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INTRODUZIONE
Stanley Kubrick, artista visionario che sposando il cinema come mezzo di espressione, ha aperto
una porta nuova nella storia della cinematografia, una porta non spalancata ma socchiusa per
consentire al suo pubblico di sbirciare all’interno di ognuno dei suoi film e scoprire volta per volta
tracce della società contemporanea. Tratti salienti e costanti nelle sue opere sono la paradossalità
dell’intreccio narrativo e la sua progressiva dissoluzione, la presenza pervasiva di un paradosso
fondante anche ad altri livelli del testo filmico, da quello figurativo a quello “meta comunicativo”,
la crisi della razionalità quale modello di controllo delle azioni umane e di organizzazione sociale,
col conseguente sopravvento della dimensione pulsionale, istintiva, regressiva, psicotica e violenta.
L’analisi che sarà affrontata nei capitoli successivi parte da un punto di vista puramente estetico
qual è un singolo fotogramma o frame, per studiarne, o meglio percepirne i fenomeni di
significazione e comunicazione. Per significazione si intende ogni relazione che lega qualcosa di
materialmente presente (l’immagine stessa) a qualcos’altro di assente, perciò lo studio approfondito
dei segni che si manifestano nell’immagine filmica. Stanley Kubrick nasce il 26 luglio 1928 a New
York, nel quartiere del Bronx da una famiglia ebrea di origini mitteleuropee. Ha tredici anni quando
suo padre gli regala la sua prima macchina fotografica (Graphlex), e da questo punto in poi, inizierà
il suo viaggio che lo porterà, a sviluppare sempre di piø, la sua sensibilità visiva. Quattro anni dopo,
venderà la sua prima fotografia alla rivista “Look” che lo assumerà subito come reporter.
A soli ventuno anni (1951) produrrà il suo primo cortometraggio-documentario, Day of the
Flight, con un minimo budget (3900 dollari). Successivamente nasceranno altri due cortometraggi,
Flying Padre e The Seafarers. Il suo primo lungometraggio sarà “Paura e desiderio” (Fear and
Desire) del 1953, è un film completamente autoprodotto, considerato dallo stesso Kubrick poco piø
che l'esercizio di uno studente di cinema. Già in questo suo primo film sono anticipati alcuni temi
che il regista svilupperà nelle sue opere successive, cioè l’attrazione per la guerra ed i suoi drammi
e la critica alla violenza. In seguito uscirà, “Il bacio dell’assassino” (Killer's Kiss) del 1955,
“Rapina a mano armata” (The Killing) del 1956, “Orizzonti di gloria” (Paths of Glory) del 1957,
film che gli consentiranno di farsi conoscere e di essere chiamato da Kirk Douglas (produttore e
attore del film) per la regia di “Spartacus” del 1960. Il film ebbe un grande successo, vinse quattro
premi Oscar, ma fra Kubrick e Douglas nacque una situazione di lenta competizione fredda, che alla
fine lasciò Kubrick privo di qualsiasi entusiasmo per l'opera realizzata, al punto da quasi
sconfessarne la paternità una volta terminata. Nonostante ciò, è da quest’ultima pellicola che nacque
“Stanley Kubrick”, infatti, subito dopo, intuì che doveva iniziare una nuova era cinematografica,
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stanco di dover seguire le pretese di tecnici o finanziatori di qualsivoglia genere, decise di creare
non dei film ma delle vere e proprie opere d’arte cinematografiche. Pretese sceneggiature non
originali ed acquistò i diritti di autori anche non molto conosciuti, ma che potessero consentirgli di
sviscerare la psiche umana, andando a sfiorare corde misteriose dell’inconscio e della visione.
L’analisi semiotica sarà affrontata a partire da questi suoi capolavori, poichØ è in essi che prende
vita la sua “Opera”: Lolita, Il dottor Stranamore: ovvero come imparai a non preoccuparmi e ad
amare la bomba, 2001: Odissea nello spazio, Arancia meccanica, Barry Lyndon, Shining, Full
Metal Jacket, Eyes Wide Shut. Negli anni sessanta si è sviluppata particolarmente, in Francia e in
Italia, una grande discussione sul carattere comunicativo del cinema. Alcuni studiosi hanno fondato
la loro ricerca sul fatto che nel cinema interagiscono diversi codici, che si condizionano
reciprocamente alla stesura e nell’attualizzazione del testo cinematografico. La semiotica del
cinema ha allora cercato di utilizzare quegli strumenti che, a titoli diversi e in quadri di ricerca
altrettanto diversi, consentono di analizzare i testi narrativi. L‘analisi semiotica del cinema
privilegia diversi aspetti come le inquadrature, il montaggio, la messa in scena, la rappresentazione
dello spazio e del tempo cinematografico, il punto di vista, l’enunciazione, i significati nascosti o
manifesti di determinate immagini o scene. Umberto Eco, grande studioso di semiotica, riconosce
due domini della disciplina semiotica: una teoria dei codici, dove tutto ruota attorno alla funzione
segnica, e una teoria della produzione segnica. Per definire il codice Eco fa un esempio molto
semplice, egli immagina cioè, un bacino collocato a monte, chiuso da due montagne e regolato da
una diga, in cui una serie di segnali elettrici indicano lo stato dell'acqua e richiedono le risposte di
colui che è demandato a controllarli, dunque la combinazione di questi segnali elettrici può dar vita
a diversi significati (livello critico, livello insufficiente, ecc...) che costituiranno, appunto, dei
codici. Egli afferma che: “Un segno è un'entità astratta, è il luogo d'incontro di elementi
mutuamente indipendenti”, dunque i segni sono risultati provvisori di regole di codifica e vanno a
stabilire delle correlazioni transitorie, poichØ ciascun elemento può contrarre funzione segnica con
altri elementi. Vi auguro che questo viaggio nel campo del segno e dei suoi significati nell’opera di
Stanley Kubrick, possa far nascere un pensiero nuovo, cioè rendere giustizia alla forza
dell’immagine, abbandonando l’abuso che ogni giorno se ne fa per fini pubblicitari, o persuasivi, e
riprendendo in mano la sua forza comunicativa dal punto di vista artistico. La fotografia, la musica,
la letteratura, sono le basi su cui è nato il cinema di conseguenza il cinema è divulgatore di “Arte” e “Cultura”.
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Di sicuro, ci sarà sempre chi guarderà solo la
tecnica e si chiederà “come”, mentre altri di natura
più curiosa si chiederanno “perché”.
(Man Ray)
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PARTE 1: ANALISI DELLE OPERE
LOLITA
Scheda
Titolo originale: Lolita
Paese: Gran Bretagna
Anno: 1962
Durata: 153 minuti
Soggetto: Vladimir Vladimirovic Nabokov (romanzo)
Lo-li-ta. Il suono della parola ha molto a che vedere con la personalità sfaccettata della
ragazzina che farà innamorare al limite della follia il professor Humbert Humbert, un nome
tautologico ridondante, ma che riesce a dare enfasi ad una personalità risoluta e nello stesso tempo
fragile. Il film inizia con un il dettaglio di un piede sinistro femminile e delle mani intente a
stendere lo smalto sulle sue unghie (Frame 1). Fin dal passato i piedi esprimono potere e sensualità:
nell'antica Roma era compito degli schiavi lavare i piedi delle loro padrone, così come nella storia
tra molti popoli i sovrani erano soliti farsi baciare i piedi dai propri sudditi in segno di supremazia;
nella Bibbia diventa segno di umiltà quando Maria Maddalena massaggia con olio di Nardo i piedi
di Cristo e poi li asciuga con i suoi capelli; nella storia antica cinese, il sole, il piø importante
simbolo yang, era spesso rappresentato da un piede. Il feticismo del piede è uno dei tanti aspetti
della sessualità umana, e molto spesso questo tipo di piacere sessuale si manifesta in persone che
esprimono la propria sessualità nella forma della sottomissione (in molti film di Quentin Tarantino è
evidente il suo feticismo per i piedi). Ad ogni modo sembra quasi che questa immagine sia il
simbolo di gran parte del film, il simbolo di una sottomissione da parte del maturo professore nei
confronti della dodicenne Lolita. Dopo questa inquadratura, la m.c.p. (macchina da presa) inizia ad
inseguire una vettura bianca che sosterà in un piccolo castello, l’associazione con l’opera di Orson
Welles, “Quarto potere” (Citizen Kane) viene quasi naturale, e verrà confermata da molte analogie.
L’inquadratura si sposta nell’interno della casa (Frame 2), una casa in completo trambusto, con
bottiglie, bicchieri, scatole, quadri, statue, libri, un’arpa e una coppa (come in Citizen Kane), un
tavolo da ping pong, armadi e poltrone coperti da teli bianchi, come se qualcuno si fosse appena
insediato e durante il trasloco gli fosse successo qualcosa di brutto, tanto da dover fermare
drasticamente l’assetto della casa, e farlo cadere in un oblio di alcool e solitudine. Quando il
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professor Humbert (James Mason) inizia a chiamare un certo Quilty (Peter Sellers), e ad un certo
punto sbuca da sotto un telo un uomo “apparentemente” alticcio (Frame 3) che dice di non essere
Quilty ma bensì “Spartaco” chiedendo al professore se fosse venuto per caso a liberare gli schiavi
(in questa scena Kubrick cita se stesso, poichØ due anni prima fu lui a dirigere il film Spartacus).
Subito dopo ammette di essere la persona che cercava, afferrando il telo bianco che lo
nascondeva, come la toga di un senatore romano. Iniziano una fantomatica partita di “ping pong
romano”, interessanti sono i primi piani che vengono fatti dal basso al signor Quilty (Frame 4),
quasi a studiarne le reazioni. La grande scoperta di Kubrick in Lolita è la psicoanalisi, che gli
consentirà di dar inizio alla sua poetica riflessiva. Il signor Quilty è il vero protagonista occulto del
film, l’ombra di Humbert, “con i suoi misteriosi ritorni sotto spoglie diverse, diventa una
incarnazione del motivo freudiano del Perturbante”. Appena il professor Humbert pronuncerà il
nome Lolita, il signor Quilty che poco tempo prima farneticava, ha come un sussulto, un attimo di
coscienza, e dice di ricordare quel nome. Il professore gli punta una pistola in faccia, entrambi si
siedono e Humbert invita Quilty a pensare a cosa aveva fatto in passato e cosa gli sarebbe accaduto
in quel momento (Frame 5), gli passa una lettera che chiama la sua sentenza di morte, ma Quilty
non riesce a leggerla con serietà, allora il professore sparerà diverse volte, con il primo colpo prende
in pieno un guantone che Quilty si era un momento prima infilato, con il secondo colpo prende
invece la gamba di Quilty, che strisciante sul pavimento, finirà dietro un ritratto di Lady Hamilton,
dove sarà ucciso (Frame 6). Come in Citizen Kane, l’inizio coincide con la fine: la morte di Kane,
la morte di Quilty. Dopo questo antefatto, inizia la storia di quest’uomo, l’inglese Humbert
Humbert che quattro anni prima, per poter fare alcune conferenze nell’Ohio, decise di cercare un
alloggio per l’estate in una tranquilla cittadina americana. Una certa Charlotte Haze (Shelley
Winters) gli mostra la sua casa cercando di convincerlo a pernottare, ma l’uomo pare molto
infastidito da lei, guarda spesso l’orologio, non vede l’ora di rifiutare l’offerta e andare via, fino a
quando la padrona di casa non lo invita a guardare il suo “giardino” (Frame 7).
¨ da questo momento in poi, basta osservare lo sguardo di Humbert, per comprendere tutto
(Frame 8), si sente profondamente attratto dalla figlia della signora Haze, Lolita (Sue Lyon), che
sdraiata sull’erba, con un bikini e un paio di occhiali da sole, ascolta musica alla radio e osserva la
scena. Sandro Bernardi paragona Lolita, personalità singolare e generica, ad un altro personaggio
creato da Kubrick: il monolito. «Mi riferisco appunto all’immagine del monolito nero, dell’oggetto-
specchio, che non solo ha fatto di sØ favoleggiare gli interpreti, ma che soprattutto ha trasformato gli
spettatori stessi in interpreti, svelando il principio fondamentale che l’attività ermeneutica sta alla
base di ogni processo percettivo e conoscitivo e che quindi tutto è, prima di tutto, interpretazione
1
»
.
1
Bernardi S., Kubrick e il cinema come arte del visibile, Il Castoro 2000, Milano
8
L’immagine di Lolita è l’immagine di una Venere del ‘900, una “ninfetta” che sul suo corpo
sensuale porta con se l’unificazione degli opposti: il bene e il male, l’attrazione e la paura. Humbert
ormai completamente ammaliato dalla ninfetta accetta di soggiornare nella casa (Frame 9). Lolita
appare per una seconda volta in primo piano, si toglie gli occhiali e guarda verso Humbert, ed è in
questo istante che ci sarà lo stacco piø duro di tutto il film, infatti, improvvisamente appare il volto
del mostro di Frankestein (La vendetta di Frankestein – 1958, di Terence Fisher) che si toglie le
bende e guarda nella stessa direzione dello sguardo di Lolita. (Frame 10-11). Qui il montaggio
presenta per l’ennesima volta un “conflitto” di inquadrature (Ejzenstejn insegna), infatti anche nella
scena della morte di Quilty, nell’antefatto, si era sovrapposto il ritratto dipinto di Lady Hamilton.
L’immagine del mostro forse è l’altra faccia della medaglia, cosa si nasconde dietro il volto
angelico di Lolita, una parte della sua personalità, o forse è il volto di Humbert visto dagli occhi di
Lolita? Molto spesso lo studio semiotico non da risposte concrete, ma formula domande plausibili,
possibilità di interpretazioni differenti. Questo salto visivo viene subito recuperato dalla rivelazione
narrativa sulla soggettiva dei tre personaggi, Humbert, Lolita e Charlotte che si trovano in un drive-
in (Frame 12). Molto significativo è il particolare delle mani di Lolita e Charlotte che cercano il
contatto con il corpo di Humbert, dovuto a piccoli sobbalzi di paura, ma Humbert soddisferà solo
una, appoggiando le sue mani su quella di Lolita, e pare già da ora che la madre inizi a provare un
po’ di gelosia nei confronti della figlia (Frame 13). Lo stacco successivo porta su una partita a
scacchi tra Charlotte e Humbert, “Voleva mangiarmi la regina” Humbert risponde
«
Era quella la
mia intenzione”, improvvisamente si presenta Lolita che da la buonanotte ai due giocatori,
baciandoli entrambi (Frame 14), Humbert avverte una strana sensazione di torpore quando gli si
avvicina e lo bacia, rimane confuso ma appagato, si mangia la regina di Charlotte “Non è stata una
mossa molto abile la sua… doveva accadere prima o poi
»
. Come in biologia una “regina” è l'unico
insetto femmina di una colonia, che è fertile e in grado di deporre uova, così per gli scacchi è un
pezzo molto importante e utile per vincere la partita, la regina è la metafora di Lolita, e Humbert
gioca una partita con la madre con il solo obiettivo di mangiarsela, non è un caso che Kubrick non
abbia fatto vedere uno scacco matto al re, cosa che sarebbe stata piø comune.
Le giornate nella casa trascorrono tranquille, con Humbert che osserva Lolita continuamente,
osserva il suo corpo e i suoi comportamenti (Frame 15-16),
«
Potrà guardare, guardare…le piace
guardare?
»
gli disse Quilty prima di essere sparato. Humbert prova per Lolita un amore ossessivo,
totalizzante e anche devastante, poichØ come è scritto nel libro di Nabokov, lui per tutta la vita ha
cercato di ripetere e ritrovare un amore che aveva interrotto sul nascere quand’era ragazzino: un
amore che avrebbe avuto una fine precoce. La scena successiva ci porta al ballo della scuola di
Lolita dove Humebert fa la conoscenza di Jean e John Farlow, amici di Charlotte, una coppia
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sposata ma di “vedute estremamente larghe”. Nel frattempo che Humbert continua a guardare in
modo ossessivo Lolita che balla con un giovane (Frame 17), ecco spuntare una coppia molto
altezzosa e misteriosa (Frame 18), sono Clare Quilty e la compagna inquietante Vivian Darkbloom
(Marianne Stone), donna ombra di Quilty, come Quilty sarà l’ombra di Humbert. Charlotte si
avvicina a Quilty, danza un attimo con lui e poi lo osanna di complimenti, ricordandogli il periodo
in cui si presentò al suo club letterario ed eseguì una conferenza, ma lui sembra non ricordare
(Frame 19). Solo quando la donna gli sussurra qualcosa all’orecchio pensa di ricordarsi qualcosa, di
una certa Lolita. Quilty rappresenta l'aspetto ilare, isterico di quella stessa crisi della personalità e
dell'identità che in Humbert appare nel suo aspetto piø ripiegato e ombroso, è uno scrittore che
lavora in televisione, è un uomo smemorato o un uomo dalle mille facce? Chi è Quilty? La festa
finisce prima del previsto, perchØ Charlotte è intenzionata a preparare una cena intima con il
professor Humbert, visto anche l’assenza di Lolita, che sarà ospitata per la notte a casa dei Farlow.
Il professore cerca di dileguarsi in tutti i modi da quella cenetta romantica, e sembra
preoccuparsi molto della figlia di Charlotte, Lolita, che dormirà la notte dai Farlow, nascondendosi
dietro le spoglie di un padre eccessivamente premuroso, ma che effettivamente si trattava di gelosia
e angoscioso bisogno di vederla. Per sua fortuna Lolita torna prima a casa, improvvisamente si
presenta alle spalle dei personaggi scaturendo la gioia di Humbert e la rabbia della madre (Frame
20-21-22). Charlotte è una donna alla ricerca di un uomo che possa sostituire il suo dolce marito, di
cui conserva le spoglie in camera da letto, è una donna che vuole sentirsi giovane e nutre una certa
gelosia per la giovinezza di sua figlia, una gelosia che esplode con l’avvento di Humbert nella casa:
il pianto in cui cade dopo il rifiuto di passare la serata con lei da parte di Humbert, causa il suo “mal
di denti”, è sintomo di una solitudine profonda, che la porta ad odiare la figlia, ma nello stesso
tempo odiare se stessa. “Quel che mi fa impazzire è la duplice natura di questa ninfetta, di ogni
ninfetta forse, il miscuglio nella mia Lolita di una tenera e sognante puerilità e una specie di strana
volgarità, so che è una pazzia tenere questo diario, ma provo uno strano senso di eccitamento nello
scriverlo…” Queste sono le parole che Humbert, tramite il narratore che è se stesso, rivela nello
scrivere il suo diario segreto. La mattina Lolita sta facendo colazione e Charlotte, sempre vestita
con un abbigliamento leopardato (stile Bettie Page, icona sexy degli anni 50), richiama la figlia a
sistemare la sua posizione a tavola « Signorina in questa casa non si mangia con la tavola sui
gomiti, con i gomiti sulla tavola… » Come asserisce Sigmund Freud, lo sbagliare, il dimenticarsi,
sono prodotti dell'interferenza dell'inconscio sulle intenzioni consce e possono guidare, al di là della
loro apparenza falsamente innocente e casuale, alla scoperta di ciò che la coscienza, quando è
pienamente vigile, tende a rimuovere. Essi trovano la loro spiegazione in pulsioni respinte,
in “desideri rimossi” dell'inconscio, ma non cancellati. Dopo aver comandato la figlia di fare i piatti
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e rifarsi il letto, perchØ non ha piø nessuna voglia di servirla, Lolita si lascia scappare un ghigno
infantile (Frame 23) che riporta la ninfetta su un piano immaturo e maligno, allontanando l’aurea
erotica che l’avevano avvolta le confessioni di Humbert. Lolita porta la colazione al professor
Humbert, dicendogli di non dire alla madre che salendo le scale si era rubata il suo bacon dal piatto,
ennesima conferma infantile, accennando anche un altro piccolo ghigno. Lolita gli chiede cosa
stesse scrivendo, lui risponde che scrive poesie, e decide di leggerle la sua poesia preferita (Frame 24):
“Era la sera di un umido ottobre.
Cominciava appena a imbrunire.
C'era uno scafo nel lago Auber
nella fosca regione di Weir.
Là io baciai Psiche la bella
della luna al pallido lume.
Il cammino seguii di un stella
ma giungemmo alle rive di un fiume
e le chiesi: Che vedi, sorella?
Lei rispose: Ulalume, Ulalume!”
Edgar Allan Poe (1809 - 1849)
Il protagonista della poesia si trova a passeggiare in un bosco e a parlare con Psiche, che
rappresenta i suoi pensieri piø nascosti, finchØ non si imbatte in una tomba. ¨ la tomba del suo
amore, Ulalume, morta un anno prima, in un giorno come quello. “Ulalume”, proprio come la
perduta Lenora di “The Raven”, non abbandona le tristi fantasie del poeta, così come il ricordo della
moglie morta continuò a perseguitare nella vita reale i pensieri di Edgar Allan Poe. Il cibo è
strettamente legato al piacere, l'appagamento del gusto, non risponde solo alla necessità del
nutrimento, ma appaga anche i sensi e ci dona benessere. Per mangiare bisogna vedere, annusare,
toccare, introdurre in bocca, leccare, masticare, ingoiare, fasi in cui si riproduce l'atto sessuale, in
quanto ciò, l’atto di imboccare è un atto esplicito legato al corteggiamento (Frame 25). Charlotte
dopo aver parlato al telefono con l’amica Jeane Farlow, richiama Lolita e l’avvisa che tra poco
sarebbe dovuta andare con lei dai Farlow, Lolita gli fa il gesto di un saluto nazista (Frame 26).
Il saluto simbolo della persecuzione ebrea, non è un caso, perchØ Charlotte decide di portare
Lolita in un campeggio estivo, per poter stare da sola con il suo Humbert, un po’ come i nazisti
decisero di eliminare gli ebrei portandoli nei campi di sterminio, una similitudine un po’ forzata ma
molto pertinente. Interessante studiare la reazione di Humbert, quando Charlotte gli riferisce della
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decisione presa, di portare Lolita insieme a Mary Farlow, figlia dei Farlow, ad un campeggio estivo
per l’estate (Frame 27). Si può notare come Humbert abbia le labbra leggermente aperte, segno di
stupore e le mani intrecciate, sintomo di frustrazione e malumore. Humbert sente per un attimo
tornare il suo mal di denti, forse dovuto al nervosismo, o forse per la seconda volta, falso pretesto
per dileguarsi da Charlotte. Quando al mattino seguente Humbert si sveglia osserva fuori dalla
finestra, e prende coscienza che non era un incubo ma era la realtà, Lolita stava andando via (Frame
28). Improvvisamente Lolita entra in casa e corre verso di lui, con un abbraccio intenso e fugace
degno di un Victor Fleming con “Via col vento” (Frame 29). “Non dimenticarmi” gli dice Lolita e
lui nella sua immensa sofferenza si sente impotente davanti a questa situazione, va nella stanza di
Lolita, si china sul suo letto, non messo in ordine, per sentire ancora una volta, il suo odore, la sua
presenza (Frame 30). Mentre è disteso sul letto di Lolita arriva la domestica che gli porta una lettera
d’amore di Charlotte, ed è qui che Humbert ha l’illuminazione (Frame 31), sottolineata da una risata
demoniaca, simile o identica alla risata della anziana signora nella stanza 237 del film Shining,
opera che sarà analizzata nei capitoli seguenti. Mentre Humbert è in estasi per il sacrilego pensiero
che gli era affiorato, la macchina da presa, stacca su un particolare della stanza di Lolita, un piccolo
poster di Clare Quilty che pubblicizza una marca di sigarette (Frame 32), ed ecco che l’ombra di
Humbert inizia a incombere continuamente nella sua vita. Humbert sposa Charlotte, vanno in luna
di miele, dormono insieme, come una famiglia “normale”, ma Humbert continua a scrivere il suo
diario segreto ricco di cospirazioni, di nascosto, in attesa del ritorno di Lolita. La storia fa un balzo
in avanti, quando una mattina Humbert si nasconde in bagno per scrivere il suo diario (Frame 33) e
Charlotte infastidita, riferisce al consorte che non ci devono essere segreti tra loro due, riferendogli
di sentirsi sola. Charlotte è una donna alla ricerca angosciosa della felicità, che non troverà mai, è
diventato un po’ il burattino di Humbert, e adesso è lei a sentirsi impotente come una bambina,
infatti da quando Lolita è assente dalla casa, il suo io infantile è potuto venir fuori indisturbato,
senza che le veci di mamma si contrapponessero. Quella mattina Charlotte mostra la pistola del
signor Haze, il suo defunto marito, a Humbert, sostenendo, che se scoprisse la reticenza di Humbert
nel credere in Dio, lei si sarebbe uccisa, sembra quasi in preda a un attimo di “luccicanza”. Humbert
ha una bottiglia di intruglio alcoolico sul comodino, che manda giø, ogni qualvolta deve
amoreggiare con la donna. Molte critiche sono insorse, all’epoca dell’uscita del film, sulla scena in
cui Humbert bacia fervidamente Charlotte sul letto e guarda la fotografia di Lolita (Frame 34-35).
Un messaggio molto forte, ma casto. La censura non permise a Kubrick di lavorare sereno
durante il set, infatti le scene piø spinte non furono riprese, per paura che il film non venisse
distribuito. Ma nonostante ciò riuscì a dare il senso di una situazione molto a limite, nella quale eros
e thanatos si incontrano e si affrontano continuamente. Quando Charlotte riferisce a Humbert di
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mandare Lolita in un collegio, lui inizia a allontanarsi da lei, dicendogli che una catena di pensieri
stava lavorando nella sua testa. Arriva una telefonata, è Lolita, che vuole ringraziare Humbert per
avergli fatto recapitare dei dolci. L’inquadratura che accompagna tutta questa scena, è rivelatoria,
perchØ mette in primo piano la pistola, che è appoggiata sul comodino, in secondo piano Humbert
che divaga nei suoi pensieri, forse architettando qualcosa di ambiguo, e sullo sfondo Charlotte che
inizia a guardare Humbert con occhi sospetti (Frame 36). Charlotte richiama Humbert dicendogli di
non inviare piø dei dolci alla figlia senza consultarla, cambia il clima nella casa, e questo
cambiamento lo si avverte anche nel clima al di fuori dalla casa, infatti scoppia un temporale.
“Anche nelle piø armoniose famiglie come la nostra non tutte le decisione sono prese dalla moglie,
specie quando il marito ha adempiuto ai suoi obblighi oltre i limiti del dovere…” Humbert gli
risponde con una frase lirica ma minacciosa. Charlotte esce dalla stanza e si sente il suono
dell’acqua della vasca, Humbert afferra la pistola che era sul comodino, la guarda, la studia e nota
che era carica, cosa strana, perchØ poco tempo prima Charlotte gli aveva ricordato di non essere
carica, quindi di non spaventarsi se la teneva davanti ai suoi occhi. La catena di pensieri che
tormentavano Humbert, prendono vita nel narratore, il narratore diventa il suo pensiero, che
immagina come svincolarsi dalle grinfie di un commissario dopo che, uccisa sua moglie, dovrà
dimostrare la sua innocenza attraverso la maschera di uno scherzo finito male.
Si avvicina alla porta del bagno con la pistola puntata (Frame 37), la logica della passione lo
trascina a fare l’omicidio, ma non trova la forza, Humbert ha un momento di lucidità, si ferma,
nasconde la pistola, entra nel bagno, e per sua sorpresa Charlotte non c’è (Frame 38). La ritrova a
leggere il suo diario, nel suo studio, così l’ira e il disprezzo si scatenano in Charlotte (Frame 39-40).
Mentre Humbert cerca di dare una spiegazione a Charlotte, lei si chiude nella sua stanza e inizia a
parlare con le ceneri del marito: “PerchØ mi sei dovuto morire?!...tu eri il simbolo dell’integrità,
come ci è nato quel piccolo mostro…ti prometto, ti prometto che in avvenire sarò piø saggia, che la
prossima volta troverò qualcuno di cui sarai molto fiero…”. Humbert è intento a preparare un
Martini a Charlotte, quando squilla il telefono, è una persona che lo avvisa che sua moglie è stata
investita da un’auto. Lui crede sia uno scherzo, ma all’improvviso, magicamente, la porta della villa
si apre (Frame 42), lui corre per chiuderla, ma osservando al di fuori scopre l’accaduto (Frame 43).
Lo ritroviamo in una vasca da bagno, perso nei suoi pensieri, e la famiglia Farlow che cerca di
consolarlo, anche se non pare turbato piø di tanto. Humbert decide di andare a prelevare Lolita dal
campeggio. Giunto al campeggio si insospettisce, di un certo Charlie, figlio della padrona del
campeggio, unico ragazzo in un campeggio femminile, e il timore che possa conoscere Lolita per un
momento lo assilla (Frame 44). Lolita e Humbert iniziano un viaggio verso una pseudo clinica,
dove Charlotte soggiorna per un problema di salute, bugia nata, per non raccontare a Lolita che la
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madre è morta. Durante il tragitto in macchina, Lolita confessa a Humbert di averlo tradito e di aver
notato in lui una carenza di affetto dovuta al fatto che non gli aveva neppure dato un bacio. Allora la
Lolita, provocatrice e ammaliatrice, è tornata a soppiantare l’aura infantile con cui l’avevamo
lasciata. Lo stacco visivo dopo l’ultima affermazione di Lolita è improvviso, quasi a farci provare la
stessa sensazione che prova Humbert nello stesso momento. Un istante dopo scopriamo di essere
finiti in un albergo, dove Quilty sempre accompagnato dalla sua signora, colloquia con il “Night
manager” M. Swine, inizia un discorso con lui convincendolo del fatto che quel lavoro per lui non
era adatto, il signr Swine infatti dice di essere stato un attore e si rende disponibile per una parte se
ne fosse stato necessario, dopotutto Quilty era un commediografo famoso. Quando i due si parlano
hanno uno sguardo molto ambiguo, sembra che si conoscano, o che stiano parlando in codice, di
certo non è un discorso tra due sconosciuti, il discorso diventa troppo intimo e con un tono troppo
pacato, il busto di entrambi e proteso in avanti. Edward Hall, studioso che ha elaborato una nuova
disciplina che si occupa del modo in cui l’uomo usa lo spazio attorno a sØ, di come reagisce ad esso,
e di come, può comunicare certi messaggi in linguaggio non verbale, definisce questo tipo di
distanza “zona intima”: la zona intima si estende all’incirca da 20 a 50 cm, è la distanza che si
mantiene con le persone con le quali si è in confidenza, i nostri familiari, gli amici piø cari.
Improvvisamente fanno il loro ingresso nell’albergo Lolita e il professor Humbert, i quali
chiedono alla reception una camera, sempre al signor Swine, e nel frattempo Quilti e consorte
ascoltano di nascosto la conversazione (Frame 45). Durante la prenotazione Humbert ribadisce il
fatto che da un momento all’altro potrebbe arrivare su moglie, per non destare sospetto, e il signor
Swine si vanta del fatto che l’albergo quella sera ospiterà il congresso della polizia dell’Ohio, poi
un attimo di silenzio seguito da un “Ah!” di Humbert. Arrivati nella stanza riporto testualmente un
pezzo del discorso di Humbert e Lolita:
«
Beh!
»
(Humbert)
«
Allora è qui…
»
(Lolita)
«
Vuoi dire…
»
(Humbert)
«
Si!
»
(Lolita)
«
Beh, sii,…però… vedi, io sono sicuro, sono sicuro che quelli di giø riusciranno senz’altro a
trovarci un lettino
»
(Humbert)
«
Un lettino?
»
(Lolita)
«
Si!
»
(Humbert)
«
Sei pazzo
»
(Lolita)
Alla parola “pazzo” lolita, distesa con l’addome sul letto, alza le gambe mostrando le scarpe con
il tacco, ritorna l’aspetto erotico feticista, per evidenziare la seconda natura di Lolita, e per dare un