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l’omologazione di titoli obbligazionari forniti di clausole, per quanto
attiene al rimborso del capitale, ritenute estranee al tipo obbligazione.
Si pone in evidenza come la netta separazione tra gli strumenti
finanziari tipici di cui le società dispongono per approvvigionarsi di
capitale - appunto, le azioni ed obbligazioni - si sia andata nel tempo
assottigliando per effetto della diffusione di strumenti che si collocano
in una posizione intermedia tra i due istituti in quanto contenenti
clausole dell’uno e dell’altro sì da creare un coacervo che è stato
definito come un continuum
1
in cui non sussiste più la separazione, che
in linea teorica è così netta e chiara, tra le due forme di finanziamento.
Si descrivono, poi, con riferimento all’argomento di cui ci si occupa,
gli elementi fondamentali della riforma del diritto societario del 2003.
Si analizzano, inoltre, le norme introdotte nel periodo successivo, nate
dall’esigenza – esplosa in occasione dei clamorosi scandali Cirio e
Parmalat – di approntare forme efficaci di tutela e di garanzia a favore
dei risparmiatori realizzando, a ben guardare, una certa discontinuità
rispetto all’indirizzo tendenzialmente permissivo dell’impianto
originario.
1
L’espressione è di ANGELICI C., La riforma delle società di capitali, Lezioni di diritto
commerciale CEDAM 2003. p. 59 riportata in CAVALLO BORGIA R., Commentario del codice
civile di Scialoja Branca, Tomo IV Società per azioni. Bologna-Roma 2005, nota n. 5 p.21.
5
Il capitolo successivo, il secondo, contiene una attenta disamina degli
articoli del codice civile - nel testo licenziato dalla riforma con le
successive modifiche di cui si è detto - che disciplinano gli elementi
più significativi del prestito obbligazionario (emissione, diritti degli
obbligazionisti, limiti all’emissione ed estinzione) avendo sempre
presente l’obiettivo di approfondire quegli aspetti delle norme che più
direttamente coinvolgono i titoli di debito oggetto del lavoro; si
presentano i diversi orientamenti della dottrina in ordine
all’interpretazione delle norme in parola senza mancare di evidenziare
le incertezze ed i dubbi che nascono dalla sovente non chiara
formulazione del testo degli articoli, in particolare del 2411.
Né aiuta, per l’identificazione della ratio di certe scelte operate dal
legislatore delegato - che si palesano, invero, incomprensibili -
l’analisi dei principi emergenti dalla legge delega rispetto ai quali, a
volte, sembra che il testo emanato dal Governo presenti, addirittura, un
contrasto.
Con riferimento ai limiti all’emissione di obbligazioni disciplinati
dall’art. 2412, significativamente estesi dalla riforma, si approfondisce,
in particolare, la funzione assegnata agli stessi, abbandonando (o
quantomeno non attribuendole più valenza primaria) la concezione –
6
diffusa prima della riforma – che affidava ai vincoli quantitativi
imposti dal codice civile in materia di emissione di obbligazioni
societarie (prima della riforma collocati nell’art. 2410) una funzione
prevalente di garanzia a tutela dei risparmiatori a valere sul capitale
sociale. L’attuale, diverso orientamento, oggi largamente condiviso,
attesta ai vincoli in parola l’obiettivo preminente di realizzare un
equilibrato rapporto tra capitale di rischio e capitale di debito. Tale
mutata qualificazione riveste notevole importanza ai fini della dibattito
in ordine alla riconduzione nell’alveo delle obbligazioni dei titoli
indicizzati e strutturati in linea capitale.
Nel capitolo 3 si propongono le posizioni più diffuse in dottrina in
ordine all’interpretazione dell’art. 2411, in particolare del terzo
comma, stante, come si è detto, la confusa enunciazione dello stesso,
riportando le tesi che, partendo sostanzialmente dal dettato letterale, ed
oggettivamente emergente, del terzo comma dell’art. 2411, conducono
all’inclusione, entro il disposto della norma, solo gli strumenti
finanziari che “condizionano i tempi e l’entità del rimborso del
capitale all’andamento economico della società” emittente con la
conseguente esclusione di quelli, pure indicizzati, ma sulla base di
parametri esterni e quindi estranei alle sorti della società emittente
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nonché gli orientamenti che tentano, faticosamente, di includere i titoli
in esame nell’ambito del codice civile.
Si ragiona, pertanto, sulle possibilità di inquadrare i titoli di debito
indicizzati e strutturati in linea capitale in base a parametri non
agganciati all’andamento della gestione economica della società
emittente, nell’alveo, invero estesissimo, degli strumenti finanziari
disciplinati al sesto comma dell’art. 2346 deducendone l’esclusione
per la mancanza, in essi, del carattere “partecipativo”, inteso come
attitudine a conferire al titolare diritti di natura amministrativa tramite i
quali, appunto, egli partecipa direttamente o indirettamente alla
gestione sociale ovvero, anche, di strumento che consente al titolare di
condividere con i soci i diritti patrimoniali tipici della partecipazione
azionaria quali, in primis, il diritto alla distribuzione degli utili.
Vengono criticate le posizioni che si ritengono più deboli formulando
talune proposte senza mancare di evidenziare le conseguenze, di non
poco rilievo, che deriverebbero dall’esclusione e cercando di valutare
in tal caso - stante la scarsezza di contributi dottrinari sull’argomento -
se comunque l’emissione dei titoli in parola possa considerarsi
legittima ancorché priva di regolamentazione.
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I capitoli 4 e 5 sono dedicati all’approfondimento dei tratti
caratteristici e delle diverse fattispecie di titoli, rispettivamente,
indicizzati e strutturati, chiarendo, nondimeno, che i secondi non sono
che una particolare tipologia dei primi.
Sia per i titoli indicizzati che per quelli strutturati viene,
preliminarmente, puntualizzato che gli stessi possono prevedere
l’indicizzazione tanto del rendimento quanto del capitale.
I titoli indicizzati nel rendimento – i quali, non v’è dubbio, ricadono
all’interno del profilo tipologico obbligazionario, in quanto
pienamente inquadrabili nell’ambito del dettato del secondo comma
dell’articolo 2411 – vengono esaminati con riguardo alle statuizioni
previste per essi dal comma in parola e quindi sia con riferimento alla
indicizzazione del parametro “tempo” sia, soprattutto, in quanto
largamente più diffuso, del parametro “entità” degli interessi. Si
esamina, inoltre, il requisito, che, per la verità, sembra essere l’unico
richiesto dalla norma, della “oggettività” del parametro di
indicizzazione. Tale elemento viene specificamente approfondito con
riguardo alle ipotesi, esplicitamente previste dalla norma, di
indicizzazione – in linea di interessi o di capitale – agganciata a
parametri interni (“all’andamento economico della società”)
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segnalando talune ipotesi che non si palesano rispondenti al dettato
normativo.
Le problematiche più intersssanti riguardano, tuttavia, i titoli
indicizzati e strutturati in linea capitale.
Si riparte, pertanto, dalle considerazioni svolte nei capitoli precedenti
dalle quali è emersa la sostanziale esclusione dei titoli in argomento
dall’ipotesi descritta al terzo comma dell’art. 2411 nel convincimento
che tale norma ne consente la riconducibilità ai soli strumenti
finanziari in cui l’indicizzazione del rimborso è agganciata a parametri
interni attinenti, quindi, all’andamento economico esclusivamente
della società emittente. Si verifica, quindi, se non sussistano le
condizioni per assoggettare i titoli in parola alla disciplina recata dal
codice civile in materia di obbligazioni dagli artt. 2410-2420ter
percorrendo un’altra via. Si prospettano a tal fine, due considerazioni
fra loro coordinate: la prima muove dall’assunto che attribuisce alle
fattispecie di titoli descritte dall’art. 2411 un valore non tassativo.
Ragionando in termini opposti, infatti, rimarrebbe esclusa dalla
disciplina codicistica un’ampissima congerie di titoli stante la
mancanza di una definizione esplicita e puntuale di obbligazione
nell’ambito codicistico. L’assoggettamento dei titoli non
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esplicitamente tipizzati dal codice civile può facilmente avvenire con
riferimento alla presenza nelle fattispecie in parola del requisito –
oltre, evidentemente, agli altri previsti per le obbligazioni (l’essere
titoli di massa ecc..) - del diritto indefettibile al rimborso del
tantundem. Tale elemento consente l’inquadramento nell’ambito
codicistico ed il conseguente assoggettamento alla disciplina ex artt.
2410-2420ter del codice civile di tutti quei titoli in cui si ravvisi la
certezza del rimborso della somma mutuata, intesa, questa, come
minimo necessario. In tale ottica si riesce a tipizzare anche una parte
dei titoli indicizzati caratterizzati da clausole che, seppure
condizionano l’entità del rimborso del capitale a parametri esterni,
garantiscono, in ogni caso la restituzione “almeno” di quanto mutuato
dal sottoscrittore.
Ben più difficile l’inquadramento dei titoli strutturati.
Si segnala come una parte della giurisprudenza relativamente recente,
ma, comunque, precedente alla riforma (Tribunale di Firenze del 30
maggio 2004) non abbia negato la riconducibilità di titoli strutturati,
segnatamente del tipo reverse convertible, alla fattispecie
obbligazionaria, pur riconoscendole caratteristiche a metà strada fra le
11
azioni e le obbligazioni in ciò mutando il precedente orientamento
manifestato negli anni ’80.
Chiarita la nozione generale dei titoli in questione emergente dalle
definizioni di tipo tecnico rilevate da documenti della Banca d’Italia e
della Consob, si è ritenuto di effettuare un’analisi delle tipologie più
diffuse che presentano caratteristiche piuttosto diversificate onde
verificare, alla luce degli elementi caratterizzanti l’archetipo legale
obbligazione, se sussista la possibilità di inquadrare in tale alveo
almeno alcune fattispecie.
L’esame svolto conduce, tuttavia, all’esclusione delle tipologie più
diffuse lasciando, pertanto, aperte le problematiche sollevate nel corso
del lavoro in ordine alla disciplina ad essi applicabile posto che la
conclusione dell’atipicità dei prodotti finanziari in parola, se non è
sinonimo di illegittimità (come parrebbe), non può condurre ad una
emissione dei titoli in questione totalmente priva di regole stante la
presenza, pure evidenziata, di norme, anche di rilievo penale, che
sanzionano la raccolta abusiva di risparmio tra il pubblico (art. 130
t.u.b.).
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1. LE OBBLIGAZIONI
1.1 Nozione
Le obbligazioni rappresentano lo strumento tipico e tradizionale per
mezzo del quale le società a ciò abilitate acquisiscono capitale di
credito per il finanziamento dell’attività di impresa attraverso la
raccolta diretta e diffusa tra il pubblico dei relativi mezzi finanziari
2
.
Il prestito obbligazionario si distingue dalle altre forme di ricorso al
credito per la peculiare e tipica struttura che caratterizza l’istituto,
derivante dal carattere unitario e convenzionalmente uniforme
dell’operazione di finanziamento: il prestito è, infatti, frazionato in
parti uguali ed omogenee idonee ad essere incorporate in altrettanti
titoli di credito fra loro fungibili
3
.
La definizione tecnico-giuridica tradizionalmente acquisita qualifica le
obbligazioni come titoli di credito che racchiudono la promessa di una
società di pagare al possessore, a scadenze prestabilite, un determinato
interesse sulla somma capitale indicata nel titolo e di restituire questa
2
MAFFEI ALBERTI A., Commentario breve al Diritto delle società, In Breviaria iuris fondati da
G. Cian e A. Trabucchi. 2007, p. 704, 705.
3
CAMPOBASSO G.F., Digesto delle Discipline Privatistiche – Sezione commerciale,
Obbligazioni di società. 1994. Obbligazioni di società, p. 280, 281
13
somma secondo un sistema prefissato di rimborso; esse documentano
un credito verso la società emittente, possono essere al portatore o
nominative, sono emesse in serie e attribuiscono ai possessori uguali
diritti e uguali doveri. Al pari delle azioni di società sono emesse in
massa e sono destinate al grande pubblico dei risparmiatori ma si
distinguono da quelle sotto un profilo sostanziale.
I diritti degli obbligazionisti sono di natura patrimoniale ed
amministrativa. Sotto il primo profilo essi si realizzano nel diritto alla
percezione di un interesse periodico prestabilito ed alla restituzione del
valore nominale del capitale alla scadenza. Tali diritti sono del tutto
autonomi rispetto ai risultati economici dell’attività sociale. I diritti di
natura amministrativa, ben più ridotti rispetto a quelli posti in capo agli
azionisti, sono correlati alla previsione - a tutela dell’interesse
collettivo degli obbligazionisti – di un’organizzazione di gruppo dotata
di propri organi ed investita di poteri che possono incidere sulle
posizioni individuali degli obbligazionisti stessi (artt. 2415, 2417).
Proprio la presenza di tali diritti di natura amministrativa distingue le
obbligazioni di società rispetto ai titoli similari del debito pubblico.
Sulla base di quanto finora esposto si può, quindi, affermare che, in
linea generale, colui che sottoscrive un titolo obbligazionario
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acquisisce il diritto di credito che lo stesso incorpora e che si configura
come diritto all’acquisizione periodica dell’interesse ed alla
restituzione del valore nominale alla scadenza: egli è pertanto “al
riparo da qualsiasi eccezione”.
A differenza delle azioni, infatti, che, come è noto, attribuiscono al
sottoscrittore lo stato di socio e comportano, quindi, la partecipazione
alla formazione del capitale di rischio, le obbligazioni documentano
esclusivamente un credito verso la società emittente, attribuendo al
loro sottoscrittore il solo diritto alla restituzione della prestazione
eseguita ed alla remunerazione dell’investimento
4
.
A questo proposito si deve, tuttavia, sottolineare che il sistema
originario del codice civile del 1942 presentava una netta dicotomia
tra azioni ed obbligazioni modulata sulla classica distinzione tra
capitale di rischio, acquisito per mezzo dell’emissione di azioni, e
finanziamento obbligazionario, caratterizzato dalla presenza di una
causa di mutuo e, conseguentemente, privo di diritti partecipativi e,
quindi di “voce” all’interno della società.
4
CAVALLO BORGIA R., Società per azioni, Tomo IV: Delle obbligazioni, in Commentario del
codice civile Scialoja Branca a cura di F. Galgano, Bologna-Roma 2005, Introduzione, p. 4-9.