Introduzione
I
INTRODUZIONE
Questo elaborato è volto ad analizzare le dinamiche storico
politiche, con un breve cenno anche alle condizioni economiche,
che hanno caratterizzato i piø recenti anni di storia della Cina.
In particolar modo, il periodo cui ci si riferisce è quello
compreso tra gli anni Settanta (che segnano l’apertura del Paese
alle relazioni con l’estero ed agli investimenti stranieri nel
territorio della Repubblica Popolare Cinese di Deng Xiaoping)
e i giorni nostri. Tali dinamiche hanno comportato una
realizzazione di rapporti diplomatici sempre piø folti ed alla
creazione di nuove strategie di Soft power del governo centrale
volte a “contare di piø nel mondo”.
Il percorso che viene seguito è il seguente:
Il capitolo 1 si pone l’obiettivo di dare, come introduzione
all’intera trattazione, la definizione di soft power partendo
dalla fonte primaria di questo concetto : J.S. Nye. In particolare
viene analizzato il concetto nel suo naturale confronto con il
suo contrario, l’hard power, per poi studiarne le diverse
accezioni ed i diversi ambiti di applicazione. Da ultimo , viene
analizzato il concetto di Cultural Diplomacy, definizione e
applicazione.
Il capitolo 2 si propone di inquadrare, brevemente, la Cina,
prima storicamente, analizzandone il nuovo ruolo di “potenza”
globale e regionale e , di conseguenza, le modalità attraverso le
quali si approccia al soft power.
Il capitolo 3 analizza nel dettaglio le diverse strategie di soft
power alle quali il Governo della Repubblica Popolare Cinese
Introduzione
II
ha pensato per ottenere i risultati prefissati. Dunque: le
strategie per diffondere nel mondo la lingua cinese, una tra tutti
l’istituzione degli Istituti Confucio, e di conseguenza il ruolo
dei media, di internet e dell’arte, che nonostante le nuove
tecnologie resta uno strumento importante per la diffusione
della cultura cinese, utilizzata come linguaggio diplomatico.
Nel capitolo 4, nonchØ ultimo, viene analizzato il “fenomeno”
di nuovissima generazione “L’anno della cultura cinese”
all’estero. In seguito ad una breve introduzione sulla nascita di
questa nuova strategia di soft power, ci si propone di analizzare
gli eventi piø importanti relativi ad essa: “L’anno della cultura
cinese” in Francia, che ne ha segnato l’inaugurazione nell’anno
accademico 2003-2004 e l’imponente mostra Alors, la Chine?
Tenutasi al Centre Pompidou a Parigi che ne ha caratterizzato
l’anteprima; “L’anno della cultura cinese” in Italia, nonchØ
quello attuale e, infine, quello che sarà “L’anno della cultura
cinese” in Australia nell’anno accademico 2011-2012 che è già
stato inaugurato proprio mentre veniva elaborato questo testo,
il 24-06-2011.
Capitolo 1. Il concetto di soft power
1
CAPITOLO 1
IL SOFT POWER
1.1 Cosa si intende per soft power?
L’espressione soft power è stata formulata per la prima volta
all’inizio degli anni Novanta da Joseph Nye e indica:
[Soft power] is the ability to get what you want through attraction
rather than coercion or payments. It arises from the attractiveness of a
country's culture, political ideals, and policies. When our policies are
seen as legitimate in the eyes of others, our soft power is enhanced.
1
Il concetto di soft power non coincide con quello di
“propaganda”, nØ con il semplice esercizio di relazioni pubbliche,
ma, piuttosto, al modo in cui queste vengono tradotte in una
forma di potere; una risorsa con cui qualsiasi Stato (non solo una
grande potenza) può influenzare il punto di vista altrui e, quel
che piø conta, le politiche estere degli altri Paesi.
Non si tratta di una novità, poichØ il soft power è già stato
ampiamente utilizzato in passato, ad esempio all’epoca della
Guerra fredda. In quel contesto, la minaccia dell’uso di strumenti
militari, si accompagnò, infatti, ad una serie di iniziative, mirate
a diffondere la cultura e lo stile di vita americano nell’Europa
divisa tra Est e Ovest
2
.
Nel panorama attuale delle relazioni internazionali, il soft
power assume, però, una connotazione differente, in funzione
delle mutate circostanze e dei diversi equilibri di potere,
esattamente come avviene per la sua controparte: l’hard power.
L’informazione, ad esempio, è una forma di potere e i progressi
realizzati oggi nei settori della comunicazione e delle tecnologie
1
J.S.Nye, Soft Power: The Means to Success in World Politics, New York, Public
Affairs, 2004, p. 34
2
J.S. Nye jr, Soft Power. Un nuovo futuro per l’America, Einaudi, Torino, 2005,
pp.93 - 94
Capitolo 1. Il concetto di soft power
2
la rendono una risorsa alla portata di tutti. Nye analizza, al
proposito, quel fenomeno noto come “privatizzazione della
guerra”, per cui le tecnologie di distruzione di massa diventano
piø facilmente accessibili ai gruppi terroristici, che al contempo
possono aumentare il numero dei loro affiliati servendosi del
reclutamento via Internet. I governi non sono piø i soli a disporre
di certe informazioni e cercare di nasconderle sarebbe per loro
controproducente. Inoltre, mentre il processo di globalizzazione
riduce la distanza esistente tra centro e periferie, le attuali
tecniche di comunicazione accrescono la visibilità di queste
ultime e danno voce alle loro esigenze. Per questa ragione è
sempre piø importante che il potere venga esercitato tenendo
conto delle preferenze altrui, oggi piø che in passato.
Nye concepisce il mondo come una scacchiera a tre dimensioni
- militari, economiche e transnazionali - delle quali si deve tener
conto contemporaneamente per poter vincere la partita. E’ in tale
contesto che il soft power svolge un ruolo fondamentale perchØ,
se usato in modo appropriato, esso può aumentare le possibilità di
riuscita delle politiche statali in tutte le dimensioni del potere.
Una sua mancanza o un cattivo uso possono, al contrario, tradursi
in risultati negativi anche in campo militare ed economico.
Data l’importanza del soft power, su cosa è basata la capacità
di attrattiva di un Paese? Si tratta, innanzitutto, di individuare dei
valori e di saperli rappresentare credibilmente, in modo tale che
gli altri siano portati ad aspirare alla loro realizzazione. Per
questa ragione il soft power non è direttamente proporzionale alle
dimensioni nØ all’importanza di uno Stato, anche piccoli Stati
possono quindi determinare politiche basate su una strategia di
diffusione dei propri valori, a condizione che questi siano
percepiti come universalistici. Il semplice possesso di valori non
è sufficiente: occorre perseguirli in maniera concreta e prestare
attenzione a come vengono messi in pratica nel contesto
Capitolo 1. Il concetto di soft power
3
nazionale: ad esempio, un Paese che denuncia l’apartheid
all’estero non potrebbe mai esercitare una politica di
segregazione razziale all’interno dei suoi confini e continuare ad
essere credibile.
Infine, anche in presenza di politiche coerenti ed efficaci, non
è detto che i valori siano ammirati ed interiorizzati da altri. La
loro ricezione dipende dal contesto, a livello spaziale e temporale.
Infatti le politiche cambiano nel tempo e, un dato modello
culturale potrebbe produrre repulsione in un determinato paese e,
invece, attrazione in un altro. Si tratta di un limite del soft power,
spesso evidenziato per sminuirne l’importanza ed evidenziare
invece i vantaggi del potere militare. Tuttavia, si tratta di un
limite relativo, Nye lo spiega chiaramente prendendo come
esempio la situazione islamica: se è vero che in un Paese islamico,
in cui esista già un diffuso antiamericanismo, è piø difficile che
le politiche o il modello culturale americano riscuotano simpatie,
è altrettanto vero che le reazioni sono differenziate. Infatti,
risulta opportuno scindere il punto di vista dei Governi da quello
dell’opinione pubblica. Nye sottolinea come il reale conflitto nei
Paesi islamici non consista tanto in uno scontro di civiltà, bensì
in una lotta, all’interno della “società civile”, tra esponenti
estremisti e moderati. L’esercizio del soft power è
controproducente nei confronti dei primi, ma può rivelarsi utile
per influenzare i moderati e, nel lungo periodo, la stessa politica
del governo, costretto a prendere in considerazione i cambiamenti
che avvengono nell’opinione pubblica.
L’atteggiamento dei governi introduce, secondo Nye, un
ulteriore spunto di riflessione: il soft power si esercita piø
facilmente e con migliori risultati nelle democrazie, in cui il
potere è diffuso, piuttosto che nelle autocrazie. Inoltre le
democrazie condividono alcuni valori, che contribuiscono a
creare “isole di pace” e a rendere meno ricorrente l’impiego
Capitolo 1. Il concetto di soft power
4
dell’hard power nei loro rapporti reciproci. Tuttavia esiste una
percentuale di Stati che non garantisce libertà di stampa ed
espressione: in questi casi l’informazione può davvero
rappresentare un potere effettivo? Altri detrattori sostengono che
il soft power non permette l’esercizio di un controllo attivo, vale
a dire che i processi di imitazione ed attrazione non sarebbero
sufficienti nel determinare gli esiti delle politiche. E’ infatti
possibile che tali fattori non bastino, ma senz’altro sono necessari:
aumentano le possibilità di raggiungere i risultati attesi e possono
quindi essere un efficace complemento all’uso di altri poteri.
3
Per quanto riguarda la cultura popolare, secondo Nye,
nonostante sembri che essa, potenziale veicolo di soft power, sia
accolta con favore in quei paesi in cui già si apprezzano valori
simili, il fenomeno sarebbe piø complesso, per cui la misura in
cui si esercita attrazione e quella in cui essa sortisce l’effetto
desiderato, non dipende dall’affinità di contesto con il
destinatario, bensì dal modo in cui la cultura viene destrutturata e
ricontestualizzata. Il valore del soft power non può essere
misurato unicamente in base al criterio della popolarità di un
paese. E’ vero che questa forma di potere si rivela piø efficace
nell’influenzare gli obiettivi di portata generale, soprattutto
quelli “di ambiente”.
4
Analizzando, poi, quello che è lo strumento dei sondaggi il cui
valore viene messo in discussione. Si sostiene che la popolarità di
un paese, misurata con strumenti statistici, sia incerta e non
rispecchi fedelmente la realtà dei fatti. I sondaggi sono
certamente approssimativi ma, come rileva Nye, “di una buona
approssimazione” e, in ultima analisi, il soft power non coincide
con il mero concetto di popolarità.
3
J.S.Nye, Soft Power: The Means to Success in World Politics, New York, Public
Affairs, 2004, ed. It. 2005, p. 45
4
Ivi p.50
Capitolo 1. Il concetto di soft power
5
1.2 Soft power VS hard power
Prima di considerare le fonti e le sue realizzazioni nella pratica,
con riferimento specifico alla politica estera cinese, occorre
analizzare il soft power in relazione all’altra forma di potere:
l’hard power.
Con l’espressione hard power si intende:
Hard power is a term used in international relations . Hard power is
a theory that describes using military and economic means to
influence the behavior or interests of other political bodies. It is used
in contrast to soft power, which refers to power that comes
from diplomacy, culture and history.
5
Il soft power è piø lento dell’hard power nel produrre i risultati
desiderati, ma esistono notevoli eccezioni, perchØ talvolta la
diffusione di informazioni può generare risultati con grande
rapidità. L’hard power, invece, è di rapido impiego, ma il rischio
è quello di realizzare soluzioni “parziali” dei problemi. Il soft
power di un Paese non è direttamente proporzionale alle sue
risorse di hard power: non si tratta di imporre un’idea con l’uso
della forza e, di conseguenza, la qualità e quantità di armi a
disposizione non è rilevante. Il Vaticano, per esempio, pur non
possedendo forze armate, esercita una notevole attrazione sulla
comunità internazionale. In alcuni casi, tuttavia, l’hard power
riesce a creare dei “miti di invincibilità” che possono essere
molto efficaci nel convincere altri Stati ad allearsi con il piø forte,
ma necessita comunque di un lato “soft”, nella misura in cui gli
alleati si sentano minacciati nei loro interessi e temano di essere
soggetti ad un dominio, piuttosto che sentirsi parte di una
coalizione.
5
K. Campbell and M. O'Hanlon, Hard Power: The New Politics of National
Security , Basic Books, New York, 2006, p.7
Capitolo 1. Il concetto di soft power
6
Graficamente, potremmo rappresentare hard power e soft power
come gli estremi di una linea. Da una parte sta il potere “duro”, che
definirei come il potere di essere temuti: potere militare, potere
economico, potere di conquistare territori stranieri. Dall’altra parte sta
il potere “morbido”, il potere di essere amati: la capacità di assimilare
altri popoli alle proprie idee, ai valori che si rappresentano,
all’ideologia di cui si è portatori. Il potere “duro” compete quindi
nella sfera militare ed economica, conquista territori e marcati. Il soft
power compete nel mondo dell’informazione e dell’ideologia. E’ la
capacità di raccontare storie. Chi sa esercitare meglio il soft power
conquista il terreno dell’ideologia.
6
1.3 Le fonti del soft power: cultura, valori e politica estera.
Nye elenca tre principali fonti di soft power: la cultura, i valori
(nella cui definizione sono comprese anche le politiche nazionali)
e la politica estera di un Paese.
7
La cultura è una fonte piuttosto controversa:
8
non genera effetti
uniformi perchØ può influenzare in modi contraddittori le diverse
componenti all’interno di un Paese, nØ è immutabile perchØ viene
condizionata anche da tendenze di mercato, indipendenti dalla
dimensione politica. Inoltre lo stesso “contenitore cultura” non è
omogeneo: è infatti possibile distinguere una cultura “alta” e una
popolare o di massa
9
, con conseguenze contrastanti per il soft
power persino all’interno di uno stesso Stato. Inoltre, la cultura
“alta”, interessa principalmente le Ølites di un Paese e spesso non
è in grado di influenzare la maggioranza dell’opinione pubblica di
cui i governi, se democratici, dovrebbero tener conto. Entra in
6
Dichiarazioni raccolte da E. Lupano nel corso del c onveglo internazionale
“China’s Soft Power”, Londra, aprile 2010 in E. Lup ano, “Media e soft power in
Cina”, in in M. Brambilla, C. Bulfoni, A. Leoncini Bartoli (a cu ra di), Linguaggio
politico e politica delle lingue , Franco Angeli, Milano, 2011, p. 73
7
J.S.Nye, Soft Power: The Means to Success in World Politics, New York, Public
Affairs, 2004, p. 85
8
Ibidem
9
J. Clifford, G.E. Marcus, Scrivere le culture , Meltemi, Roma, 2005, p.35
Capitolo 1. Il concetto di soft power
7
gioco la componente popolare, ancora piø controversa nel
favorire o ostacolare l’esercizio di attrattiva.
Infine, se la cultura popolare incontra ostilità nel breve periodo,
non è detto che altrettanto si verifichi in seguito. Il ruolo del soft
power incide proprio su questo aspetto, si inserisce nel vuoto
lasciato dall’ambivalenza della cultura, dal suo non essere
immutabile. In altri termini il soft power non coincide con la
cultura, ma con la capacità di renderla attraente ed accettabile.
Infatti il potere soft varia nel tempo non solo in base alla capacità
di ricezione del destinatario, ma anche a seconda dell’uso che ne
viene fatto da parte del mittente. Nel caso di una diffusa ostilità
verso un Paese, in che misura la sua cultura contribuisce ad
alimentarla? Prendendo ad esempio l’antiamericanismo, Nye
distingue l’avversione determinata da politiche impopolari da
quella motivata da un rifiuto della società, dei suoi valori e della
sua cultura. A questi due tipi si aggiunge un antiamericanismo
strutturale, che è legato alle dimensioni della potenza americana e
che genera risentimento nei Paesi piø deboli.
La seconda fonte del soft power è rappresentata dai valori, a
patto che questi non siano soltanto proclamati in una Costituzione,
ma vengano anche messi in pratica in modo universalistico e
senza ipocrisia. Quest’ultima, infatti, al pari di valori adottati in
modo diverso all’interno e all’esterno di un Paese (secondo un
approccio “due pesi due misure”) svuota il soft power di
significato e lo rende inefficace.
Infine, il potere politico risiede anzitutto nella capacità di
trovare e diffondere informazioni credibili. Da questo punto di
vista i governi che dispongono di spazi pubblici molto aperti e
produttivi, di molteplici strumenti di comunicazione e di contro
comunicazione, si trovano in una posizione di vantaggio, non
sufficiente tuttavia per garantire buoni risultati. La rivoluzione
dell’informazione ha infatti determinato una sovrabbondanza di
Capitolo 1. Il concetto di soft power
8
messaggi tale da provocarne una svalutazione relativa: vince chi è
in grado di filtrare le informazioni per distinguere quelle rilevanti
da quelle inutili. Il governo non è piø l’unica fonte di
informazione, costretto com’è a confrontarsi con una molteplicità
di attori (ONG, aziende, mezzi di comunicazione indipendenti). Il
pubblico, disponendo di fonti diverse, è in grado di distinguere
molto piø facilmente la propaganda dalle informazioni rilevanti e
di screditare la politica estera del governo come ipocrita.
1.4 Cultural Diplomacy
Strettamente collegato al concetto di soft power, e, piø
precisamente, suo sottoinsieme, è quello di cultural diplomacy:
diplomazia culturale, nel quale si inscrive il contenuto di questo
elaborato.
Una definizione puntuale del concetto di cultural diplomacy è
stato dato da J:M: Mitchell già nel 1986:
The fist-order- meaning of cultural diplomacy is apparent enough
[…] as one of the areas of international affairs governed by
negotiations and agreements between governments. The second order
meaning is less determinate. Essentially, the execution of these
agreements and the conduct of cultural relation flowing from them
may be seen either as the extended responsibility of governments of as
something delegated by governments to agencies and cultural
institutions. The former is cultural diplomacy of the second order. As
an aspect of diplomacy it is normally carried out abroad by diplomatic
staff. It is closely aligned to official policy and national interest. Its
ulterior purpose is political or economic. This may or may not be
perceptible to its foreign clients, depending on the tact and restraint
with which it is executed. Cultural diplomacy seeks to impress, to
Capitolo 1. Il concetto di soft power
9
present a favourable image, so that diplomatic operations as whole are
facilitated.
10
Quindi: l’insieme di relazioni culturali con l’estero stabilite su
istanza governativa, ma anche il complesso delle attività culturali
realizzate, non necessariamente in tale ambito, e portate avanti in
maniera autonoma da associazioni ed istituzioni private.
Nel 2009, nel testo Cultural Diplomacy, la definizione:
Cultural diplomacy specifies a form of diplomacy that carries a set
of prescriptions which are material to its effectual practice; these
prescriptions include the unequivocal recognition and understanding
of foreign cultural dynamics and observance of the tenets that govern
basic dialogue. Milton C. Cummings Jr. draws out the meaning of
these cultural dynamics in his description of cultural diplomacy as ..".
the exchange of ideas, information, art, lifestyles, values systems,
traditions, beliefs and other aspects of cultures...."
11
L’importanza della cultura è stata sempre riconosciuta sotto il
profilo diplomatico, come ci viene illustrato da Jessica C. E.
Gienow-Hecht, e Mark C. Donfried nel testo Searching for
Cultural DIplomacy del 2010, tanto da essere utilizzata dai vari
Paesi come strumento di politica estera, con finalità diverse a
seconda delle priorità interne e delle epoche storiche. La
diplomazia culturale nasce, infatti, come attività governativa
finalizzata a proiettare un’immagine favorevole della nazione agli
occhi del pubblico di altri Paesi e il suo compito principale è
quello di garantire ad uno Stato alleanze e influenza attraverso la
cultura, promuovendone la visibilità attraverso
l’internazionalizzazione della sua vita culturale. Questa
10
J. M. Mitchell, International Cultural Relations , Allen and Unwin, Londra,
1986, pp. 4-5
11
F.P.Miller, A.F. Vandome, J.Mc Brewster, Cultural DIplomacy, Alphascript
Publishing , 2009, p.10