2
rivendicavano l’illegittimità dell’esercizio da parte delle banche di
un’attività riservata a soggetti iscritti in appositi albi professionali.
Le mutate esigenze dei risparmiatori-investitori hanno portato anche
alla collaborazione a livello di creazione di prodotti innovativi, come i
prodotti misti assicurativo-finanziari, che per le loro caratteristiche ben si
prestano ad essere venduti presso le reti bancarie.
Un’altra modalità d’integrazione tra banche e imprese assicurative
consiste nell’intervento da parte della società di un settore nel capitale
azionario della società dell’altro settore.
Questo sistema di acquisizione di partecipazioni può avvenire in diverse
forme. Una di queste consiste nell’acquisto di partecipazioni di minoranza
che spesso suggellano un impegno contrattuale.
La partecipazione assume invece una forte valenza strategica quando è
di controllo, poiché costituisce un modo per esercitare “indirettamente”
l’attività, altrimenti riservata, dell’impresa controllata.
Per rendere possibile la libera assunzione di partecipazioni fra banche e
assicurazioni è stato tuttavia necessario rimuovere quegli ostacoli normativi
che erano il frutto delle considerazioni delle autorità di vigilanza di settore
che ritenevano i collegamenti di natura patrimoniale tra banche e imprese di
3
assicurazione in grado di influire negativamente sulla stabilità di tali
soggetti e sull’autonomia delle rispettive gestioni.
Questa impostazione venne modificata solo a partire dall’inizio degli
anni ’90, quando ci si rese conto che l’integrazione economica europea
avrebbe penalizzato il nostro sistema finanziario se la nostra legislazione
non fosse stata al passo con quella dei Paesi “bancariamente” più evoluti, in
cui peraltro già erano forti i legami partecipativi fra banche ed assicurazioni.
Infatti il d.m. 4 maggio 1990 diede la possibilità alle banche di
acquisire, entro determinati limiti e previa autorizzazione della Banca
d’Italia, partecipazioni di controllo di compagnie assicurative e con il d.m. 5
giugno 1991 si consentiva che anche le imprese di assicurazione potessero
acquisire, in quanto assimilate a quelle finanziarie, una partecipazione
superiore al 15% del capitale sociale ovvero il controllo delle banche,
sempre previa autorizzazione dell’Autorità di vigilanza.
I consistenti intrecci partecipativi tra le principali compagnie
assicurative italiane e le maggiori banche nazionali e la crescita
esponenziale di prodotti assicurativi o misti venduti agli sportelli bancari
per effetto degli accordi distributivi costituiscono un segnale indelebile del
successo che caratterizzano le forme d’integrazione tra il comparto bancario
e quello assicurativo.
4
E’ pur vero che l’attività bancaria e quella assicurativa sono e
rimangono attività profondamente diverse che non potranno mai essere
sostituibili l’un l’altra, ma è anche innegabile che i settori di appartenenza,
facendo parte del più ampio settore finanziario, presentano importanti punti
di sovrapposizione che offrono significanti potenzialità collaborative agli
operatori interessati.
5
CAPITOLO 1
LE PARTECIPAZIONI DELLE BANCHE NELLE IMPRESE DI
ASSICURAZIONE
1.1. EVOLUZIONE STORICA DELLA DISCIPLINA
PARTECIPATIVA DELLE BANCHE
1.1.1. LA LEGGE BANCARIA DEL 1936
La disciplina delle partecipazioni bancarie è stata oggetto di attenzione del
legislatore fin dalla “vecchia” legge bancaria del 1936. Motivo di tale
previsione normativa fu il dissesto finanziario di alcune grandi banche
italiane, a seguito della grave crisi economica degli anni ’30, le quali
assumendo il modello della banca mista di tipo tedesco, concessero
finanziamenti consistenti a favore delle imprese industriali, partecipando
conseguentemente al capitale delle stesse e coinvolgendo in tal modo le
banche nel rischio economico-finanziario d’impresa.
1
1
LUCARINI ORTOLANI D., Banche e partecipazioni, Milano, 1994, pag. 1 ss.
6
Ispirandosi al criterio della separatezza tra banca e industria, l’art. 33 della
legge bancaria attribuiva al CICR la facoltà di decidere che determinate
forme d’impiego delle aziende di credito fossero preventivamente
autorizzate dalla Banca d’Italia, invece l’art. 35, comma 2, lett. a),
concedeva alla Banca d’Italia il potere di disciplinare il rapporto tra il
patrimonio sociale e gli investimenti immobiliari ed in titoli azionari. Si
nota come la legge bancaria si limitò semplicemente a fornire all’Autorità di
vigilanza degli strumenti per il controllo degli investimenti azionari delle
aziende di credito, al fine di evitare crisi di liquidità e situazioni di
immobilizzo dei depositi.
2
Non era quindi vietata l’assunzione di partecipazioni da parte delle banche,
ma, attribuendo alla Banca d’Italia la facoltà di stabilire il rapporto massimo
tra fondi propri e partecipazioni ed al CICR la facoltà di decidere sulla
necessarietà dell’autorizzazione, furono fissate solo delle regole prudenziali
da stabilire in via amministrativa.
3
2
Così CAMPOBASSO G.F., Le partecipazioni delle banche e dei gruppi bancari, in
Banca borsa tit. cred., 1995, I, pag. 282.
3
LUCARINI ORTOLANI D., op. cit., pag. 2.
7
1.1.2. LE DELIBERE DEL CICR DEGLI ANNI ’80
Dopo anni di sostanziale immutabilità della disciplina, dopo gli anni ’70,
sotto la spinta concorrenziale delle banche europee abilitate ad operare in
settori del mercato finanziario non riconducibili all’attività bancaria tipica
ed all’assunzione di partecipazioni al capitale di imprese industriali, il
principio di separatezza venne ritoccato.
4
Con la delibera CICR del 28 gennaio 1981, allo scopo di contenere la
disintermediazione attiva e passiva delle banche, vennero fissati i limiti
entro i quali le stesse potevano acquisire partecipazioni. Secondo tale
delibera, le aziende di credito potevano acquisire solo le partecipazioni
“volte a favorire una migliore strutturazione del sistema bancario,
incrementare l’efficienza e l’economicità dell’attività, ovvero agevolare il
perseguimento di fini pubblici di rilevanza generale”. Furono considerati
tali: le altre aziende di credito, gli istituti centrali di categoria e le aziende
associate, le società finanziarie di partecipazione costituite tra banche,
imprese e associazioni territoriali, gli enti o società che perseguono fini di
interesse generale oppure quelli che gestiscono servizi strumentali o
4
In tal senso LUCARINI ORTOLANI D., op. cit., pag. 3.
8
collaterali all’attività bancaria.
5
Erano invece escluse le imprese di
assicurazione.
Il limite complessivo per l’acquisizione di partecipazioni veniva rapportato
al patrimonio della banca; inoltre, se l’insieme delle partecipazioni era
superiore al 2 per cento del capitale azionario della partecipata o al 10 per
cento del patrimonio della banca partecipante, occorreva la preventiva
autorizzazione dell’Organo di vigilanza.
Al fine di allargare l’ambito operativo delle banche, fino ad allora limitato
alla raccolta del risparmio e all’esercizio del credito, vennero emanate delle
delibere di aggiornamento, come quella del 27 ottobre 1983 e quella del 6
febbraio 1987, con le quali vennero aggiunte altre categorie di
partecipazioni detenibili, circoscritte in ogni caso sempre alle partecipazioni
funzionali e collaterali, come ad esempio quelle in società di distribuzione
di prodotti finanziari.
6
Tuttavia esisteva ancora una preclusione nei
confronti delle partecipazioni in imprese assicurative.
5
MAGISTRO A., Le partecipazioni nelle imprese bancarie, Padova, 1996, pag. 33 ss.
6
MAGISTRO A., op. cit., pag. 36.
9
1.1.3. LE PARTECIPAZIONI BANCARIE NELLA LEGISLAZIONE
COMUNITARIA
A livello comunitario, una regolamentazione delle partecipazioni
acquisibili dalle banche è stata istituita con la direttiva 89/646/CEE, meglio
nota come seconda direttiva CEE in materia bancaria, per venire incontro
alle esigenze di quei singoli ordinamenti nazionali che erano ancorati al
criterio di specializzazione operativa.
7
In particolare, l’art. 12 stabilisce, a fini prudenziali, che ciascuna
partecipazione qualificata in soggetti diversi dagli enti creditizi e finanziari
o esercenti attività strumentali non possa superare il 15 per cento dei fondi
propri dell’ente creditizio partecipante; inoltre il complesso di queste
partecipazioni qualificate non può superare il 60 per cento degli stessi fondi.
E’ tuttavia consentita una deroga in presenza di circostanze eccezionali, a
condizione che l’ente creditizio aumenti i propri fondi o adotti delle misure
che abbiano il medesimo effetto. E’ anche prevista la non applicazione dei
7
Così LUCARINI ORTOLANI D., op. cit., pag. 21.
10
limiti suindicati purché le eccedenze non turbino la stabilità e la liquidità
della banca partecipante.
8
Al paragrafo 3 dell’articolo 12 si aggiunge che le limitazioni previste
possono essere disapplicate dagli stati membri per le partecipazioni in
imprese di assicurazione. E’ stato rilevato come non appaia molto chiaro il
motivo per cui sia stata inserita una tale previsione normativa solamente per
le compagnie assicurative e non anche per le altre imprese finanziarie.
9
1.1.4. LA LEGISLAZIONE NAZIONALE
Il decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 481, che costituisce la
normativa di recepimento della direttiva comunitaria testé menzionata, non
dettò tuttavia una regolamentazione unitaria della disciplina delle
partecipazioni bancarie, ma si limitò, con l’art. 22, ad attribuire alla Banca
d’Italia, in conformità alle delibere del CICR, il potere di impartire
8
LUCARINI ORTOLANI D., op. cit., pag. 24.
9
CORVESE C.G., La disciplina giuridica dei rapporti partecipativi tra banche ed
imprese assicurative, Siena, 1994, pag. 75 ss.
11
istruzioni di carattere generale agli enti creditizi, riguardanti le
partecipazioni detenibili.
10
La scelta del legislatore nazionale di regolare la materia in via
amministrativa non faceva che riconfermare, in un’ottica di delegificazione,
quanto previsto dalla legge bancaria del 1936.
11
L’art. 22 del d. lgs. 481/92 venne poi trasfuso nell’art. 53 del decreto
legislativo del 1° settembre 1993 n. 385 (testo unico delle leggi in materia
bancaria e creditizia), che alla lett. c) del 1° comma conferma che la Banca
d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, può emanare
disposizioni di carattere generali aventi ad oggetto le partecipazioni
detenibili dalle banche.
10
PATRONI GRIFFI A., Il regime delle partecipazioni delle banche nelle assicurazioni,
in PATRONI GRIFFI A.-RICOLFI M. (a cura di), Banche ed assicurazioni fra
cooperazione e concorrenza, Milano, 1997, pag. 16.
11
LUCARINI ORTOLANI D., op. cit., pag. 26 ss.
12
1.2. LA POSSIBILITÀ DELL’ ASSUNZIONE DI
PARTECIPAZIONI NELLE ASSICURAZIONI
1.2.1. IL DECRETO MINISTERIALE DEL 1990
La delibera del CICR del 28 gennaio 1981, in base alla quale
dall’insieme delle partecipazioni detenibili dagli enti creditizi erano escluse
quelle in imprese di assicurazione, rappresentava ancora uno scoglio
insormontabile.
Analizzando la situazione che si stava delineando nel settore
assicurativo ed in quello bancario durante gli anni ottanta, l’ABI presentò le
proprie osservazioni al governatore della Banca d’Italia, affinché
appoggiasse dinanzi al CICR un’estensione delle partecipazioni detenibili
dalle banche anche al comparto assicurativo, nell’ottica liberalistica della
direttiva comunitaria 89/646/CEE e in previsione della realizzazione del
Mercato Unico. Infatti, secondo l’ABI, il processo d’integrazione tra
assicurazioni e banche in Italia avrebbe potuto contribuire a rafforzare la
13
competitività sul mercato interno ed a porre le basi per un’espansione negli
altri Paesi della comunità europea.
12
Tenuto conto di queste considerazioni, è stato emanato il decreto del
Ministro del Tesoro 4 maggio 1990, che ha ammesso la possibilità per le
banche di possedere, previa autorizzazione della Banca d’Italia, quote
partecipative in imprese assicurative. La ragione di tale “apertura” è da
ricercare nella parte motiva dello stesso decreto,
13
nella quale viene
affermato che “rilevato che il processo di progressiva integrazione tra i
diversi settori in cui si articola l’industria dei servizi finanziari (banche,
assicurazioni, intermediazione finanziaria) ha portato all’affermarsi di nuovi
prodotti che condividono profili tecnico-operativi specifici dei citati settori”
e che “nell’ambito di tale processo particolare rilevanza rivestono i prodotti
assicurativi, specie del “ramo vita”, i quali per le crescenti connotazioni
finanziarie assunte nel tempo, costituiscono forme alternative di
investimento del risparmio”. Sulla base di tale constatazione, si deduce che
le banche hanno interesse ad entrare in nuovi settori finanziari ed in
12
MAIMERI F.-TIRACORRENDO G., Rapporti partecipativi tra banche e
assicurazioni, in AA.VV., Banca e assicurazione: aspetti giuridici ed economici, Roma,
1997, pag. 91 ss.
13
MERUSI F., Sul criterio di legittimazione dei rapporti fra banche ed assicurazioni, in
Diritto della banca e del mercato finanziario, 1992, pag. 217 ss.
14
particolar modo in quello assicurativo, per affrontare “gli impulsi derivanti
sia dall’attenuata segmentazione dei diversi comparti dell’attività finanziaria
sia dalle prospettive di integrazione bancaria a livello comunitario” dove
l’apertura delle banche al mondo assicurativo è già presente.
Il decreto stabilisce che la Banca d’Italia può autorizzare le aziende di
credito e gli istituti centrali di categoria a sottoscrivere il capitale di
imprese di assicurazione nel rispetto delle direttive seguenti:
a) “potranno acquisire interessenze di controllo solo le aziende di
credito che si contraddistinguono per dimensioni e struttura tecnico-
organizzativa”;
b) “al fine di evitare il rischio di eccessivi immobilizzi nel comparto”,
viene attribuito alla Banca d’Italia il compito di fissare i “limiti (riferiti al
patrimonio delle banche) al complesso degli investimenti partecipativi in
società assicurative in funzione anche del ramo di attività delle stesse”;
c) “le direttive di cui sopra si applicano anche agli interventi delle
aziende di credito nel capitale di imprese di assicurazione estere, fermi
restando i principi di carattere generale” contenuti nella delibera del CICR
del 28 gennaio 1981. In particolare, restavano in vigore la preventiva
autorizzazione, che doveva essere richiesta quando la partecipazione
oltrepassava il 2 per cento del capitale della società assicurativa partecipata
15
o il 10 per cento del patrimonio della banca partecipante, e la necessità della
sola comunicazione per tutte le altre partecipazioni, purché ammissibili.
14
Si può notare come il provvedimento normativo sopraindicato, pur
sottolineando la disposizione delle banche a penetrare nel settore
assicurativo, mantiene stabile la necessità del rispetto delle peculiarità
istituzionali di ciascun ordinamento.
15
Va rimarcato anche come il decreto ministeriale, non limitandosi al
mercato nazionale, abbia consentito la partecipazione al capitale di società
assicurative estere, favorendo lo sviluppo dell’integrazione finanziaria a
livello comunitario.
16
In definitiva, il decreto del Ministro del Tesoro del 4 maggio 1990
confermava che la legge bancaria del 1936/38 non imponeva alcuna
preclusione all’ingresso delle banche nel capitale delle imprese di
assicurazione e rappresentava un indizio della progressiva affermazione del
principio di despecializzazione operativa che avrebbe preso consistenza con
il d. lgs. 14 dicembre 1992, n. 481, cioè con la normativa di recepimento
della seconda direttiva comunitaria in materia bancaria.
17
14
CORVESE C.G., La disciplina giuridica, cit., pag. 69 ss.
15
Così IANNUZZI A., I poteri dell’ISVAP, in Assicurazioni, 1991, I, pag. 42.
16
In tal senso MAIMERI F.-TIRACORRENDO G., Banca e assicurazione, cit., pag. 92.
17
PATRONI GRIFFI A., Il regime, cit., pag. 14 ss.