3
patogenesi dal nome di AIDS murino (MAIDS) e il virus felino
dell’immunodeficienza acquisita (FIV).
Il FIV, isolato per la prima volta da Pedersen nel 1986 (Pedersen
et al., 1987) dalle cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC) di
gatti con malattie immunodeficienti simili all’AIDS umana, è un
lentivirus T-linfotropico, diffuso tra i gatti domestici, che non risulta
infettivo per l’uomo. Sebbene antigenicamente distinto, FIV è
strutturalmente e biologicamente simile ad altri lentivirus, associati a
varie manifestazioni patologiche in mammiferi differenti. I lentivirus
attualmente conosciuti sono indicati nella tabella I.
Tra i lentivirus marcatamente immunodepressivi, FIV è quello che
ha per ospite la specie di più piccole dimensioni e determina in essa (il
gatto) una patologia immunodepressiva anche letale, simile a quella
causata dall’HIV nell’uomo. Il FIV è pertanto considerato un valido
modello animale per studi finalizzati ad una migliore comprensione degli
aspetti patogenici dell’AIDS, nonché per valutare potenziali strategie di
vaccinazione e terapie antivirali (Pedersen, 1989; Bendinelli et al., 1995;
Ohkura et al.,1997; Chiarantini et al., 1998).
1.1 Tassonomia dei retrovirus
La famiglia Retroviridae è costituita da un gruppo di agenti
virali isolati in diverse specie animali fin dal 1908, benchè non
riconosciuti come tali.
I virioni sono caratterizzati dalla presenza dell’enzima
trascrittasi inversa, descritto per la prima volta da Baltimore e Temin
nel 1970, necessario al virus nel ciclo d’infezione cellulare.
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I membri appartenenti a questa famiglia sono distinti nelle
sottofamiglie: Oncornavirinae, Lentivirinae e Spumavirinae. I virioni,
del diametro di circa 100 nm e rivestiti da un involucro lipidico a
doppio strato, sono internamente forniti di un capside proteico
contenente il materiale genomico, costituito da due molecole identiche
di RNA monocatenario che nel corso del ciclo replicativo viene
retrotrascritto in DNA. Questi virus vengono classificati, in base
all’aspetto che assumono nelle microfotografie elettroniche di sezioni
ultrasottili, in particelle di tipo B, che presentano una massa interna in
posizione eccentrica, particelle di tipo C con una massa interna in
posizione centrale e particelle di tipo D con una morfologia intermedia
rispetto alle B e C. Le particelle A, che si trovano soltanto all’interno
delle cellule, possiedono un rivestimento doppio con un nucleo
centrale elettron-chiaro.
1.2 Caratteristiche morfologiche di FIV.
La struttura e la dimensione del virione FIV sono le stesse degli
altri lentivirus (Fig.1). La particella virale di FIV ha una forma sferica
o elissoidale del diametro di 100-125 nm ed è strutturalmente
complessa. Nell’architettura del virus è possibile distinguere una
formazione centrale (core), contenente l’acido nucleico e gli enzimi
necessari per la replicazione, rivestita da un guscio proteico (capside)
a sua volta contornato da una membrana (involucro o pericapside)
formata da un doppio strato lipidico rivestito internamente di proteine
della matrice e provvisto di estroflessioni glicoproteiche. Il core,
all’interno del quale si trova l’acido nucleico virale, ha una forma
conoide con un’estremità più larga. Esso è rivestito da un capside
5
proteico il cui assemblaggio avviene durante il processo di
gemmazione del virus dalla membrana citoplasmatica della cellula
ospite. Il costituente proteico del capside è rappresentato dalla
proteina p28, prodotto di un processo di maturazione post-
traduzionale di un precursore poliproteico codificato dal gene virale
gag. Dallo stesso precursore derivano altre due proteine: una proteina
basica di 9 kDa, denominata NC, legata all’acido nucleico, che
sembra importante per l’incapsidamento dell’RNA e la proteina p17,
che determina la formazione della matrice associata al foglietto
lipidico interno dell’involucro. Tale associazione è probabilmente
mediata, come si verifica in HIV, da un acido grasso, l’acido
miristico, legato all’estremità N-terminale della proteina.
Le osservazioni al microscopio elettronico hanno spesso messo
in evidenza uno spazio elettronchiaro che separa il capside dalla
matrice proteica.
All’interno del virione, in associazione con la proteina NC, si
trovano gli enzimi necessari per l’infezione cellulare: trascrittasi
inversa (RT), integrasi (IN) e proteasi. L’enzima RT, presente nel
virione in diverse copie, caratterizza tutti i membri della famiglia dei
retrovirus, con la sua particolare attività enzimatica di sintesi di DNA
su uno stampo di RNA. La RT di FIV, così come quella di MVV e
HIV, richiede la presenza di ioni Mg
2+
per il proprio funzionamento;
in altri retrovirus questo enzima invece mostra la propria attività
catalitica in presenza di ioni Mn
2+
.
L’involucro lipidico del virus, derivante dalla membrana della
cellula ospite in seguito al processo di gemmazione (budding), è
tempestato da un elevato numero di complessi di due glicoproteine
indicate come gp95 e gp40, entrambe codificate dal gene virale env .
6
La gp40 viene definita proteina transmembrana (TM), poiché è
immersa nel doppio strato idrofobico dei lipidi. La gp95 è posta
invece sulla parte superficiale dell’involucro (per questo è chiamata
SU), dove forma proiezioni caratteristiche che vengono facilmente
perse dal virus. La TM ha funzioni di ancoraggio dell’intero
complesso all’involucro e si pensa che medi la fusione del virus con la
membrana citoplasmatica, nella prima fase dell’infezione cellulare. La
SU è presumibilmente coinvolta nel riconoscimento del recettore sulla
membrana del linfocita ospite.
1.3 Genoma virale
Il genoma virale è costituito da due molecole identiche di RNA
monocatenario poliadenilato a polarità positiva che, in associazione
con la proteina NC, formano la ribonucleoproteina (RNP) della
particella virale.
La sequenza nucleotidica di FIV è stata determinata dopo aver
ottenuto cloni molecolari di DNA provirale infettivo (Olmsted et al.,
1989). Il virus possiede un genoma di 9474 paia di basi (bp) che
presenta la tipica struttura genetica dei lentivirus, la cui
organizzazione è illustrata in Fig 2. Insieme ai geni strutturali tipici
dei retrovirus, 5’-gag-pol-env-3’, altri quattro schemi di lettura aperti
(open reading frame, orf) sono stati individuati nel genoma di FIV:
due sono localizzati nella regione intergenica pol-env, gli altri invece
sono nella regione tra il gene env e la ripetizione terminale lunga
(Long Terminal Repeat, LTR) all’estremità 3’.
7
1.4 Geni strutturali
1.4.1 gag
Il gene gag codifica per un precursore polipeptidico dal quale,
in seguito ad un processo di maturazione, derivano le proteine del
capside, della matrice e la proteina NC, le quali, con riferimento ai
loro pesi molecolari, sono rispettivamente indicate come p24, p17 e
p7. Lo schema di lettura aperto gag inizia alla base nucleotidica 610.
In base alla sequenza aminoacidica prevista di 450 residui, il
precursore gag ha un peso molecolare di 49,5 kDa. Studi comparativi
del precursore gag in altri lentivirus, indicano che anche in FIV la
p17, costituita da circa150 residui, occupa la porzione N-terminale,
mentre la p24 è delimitata dai residui Pro-136 (N-terminale) e Leu-
362 (C-terminale). La p7 (NC) invece si estende per 88 residui da
Thr-363 a Leu-450 nella regione C-terminale di gag; in questa
sequenza sono presenti due motivi ripetuti in tandem Cys-His tipici
delle proteine retrovirali che si legano agli acidi nucleici.
L’analisi della sequenza aminoacidica del prodotto del gene gag
indica un’omologia del 40% tra FIV ed HIV-1 localizzata nella
regione che include 81 aminoacidi C-terminali della p24 e 41
aminoacidi N-terminali della proteina NC.
1.4.2 pol
Il gene pol, che comprende 3371 paia di basi (base pairs, bp ) e
che si sovrappone per 109 nucleotidi all’estremità 3’ di gag, codifica
per gli enzimi necessari per la replicazione virale: trascrittasi inversa
(RT), integrasi (IN) e proteasi. Tali enzimi sono sintetizzati come
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precursore poliproteico di 1124 aminoacidi, che subisce una
maturazione proteolitica post-traduzionale.
Una sequenza di 400 bp del gene pol, che si estende tra le
regioni che codificano per RT e per IN, è forse responsabile della
sintesi dell’enzima dUTPasi la cui funzione, nel ciclo vitale del virus,
rimane peraltro sconosciuta (Harbour, 1992; Büchen, 1998).
La sequenza aminoacidica del precursore pol di FIV mostra
un’alta omologia con quella di altri lentivirus; in particolare, nel caso
della RT l’omologia è pari al 60% se confrontata con HIV, MVV o
con EIAV (Olmsted et al., 1989).
1.4.3 env
Il gene env codifica per un precursore di 856 aminoacidi che,
nella forma glicosilata quale si trova nelle cellule infette, ha un peso
molecolare di 140 KDa. Da questo precursore derivano le due
glicoproteine dell’involucro virale: la gp95, posta esternamente sulla
membrana, e la gp40 localizzata internamente al doppio strato
lipidico. Nella sequenza aminoacidica del precursore env di FIV, che
contiene 20 siti potenziali di N-glicosilazione, sono stati individuati
quattro domini principali con caratteristiche di idrofobicità. I primi
due domini idrofobici sono localizzate nella porzione N-terminale del
precursore poliproteico, regione questa che fa parte della gp95 . Si
presume che l’uno o l’altro di questi domini idrofobici costituiscano il
“peptide leader”, cioè quella sequenza aminoacidica localizzata nella
porzione N-terminale che marca le proteine che devono essere
traslocate attraverso la membrana del reticolo endoplasmatico
ruvido. All’interno di questo compartimento cellulare le proteine virali
infatti vengono modificate; il peptide leader viene eliminato, si
9
formano ponti disolfuro tra residui di cisteine e inizia il processo di
glicosilazione. Gli altri due domini idrofobici fanno parte della gp 40
dove costituiscono la regione N –terminale e la sequenza che rende
possibile l’ancoraggio alla membrana.
1.4.4 Ripetizioni terminali lunghe (LTR)
Le LTR sono localizzate ad entrambe le estremità del genoma
provirale; contengono i segnali che regolano l’inizio della trascrizione
mediata dalla RNA polimerasi II, il successivo taglio all’estremità 3’ e
la poliadenilazione dei trascritti. Come negli altri retrovirus, le LTR di
FIV sono composte da tre regioni, dette U3, R ed U5, rispettivamente
di 216, 71 e 68 bp. La sequenza delle LTR di FIV si dissocia da quella
riportata per altri Lentivirus (Talbot et al., 1989). La loro lunghezza
(355 bp) è simile a quella di CAEV, MVV ed EIAV, ma molto più
corta di quella di HIV-1 e SIV. Il promotore di FIV contiene due
regioni consenso (TATA box), una simile a quella di HIV-1 e la
seconda identica a quella riferita per CAEV, MVV ed EIAV.
In tutti gli isolati virali sequenziati, nella regione R delle LTR è
stata evidenziata una sequenza palindromica che può assumere una tipica
struttura secondaria a forcina con uno stelo ed un’ansa. Questa regione,
denominata TAR, rappresenta il sito di legame per una proteina TAT
(transattivatrice) che incrementa i livelli di trascrizione del provirus
rendendo più efficiente la replicazione virale (Harbour, 1992).
La LTR all’estremità 5’ è seguita da una regione di 18 bp che
rappresenta il sito per l’appaiamento del tRNA-Lys necessario per
l’inizio del processo di trascrizione inversa.
10
1.4.5 Schemi aperti di lettura (ORF)
Il genoma dei lentivirus contiene generalmente piccoli orf che
codificano per proteine essenziali per la regolazione genica e
l’espressione virale (Peterlin et al., 1988); quattro orf sono presenti
anche nel genoma di FIV, ma le rispettive sequenze aminoacidiche
dedotte non mostrano rilevanti omologie con quelle degli altri
lentivirus.
Orf 1, che si sovrappone per 51 bp all’estremità 3’del gene pol ,
può codificare per un polipeptide di 251 aminoacidi; poiché il 47% di
tali residui sono polari, questa proteina ha probabilmente un
comportamento idrofilico. Tali caratteristiche sono condivise dal
prodotto del gene vif di HIV, che svolge un’attività di regolazione
della sintesi delle proteine strutturali del virione (Lee et al.,1986;
Tomonaga et al., 1992).
Orf 2 inizia con un codone ATG subito dopo il codone di stop
di orf 1; il prodotto di orf 2 è una proteina di 79 aminoacidi con
caratteristiche simili a quelle delle proteine TAT dei lentivirus degli
ungulati (De Parseval et al., 1999). Orf 3 e orf 4 possono essere
considerate anologhe, in base alla loro localizzazione nel genoma di
FIV, agli esoni che in MVV codificano il prodotto del gene L (Davis
et al., 1989). La sequenza di orf 4 contiene una regione di residui
basici che è simile al dominio ricco in arginina presente nel secondo
esone del gene rev di HIV-1, HIV-2 e SIV (Hirsch et al.,1989;
Guyader et al., 1987). Inoltre due siti potenziali di splicing sono stati
evidenziati all’inizio di orf 4, suggerendo una sua possibile funzione
come esone al 3’ di un gene simile a rev di HIV. Anche in FIV è stata
infatti rilevata l’attività di un potenziale gene rev, in grado cioè di
11
incrementare la sintesi di proteine strutturali virioniche (Kiyomosu et
al., 1991; Miyazawa et al., 1994).
1.5 Infezione cellulare
FIV infetta esclusivamente il gatto (Yamamoto et al., 1989;
Bandecchi et al., 1991; Pedersen, 1991; Torten et al.,1991). In vivo il
virus infetta linfociti T, macrofagi (Brunner e Pedersen, 1989) ed
astrociti (Dow et al., 1990); in vitro si replica prevalentemente in
cellule mononucleate del sangue periferico (PBMCs), in timociti e
splenociti stimolati con concanavalina A e mantenuti in coltura con
interleuchina-2 umana (IL-2). Il FIV inoltre determina infezione
persistente in linee continue, quali una linea cellulare felina T-
linfoblastoide (FL4) ed una linea cellulare non linfoide, costituita dalle
cellule renali feline Crandell (CrFK) (Yamamoto et al.,1988, 1991).
Il ciclo di moltiplicazione cellulare di FIV è schematizzato in
Fig.3. Gli eventi molecolari che consentono l’infezione cellulare da
parte di un lentivirus sono stati studiati soprattutto in HIV –1. Il primo
passaggio consiste nell’adsorbimento del virione ad un recettore della
cellula ospite; in HIV-1 e SIV questo legame avviene attraverso
l’interazione della gp120 con l’antigene CD4 dei linfociti T- helper
e/o con un recettore per chemochine sulla superficie della cellula
bersaglio, principalmente il CCR5 o il CXCR4 (Berger, 1997; Berger
et al.,1998; Moore et al., 1997; Signoret et al., 1998). Altri tipi di
cellule prive del recettore CD4 possono essere invase dal virus, tra
queste ci sono i macrofagi, le cellule gliali e cellule epiteliali di colon.
Dopo che il virus si è legato al recettore sulla superficie cellulare, le
12
particelle virali penetrano nella cellula. Si ritiene che questo processo
avvenga attraverso la fusione dell’involucro virale con la membrana
plasmatica della cellula. In seguito, nel citoplasma della cellula ospite
avviene il processo di scapsidamento che libera l'acido nucleico con
gli enzimi RT ed IN, quindi prende subito inizio il processo di
retrotrascrizione da parte dell’enzima RT. Tale enzima comincia a
sintetizzare un filamento a singola elica di DNA, il filamento (-),
usando come stampo l’RNA virale e aggiungendo deossinucleotidi
all’innesco di tRNA-Lys. Dopo l’aggiunta di circa 300 nucleotidi, la
catena dell’RNA nell’ibrido RNA-DNA,viene degradata dall’RNasi-H
mentre procede l’allungamento del filamento (-) di DNA. Il DNA a
singola elica neoformato, con il tRNA-Lys legato covalentemente,
serve a sua volta come stampo per la RT, la quale sintetizza il
filamento (+) di DNA complementare usando come primer l’estremità
3’OH dell’RNA virale. Il completamento dei due filamenti di DNA
produce una struttura lineare a doppia elica che viene trasportata nel
nucleo della cellula ospite, dove le estremità vengono congiunte,
dando luogo alla formazione di circoli chiusi. Due tagli asimmetrici in
entrambi i DNA, quello virale e quello dell’ospite, consentono
l’integrazione con un processo di ricombinazione (Fig.4 ). Infine, le
porzioni rimaste a singola elica vengono copiate per completare la
struttura a doppia elica. L’integrazione del DNA provirale risulta in
una duplicazione del DNA nel sito bersaglio, come accade nella
trasposizione dei trasposoni, che produce delle brevi ripetizioni con lo
stesso orientamento nel DNA della cellula ospite fiancheggiante il
provirus. L’IN virale è necessaria, come endonucleasi, nel processo di
inserzione. Una volta che il provirus si è integrato nel DNA cellulare
esso è stabile, non viene escisso e si replica insieme al DNA
13
dell’ospite. Da questa sede agisce come stampo per la trascrizione di
nuovi genomi virali. Dopo la trascrizione di molecole di RNA
messaggero virale, ad opera della RNA polimerasi II cellulare, si ha la
sintesi di precursori poliproteici dai quali, in seguito ad una
maturazione proteolitica, derivano i prodotti finali dei geni virali gag,
pol e env. Una proteasi virale taglia le nuove molecole proteiche,
riducendole in forma tale che possano venire impacchettate, insieme al
genoma di RNA del virus, in nuove particelle virali. L’ultima fase
consiste nella gemmazione del virione dalla membrana citoplasmatica
della cellula ospite. Se si forma un numero sufficiente di particelle
virali, la cellula che le ha prodotte muore.
1.6 Variabilità genetica
Una caratteristica di HIV-1 e HIV-2, come degli altri lentivirus,
è una variabilità genetica molto alta, dovuta alla infedeltà di
replicazione della trascrittasi inversa, unita alla enorme velocità di
replicazione del virus, che fa sì che in pochi giorni nel genoma virale
si accumuli un numero di mutazioni pari a quello che si
accumulerebbe in milioni di anni in un genoma di mammifero.
Le regioni ipervariabili sono maggiormente concentrate nel
gene env, mentre i geni gag e pol sono meno variabili, probabilmente
perché le costrizioni nell’assemblaggio virale e nell’attività enzimatica
limitano lo spettro delle mutazioni accettabili. La mutazione costante
dei geni virali porta alla produzione continua di varianti, tra le quali ve
ne possono essere di resistenti alle terapie ed altre in grado di eludere
il sistema immunitario dell’ospite. Queste varianti compaiono quando
14
le variazioni genetiche portano ad alterazioni nella struttura degli
epitopi, che sfuggono così alla sorveglianza immunitaria.
L’eterogeneità genetica di HIV può rappresentare un ostacolo
allo sviluppo di vaccini efficaci contro l’AIDS, anche se la presenza di
epitopi conservati, presenti cioè su tutti gl’isolati virali, potrebbe
rendere possibile la messa a punto di vaccini cross-reattivi.
1.7 Terapie retrovirali
Alcuni tra i più efficaci farmaci antivirali, rappresentati da
analoghi di nucleosidi, p.es. 3’-azido-3’-deoxythymidine (AZT),
agiscono bloccando la proliferazione virale nelle cellule attraverso
l’inibizione della proteasi e della trascrittasi inversa. Gli inibitori delle
proteasi (Fig. 5), bloccano il sito attivo catalitico dell’enzima
impedendogli di tagliare le proteine virali appena sintetizzate (Bartlett et
al., 1998). Le sequenze delle proteasi di retrovirus correlati quali HIV,
FIV e EIAV presentano spesso, in posizioni strutturalmente equivalenti,
aminoacidi identici a quelli trovati nelle popolazioni varianti HIV
farmaco- resistenti. Attualmente è in sperimentazione un promettente
inibitore universale delle proteasi retrovirali. (Kervinen et al., 1998).
Tutte le molecole strutturali delle particelle FIV che sono state
caratterizzate hanno peso molecolare simile alle molecole
corrispondenti di HIV (Fig.6 ). Esse sembrano anche condividere
proprietà funzionali simili, per esempio è stato dimostrato che le attività
trascrittasi inversa di FIV e di HIV possiedono sensibilità simili per gli
analoghi di nucleosidi (North et al., 1990). E’ anche stata descritta la
resistenza di certi ceppi FIV all’AZT (Remington et al., 1991; La Casse
15
et al., 1996; Smith et al., 1998), non sorprende quindi che il FIV venga
utilizzato per la valutazione preclinica di farmaci anti-HIV.
1.8 Patogenesi della sindrome da immunodeficienza felina
L’infezione naturale o sperimentale da FIV causa nel gatto una
serie di anomalie immunologiche che assomigliano strettamente a
quelle osservate negli uomini infettati da HIV (Tabella II). Le più
rilevanti sono: un progressivo declino dei linfociti T CD4+ e una
marcata ipergammaglobulinemia (Bendinelli et al., 1993).
In entrambe le infezioni, ad una fase primaria che permane per alcune
settimane, segue una fase asintomatica di durata variabile che evolve
nello stadio terminale di grave immunodeficienza nota come AIDS
felina (FAIDS). La FAIDS è caratterizzata da superinfezioni multiple
e spesso concomitanti, generalmente provocate da agenti
opportunistici (Mancianti et al., 1992), gravi malattie neurologiche e
disordini neoplastici quali linfosarcomi, neoplasmi mieloidi,
mielodisplasie e carcinomi. Sono stati riportati anche danni renali
paragonabili alla nefropatia associata all’HIV (Poli et al., 1993).
Durante la prima fase acuta dell’infezione da FIV, l’inversione del
rapporto CD4:CD8 è causata da un netto incremento di cellule T
CD8+ che esprimono bassi livelli di CD8 e da un aumento dei livelli
di molecole di classe II del complesso maggiore di istocompatibilità
(MHC), (Willet et al.,1993). Questa attivazione della sottopopolazione
di cellule T persiste durante tutto il corso dell’infezione, suggerendo
che la prima interazione tra il virus e il sistema immunitario può
determinare in ultimo il risultato dell’infezione.