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sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione
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”, cioè di un processo tendente a
modernizzare l’organizzazione del lavoro, valorizzando schemi contrattuali flessibili al fine di
rendere le imprese maggiormente produttive e competitive e di raggiungere l’equilibrio
necessario tra flessibilità e sicurezza.
La diffusione del part-time e le condizioni istituzionali che lo hanno favorito o ostacolato sono,
tuttavia, disomogenee nei paesi europei, caratterizzati da aspetti comuni e elementi di continuità
da un lato, differenze e fattori in controtendenza dall’altro.
La descrizione che mi appresto a esporre nelle pagine seguenti è incentrata sulla trattazione del
part-time e del contratto a termine da diverse angolature, ora privilegiando un taglio economico,
ora quello giuridico, focalizzandomi sull’Italia ma senza mai distogliere lo sguardo dallo
scenario europeo, e del contratto a tempo determinato la cui comparazione con i paesi europei
evidenzia come tale istituto riguarda soprattutto le donne che in 17 paesi membri su 25 supera
la quota degli uomini a tempo determinato.
Dapprima analizzo l’evoluzione normativa del contratto part-time e del contratto a tempo
determinato fra flessibilità e tutela in Italia e nei diversi ordinamenti europei alla luce del
contributo dato dalla strategia europea per l’occupazione (SEO)
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e dagli accordi di Lisbona
4
in
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In seguito all'inserimento del nuovo capitolo "Occupazione" nel trattato dell'Unione europea (UE) nel 1997, i capi
di Stato e di governo avviano la strategia europea per l'occupazione (SEO) nel corso del vertice europeo
sull'occupazione di Lussemburgo al fine di coordinare le politiche nazionali in materia di occupazione. La SEO
istituisce un quadro di sorveglianza multilaterale che esorta gli Stati membri ad attuare delle politiche più efficaci
in questo settore. Essa agisce in particolare sulla capacità di inserimento professionale, l'imprenditorialità, la
capacità di adattamento e le pari opportunità a livello del mercato del lavoro europeo.
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La Strategia europea per l'occupazione (SEO) è stata avviata dal Consiglio straordinario sull'occupazione di
Lussemburgo nel novembre del 1997, per mettere in atto quanto disposto dal Trattato di Amsterdam che, per la
prima volta, ha inserito formalmente gli interventi per il lavoro tra le priorità dell'azione comunitaria. Utilizzando il
metodo del coordinamento aperto la SEO impegna l'Unione europea ed i Paesi membri a definire e realizzare un
insieme di politiche, che inizialmente sono state articolate in quattro obiettivi fondamentali (i cosiddetti pilastri
SEO): occupabilità (accrescere le capacità di trovare lavoro), imprenditorialità (sviluppare lo spirito
imprenditoriale), adattabilità ( favorire l’adeguamento ai mutamenti del mercato del lavoro), pari opportunità
(rafforzare le politiche di uguaglianza delle opportunità per tutti). Si è quindi stabilito un iter di programmazione e
verifica delle politiche per l'occupazione, definito processo di Lussemburgo in base al quale gli Stati sono chiamati
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un’ottica di europeizzazione delle politiche nazionali del lavoro.
Successivamente, sempre in una visione comparata, analizzo la composizione e le caratteristiche
dell’offerta di lavoro part-time e a tempo determinato con particolare attenzione alla dimensione
territoriale, al genere, alla posizione professionale dei lavoratori e al settore economico di
appartenenza. Quale conclusione di tale percorso presento un’analisi dei più significativi
contratti aziendali part-time stipulati in Italia.
a pianificare misure di lotta alla disoccupazione in linea con gli orientamenti indicati a livello comunitario e a darne
conto alla Commissione europea, la quale valuta le attività svolte e i risultati conseguiti, fornendo poi delle
raccomandazioni specifiche.
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Nel marzo del 2000 si è tenuto a Lisbona un Consiglio europeo per favorire l'occupazione, lo sviluppo economico
e la coesione sociale nel contesto di un'economia fondata sulla conoscenza, strettamente connessa alla SEO, e non
solo, si è così avviata una strategia che mira a fare dell'Unione europea l'economia più competitiva e dinamica al
mondo, in grado di coniugare la crescita con nuovi e migliori posti di lavoro. La strategia di Lisbona è incentrata
sulla realizzazione di obiettivi concreti, da realizzare entro il 2010: raggiungere un tasso medio di crescita
economica del 3% circa; portare il tasso di occupazione al 70%; far arrivare il tasso di occupazione femminile al
60%.
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2. REGOLAMENTAZIONE DEL CONTRATTO A TEMPO PARZIALE E DEL
CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO
2.1 Il contratto di lavoro a tempo parziale
Dal punto di vista delle tipologie negoziali, il contratto di lavoro a tempo parziale rappresenta la
tipologia principale di modulazione dell’orario di lavoro quale strumento attraverso la
conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro, alla lotta contro le discriminazioni indirette
nei confronti delle donne.
Il contratto di lavoro a tempo parziale è stato oggetto, in questi ultimi anni, di molteplici
interventi normativi volti a valorizzarne le potenzialità in termini di strumento di adattabilità
degli interessi dei lavoratori e delle imprese. La disciplina del rapporto di lavoro a tempo
parziale, che si intende l’orario di lavoro fissato dal contratto individuale inferiore all’orario
normale di lavoro, è contenuta nel Decreto Legislativo 25 febbraio 2000, n. 61 "Attuazione della
direttiva 97/81/CE
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relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso
dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES
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" con cui si è proceduto alla trasposizione nel nostro
ordinamento della direttiva europea n. 97/81/CE. La direttiva oltre a fornire una definizione di
“lavoratore a tempo parziale” e di “lavoratore a tempo pieno” si prefiggeva quali principali
obiettivi di politica sociale, di prevenire qualsiasi forma di discriminazione nei confronti dei
lavoratori part-time e agevolare lo sviluppo di tale tipologia contrattuale su basa volontaria,
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Adottata dal Consiglio CE il 15 dicembre 1997, pubblicata in GUCE L 14 del 20-1-1998, è stata modificata dalla
direttiva 7-4-1998 n. 98\23CE (in GUCE L 131 del 5-5-1998), per estenderne l’applicazione anche al Regno Unito.
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CES (Confederazione europea dei sindacati), UNICE (Unione delle confederazioni delle industrie della Comunità
europea), CEEP (Centro europeo dell'impresa a partecipazione pubblica)
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invitando gli Stati membri e le parti sociali ad individuare ed eliminare gli ostacoli di natura
giuridica ed amministrativa suscettibili di limitare le opportunità di lavoro part-time. Dalla
lettura delle clausole della direttiva comunitaria si evince che:
- il principio di non discriminazione costituisce l’unico vincolo al potere legislativo e
all’autonomia collettiva degli Stati membri, altrimenti liberi di cercare le soluzioni più
adeguate a realizzare gli scopi indicati dalla direttiva stessa;
- la promozione del modello “volontario” di contratto part-time, è subordinato all’ampia
discrezionalità degli Stati membri di conformarsi o meno , previsione che richiede che non
vengano in ogni caso pregiudicati i principi di non discriminazione e del libero consenso;
- i datori di lavoro vengano solo “invitati” a prendere in considerazione la possibilità di
mettere in atto misure finalizzate a facilitare l’accesso al part-time.
Il d.lgs. n. 61/2000 dopo aver individuato in linea generale gli elementi qualificanti del rapporto
a tempo parziale ne specifica le varie tipologie:
ξ part-time orizzontale: rapporto di lavoro in cui la riduzione di orario rispetto al tempo
pieno è prevista in relazione all’orario normale giornaliero di lavoro;
ξ part-time verticale: rapporto in cui l’attività lavorativa si svolge a tempo pieno, ma
limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno;
ξ part-time misto: rapporto risultante dalla combinazione delle due modalità sopra indicate
e dunque, caratterizzato da una riduzione dell’orario normale giornaliero ma con punte
verticali in alcuni giorni della settimana, del mese o dell’anno.
Il Legislatore italiano, adottando il Decreto Legislativo n. 61 del 25.2.2000, di recepimento della
direttiva UE n. 81/1997, (in ritardo nell’attivazione di questa normativa, rispetto ad altri paesi
europei), ha rivisitato organicamente il rapporto di lavoro part-time, unanimemente considerato
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un utile strumento di flessibilizzazione e promozione dei livelli occupazionali, in termini
innovativi rispetto a quanto previsto all’art. 5 della Legge 19 dicembre 1984, n. 863 “Misure
urgenti a sostegno e ad incremento dei livelli occupazionali”.
La riforma dell’istituto in esame si è resa necessaria per l’acquisita consapevolezza della natura
eccessivamente limitativa dell’impianto contenuto nella precedente disciplina; in particolare, era
la rigidità della distribuzione dell’orario di lavoro a non permettere di soddisfare le complesse
esigenze imprenditoriali, connesse ai multiformi cicli produttivi, ai picchi della domanda di
servizi, ai problemi di gestione del personale in malattia o in permesso.
Con il decreto n. 61, il Legislatore ha, pertanto, introdotto o, rectius legittimato, alcuni
strumenti funzionali alla flessibilizzazione del rapporto di lavoro.
In proposito assumono particolare rilevanza: 1) le così dette "clausole elastiche", per modulare
più liberamente i turni di lavoro; 2) il "lavoro supplementare", per consentire che le prestazioni
dei dipendenti possano articolarsi su archi temporali superiori rispetto a quanto concordato nei
contratti stipulati.
Quanto al primo aspetto, la L. n. 863/1984 prevedeva che nel contratto di lavoro a tempo
parziale dovesse essere chiaramente indicata la durata della prestazione e la distribuzione
dell’orario di lavoro, vietando così al datore, salva diversa previsione nei contratti collettivi o in
quelli aziendali, di apportare variazioni all’orario durante l’esecuzione del rapporto.
Con il Decreto n. 61, invece, ferma l’obbligatorietà dell’indicazione specifica in merito alla
distribuzione temporale dell’orario di lavoro, il Legislatore ha legittimato la contrattazione
collettiva – in cui siano intervenuti i sindacati comparativamente più rappresentativi – ad
apportare modifiche alla distribuzione dell’orario originario, in presenza dell’esplicita e formale
accettazione del lavoratore, del rispetto dell’obbligo del datore di comunicare la diversa
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distribuzione della prestazione lavorativa dell’orario con un preavviso non inferiore a dieci
giorni ( ridotto a 48 ore con il successivo decreto legislativo n. 100/2001).
A tutela delle proprie legittime esigenze, il lavoratore, motivando adeguatamente la propria
richiesta, può esercitare il diritto di ripensamento e chiedere il ripristino della collocazione
originaria dell’orario. In questo caso, il lavoratore è legittimato a denunciare il patto di elasticità
al datore solo dopo che siano trascorsi cinque mesi dall’accettazione delle clausole suddette e,
decorso questo periodo, può comunicare il proprio ripensamento con almeno un mese di
preavviso. Con esclusivo riferimento all’ipotesi giustificativa connessa allo svolgimento di
un’altra attività lavorativa subordinata o autonoma, l’esercizio del diritto di ripensamento può
anche rimanere assoggettato ad un termine maggiore; in questo caso, però, al lavoratore è
riconosciuta contestualmente la corresponsione di una congrua indennità.
Altra rilevante novità concerne il lavoro supplementare (relativo alle ore di lavoro comprese tra
l’orario part-time concordato e il tetto legale del lavoro a tempo pieno); questa articolazione
dell’orario di lavoro, prima vietata – salva specifica previsione nei contratti collettivi , con il
Decreto n. 61, sempre che sussista il pertinente consenso informato del lavoratore, è stata
definitivamente ammessa.
In attuazione del principio di volontarietà, il rifiuto del lavoratore di prestare lavoro
supplementare – come anche previsto per le clausole elastiche – non potrà integrare gli estremi
del giustificato motivo di licenziamento.
La disciplina relativa alla trasformazione del rapporto di lavoro originariamente sottoscritto con
il datore di lavoro è stata in parte riformulata. Qualora, in azienda, si proceda a nuove
assunzioni a tempo pieno per mansioni identiche o equivalenti, il part - timer interno, anche
qualora abbia precedentemente trasformato il proprio contratto a tempo pieno, avrà un diritto di