta
Un programma motorio prima di essere prodotto deve essere adattato attraverso
specifiche istruzioni che permettono l’accomodamento alle richieste concrete della
situazione.
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Variazioni nei movimenti all’interno della stessa classe (ad esempio realizzare una
corsa più veloce di un’altra) vengono prodotte cambiando alcuni parametri e il
problema del soggetto nella scelta di un movimento è la determinazione delle
specificazioni di risposta che modificheranno il programma motorio già esistente e
immagazzinato; quello che cambia non sono le caratteristiche invarianti ma le
caratteristiche di superficie della risposta. I parametri sono dunque caratteristiche
da aggiungere per permettere il controllo e la realizzazione di differenti risposte di
movimento della stessa classe. I principali parametri evidenziati sono:
- la durata complessiva dell’azione;
- la forza complessiva dell’azione;
- la selezione dei muscoli specifici da utilizzare per compiere l’azione;
La struttura preposta a contenere queste informazioni è lo schema motorio. Esso
può essere definito come una generalizzazione astratta di regole, concetti e
relazioni derivanti dalle esperienze, da cui vengono tratte le specificazioni richieste
per eseguire una particolare versione del movimento (Bortoli e Robazza, 1990).
Dopo l’esecuzione di un movimento con un programma motorio generalizzato il
soggetto immagazzina quattro tipi di informazioni relative a :
- condizione iniziale: come ci si posiziona nei confronti dell’ambiente;
- specificazioni di risposta per il programma motorio: visto che precedentemente
viene scelto il programma motorio generalizzato, che come visto prima ha
caratteristiche di generalità, per le reazioni muscolari specifiche che consentono di
svolgere un movimento preciso vanno individuati e precisati, prima che il
movimento si svolga, i parametri adeguati di forza, velocità, direzione;
- conseguenze sensoriali della risposta prodotta: esse sono una copia esatta delle
informazioni afferenti;
- risultati del movimento: cioè l’esito dell’azione, l’accuratezza delle informazioni
sul risultato è in funzione della quantità e della fedeltà del feedback. Risulta
importante ai fini del confronto tra risposta reale ed esatta (Bortoli e Robazza,
1990).
Dopo il movimento i quattro tipi di informazione sono immagazzinati il tempo
necessario perché possano essere estratte alcune relazioni tra di loro. La forza delle
relazioni cresce dopo ogni movimento della stessa classe e all’aumentare della
precisione del feedback della risposta.
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Dalla mescolanza delle quattro fonti di informazione si ottiene:
- lo schema di richiamo;
- lo schema di riconoscimento.
Lo schema di richiamo è responsabile della risposta desiderata fornendo al
programma motorio generalizzato i parametri necessari per eseguire il movimento
in funzione della richiesta.
Si sviluppa durante l’apprendimento attraverso l’interazione di tre delle quattro
fonti:
- condizioni iniziali;
- risultati del movimento;
- specificazioni della risposta.
Lo sviluppo dello schema di richiamo o di rievocazione permette di determinare
una nuova risposta selezionando i parametri necessari per produrre i risultati
desiderati (Bortoli e Robazza, 1990). Dopo ogni aggiustamento i dati specifici
vengono eliminati ma ciò che resta immagazzinato è la regola generale.
Lo schema di riconoscimento è il meccanismo di riferimento che consente di
valutare la correttezza del movimento iniziato, confrontando il feedback sensoriale
in corso con quello atteso e di eseguire le eventuali correzioni. Permette di
prevedere le conseguenze sensoriali della risposta, durante e/o dopo il movimento.
Le conseguenze attese vengono confrontate con il feedback in arrivo dando
informazioni sul risultato e riconoscendo come errore ogni deviazione.
Anche lo schema di riconoscimento si sviluppa nel corso dell’apprendimento di tre
delle quattro fonti di informazioni:
- condizioni iniziali;
- conseguenze sensoriali;
- risultati del movimento.
Nel caso di nuove abilità molto probabilmente non si raggiunge subito l’obiettivo
prefissato ma comunque le informazioni sperimentate vengono immagazzinate per
poi aumentare dopo ogni tentativo giungendo così alla formazione di uno schema
stabile per mezzo del quale l’abilità si avvicina progressivamente all’obiettivo
voluto.
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