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CAPITOLO I
STORIA DEI MERCATI
1. Evoluzione dei mercati azionari
«Siete mai stati in un borgo di campagna in un giorno di fiera? [...] Quella
fiera è un mercato, ossia un luogo dove, a giorno fisso e noto per gran cerchia di
paesi intorno convengono […] i venditori […] e sulla fiera convengono da ogni parte
[…] moltitudini di compratori, desiderosi di rifornirsi […].
Forse vi sarà accaduto anche di passare un qualche mattino, tra le undici e
mezzogiorno, dinnanzi a un palazzo su cui è scritto “Borsa”. Se la curiosità vi ha
spinto ad entrare […] avrete osservato gran folla di signori […] che ogni tanto tirano
fuori di tasca un taccuino e una matita e segnano qualcosa […]. Anche quello è un
mercato. Non vi si vendono le merci negoziate, perché per comprare e per vendere
non è sempre necessario, come si fa sulle fiere e nelle botteghe, vedere e toccare con
mano la merce. Nelle borse si vendono titoli di stato, azioni di società anonime,
obbligazioni di comuni o di istituti di credito fondiario, ossia pezzi di carta aventi un
valore più o meno alto ma tutti uguali, quelli della stessa specie, gli uni agli altri.
Non è necessario vedere e toccare perché il venditore non può consegnare, quando
sia giunto il momento di eseguire il contratto, se non quel preciso pezzo di carta con
su scritte quelle certe parole e non altro»
1
.
Questa è la suggestiva spiegazione dei mercati da parte di Luigi Einaudi,
padre nobile della nostra Repubblica e suo autorevole presidente dal 1948 al 1955,
per far comprendere come la Borsa sia un mercato in cui si svolgono le operazioni di
acquisto e di vendita, non di tradizionali prodotti commerciabili, come da sempre
accaduto, ma di particolari categorie di valori chiamati, nelle moderne piazze di
affari, strumenti finanziari.
1
EINAUDI, Lezioni di politica sociale, Torino, rist. 2004, p. 3-4.
6
Le prime Borse sorsero ad Anversa, in Belgio, nel 1531
2
. Il processo storico
che porta alla nascita delle moderne Borse si può far risalire all’epoca della
rivoluzione industriale del XVIII e del XIX secolo, quando emerge forte l’esigenza
di creare organismi con la capacità di reperire dai risparmiatori i mezzi finanziari
stabili, necessari per gli investimenti delle imprese. Potremmo pensare le prime
riunioni finalizzate allo scambio di titoli rappresentativi delle merci, come
un’evoluzione delle antiche fiere, che rendono più agile e rapido il commercio
3
. Si
diffondono allora le società per azioni, le quali emettono propri titoli rappresentativi
del capitale di rischio e di debito. Occorreva però rendere possibile all’acquirente dei
titoli la cessione ad altri degli stessi nel momento ritenuto più opportuno per rientrare
in possesso dei capitali investiti. Le Borse nascono, dunque, come luogo d’incontro
fra domanda e offerta dei titoli, al fine di agevolarne il passaggio da un soggetto ad
un altro, consentendo così un soddisfacente grado di liquidità.
Se non fosse stata possibile la negoziazione in qualsiasi momento, il numero
dei risparmiatori interessati all’investimento sarebbe stato di molto inferiore ed il
volume delle negoziazioni di titoli non sarebbe stato quello sufficiente allo sviluppo
delle economie attraverso gli investimenti previsti dalle imprese. Le riunioni per
scambiare i titoli si svolgevano in luoghi pubblici, assumendo gradualmente una
certa regolarità.
Era quindi fondamentale una organizzazione e regolamentazione del mercato,
nuovo per modalità di vendita e prodotti scambiati, con negoziazioni tipizzate e
concentrate.
Nei paesi anglosassoni la soluzione adottata fu quella di operare secondo
criteri di ammissione dei titoli alle contrattazioni, definizione di luogo, cadenza e
durata delle riunioni, di regole comportamentali e di strutture organizzative.
Progressivamente quest’attività assunse sempre maggiore rilevanza pubblica e le
consuetudini operative autonomamente adottate dai privati vennero integrate o
2
Il nome “borsa” deriva da quello della famiglia di mercanti belgi Van der Burse, che
organizzava, nel XIV secolo, sedute di contrattazione per stabilire i prezzi delle merci trattate.
3
Storicamente le borse, diffuse nelle fiere e nelle piazze, nascono come “borse merci”, cioè
sistemi per lo scambio delle merci, organizzate per formulare i listini dei beni trattati. Le vendite
venivano concluse con la forma dell’asta e la consegna effettiva dei beni dai venditori ai compratori
era diretta, vista la loro contemporanea presenza sulla “piazza” degli scambi.
7
sostituite da interventi normativi, volti all’interesse generale e alla tutela degli
investitori.
Ne sono un chiaro esempio le Borse statunitensi, che nacquero e si
svilupparono come club autoregolamentati e che vennero disciplinati da apposita
legislazione dopo la crisi del ‘29. Nel 1933 il Securities Act impose alle società
quotate l’obbligo di fornire completa informativa agli investitori su ogni aspetto
importante riguardo la gestione degli affari societari. Nel 1934 il Securities Exchange
Act istituì una Commissione preposta al controllo dei mercati, degli intermediari e
delle società quotate in un’ottica di tutela degli investitori.
Molto fu lasciato all’autoregolamentazione, delegata agli organi di
autogoverno degli intermediari, per dare flessibilità di adattamento delle regole, alle
esigenze di risparmiatori e imprese.
La Borsa di Londra ha avuto uno sviluppo nelle regole, che ha portato a metà
degli anni ’80 ad importanti riforme nelle modalità di negoziazione, contribuendo al
rafforzamento di tale Borsa, che si può considerare il mercato europeo più idoneo a
reggere il confronto con quello statunitense per volume di scambi, varietà e numero
di strumenti trattati. In Inghilterra, il Financial Services Act del 1986 ha introdotto il
controllo pubblico sulle attività borsistiche, secondo uno schema simile a quello
presente negli Stati Uniti.
Nei paesi dell’Europa continentale, in particolar modo in quelli influenzati
dalla codificazione napoleonica, il percorso di formazione delle Borse è stato in
parte divergente, anche se negli ultimi decenni le soluzioni adottate sono state
conformi a quelle dei paesi anglosassoni. All’inizio anche qui le Borse erano
semplici riunioni private, ma molto presto il legislatore intervenne per disciplinarle,
conferendo loro carattere marcatamente pubblicistico pur lasciando un, seppur
piccolo, spazio all’autoregolamentazione. Ciò era coerente con un sistema finanziario
caratterizzato da una forte presenza dello Stato in ambito economico e basato per lo
più sull’intermediazione creditizia e su un sistema industriale sviluppatosi con ritardo
rispetto ai paesi anglosassoni.
In tale contesto si svilupparono particolarmente società tese ad una
ripartizione del capitale sociale da offrire sul mercato: le società anonime. Tali
società si caratterizzano per il più facile afflusso di fondi al fine di favorire
8
l’iniziativa imprenditoriale collettiva, connotata dall’impossibilità per il singolo di
gestirla. Ciò viene efficacemente espresso nel Code Napoleon, che afferma : «les
associés ne sont passibles que de la perte du montant de leur intéret dans la société.
Le capital de la société anonyme se divise en actions et meme en coupons d'action
d'un valeur egale»
4
. La limitazione di responsabilità per chi fornisce risorse
finanziarie, rende attuabile la partecipazione dei soci in un’impresa gestita da altri –
gli amministratori – i quali hanno in mano le sorti della società. Si ottiene così la
facilità nel trasferimento del diritto partecipativo, rendendo impersonale la
partecipazione e agevolando l’ingresso e l’uscita dall’iniziativa economica. I soci
rilevano non per la loro identità e le loro qualità personali, ma per la quantità di
partecipazioni. Questo fenomeno era stato preso in considerazione dove si
svolgevano le più importanti attività speculative. Ad Amsterdam, la prima Borsa
moderna, le azioni della Compagnia Olandese delle Indie Orientali erano fra i titoli e
le merci oggetto di contrattazione.
Con l’instaurarsi della CEE e la successiva, sempre maggiore, integrazione a
livello normativo dei paesi dell’Unione, l’armonizzazione in materia di società e
finanza, unita ad una maggiore agilità nei movimenti di capitale, hanno reso possibile
un aumento delle capacità competitive sui mercati finanziari dei diversi paesi.
2. Evoluzione dei mercati mobiliari in Italia
L’Italia è un esempio dell’evoluzione nei mercati, che abbiamo cercato di
descrivere precedentemente. Le Borse nascono sul modello francese con
l’applicazione del codice di commercio napoleonico. Il 15 febbraio 1808, a Milano,
fu inaugurata la prima “Borsa di Commercio”
5
secondo tale modello e negli anni
successivi aprirono le Borse di Napoli, Roma, Firenze, Livorno e Genova
6
.
4
Artt. 33 e 34, tit. III, libro I: «I soci non sono responsabili che della perdita della quantità di
partecipazione nella società. Il capitale della società anonima è diviso in azioni e anche in cedole di
azioni con pari valore».
5
La Borsa di Milano venne istituita con decreto del Vicerè Eugenio Bonaparte il 16 gennaio
1808 e le contrattazioni ufficiali iniziarono il 15 febbraio.
6
La prima Borsa valori ad essere istituita in Italia è stata quella di Venezia, fondata nel XVII
secolo.
9
Dopo la proclamazione del Regno d’Italia viene data una regolamentazione
sul modello adottato in Francia: il codice di commercio del 1865 stabiliva che le
Borse fossero istituite con decreto reale e che in esse si scambiassero sia merci che
titoli, stipulando contratti da parte degli agenti di cambio, anch’essi nominati per
decreto reale, che agivano in nome proprio, ma nell’interesse altrui. Questo è un
modello fondato su un’organizzazione pubblica della Borsa, facendo salvo, però, il
monopolio degli agenti di cambio. Le negoziazioni avvenivano nelle case private di
commercianti e negli studi dei banchieri. Solo formalmente si concludevano in
Borsa, portando alla centralità il ruolo delle banche.
Con il regolamento contenuto nel R. D. n. 1139 del 1882 (Codice di
Commercio), ci si allontana dal modello pubblicistico francese, considerando
l’attività degli agenti di cambio come attività d’impresa e non più come funzione
pubblica. E’ questo un avvicinamento al modello anglosassone delle Borse
autogestite, che prevedono forme di autoregolamentazione da parte degli agenti di
cambio.
Le scelte normative contenute nel Codice di Commercio del 1882 favorirono
una fase di sviluppo della Borsa in Italia e fu il maggiore sviluppo mai verificatosi in
precedenza: va da metà anni ’90 del XIX secolo al 1906, sino alla grave crisi
internazionale del 1907. Secondo il principio della libertà di mediazione nacquero
banche specializzate e società finanziarie, che promossero l’emissione e il
collocamento di azioni ed obbligazioni societarie. Una Borsa nazionale e unitaria era
finalmente resa operativa, facendo in modo che nel primo decennio del ‘900 la
maggior parte del capitale azionario fosse già quotato in Borsa. Il tracollo del 1907,
che inibì il regolare funzionamento della Borsa, mise in risalto l’esigenza di porre in
essere controlli adeguati. Si avviò un’opera normativa atta a soddisfare la necessità di
maggiore controllo sugli operatori specializzati, arrivando alla prima disciplina della
Borsa, con la legge 272/1913. Questa sarà alla base del regolare funzionamento del
mercato mobiliare in Italia. Venne riaffermata la priorità del carattere pubblicistico
della borsa, sull’onda di quanto avvenuto in Germania, abolendo
l’autoregolamentazione. I controlli erano attuati dal governo pur mantenendo gli
organi locali di Borsa ed era ribadito il divieto per gli agenti di cambio ad operare per
proprio conto. L’attività del mercato subì una diminuzione, poiché la maggioranza
10
delle emissioni azionarie tornarono nelle stanze delle banche, non passando più per la
Borsa, a danno dell’efficienza complessiva del mercato stesso.
L’ordinamento delle borse delineato con la legge n. 272 del 1913,
caratterizzato dalla matrice pubblicistica, resta fermo lungo tutto il XX secolo e cioè
sino all’emanazione del d.lgs. n. 415 del 1996, che decreterà la privatizzazione della
Borsa.
Sotto il regime fascista, nel corso degli anni ’20, si esercita un intenso
controllo da parte delle autorità statali. Gli agenti di cambio diventano pubblici
ufficiali, inseriti in un ruolo chiuso, ai quali si riserva la possibilità di negoziare,
escludendone le banche
7
. Viene reso più forte il ruolo del governo al vertice della
vigilanza sulla Borsa, che entra nella competenza del Ministero delle finanze
8
. Nel
decennio successivo la Borsa perde progressivamente importanza nelle negoziazioni,
in quanto il regime tende a spingere il risparmio privato verso l’acquisto di titoli
pubblici, in nome della «finanza di guerra». Si verifica una compressione
nell’emissione di azioni con una sempre minore centralità dei mercati azionari.
Infatti rimase senza esito il tentativo di inserire la disciplina di Borsa nel disegno di
riordino della finanza privata (art. 2 legge bancaria 1936). La struttura base
dell’intermediazione rimane sostanzialmente immutata nel corso dei decenni
successivi e, sino alla metà degli anni ’70, è riservata al sistema bancario, mentre il
ruolo della Borsa rimane limitato e resta in una condizione simile a quella in cui si
trovava durante il ventennio fascista.
Nel 1974 avviene una svolta, un profondo mutamento nell’ordinamento dei
mercati: con la legge n. 216 del 1974 (c.d. miniriforma societaria) viene istituita la
Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob), cui sono attribuiti
compiti di vigilanza e organizzazione della Borsa. Essa acquisisce anche molte
funzioni di cui in precedenza erano titolari gli organi locali di Borsa
9
. Restano fermi i
poteri attribuiti al Ministro del Tesoro, senza scalfire quelli dell’agente di cambio,
che continua ad avere il monopolio delle negoziazioni, pur non potendo svolgere
attività diverse da quella di broker. Le società con azioni quotate hanno una
disciplina apposita, dal momento che coinvolgono il pubblico risparmio. Si
7
R.Dl. n. 222, 7 marzo 1925.
8
R.Dl n. 1261, 29 luglio 1925.
9
Deputazione di Borsa e Comitato degli agenti di cambio.
11
introducono più ampi obblighi di trasparenza, facendo così avere ai risparmiatori le
debite informazioni, al fine di una scelta consapevole sulle transazioni portate a
termine. Viene dato inizio così ad un importante processo di distinzione della
disciplina delle società quotate rispetto a quella delle società di diritto comune.
Rimangono però lacune nella normativa in tema di società, per le negoziazioni al di
fuori dei mercati regolamentati e per quanto riguardava gli investitori istituzionali
(es. fondi comuni di investimento), che negli altri paesi si erano dimostrati alla base
dello sviluppo dei mercati mobiliari.
La legge n. 77 del 1983 stabilisce una direttiva generale per l’appello al
pubblico risparmio, introducendo i «fondi comuni di investimento mobiliare
aperti»
10
. Tale provvedimento normativo risponde all’esigenza di una disciplina
speciale riguardo ad ogni forma di ricorso al pubblico risparmio. L’articolo 12
sottopone al controllo della Consob ogni sollecitazione all’investimento dei
risparmiatori in valori mobiliari, che richiedesse di salvaguardare l’investitore
11
.
Questa legge è una tappa basilare nella progressiva formazione della disciplina del
mercato mobiliare, introducendo il primo tipo di investitore istituzionale, il fondo
comune di investimento mobiliare aperto, in Italia. Si possono così raccogliere ed
utilizzare ingenti capitali di risparmio, gestiti da un intermediario competente nella
diversificazione degli investimenti. Anche la legge 281/1985 è passaggio
fondamentale nell’evoluzione dell’ordinamento del mercato mobiliare italiano, in
10
Borsa Italiana definisce i fondi d’investimento: «I fondi comuni di investimento sono
istituti di intermediazione finanziaria cha hanno lo scopo di investire i capitali raccolti dai
risparmiatori. Il fine è quello di creare valore, attraverso la gestione di una serie di asset, per i gestori
del fondo e per i risparmiatori che vi hanno investito.
Tre sono le principali componenti che caratterizzano un fondo comune di investimento:
I partecipanti del fondo, detti anche fondisti: sono i risparmiatori che investono nelle attività
del fondo acquisendone quote tramite i propri capitali
La società di gestione, ossia il fulcro gestionale dell’attività del fondo che ha la funzione di
avviare il fondo stesso, di stabilirne il regolamento e di gestirne il portafoglio
Le banche depositarie che custodiscono materialmente i titoli del fondo e ne tengono in cassa
le disponibilità liquide. La banche hanno inoltre un ruolo di controllo sulla legittimità delle
attività del fondo sulla base di quanto prescritto dalle norme della Banca d’Italia e dal
regolamento del fondo stesso». (fonte: www.borsaitaliana.it)
Dei fondi comuni di investimento costituiscono un particolare tipo i cosiddetti “fondi aperti”, dei quali
è attualmente data la definizione che segue: «il fondo comune di investimento i cui partecipanti
hanno diritto di chiedere, in qualsiasi tempo, il rimborso delle quote secondo le modalita'
previste dalle regole di funzionamento del fondo» (art. 1, co. 1°, lett. K), Testo unico finanziario).
11
Articolo abrogato dall’art. 214, co. 1°, d.lgs. n. 58/98 (t.u.f.), a decorrere dall’1.7.1998
12
quanto attribuisce alla Consob personalità di diritto pubblico e piena autonomia
12
e
impone alle società quotate obblighi di trasparenza sia verso la Consob sia verso il
mercato
13
. Si afferma l’esigenza di assicurare sempre maggiore stabilità ai mercati di
valori mobiliari, con l’esclusione del controllo politico sulle emissioni azionarie
14
.
Sembra essere giunti ad un consolidato ordinamento del mercato e nella
seconda metà degli anni Ottanta non si vedono significative modificazioni del
complesso normativo. Con i primi anni Novanta il mercato mobiliare italiano
raggiunge un grado di evoluzione analogo a quello degli altri paesi ad economia
avanzata, ottenuto spesso per impulso delle direttive comunitarie ed al fine di non
penalizzare emittenti, risparmiatori e operatori di altri paesi della comunità europea
coi quali compete.
E’ questo un periodo di profonda revisione al quale si affianca un rapido
processo di crescita e trasformazione dei mercati, che non interessa solo l’Italia, ma è
diffuso in tutti i paesi dell’Unione europea e nei principali sistemi extraeuropei. Nei
periodi precedenti la disciplina regolava indistintamente ogni forma di sollecitazione
del pubblico risparmio. Con la legge n. 149 del 1992 si approda ad una specifica
normativa sulle offerte pubbliche di vendita (Opv) e sottoscrizione (Ops) di valori
12
Art. 1, co. 2°, L. 281/1985: «La Commissione nazionale per le societa' e la borsa ha
personalità giuridica di diritto pubblico e piena autonomia nei limiti stabiliti dalla legge».
13
Art. 5 L. 281/1985: «La Commissione nazionale per le societa' e la borsa:
a) può prescrivere alle società con azioni quotate in borsa eagli enti aventi per oggetto esclusivo
o principale l'esercizio di attività commerciali, i cui titoli sono quotati in borsa, la redazione di
bilanci consolidati di gruppo anche per settori omogenei;
b) può richiedere, sentiti gli amministratori, che da parte di società od enti di cui alla lettera a)
siano resi pubblici, nei modi e nei termini da essa stabiliti, dati e notizie necessari per
l'informazione del pubblico e, in caso di inottemperanza alla richiesta, puo', sentiti gli
amministratori, provvedervi direttamente a spese dell'emittente. Ove gli amministratori oppongano,
con reclamo motivato, che dalla pubblicazione può derivare grave danno alla società o all'ente,
l'efficacia della deliberazione e' sospesa. La Commissione, entro dieci giorni, valutate le
argomentazioni addotte, può escludere anche parzialmente la pubblicazione dei dati e notizie richiesti,
sempre che ciò non possa indurre in errore il pubblico su fatti e circostanze essenziali. La
Commissione può altresì rendere pubblico il fatto che l'emittente non adempia a qualsiasi obbligo che
gli derivi dall'ammissione di propri titoli alla quotazione ufficiale di borsa».
14
La costituzione di società per azioni e in accomandita per azioni con capitale superiore a
dieci miliardi e' soggetta, al solo fine di assicurare la stabilità del mercato dei valori mobiliari,
all'autorizzazione del Ministro del tesoro, sentita la Banca d'Italia. Sono altresì soggetti a detta
autorizzazione gli aumenti di capitale non gratuiti e le emissioni di obbligazioni delle società stesse
che, se pure deliberati o da effettuarsi in più riprese, superino nel complesso la somma di 10 miliardi
di lire.
Il Ministro del tesoro può stabilire, con proprio decreto motivato, l'ammontare massimo
dell'emissione di azioni o di obbligazioni, ovvero negare l'autorizzazione medesima.
13
mobiliari, fornendo una definizione di tali operazioni all’art. 1, secondo comma
15
.
Nello stesso periodo la legge n. 1 del 1991 detta norme sull’organizzazione dei
mercati mobiliari, precedentemente sprovvisti di una propria disciplina generale. Il
processo d’evoluzione nella regolamentazione del mercato finanziario trova il suo
apice nel 1996, e tale momento coincide con il recepimento da parte dell’Italia delle
direttive comunitarie 93/22
16
e 93/6
17
riguardo ai servizi di investimento. La prima
delle due direttive si occupa del mutuo riconoscimento degli intermediari all’interno
dello spazio giuridico europeo. In tal modo si dà avvio ad un processo che mira a
creare un più competitivo mercato unico europeo ed in Italia comincia una nuova
fase legislativa, culminante con l’approvazione del Testo unico del 1998. Le direttive
europee vengono recepite con il cosiddetto “Decreto Eurosim” che si occupa solo
degli aspetti direttamente considerati dal legislatore europeo, ma questo
provvedimento è solo un momento di passaggio. E’ il D. lgs n. 58 del 1998 (Testo
unico in materia di intermediazione finanziaria), approvato dopo il recepimento delle
direttive europee, ad inserire in un testo normativo unitario aspetti fondamentali dei
mercati finanziari, perseguendo un fine di riordino delle regole. Le direttive europee
vanno verso una sempre maggiore armonizzazione fra gli ordinamenti nazionali, per
raggiungere l’obiettivo di avere standard e regole comuni. Nel decennio 1998 – 2008
gli interventi a livello comunitario sono stati sempre più incisivi e numerosi come ad
esempio in materia di prospetto informativo (Direttiva 2003/71/CE).
In Italia nel decennio in esame il legislatore si adegua alle indicazioni date da
Bruxelles e adotta iniziative che, pur cercando di conciliarsi con le regole europee,
rispondano alle esigenze sorte in seguito ai gravi dissesti finanziari di questo periodo,
i crack Cirio e Parmalat. E’ stato quindi necessario rivedere i poteri attribuiti alle
autorità di vigilanza, unitamente alla regolamentazione del mercato finanziario e
mobiliare in genere. Di qui l’approvazione della legge 262 del 2005 (c.d. legge sul
risparmio) , che stabilisce «Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei
15
Costituiscono offerte al pubblico tutte quelle aventi per oggetto titoli già emessi (offerta
pubblica di vendita) ovvero di nuova emissione (offerta pubblica di sottoscrizione), anche in
funzione della quotazione di borsa. Non costituiscono offerte pubbliche di sottoscrizione quelle
effettuate ai sensi dell'articolo 2441, settimo comma, del codice civile.
16
Direttiva 93/22 CEE “Relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari”,
10 maggio 1993.
17
Direttiva 93/6 CEE “relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e
degli enti creditizi”, 15 marzo 1993.
14
mercati finanziari», nella quale confluiscono norme che rispondono alle necessità
emerse con gli scandali finanziari, assieme ad altre adeguate alla disciplina
comunitaria. Detta legge all’articolo 20
18
individua forme di coordinamento fra le
Autorità di vigilanza, escludendo la possibilità di opporre il segreto di ufficio fra di
esse, dal momento che questo è opponibile esclusivamente ai terzi. All’articolo 23, la
legge 262 introduce il criterio della proporzionalità, in virtù del quale, nell’adozione
di atti regolamentari, le autorità amministrative
19
tengono in debita considerazione le
diversità dei vari intermediari, dettando regole differenziate a seconda delle
caratteristiche specifiche dei destinatari in sede d’applicazione, attraverso la previa
consultazione degli «organismi rappresentativi dei soggetti vigilati, dei prestatori di
servizi finanziari e dei consumatori»
20
. Il successivo d.lgs. n. 303 del 2006 prosegue
il percorso intrapreso con il d.lgs. n. 262, con la previsione di disposizioni funzionali
al superamento delle carenze in materia di tutela dei risparmiatori. Infatti tale
provvedimento legislativo (insieme al successivo d.lgs. n. 51 del 2007) ha modificato
l’articolo 100-bis t.u.f.
21
, con la riforma del 1° comma, dove si prevede ora l’obbligo
di prospetto anche per i prodotti finanziari che siano stati oggetto di una precedente
offerta priva dell’obbligo di pubblicazione del documento informativo da parte
dell’emittente, nel caso in cui vengano successivamente rivenduti al pubblico
22
.
Dalle contingenze dei vari momenti storici emergono nuove priorità, cui il
legislatore deve dare risposte e, nell’ambito dei mercati finanziari, la maggioranza
delle volte l’evoluzione si accompagna ad eventi di crisi.
18
Art.20, Lg 262/2005: «La Banca d’Italia, la CONSOB, l’Istituto per la vigilanza sulle
assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), la Commissione di vigilanza sui fondi pensione
(COVIP) e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel rispetto della reciproca
indipendenza, individuano forme di coordinamento per l’esercizio delle competenze ad essi attribuite
anche attraverso protocolli d’intesa o l’istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica, di comitati di coordinamento.
Le forme di coordinamento di cui al comma 1 prevedono la riunione delle Autorità indicate nel
medesimo comma almeno una volta l’anno».
19
Consob, Isvap, Banca d’Italia, Covip.
20
Cfr. Art. 23, co. 2°, l. 262/2005.
21
Articolo introdotto dal d.lgs. 262/2005, che ha integrato così il regime informativo
dell’appello al pubblico risparmio, ampliandone la tutela. In particolare l’art. 100-bis introduce una
nuova regolazione delle offerte di prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione o da banche.
22
L’art. 100-bis, co. 1°, d.lgs. n. 58/1998 ritiene la successiva rivendita dei prodotti come «
una distinta e autonoma offerta al pubblico nel caso in cui ricorrano le condizioni indicate nella
definizione prevista all'articolo 1, comma 1, lettera t), e non ricorra alcuno dei casi di inapplicabilità
previsti dall'articolo 100».
15
«[…] numerosi fattori inducono i regolatori a continuamente modificare, affinare,
completare la disciplina del mercato mobiliare. Tra i fattori maggiormente determinanti vi
sono, da un lato gli stimoli provenienti dal processo di integrazione e armonizzazione
comunitaria; dall’altro, il verificarsi di situazioni di choc e di crisi sui mercati, che spesso
stimolano interventi in via di “urgenza”. Entrambi questi fattori sono stati alla base delle più
rilevanti evoluzioni della disciplina del mercato mobiliare successive al Testo Unico del
1998, e sino alla crisi finanziaria deflagrata nel 2007/8»
23
.
23
ANNUNZIATA, La disciplina del mercato mobiliare, Torino, 2010, p. 18.
16
CAPITOLO II
LA BORSA ITALIANA S.p.A.
1. Nascita e natura privatistica di Borsa Italiana dopo il 1998.
La Borsa valori è stato il primo e più importante mercato regolamentato sul
territorio italiano. Qui si negoziano titoli di massa con ampia diffusione fra il
pubblico e vari strumenti finanziari, con tecniche previste ad hoc per tale categoria di
scambi.
Sono presenti diverse definizioni inerenti la nozione di “Borsa”, date nel
corso del tempo
24
, ma in ogni significato del termine rimane costante l’idea che essa
sia un sistema ben organizzato, in cui sono presenti regole, strutture ed istituzioni, al
fine di agevolare l’incontro fra la domanda e l’offerta di servizi e beni, con una
conseguente riduzione dei costi delle negoziazioni.
La disciplina oggi vigente, superando la nozione di “borsa” quale istituzione
pubblica per gli scambi, operante in regime di monopolio, ha dato ingresso al
concetto di mercati regolamentati
25
. Infatti ad oggi, quando si parla di Borsa, si fa
riferimento solo ad uno dei soggetti che possono gestire i mercati regolamentati, e
cioè Borsa Italiana S. p. A.
Il sistema delle borse valori nel nostro ordinamento ha avuto per lungo tempo,
quale carattere fondante, una connotazione pubblicistica e monopolistica. Questa
impostazione è confermata in seguito dalla legge n. 272/1913, la quale prevede che
tali borse siano istituite presso le Camere di commercio (Borse di commercio) e
siano sottoposte ad un penetrante controllo da parte del Ministro delle finanze.
Hanno, però, connotati privatistici la figura degli operatori di borsa e gli aspetti delle
negoziazioni (regolati dagli usi di borsa).
24
Di particolare interesse, FERRI, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1986, p. 789,
considera la Borsa: «l’istituzione che realizza permanentemente la riunione degli uomini d’affari e dei
mediatori al fine di porre in essere contrattazioni e nella quale le contrattazioni si attuano secondo
determinati principi e senza che gli oggetti siano presenti sul luogo».
25
L’articolo 2 Regolamento Consob n. 11971 del 1999 intende per “Borsa”: «i mercati
regolamentati, ovvero i relativi comparti o segmenti, nei quali l’ammissione a quotazione risponde
alle condizioni fissate dalla direttiva 2001/34/CE», quest’ultima riguarda l’ammissione alla
quotazione di valori mobiliari e le relative informazioni da rendere pubbliche.
17
Un successivo provvedimento, quale la legge n. 222 del 1925, non fa altro
che confermare e anzi rafforzare il pieno riconoscimento dell’interesse pubblico per
le negoziazioni nelle borse valori, attraverso la qualifica di pubblici ufficiali,
attribuita agli agenti di cambio (fino a quel momento chiamati mediatori). Ma è la
legge n. 216 del 1974 a dare inizio ad un nuovo cammino che vuole portare alla
rinnovazione dei mercati mobiliari, facendo recuperare ad essi un ruolo centrale
nell’investimento dei risparmi e far avere nuova fiducia in esso ai risparmiatori.
Infatti nell’ambito della stessa riforma viene creata la Consob, con il compito di
vigilare sui mercati, il tutto sempre in un’ottica di fiducia dell’investitore e di
incremento degli investimenti nel mercato mobiliare.
Con la legge n. 1 del 1991 si dà inizio finalmente ad una svolta con una serie
di riforme, basate sull’esigenza di una disciplina organica dei mercati e delle funzioni
d’intermediazione, che troveranno la loro conclusione nel Decreto Eurosim e nel
Testo unico della finanza. Con la legge del ‘91 si introducono le società di
intermediazione mobiliare, esautorando così di fatto i “vecchi” agenti di cambio dalla
loro funzione. Vengono inoltre introdotti controlli da parte di Consob e Banca
d’Italia sugli intermediari e la trasparenza del mercato, con ripartite competenze
nell’ambito della complessiva disciplina in materia. Si ha così una regolamentazione
completa e innovativa sull’intermediazione finanziaria e, aspetto importante della
riforma, si dà grande rilievo alla normativa secondaria proveniente dalle autorità di
vigilanza. La normativa primaria viene così ad avere una funzione solo in ordine alla
fissazione di principi e ripartizione dei poteri (processo di delegificazione).
Per vedere davvero rinnovato il sistema dei mercati italiani non basta però
una riforma riguardante solo la regolamentazione di taluni suoi aspetti. Si rende
necessaria una disciplina che abbia ad oggetto i principi di governo dei mercati
borsistici, dato che, nonostante la riforma, essi continuano ad essere a natura
pubblicistico-monopolistica.