Introduzione
Com’è noto, l'inizio della ricerca nel campo della Linguistica storico-comparativa coincide proprio
con la nascita della Linguistica in sé. La Linguistica comparativa conta su una tradizione enorme della
ricerca sviluppata in università tedesche: molti linguisti storico-comparativi, soprattutto Indoeuropeisti
ma anche specialisti di lingue semitiche e altaiche, hanno studiato in Germania. Negli ultimi decenni,
tuttavia, proprio in Germania, essa ha parzialmente perso la relativa centralità rispetto alle altre
discipline della linguistica. Ciò ha portato ad una grande perdita, tenendo conto della ricchezza di
conoscenze accumulata durante due secoli.
Nel corso del XIX secolo, hanno trovato terreno fertile e sono stati riconosciuti come argomenti
fondamentali di ricerca argomenti quali il rapporto genetico, la ricostruzione linguistica ed il
cambiamento linguistico, che sono stati studiati spesso con un metodo interdisciplinare, attraverso
l’implementazione di strumenti e metodologie in seguito estesi ad altri campi della linguistica. Per la
maggior parte del XX secolo, il primato della Germania è rimasto incontestato e virtualmente tutti gli
studiosi attivi nella linguistica storico-comparativa hanno ricevuto gran parte della loro formazione lì ed
hanno poi diffuso la loro conoscenza in altri Paesi.
Alla fine del XX secolo, nonostante il crescente interesse per la linguistica descrittiva sincronica, la
linguistica storico-comparativa può ancora risultare con una rinnovata e approfondita forza e avere
potenzialmente un ruolo esemplare riguardo ad altre discipline linguistiche attraverso l’uso di nuove
metodologie di ricerca, quali i metodi quantitativi della linguistica computazionale (lessicostatistica e
glottocronologia attraverso i mezzi informatici) e un dialogo interdisciplinare con le scienze vicine, quali la
genetica, l'archeologia e le scienze cognitive.
Per una decisa riaffermazione del ruolo centrale della linguistica storico-comparativa, la base
tedesca è ancora di capitale importanza: soprattutto in campi di ricerca come la linguistica indoeuropea
e delle lingue orientali, la conoscenza effettiva accumulata nel corso di più di due secoli di ricerca deve
essere messa a disposizione dei linguisti interessati al cambiamento linguistico ed alla tipologia linguistica, per
promuovere lo scambio di conoscenza fra campi vicini, ma spesso non comunicanti, della linguistica. In
particolare la collaborazione fra tipologi e linguisti storici risulta di particolare interesse e foriera di sviluppi.
In questo campo, la tradizione tedesca fornisce un background straordinariamente ricco, poiché la
Germania è stata anche la culla della Tipologia linguistica, con il padre fondatore Wilhelm von Humboldt,
dagli inizi del XIX secolo ed è oggi la sede delle istituzioni principali per la Tipologia di lingua, così
come lo è per la Linguistica storico-comparativa.
Proprio perché è d’obbligo una rivalutazione della rilevanza della linguistica storico-comparativa
nel XXI secolo, l’obiettivo principale della presente rassegna critica è quello di tracciare un bilancio degli
ultimi sviluppi della ricerca contemporanea in questo così importante campo della Linguistica, proprio
perché in questi ultimi anni, in particolare 2008-2011, si registra una rinascita d’interesse. Tale rinascita
arriva inaspettatamente dal mondo dei metodi statistici e probabilistici della Linguistica computazionale,
dal momento che è ora possibile usufruire degli inaspettati apporti dell’informatica, potente strumento
capace di gestire, modellare e confrontare una grande mole di dati ingestibili dalla mente umana.
Tale rinnovato interesse si fonda, da un lato, su un impensabile recupero di metodi sottovalutati
come la Lexicostatistics e la Glottochronology di Swadesh, basate sul confronto interlinguistico del
vocabolario basico (universale e quindi immune ai prestiti) e sulla datazione del cambiamento
linguistico, dall’altro sull’affermazione di una nuova prospettiva, ovvero l’approccio interlinguistico
della mass o multilateral comparison di Greenbergiana memoria e dei crossnulllinguistic studies tipologici e
semantici, approcci che, nati 50 anni fa, sono stati oggetto di critica da parte di linguisti tradizionali e
Indoeuropeisti, per presupposti e metodi, ma che ora ricevono un forte impulso innovativo appunto
dal mezzo informatico.
I giovani ricercatori puntano su idee originali per un metodo interdisciplinare, nuovi approcci
combinati, contando sui precedenti offerti dagli eruditi maggiori. Proprio il termine di approccio combinato
e prospettiva crossnulllinguistic sembrano essere le parole “chiave”.
Gli apporti dei nuovi approcci mirano soprattutto a dare un contributo alla discussione sui fattori
in gioco nel cambiamento linguistico diacronico e nello studio del rapporto fra gradualità diacronica e
variazione sincronica, integrando gli attuali punti di vista su variazione e uso linguistico.
Speciale attenzione è quindi rivolta ad argomenti teorici e metodologici: 1) come lo studio sul
cambiamento linguistico può trarre giovamento dai successi più recenti delle teorie linguistiche e 2)
come le spiegazioni della variazione sincronica possono essere trovate nei processi diacronici,
discutendo se la gradualità diacronica e la variazione sincronica possono essere analizzate tramite gli stessi
obiettivi e per mezzo degli stessi strumenti teorici.
Questa rassegna vuole quindi indagare su questioni fondamentali su cui la linguistica storica
s’interroga da due secoli, quali: perché e come le lingue cambiano? Come arrivano cioè ad essere quello che
sono? E come sono imparentate tra loro? E’ preferibile parlare di gradualità del cambiamento o di
sostituzione (replacement)? Si deve insistere sull’innovazione linguistica (come vuole il metodo comparativo
tradizionale) o sulla persistenza (come vuole la prospettiva della Lexicostatistics e della mass o multilateral
comparison e dei crossnulllinguistic studies)? E’ ancora giusto parlare di sound law (senza limiti nello spazio e nel
tempo) o è meglio parlare di phonetic rule?
E ancora, qual è l'effetto del contatto sul cambiamento linguistico, in altre parole, il contatto di lingua
può effettivamente essere visto come tipo speciale di fenomeno sincronico che può durare nel tempo e
può condurre gradualmente al cambiamento diacronico, innescando o influenzando lo sviluppo delle
costruzioni particolari nelle lingue vicine? E’ lecito “riproporre” il concetto di monogenesi e successiva
differenziazione culturale nell’eterno enigma dell’origine del linguaggio? Qual è l’effettivo limite tra lingue
vive e lingue morte? Ha ancora senso fare questa distinzione? Perché ha ancora senso oggi studiare le
lingue antiche, classiche? S’intende rivolgere infine una domanda fondamentale: queste nuove
prospettive, la rinascita di approcci abbandonati e rivisti alla luce dei mezzi informatici, sono
incompatibili rispetto agli approcci tradizionali classici o sono invece di reciproco supporto?
In particolare, la presente rassegna critica focalizza riflessioni e solleva dibattiti su questioni
importanti:
- fino a che punto è legittimo il confronto tipologico trans-linguistico confrontando materiale
fonologico e semantico in vista della classificazione genetica;
- come possono interagire Tipologia e metodo comparativo, scienze cognitive, genetica,
linguistica Computazionale, per poter comprendere il cambiamento linguistico e la parentela genetica
tra lingue, ovvero come aspetti sincronici possono influire su aspetti diacronici.
- cosa si vuole dimostrare attraverso il punto di vista translinguistico (crossnulllinguistic studies );
- cosa s’intende esattamente per lessico basico, e come individuare e distinguere dalle parole ereditate
(cognates) i prestiti e i calchi, i fenomeni di analogia, che inficiano la validità di ogni confronto ai fini della
definizione di una parentela tra lingue e fino a che punto è lecito tener conto anche dei sinonimi
semantici, e delle varie implicazioni fonologiche (materiale fonetico di ogni lingua);
- quale grado di scientificità e di empirismo c’è nel criterio di “somiglianza superficiale” come guida
nel confronto trans-linguistico;
- quale ruolo hanno le “regolari corrispondenze di suono” e la ricostruzione, procedimenti
fondamentali del metodo comparativo tradizionale inaugurato dai Neogrammatici del XIX sec.;
- se è più legittimo enfatizzare l’innovazione o la persistenza nella comparazione linguistica;
- quante lingue bisogna confrontare per poter arrivare a parlare di un valido modello scientifico;
- quale grado di predittività ha un simile modello;
- quanto spazio è dato alla casualità e alla probabilità;
- come l’ipotesi monogenetica e della successiva differenziazione del linguaggio, di tipo
cognitivista, si concilia con il principio desaussuriano e tassonomico dell’arbitrarietà del segno;
- come la valutazione di staticità-cambiamento, cioè di permanenza-assenza-innovazione di un
lessema in prospettiva interlinguistica, può offrire spunti per ulteriori sviluppi futuri, in relazione al
concetto di universali linguistici, al principio di economia, alla parentela genealogica tra le lingue, e soprattutto
dare dei riferimenti metodologici che facilitino l’apprendimento e la didattica delle lingue, eliminando la
dicotomia tra lingue vive e lingue morte, anzi “visualizzando” le lingue vive moderne come semplice
evoluzione delle lingue “morte” antiche.
E’ evidente quindi che ripercorrere il dibattito critico sugli approcci di comparazione linguistica
degli ultimi anni, significa innanzitutto toccare implicitamente molte questioni fondamentali che
appartengono a tutta la riflessione linguistica.
Molte critiche a modelli del passato sembrano dovute a malintesi e/o letture fatte in modo
polemico, senza un reale approfondimento o contatto diretto con i metodi e gli strumenti di tali
studiosi, per cui vale la pena rivisitarle alla luce di nuovi strumenti e nuove prospettive.
I risultati della rassegna si sono rivelati un valido fondamento teorico, una base scientifica ad una
proposta di un nuovo metodo (presentato in Appendice), che verrà sviluppato in seguito soprattutto con
valenza didattica, cioè un Indice semasiologico del lessico basico di lingue IE e non-IE, antiche e
moderne, in prospettiva interlinguistica, che permetterà di visualizzare un vocabolario comparato di
basi lessicali, coinvolgendo aspetti fonologici, morfologici, semantici e lessicali.
La presente impostazione metodologica di comparazione linguistica coinvolge Tipologia,
Semantica, Multilateral comparison, Linguistica Computazionale e Lessicostatistica, con scopo
prettamente didattico. Le 20 schede lessicali sono impostate per aree semantiche, in relazione al lessico
basico (numeri, nomi di parentela, corpo umano, elementi naturali, animali, verbi basici, pronomi,
preposizioni...); sono stati riportati i principali ceppi linguistici, Indoeuropei, ma anche non Idoeuropei
(per ora etrusco e lingue semitiche), dalle lingue antiche a quelle moderne (sarebbe interessante
aggiungere un numero maggiore di lingue e ampliare le aree semantiche, con i relativi lessemi, anche
basco, turco, e cinese).
Le schede potrebbero essere definite un "Indice semasiologico del lessico basico", o "Dizionario
ragionato interlinguistico", una comparazione translinguistica, di tipo Greenbergiano (anche se io l'ho
realizzata prima di aver sentito parlare di Greenberg) e lessicostatistico.
Vengono indicati con colori diversi le radici ricorrenti. Da ogni scheda si può evincere
l'evoluzione dei semi, persistenza e innovazione nelle varie lingue (talvolta ci sono sinonimi semantici),
leggi fonetiche, continuità tra lingue antiche e moderne, che fa comprendere il cambiamento linguistico
e la parentela tra le lingue, somiglianze e differenze tra le radici indoeuropee e non Indoeuropee.
Ho utilizzato i princiali lessici etimologici delle varie lingue, il Rix e il Pokorny, ma anche lessici
etimologici.
L'obiettivo non è quello della ricostruzione, ma la visualizzazione e descrizione delle lingue
esistenti. Si può evinecer una sorta di monogenesi delle lingue, con progressiva differenziazione
culturale.
Vorrei inserire anche il turco e il basco, e magari un giorno il cinese, perché no, non per
dimostrare qualcosa, ma solo come confronto.
Si tratta di un progetto che ritengo ricco di sviluppi futuri (anche per eliminare una volta per tutte
il concetto di "lingue morte" in riferimento al latino e al greco!!)....
Quando ne ho parlato a scuola, nella mia supplenza del 2007 al Liceo Classico di Foligno, ho
visto grande entusiasmo negli studenti, e una motivazione in più a studiare appunto le lingue classiche....
Vorrei fare una pubblicazione quanto prima di questo Indice, valido anche per l'apprendimento e
la didattica delle lingue, soprattutto perché è il frutto di anni di lavoro.
Metodi e strumenti
Una proposta metodologica: indice semasiologico del lessico basico (lingue antiche e
moderne), dei principali gruppi linguistici Indoeuropei (e non IE.).
MODELLO DI SCHEDE LESSICALI (visualizzazione di semi lessicali nelle varie lingue storico naturali).
Indice semasiologico per aree semantiche
Area semantica
LINGUA ‘IDEA’ ‘IDEA’ ‘IDEA’ ‘IDEA’ ‘IDEA’ ‘IDEA’ ‘IDEA’ ‘IDEA’
Proto-ind.
(PIE)
Radice/i
lessicali
Anatolico
Iittita
Licio
Luvio
Persiano
Avestico
Persiano
Indo-Ario
Sanscrito
Classico
Vedico
Hindi
Tocario
Tocario A
Tocario B
Armeno
Celtico
Protonull celtico
(Celtnull Q contin.)
Goidelico
Ant. Irland.
(Celtnull P insul)
Welsh
(Cymber)
Bretone
Albanese
Etrusco
(non IE.)
Ellenico
Miceneo
Greco Class.
Attico, Ionico
Dorico
Eolico
(Omerico?).
Greco
Moderno
Italico
Osco
Umbro
Falisco
Latino
Lingue
Romanze
Italiano
Francese
Spagnolo
Portoghese
Rumeno
Germanico
Protonull Germanico
Gotico
Ant.
AngloSass..
Norreno
(A.Island.)
Ant. Altoted.
Tedesco
Inglese
Balto-Slavo
Lituano
A.Prussiano
ucraino
russo
Polacco
Ant.Slavo
Sumero
(non IE.)
L. Semitiche
(non IE.)
Accadico
Ebraico
Nell’ambito della ricerca contemporanea della comparazione linguistica, la presente proposta
metodologica, finalizzata alla didattica e all’apprendimento delle lingue classiche e moderne, intende
mettere in pratica i modelli teorici sopra analizzati.
Tale metodo si avvale dei numerosi apporti della Linguistica Contemporanea: l’approccio
tipologico, comparativo (indoeuropeistica e “mass o multilateral comparison” di Greenberg), principi
lessicostatistici, sviluppati da Swadesh e da Holman-Brown, l’approccio dei cross linguistic studies (semantic
primes di Goddard e Wierzbicka).
Partendo dal concetto di ‘IDEA’, “significato”, “referente” ovvero di unità lessicale, lessema
proto-tipico (categoria nominale o verbale), si procederà all’analisi del lessico basico, o meglio delle
distinzioni lessicali basiche, per area semantica, così come si sono realizzate nelle varie lingue storico-
naturali, indoeuropee e non-IE, in senso diacronico, per gruppi linguistici e per classificazione
tipologica.
Ogni tabella-scheda raccoglie un ambito semantico (numeri, nomi di parentela, corpo umano,
elementi naturali, animali, piante, prodotti dell’agricoltura e allevamento, elementi meteorologici e
climatici, insediamenti e istituzioni, pronomi personali- dimostrativi, pronomi interrogativi-relativi-
indefiniti; verbi basici) e visualizza i termini primari del vocabolario basico, che appartengono a quell’area
semantica e che costituiscono i termini di alta frequenza, i termini più antichi, radicati, essenziali di
ciascuna lingua.
Ovviamente tale impostazione offre innumerevoli spunti di ampliamento futuro; si potranno
considerare altre lingue ed altri campi semantici (matrimonio, religione-sacralità, pensiero-emozioni e
rapporto anima-corpo, colori, arte-generi letterari, concetti astratti, metalli, scansione temporale), o altre
categorie (avverbi, preposizioni semplici, affermazione-negazione).
Le schede sono così strutturate: in ogni tabella, nell’ipotetico “asse delle ascisse” orizzontale, sono
stati riportati i principali lemmi relativi ai vari campi semantici (ad es. ‘padre’, ‘madre’, ‘fratello’,
‘sorella’…), “declinati” verticalmente nelle varie lingue storico-naturali; in un ipotetico “asse delle
ordinate” verticale sono state riportate le varie lingue storico-naturali, nelle quali si andrà ad analizzare
la realizzazione, appunto, di tali IDEE, raggruppate per famiglie linguistiche (ceppi linguistici, con
relativa proto-lingua, se possibile, e relative lingue antiche e moderne, indoeuropee e non-IE), che
permetteranno di ricavare informazioni sulla persistenza, presenza-assenza dei lessemi analizzati, anche
attraverso la semplice osservazione della somiglianza superficiale.
Le lingue scelte sono quelle dei principali ceppi linguistici indoeuropei (sono evidenziati in
grigio), dai rami più antichi alla loro evoluzione in lingue moderne: Anatolico (Ittito, Luvio, Licio,
quando attestati); Sanscrito (Vedico e Hindi); Persiano (Avestico); il Celtico –P (insulare) e Celtico-Q
(continentale); Albanese; Armeno; Tocario (A e B); lingue Elleniche (miceneo, greco classico e vari
dialetti eolico, dorico, ionico, Omerico); Italico (Osco-Umbro, Falisco, Latino); lingue germaniche
(gotico, antico Anglo-Sassone ovvero Old-English, Norreno o Antico islandese, Antico Altotedesco);
infine il ceppo balto-Slavo (lituano).
Seguono le lingue moderne che ne sono evoluzione: lingue Romanze (dal latino: italiano,
francese, spagnolo, portoghese, rumeno); greco moderno; lingue germaniche moderne (tedesco e
inglese); ucraino e russo.
Si sono scelte come lingue non-IE di controllo l’Ebraico (lingua semitica, con le relative lingue
attestate arcaiche sumero e accadico) e l’Etrusco.
Nella prima riga si riporteranno le radici PIE (proto-indoeuropee), se disponibili, che
indicheranno la persistenza del sema lessicale; talvolta potranno essere presenti più radici, ad indicare più
sinonimi semantici, alcuni conservativi, altri innovativi. Altre volte non sarà possibile individuare tali
radici PIE.
Si evidenzia che le lingue Non-IE incluse nelle schede valgono solamente per considerazione,
non come “prove” di qualcosa; esse possono essere usate come lingue di controllo per contrasto, per
esempio per dimostrare la distinzione fonologica tra lingue imparentate e non.
Anche in questo caso, si aprono ampie possibilità di sviluppi successivi, per cui si potrà
contemplare un più ampio confronto, di impronta Greenbergiana, tra le cosiddette lingue nostratiche
(lingue amerinde, altaiche, ugro-finniche…)
Dalle tabelle si ricaverà una sorta di vocabolario comparativo, o meglio un indice semasiologico.
Questo tipo di comparazione tra lingue Indoeuropee di vari ceppi e, per contrasto, non-IE, offre un
raffronto fra quelle parole appartenenti a diverse lingue IE, di comune origine e non, che hanno mantenuto
lo stesso significato, ma sono state prese in considerazione sia le parole il cui corrispondente, in altra
lingua, hanno un vocabolo che le traduce e che hanno la stessa radice, sia parole derivanti dalla stessa radice ma che
hanno cambiato significato, pur mantenendo un significante superficialmente simile.
Scopo del presente lavoro risulta quindi quello di “manifestare”, rendere visibile, l'andamento
fonetico della parola, nel suo processo di cambiamento diacronico, nella sua “storia evolutiva”
diacronica e sincronica, ma anche translinguisitica: per ogni lemma viene riportato infatti il termine
proto-IE di origine, quando disponibile (perché persistente), ma si segnalerà, come significativo, anche
quando tale radice “non è disponibile”, in quanto il sema lessicale è mutato semanticamente o
fonologicamente, quindi non persistente.
I termini sono stati individuati tramite la consultazione di lessici etimologici (vd. Bibliografia), e
non dedotti dalle radici indoeuropee di Rix, LIV o da Pokorny.
Come si vedrà, alcuni termini appartenenti alla stessa radice, presentano cambiamenti
semantici, per esempio dal greco t…qhmi (porre) al latino facio (fare) all’inglese to do (“fare” ed ausiliare);
oppure si vedrà come per l’idea di ‘FIGLIO’ (gr. Øój o tšknon o pa‹j; lat. filius, ingl. Son) o ‘FIGLIA’
(gr. qugaq»r, lat. filia, persiano Duxdhar, got. daúhtar, Ing. daughter, ted. Töchter, lituan. dukte), si
presentino molti sinonimi semantici e non sia quindi possibile individuare una radice unica, statica e
persistente; o ancora si vedrà come dalla radice IE, *māter , persistente e stabile in tutte le lingue senza
soluzione di continuità con il significato di “madre” (con lievi mutamenti superficiali dal punto di vista
del significante: gr. m»thr /’mɛ :tɛ :r/, lat. mater, ing. mother, ted. Mütter) si passi all’albanese motër, motrë
con il significato di “sorella“, con evidente stabilità del significante, ma slittamento semantico che
l’indoeuropeistica classica non può spiegare.
Questa visualizzazione di staticità-cambiamento ovvero di permanenza-assenza-innovazione di un
lessema, offrirà spunti per ulteriori sviluppi futuri, in relazione al concetto di “innovazione” linguistica,
agli universali linguistici, al principio di economia, alla parentela genealogica tra le lingue e
soprattutto darà dei riferimenti metodologici che facilitino l’apprendimento e la didattica delle lingue,
eliminando la dicotomia tra lingue vive e lingue morte, anzi “visualizzando” le lingue vive moderne
come semplice evoluzione delle lingue morte.
Degno di nota è il fatto che tutti i lessemi individuati dal database coincidono (anche se in
numero inferiore) con quelli che io avevo precedentemente individuato, scegliendoli in base al concetto
di "idea", prototipo, tipico della linguistica cognitiva (approccio che Holman-Brown ed altri non citano
assolutamente): tuttavia arriviamo agli stessi risultati, anche se io, appunto, ho individuato un maggior
numero di lessemi (nominali, verbali, preposizionali…), dopo averli scelti non in base al tipo di fonemi
consonantici o in base al numero di sillabe, ma per categoria e per significato basico, compresi i lessemi
verbali, che vengono ignorati da quei ricercatori.
L’obiettivo del mio studio è non tanto quello di rilevare nuovi risultati sulla parentela linguistica in
base alla prossimità semantica, ma la ricerca di una motivazione nelle parole da comparare, l’analisi dei
sinonimi semantici e il concetto di slittamento semantico, ... e di superare il concetto di parentela
linguistica o contatto areale, e di etimologia, per approdare all’idea cognitivista di prototipo, di
persistenza di semi all’interno delle varie lingue, di slittamento semantico da un certo significante ad un
diverso significato, di sinonimo semantico, metafora, metonimia, e al concetto di “radice” come
portatore di significato (verbale, nominale, aggettivale, avverbiale) e come “funzione” comune a tutte le
lingue.
In questo modo si concilieranno sia gli aspetti sincronici che diacronici delle lingue storico-
naturali, sia i rapporti sintagmatici che paradigmatici, coinvolgendo il concetto di presenza-assenza e
quindi di mutamento linguistico e di persistenza (fonologica, morfologica, semantica).