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INTRODUZIONE,
MATERIALI E METODI
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Sempre più, negli ultimi anni, si insiste ad associare alla figura dell’infermiere il
concetto di autonomia. Tale accostamento è indubbiamente frutto del lungo percorso
intrapreso da una professione come quella infermieristica che, nell’arco di un venten-
nio, ha ribaltato il proprio modo di essere: da arte ausiliaria delle professioni sanitarie
a disciplina scientifica autonomamente strutturata. Non sempre tale cambiamento è
stato apprezzato in ambiente sanitario. Di contro, non tutti gli infermieri sono stati in
grado, da subito, di rendersi conto della portata dell’evento e di regolare la propria
professionalità in tal senso. Appare chiaro che delle modifiche così importanti e pro-
fonde richiedono del tempo per poter attecchire, e sicuramente ne traggono giova-
mento più le generazioni nuove che si affacciano al mondo professionale con una for-
mazione adeguatamente impostata, rispetto magari a chi convive già da tempo con
una forma mentis improntata ad una concezione meno moderna dell’infermieristica.
Oltretutto, i cambiamenti non sono certo finiti: le più recenti prospettive vedo-
no nella figura infermieristica quell’anello fondamentale che va a chiudere una catena
che lega l’assistito a tutta l’équipe assistenziale. Da quando l’infermiere ha avuto la
possibilità di ampliare i propri orizzonti professionali, si è assistito a due fenomeni fon-
damentali: da una parte si è dovuto ritagliare un nuovo ruolo per una professione vec-
chia di secoli, cercando di disegnarlo con una forma ben precisa, ma col rischio di adat-
tarlo agli spazi lasciati liberi da tutte le altre professioni sanitarie; d’altra parte il mon-
do sanitario ha guadagnato una nuova figura, professionalmente ben formata, facil-
mente impiegabile in qualsiasi contesto clinico. Da subito questa dicotomia ha contri-
buito a delineare alcuni settori nei quali l’infermiere avrebbe potuto coprire un ruolo
che fino a non molto tempo prima era stato vacante. Tutte le specializzazioni ed i corsi
master attivati recentemente nelle più disparate discipline medico-chirurgiche (basti
pensare agli infermieri di area critica, di protezione civile, di pediatria, di psichiatria
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etc…) ne sono lampante conferma. Per questi motivi l’infermiere, più di ogni altro pro-
fessionista sanitario, può essere l’operatore presente in ogni contesto clinico che ha
come scopo la soddisfazione dei bisogni dell’assistito.
Tutta questa varietà di contesti e situazioni in cui l’infermiere, e l’infermiere
specializzato in modo particolare, può agire e costruire la propria professione, esiste
solo grazie all’autonomia che l’infermieristica negli ultimi anni si è faticosamente con-
quistata e costruita. Essere un professionista autonomo è forse molto più difficile che
non essere un semplice esecutore di un ristretto numero di azioni praticabili. È un con-
tinuo divincolarsi tra leggi, responsabilità e competenze. Ma è anche una grande aper-
tura professionale, fatta di numerose possibilità che fino a pochi anni fa erano inim-
maginabili.
Non è compito facile definire il concetto di autonomia di una professione. Il ri-
schio più frequente è quello di confonderne il significato, sfociando nell’anarchia.
L’autonomia in ambito sanitario è un complesso intreccio di legislazione, formazione,
competenze e responsabilità. Per l’infermiere, autonomia significa saper essere un
professionista in grado di possedere la strumentazione teorica, tecnica e pratica per
consentirgli di raggiungere l’obiettivo della propria professionalità: la soddisfazione dei
bisogni dell’assistito. Esistono numerosi metodi che l’infermiere può usare per impo-
stare la propria professione. Uno di questi è sembrato a chi scrive particolarmente a-
datto per organizzare e pianificare l’attività lavorativa: il processo di nursing. Derivato
direttamente dal processo scientifico sperimentale, e strettamente imparentato con il
problem solving, il processo di nursing è un percorso che attraversa tutte le fasi
dell’assistenza, dall’accertamento alla valutazione finale.
L’esperienza del tirocinio clinico di questi tre anni di infermieristica mi ha porta-
to ad affrontare molteplici situazioni cliniche, nei contesti più disparati, e ad esserne
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interessato. In particolare, nel primo tirocinio del secondo anno, svolto presso l’U.O. di
Gastroenterologia Universitaria, in particolare nella struttura di Day Hospital, ho avuto
la possibilità di interfacciarmi con pazienti affetti da morbo di Crohn o rettocolite ulce-
rosa, due malattie infiammatorie croniche dell’intestino. Mi hanno molto affascinato la
complessità e le svariate implicazioni di tali patologie, e ho potuto ammirare la dedi-
zione e la competenza con cui gli infermieri del reparto erano in grado di gestire ogni
minimo aspetto della malattia. Continuando a portare avanti, nel prosieguo degli studi,
l’interesse per queste malattie, ho ritenuto che potessero essere un ottimo punto di
partenza per poter affrontare un altro tema che mi è stato a cuore nel corso di questi
tre anni: l’ormai fin troppo nota autonomia professionale.
Questa tesi nasce, quindi, come studio dei vari aspetti dell’autonomia profes-
sionale infermieristica, teorici e pratici, applicati all’esempio del nursing a pazienti af-
fetti da malattie croniche infiammatorie dell’intestino. La tesi è stata compilata me-
diante consultazione di testi di infermieristica generale, testi di medicina legale, leggi e
codici, testi di medicina specialistica, nursing specialistico, siti internet, atti di convegni,
e grazie alle conoscenze apprese durante il tirocinio professionalizzante.
Il lavoro è stato suddiviso fondamentalmente in tre parti. Nella prima parte ver-
rà descritto dettagliatamente il concetto di autonomia, partendo da un excursus stori-
co della professione e della normativa professionale. Nella seconda parte verranno
messe sotto i riflettori le malattie infiammatorie croniche dell’intestino, analizzate da
un punto di vista medico-clinico: etiologia, epidemiologia, sintomatologia, terapia e
complicanze. Infine, nella terza parte, sarà descritto, mediante metodologie di pianifi-
cazione dell’assistenza per obiettivi, il processo di nursing dell’assistenza a pazienti af-
fetti da malattie infiammatorie croniche dell’intestino.
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Tutto questo quadro ha lo scopo di rendere più fruibile il concetto di autono-
mia professionale, e soprattutto di contestualizzarlo in un ambito di sempre più cre-
scente interesse per il mondo sanitario, quale il mondo delle malattie infiammatorie
croniche dell’intestino.
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PARTE PRIMA
L'AUTONOMIA
PROFESSIONALE
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DEFINIZIONE
“Autonomia: la posizione giuridica […] anche di enti o di persone, nella cui sfera
di attività non vi sia ingerenza da parte di altri”
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. Così il dizionario della lingua italiana
Devoto-Oli definisce uno dei concetti che nell’ultimo ventennio principalmente carat-
terizza la professione infermieristica in Italia. Da quando, infatti, nel 1994
nell’infermiere si viene a identificare l’operatore sanitario responsabile dell’assistenza
generale infermieristica, inizia il radicale cambiamento che a tutt’oggi sta coinvolgendo
il mondo di questa professione. Enormi passi in avanti sono stati fatti, dunque, se si
pensa che fino agli ultimi anni del Novecento l’infermiere era ancora considerato un
professionista sanitario ausiliario, totalmente dipendente dal medico, che poteva basa-
re il suo agire professionale solo ed esclusivamente attenendosi ad una rigida ed esau-
stiva lista di compiti e mansioni, tutte elencate nel D.P.R. 225/74, ai più conosciuto
come mansionario. La sfida risultò da subito attraente, ma anche molto pericolosa. Da
quando è stato infatti abrogato il mansionario, il confine tra tutto ciò che è lecito e non
è lecito fare è divenuto impalpabile, e spesso ha causato e causa tuttora delle incom-
prensioni tra l'infermieristica e le altre professioni sanitarie, in primis quella medica.
Non avendo più un rigido schema di compiti da seguire, l’infermiere deve allora basare
il proprio agire su altre concezioni.
Per capire meglio il percorso che ha portato la nostra disciplina ad essere ciò
che è oggi, è opportuno partire dalle origini e affrontare le tappe che via via ne hanno
caratterizzato la crescita. Nel prossimo capitolo verrà descritta brevemente la storia
della professione infermieristica, ponendo un accento particolare sui principali cam-
biamenti che ha vissuto e sulle leggi che l'hanno aiutata a crescere, per arrivare a deli-
1 G. Devoto, G.C. Oli, Il dizionario della Lingua Italiana, Le Monnier, Firenze 1995, p. 175
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neare qual è, secondo la normativa, il campo di autonomia dell'infermiere. Infine, negli
ultimi capitoli di questa prima parte, si cercherà di descrivere nel dettaglio che cosa si-
gnifica concretamente oggi, per un infermiere, agire correttamente in autonomia e con
quali responsabilità tutto questo può avvenire, al fine di gettare le basi per valutare,
nel prosieguo della trattazione, come e quanto un infermiere possa gestire pazienti af-
fetti da malattie croniche infiammatorie dell'intestino.
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INQUADRAMENTO STORICO E NORMATIVO
Se dovessimo considerarla basandoci esclusivamente su quella che è ai giorni
nostri, vedremmo l’assistenza infermieristica come una disciplina socialmente ricono-
sciuta, strutturata ed autonoma. Le sue origini, però, ci rivelano il contrario. Per arriva-
re, dunque, a capire come ha fatto a diventare oggi, agli inizi del XXI secolo, una scien-
za vera e propria, con un suo corpus normativo, tecnico ed etico, è fondamentale tene-
re di conto dei processi evolutivi che ha attraversato nel corso della storia e nelle varie
culture.
L’assistenza infermieristica è una umanissima evoluzione del concetto di assi-
stenza, nel suo senso prettamente etimologico (dal latino ad-sistere, stare vicino). Fin
dagli albori della civiltà si riscontra in tutte le culture ed in tutte le epoche, seppur con
le varianti e le modifiche del caso, un senso di vicinanza al prossimo debole e sofferen-
te, povero o indigente. Questo concetto di carità e solidarietà si fortifica ed espande
maggiormente con la propagazione del Cristianesimo nel mondo latino. Il cristiano in-
fatti, ai fini della propria salvezza, sente il bisogno di assistere il prossimo. Per centinaia
di anni l’assistenza che possiamo definire pubblica si lega alla vita monastica, sia ma-
schile che femminile, come dovere preciso della vita di comunità. Per quanto riguarda
il quotidiano ed il privato, invece, la maggior parte della popolazione viene assistita
dalle donne di casa. Per secoli e secoli, dunque, il sapere assistenziale risulta prevalen-
temente empirico, con poche conoscenze tramandate disorganicamente di generazio-
ne in generazione dalle due categorie che poi saranno la colonna portante del mondo
infermieristico fin quasi ai giorni nostri: l’universo femminile e quello degli ordini reli-
giosi.
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Soltanto verso la metà dell’Ottocento si comincia a sviluppare il concetto di as-
sistenza infermieristica, grazie soprattutto alla tenacia e alle convinzioni della britanni-
ca Florence Nightingale (1820-1910), universalmente riconosciuta come la madrina
della disciplina infermieristica. La Nightingale è considerata la fondatrice della moder-
na assistenza infermieristica, secondo cui per fare assistenza ai malati è necessario
possedere delle conoscenze ben distinte da quelle mediche, ossia un bagaglio di saperi
specifico per una professione sanitaria specifica. Nel 1859 ella fondò la Nightingale
Training School for Nurses, dando il via alla strutturazione della trasmissione delle co-
noscenze infermieristiche. La classe medica si risentì per questo primo tentativo di
emancipazione, e ci vollero alcuni anni per capire che il metodo impostato da Florence
Nightingale non determinava alcuna ingerenza nell’ambito medico, e che non ci sareb-
be stata alcuna sovrapposizione di funzioni: la figura medica e quella infermieristica si
sarebbero dovute sostenere reciprocamente per l’unico fine che è quello del bene del
malato. Nella seconda metà dell’Ottocento il modello-Nightingale, che prevedeva
l’internato obbligatorio scandito da momenti formativi teorici, tecnici e di tirocinio pra-
tico, viene esportato dalle prime allieve, divenute poi formatrici a loro volta, nel resto
dell'Europa e negli Stati Uniti. Tale modello formativo sarebbe poi divenuto quello
predominante su scala mondiale.
La siderale lontananza del mondo italiano dalla cultura anglosassone, in cui il
concetto di lavoro assistenziale è sostanzialmente scisso dalla cultura religiosa, rende
estremamente difficoltoso il consolidamento di tale modello in un paese così forte-
mente legato al cattolicesimo romano come il nostro. Nell'Italia del XIX secolo, dove
l'assistenza al malato è ripartita tra suore e personale laico, le difficoltà che incontra il
modello anglosassone sono prevalentemente dovute alla bassa considerazione sociale
della figura dell'infermiera.