2
Introduzione
Il tema centrale verso cui il presente lavoro orienta i propri approfondimenti è
quello della Legge n. 328 del 2000, Legge quadro per la realizzazione del sistema
integrato di interventi e servizi sociali, l’intento è delineare il nuovo profilo di welfare
locale che l’introduzione della Legge ha voluto realizzare.
Come avremo modo di vedere nei capitoli che seguono, il sistema di protezione
sociale nel corso degli anni si è trasformato passando da una struttura di welfare
centralizzato e basato esclusivamente su forme monetarie di assistenza, a un welfare state
sociale, decentralizzato, che promuove interventi di politica attiva, sostenendo la
partecipazione dei cittadini. In continuità con questa nuova impostazione, la Legge n.
328/00 ha voluto migliorare l’efficacia delle politiche sociali presentando un modello di
assistenza sociale completamente riformato. Essa ha infatti inteso realizzare una rete di
servizi territoriali basati sul principio di sussidiarietà, sia verticale che orizzontale, ovvero
un metodo di distribuzione delle competenze e dei ruoli che tenga conto delle capacità e
competenze di tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti nelle diverse fasi di
programmazione, implementazione e valutazione dei servizi sociali.
Nel nuovo quadro normativo il Comune assume un ruolo fondamentale di
coordinamento e di regia, tramite l’adozione dei Piani Sociali di Zona che rappresentano
l’elemento maggiormente innovativo della Legge quadro. Partendo da queste
considerazioni, il presente lavoro, nell’ultima parte, analizzerà l’attuazione della riforma
dei servizi sociali all’interno della realtà locale nella quale risiedo, il Comune di Acate, in
provincia di Ragusa.
Il quadro introduttivo con cui nel primo capitolo verrà avviato lo studio in oggetto,
è dato dalla cornice storica nella quale si colloca il concetto di Welfare. Partendo dagli
accadimenti storico-sociali che hanno portato ad utilizzare per la prima volta il termine, ci
si soffermerà, seppur rapidamente, sulla sua evoluzione, crisi e nuova impostazione. La
trattazione di questo passaggio appare necessaria poiché, mostrando l’iter evolutivo delle
dinamiche che si sono sviluppate attorno alle politiche di Welfare, si potrà meglio
comprendere come da queste, attraverso vari cambiamenti, economici, politici e sociali, si
perverrà alle impostazioni contemporanee contemplate dalla Legge quadro di riforma dei
servizi sociali.
Poiché le politiche di Welfare si collocano dentro a vicende storiche più ampie che
comprendono la lotta e il riconoscimento nel tempo dei diritti sociali, il secondo capitolo
3
farà in apertura un breve riferimento a queste tematiche per poi iniziare l’approfondimento
delle politiche sociali nel contesto italiano. Partendo dalla Legge Crispi del 1890,
riferimento legislativo che ha disciplinato la materia per oltre un secolo, si prenderanno in
esame le evoluzioni storico-legislative che nel corso del tempo si sono realizzate. Verranno
cioè esaminati i testi di legge introdotti in quest’arco di tempo a completamento della
Legge Crispi, che fanno da premessa giuridica all’elaborazione della Legge n. 328/00. In
conclusione al capitolo si riporterà una descrizione del testo della Legge quadro e verranno
esaminati, da un puto di vista tecnico-giuridico, i principi e i valori fondativi della stessa.
Il terzo capitolo verrà dedicato agli aspetti programmatici e operativi previsti dalla
Legge. Esso prenderà in esame il modo in cui si sviluppa il processo di programmazione e
pianificazione, tematiche trattate dalla Legge negli articoli dedicati al Piano Nazionale
degli interventi e dei servizi sociali; al Piano Regionale degli interventi e dei servizi sociali
e alla Pianificazione zonale. Ciascuno di questi aspetti verrà approfondito nei rispettivi
paragrafi. Rispetto al tema della gestione dei servizi sociali verranno esaminati le forme di
gestione e gli strumenti. Verrà approfondito il ruolo e il compito dell’Ufficio di Piano e si
analizzerà la partecipazione del Terzo Settore nella gestione ed erogazione dei servizi
sociali. Infine si farà riferimento alle aree di intervento e ai livelli di assistenza sociale
minimi da garantire in tutto il territorio nazionale.
Il quarto ed ultimo capitolo verrà infine dedicato ad un approfondimento
applicativo della Legge, ovvero si prenderà in esame l’attuazione di questa presso i Servizi
Socio-assistenziali del Comune di Acate. Poiché esso è un Comune siciliano che nella
suddivisione territoriale fa capo al Distretto n. 43, in apertura al capitolo si parlerà intanto
del recepimento della Legge n. 328/2000 in Sicilia per poi prendere in esame l’ultima
stesura del Piano Sociale di Zona del Distretto 43. Dopo aver descritto, secondo i dati
statistici ufficiali, qual è la realtà demografica, economica, occupazionale e sociale del
Comune, si esaminerà quali sono gli interventi e i servizi sicio-assistenziali che lo stesso
offre in risposta ai bisogni della propria comunità, tenendo conto sia dei servizi erogati
grazie ai progetti finanziati dal Piano di Zona con le risorse del Fondo Nazionale delle
Politiche Sociali, sia quelli erogati con fondi del bilancio comunale. Infine in chiusura al
capitolo, in un’intervista al Dirigente dell’Ufficio Servizi Sociali e all’Assessore al ramo, si
farà il quadro reale della situazione sociale comunale.
4
Cap. 1
L’evoluzione del Welfare State
1.1 Nascita e sviluppo del Welfare State in Europa
Gli antecedenti del moderno Stato sociale possono essere riscontrati già in epoca
medioevale nelle opere svolte a favore dei bisognosi da parte delle istituzioni religiose, è
tuttavia opinione storiografica consolidata che la prima forma di assistenza sociale la si
debba fare risalire alla promulgazione delle Poor Laws
1
, avvenuta in Inghilterra fra il 1598
e il 1601 sotto il regno di Elisabetta I
2
. Si tratta di interventi legislativi motivati, più che da
ragioni umanitarie o di giustizia distributiva, dalla preoccupazione e dal timore crescente
che i poveri possano diventare ceti pericolosi, e mettere in discussione l’assetto
istituzionale
3
.
Sempre in Inghilterra vengono istituite, in forma sporadica già all’inizio del 1600
ma in modo cospicuo solo fra la fine del ‘600 e l’inizio del secolo successivo, le cosiddette
workhouse, alloggi costruiti vicino ai centri produttivi, che si proponevano di combattere la
disoccupazione e di tenere basso il costo della manodopera, ma che di fatto si
trasformarono in luoghi di detenzione forzata; la permanenza in questi centri pubblici
equivaleva alla perdita dei diritti civili e politici in cambio dell’assistenza governativa.
Nella storia del Welfare State, questi primi fatti storici vengono classificati dai
politologi come appartenenti alla fase zero indicata come arco di tempo che va dal Medio
Evo alla Rivoluzione Industriale e come epoca che contiene le premesse per la nascita
dello Stato Sociale. Viene quindi indicata come fase uno, l’arco di tempo che va dal 1883
al 1915, è chiamata fase dell’Instaurazione (detta anche di Sperimentazione). Questa viene
fatta coincidere con l’introduzione dell’assicurazione obbligatoria contro i rischi cui i
lavoratori delle industrie erano esposti, avvenuta in quasi tutti i paesi europei alla fine del
1800 e a sua volta frutto della mobilitazione operaia e della nascita dei primi partiti
1
Una serie di statuti elaborati in favore dei poveri.
2
DE BONI C., Lo stato sociale nel pensiero politico contemporaneo. L’Ottocento, Firenze University
Press, 2007. CERAOLO R., Il Welfare State in Europa: Brevi note su origine, modelli e tipologie, in
Quaderni di Intercultura, Messina, Anno III,/2011, N° 32.
3
CHEVALIER L., Classi laboriose e classi pericolose. Parigi nella rivoluzione industriale, Laterza,
Roma-Bari 1976.
5
socialisti
4
. L’assicurazione inaugura la prima forma di collaborazione tra due forze
antagonistiche dello sviluppo capitalistico: datori di lavoro da una parte e lavoratori
dall’altra. Le prime assicurazioni obbligatorie riguardano gli infortuni sul lavoro questo
perché, a causa dei processi di industrializzazione, verso la fine dell’’800 erano aumentati
di molto gli infortuni sul lavoro. Successivamente l’assicurazione obbligatoria viene estesa
anche alla malattia, alla vecchiaia e all’invalidità.
La fese successiva comprende l’arco di tempo che va dal 1920 al 1945 ed è
chiamata di Consolidamento. Durante questa fase, il raggio di azione dei sistemi
assicurativi amplia la propria estensione fino a coprire categorie diverse da quella dei
lavoratori dipendenti, vengono per esempio introdotti gli assegni familiari, la cui titolarità
è in capo al lavoratore ma beneficiari ne sono i familiari.
Nel periodo che va dal 1945 al 1975 si ha la terza fase detta dell’Espansione. Il
trentennio successivo alla seconda guerra mondiale fu un periodo di sviluppo intenso ed
esteso, tanto da essere definito “trentennio glorioso”. In questo periodo si ha l’espansione
massima del modello capitalista di tipo industriale e l’affermarsi della società salariale. In
tutti i paesi si verifica una costante estensione e un miglioramento della protezione offerta
dallo Stato, in molti paesi si realizza una copertura in senso verticale estesa persino ai non
bisognosi. Prende forma un modello di welfare chiamato universalistico fondato su schemi
omnicomprensivi e generosi, su principi egualitari (per le prestazioni) e finanziato dal
gettito fiscale, cioè dal sistema di tassazione. In questi anni la spesa sociale ha una
notevole crescita, tanto da averli definiti anni dell’“epoca d’oro” del Welfare State
5
. Si
sviluppa lo schema pensionistico di ripartizione attraverso il quale i contributi versati dalla
generazione attiva finanziano le prestazioni per la generazione inattiva, ma anche schemi
di natura non assicurativa per l’erogazione di prestazione e servizi di assistenza sociale e
sistemi sanitari pubblici sempre più complessi. Nasce un modello nuovo di protezione
sociale di tipo universalistico e occupazionale.
La quarta fase va dal ’75 al ’90 ed è quella della Crisi. In seguito alle
trasformazioni socio-economiche che segnano la fine del modello di sviluppo capitalistico
di tipo industriale e la crisi della società salariale, si verifica anche la crisi del welfare state.
4
Le prime forme di assicurazione sociale nascono nella Germania di Bismarck tra il 1883 e il 1889 e
successivamente vengono introdotte negli altri Stati Europei.
5
NALDINI M., Le politiche sociali in Europa. Trasformazione dei bisogni e risposte di policy, Carocci,
Roma, 2007.
6
Ci si ritrova di fronte ad una crescente inadeguatezza delle “vecchie” soluzioni di fronte ai
“nuovi” problemi delle società post-industriali, sia il modello universalistico che quello
occupazionale risultano inadatti perché costruiti su premesse socio-economiche e politico-
istituzionali venute meno nel corso degli anni ’70 e ormai non più valide.
La fase successiva alla Crisi, quella nella quale tutt’ora ci troviamo, è detta della
Riforma o Ricalibratura
6
. A partire dai primi anni ’90 il tema della compatibilità
economica della spesa sociale viene messo al centro delle agende politiche, si intraprende
un processo di riforma finanziaria del welfare. Il contenimento dei costi ha interessato in
particolare il settore pensionistico e sanitario fortemente influenzati dalle dinamiche
demografiche. Nelle pensioni i principali cambiamenti hanno riguardato l’età pensionabile,
nel settore sanitario le misure di contenimento dei costi hanno comportato la
compartecipazione dei cittadini alla spesa. Il processo di ricalibratura del welfare
rappresenta un cambiamento istituzionale che presenta vincoli endogeni ed esogeni che
condizionano le scelte dei decisori politici. Vincola all’interdipendenza tra scelte espansive
o migliorative e scelte restrittive o sottrattive (cambiamenti “a somma zero”: se si aggiunge
da una parte, si toglie da un’altra). Sposta l’enfasi posta sui vari strumenti e obiettivi delle
politiche sociali sia all’interno di ciascuna politica, sia fra diverse politiche (ridefinizione
dei rischi, della loro gravità, delle protezioni esigibili).
1.2 La crisi del Welfare State
Come già detto nel paragrafo precedente il Welfare State consegue la sua massima
espansione nel trentennio che va dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla metà degli
anni ’70. A metà degli anni ’70, il conflitto arabo-israeliano
7
e il conseguente aumento del
prezzo del petrolio e delle materie prime interrompe il ciclo di sviluppo del secondo
dopoguerra innescando una crisi economica internazionale. Il Welfare State, poiché
correlato ai processi produttivi ne subisce le conseguenze, ma lo Stato del Benessere in
6
FERRERA M., Le politiche sociali. L’Italia in prospettiva comparata, Il Mulino, Bologna, 2006.
7
A seguito della Guerra del Kippur, scoppiata tra Egitto ed Israele, vi fu un’improvvisa interruzione
delle forniture di petrolio da parte dei paesi dell’OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries).
Le conseguenze furono l’impennata dei prezzi del petrolio e dell’energia che arrivò a costare sino a tre volte
il prezzo precedente alla crisi.
7
realtà era già sotto gli effetti di importanti fattori di trasformazioni che ne avrebbero
determinato una crisi strutturale e un inevitabile cambiamento
8
.
Il Welfare State entra in crisi perché vengono meno, nel corso degli anni ’70, una
serie di premesse socio-economiche e politico-istituzionali su cui tale sistema si era
fondato.
Il primo presupposto a venir meno fu quello correlato allo Stato sociale keynesiano
9
la cui validità era imprescindibile da un’economia in crescita costante, capace di produrre
sostanziosi dividendi fiscali da ridistribuire sotto forma di prestazioni sociali. A partire,
dalla metà degli anni settanta, le economie occidentali hanno registrato drammatici cali nei
propri tassi di crescita: al posto dei dividendi fiscali sono comparsi deficit e debiti pubblici.
Una seconda causa, sempre di tipo economico, è data dall’entrata in crisi del
modello fordista. Il Welfare State era infatti basato su economie prevalentemente
industriali, imperniate sul paradigma fordista: produzione e consumo di massa, forza
lavoro maschile essenzialmente occupata nelle grandi fabbriche, e così via. Negli anni
settanta, tale modello entra in crisi per varie ragioni tra cui: decentramento produttivo,
consumi differenziati e flessibilità dei rapporti di lavoro. Secondo vari autori (Galliano,
Rifkin)
10
, in quest’ambito, un ruolo fondamentale sarebbe stato svolto dalla rivoluzione
tecnologica. L’introduzione di moderne e innovative tecnologie all’interno della
produzione industriale avrebbe cioè trasformato il rapporto tra tecnologia ed occupazione
da “circolo virtuoso”
11
in grado di accrescere sviluppo economico ed occupazione, come
nel periodo fordista, a “spirale viziosa”
12
che ha messo in crisi la capacità dei sistemi
economici di produrre nuova occupazione. Il progresso tecnologico non avrebbe
8
GIROTTI F., La politica dei tagli alla spesa sociale, Nuvole n. 14, 1997, pp. 23-29.
9
Con l’espressione “Stato sociale keynesiano” ci si riferisce a un modello di Stato sociale che prende
forma dalle teorie dell’economista inglese J.M. Keynes (1936), secondo il quale era compito dello Stato
intervenire per arginare l’insicurezza prodotta dall’instabilità del mercato, lo scopo era quello di stabilizzare
il livello di occupazione. Il welfare che si sviluppa a partire dalla seconda metà del XX secolo, comunemente
denominato welfare keynesiano, fa propria l’idea dell’economista inglese secondo la quale è compito dello
Stato usare poteri macroeconomici di controllo dell’economia per rendere stabili i mercati e, di conseguenza,
il livello di occupazione, ma nasce attorno ad un progetto politico più ampio consistente nella volontà di
garantire agli individui una copertura universale dai rischi sociali.
10
GALLINO L., Se tre milioni vi sembran pochi. Sui modi per combattere la disoccupazione, Einaudi,
Torino, 1998. RIFKIN J., La fine del lavoro. Il declino della forza lavoro globale e l’avvento dell’era post-
mercato, Baldini&Castoldi, Milano, 1997.
11
GALLIANO L., Se tre milioni vi sembran pochi. Sui modi per combattere la disoccupazione, Einaudi,
Torino, 1998, p. 11.
12
IBIDEM, p. 11.
8
mantenuto l’aspettativa di far crescere di pari passo l’economia e l’occupazione, al
contrario avrebbe favorito solo la prima a discapito della seconda. Questo fatto ha
comportato un aumento delle richieste allo Stato di intervento a sostegno dell’insicurezza
prodotta dal mercato del lavoro, aggravando ancor di più il problema dell’insostenibilità
finanziaria del welfare.
Un terzo elemento fondativo del Welfare State degli anni d’oro era rappresentato
dalla stabilità dell’assetto familiare e dalla tradizionale divisione del lavoro tra i due generi,
in base al quale gli uomini erano essenzialmente responsabili di una produzione coperta
dalle assicurazioni e le donne di una riproduzione “a carico”
13
. I crescenti tassi di
partecipazione femminile al mercato del lavoro, nonché della più generale ridefinizione dei
rapporti di genere e dei diritti delle donne, con conseguenti ripercussioni sulla stabilità dei
matrimoni e delle famiglie, hanno contribuito ad indebolire l’assetto costitutivo iniziale del
Welfare.
Un quarto elemento su cui quel tipo di Welfare si era fondato era la presenza di
strutture demografiche relativamente equilibrate nella loro composizione interna, sia
rispetto ai rapporti tra le varie fasce di età, sia rispetto ai saldi migratori
14
. Dagli anni
settanta in poi si ha un consistente calo della natalità e un contemporaneo invecchiamento
della popolazione (dovuto alla crescita dell’aspettativa di vita), che alterano profondamente
gli equilibri demografici sottostanti al Welfare State. L’invecchiamento della popolazione
ha posto almeno tre seri problemi ai sistemi nazionali di protezione sociale:
1) Maggiori domande di prestazioni in campo pensionistico, sanitario e dei servizi
sociali. Generato nuovi bisogni sul piano sanitario e sociale;
2) Conseguenti maggiori oneri finanziari;
3) Concentrazione di tali oneri in seno ad una quantità di lavoratori attivi costante,
se non in diminuzione.
Questi tre problemi erano destinati ad accentuarsi nel futuro a causa di un ulteriore
intensificarsi delle dinamiche di invecchiamento
15
.
13
FERRERA M., Le trappole del Welfare, il Mulino editore, Bologna, 1998, p. 14.
14
IBIDEM, p. 13.
15
IBIDEM, pp. 13-14.