2. Introduzione.
La mia esperienza da stagista in una situazione istituzionale e di servizio come
il consorzio UN.I.VER. mi ha permesso di mettere in pratica molte delle nozioni
degli argomenti toccati durante il corso di formazione post – lauream fornendomi
così un valido ausilio per il perfezionamento delle mie abilità comunicative in
materia.
Il mio periodo di stage ha avuto una durata complessiva di 3 mesi; inizio aprile,
fine giugno 2008. La mia tutor aziendale è stata l'ing. Elena Felisatti che all'interno
della struttura è la responsabile delle attività di trasferimento tecnologico e della
comunicazione dell'ente con l'esterno.
In questa situazione, la mia proposta di stage ha riguardato tutte quelle attività
di comunicazione che erano connesse con alcune iniziative dell'ente, quali la nuova
campagna della competizione Start Cup Torino – Piemonte 2008 nell'ambito della
provincia del vercellese, di cui il consorzio è uno dei soci promotori.
Il mio compito principale è stato quello di fornire un valido appoggio nella
pianificazione di tale campagna promozionale a partire dall'elaborazione d’un piano
di lavoro temporale per poi entrare piano piano sempre più nel merito incominciando
a stilare ordini di contabilità, gestire un certo patrimonio da investire in attività di
comunicazione e pubblicità fino a trattenere vere e proprie relazioni attraverso
l'utilizzo d’internet e di altri mezzi di comunicazione sia con i vari referenti degli
organi di stampa che collaborano con il consorzio, sia con i diversi rappresentanti
d’ordini professionali e d’enti vari con i quali l'ente si trova con riferimento.
4
3. La comunicazione d’un consorzio.
1) La sinergia tra un ente consortile e gli altri soci sostenitori.
Premesso che non è possibile definire quanto possa essere efficace un’azione di
tipo sia imprenditoriale sia politica isolata in quanto tale(
1
), diviene effettivamente
opportuno prendere in considerazione le alternative, ovvero le possibilità concesse in
qualche misura dall’organizzazione sociale, per affrontare tutti quei problemi e quelle
tipologie di scontro(
2
) che, non portando a nessun tipo di risultato concreto e
costruttivo, finiscono inevitabilmente per dissipare energie e tempi d’un contesto
socio economico che vuole, nel miglior dei suoi casi, essere competitivo e in grado di
fornire al tessuto sociale un certo grado di produttività(
3
). Le ipotesi di non lasciare al
semplice caso finiscono per ridursi in quei canali che portano alla creazione e alla
formazione, in primis di tutta una serie di concerti politici(
4
), in secundis, d’un certo
1
Da molti anni a questa parte scienze come urbanistica, economia e sociologia hanno
scoperto l’importanza delle c.d. variabili geografiche, iniziando a dare gran peso alla variabile
“territorio”.
2
Va r i e teorie di natura comportamentale così come diversi studi sui fenomeni di crescita e
sviluppo dei sistemi produttivi sono stati fatti prendendo in considerazione il ruolo esercitato dai
campi di forze presenti nello specifico, pertanto, prendendo di riferimento le singolari specificità dei
fenomeni della territorializzazione e ponendo attenzione alle eventuali azioni esercitate dalle forze
di coesione o, all’opposto, alle forme d’instabilità presenti.
3
E’ stata da qualche tempo coniata l’espressione “Europa delle Regioni”, per evocare tutti
quei problemi di natura amministrativa dovuta alla grande “variabilità” di situazioni locali nella
quale s’articola il continente europeo – “Con Europa delle Regioni viene rilevato il variegato
complesso di ambienti, di tradizioni, di lingue che si sono affermate e consolidate nel corso del
tempo in seno all’antico continente e viene evocato lo straordinario patrimonio di
culture.”(Campagna, 1964)
4
In antichità, la parola greca “nomos”, designava la misurazione da cui derivavano tutti gli
altri criteri di misura. Originariamente il significato della parola era legato alla spazio, al rapporto
tra la primitiva divisione ed appropriazione d’un territorio e l’atto normativo. In seguito venne a
5
numero di fattispecie strutturali operative ad hoc(
5
), di volta in volta, nate per attuare
tutte quelle misure e quelle iniziative non derogate a livello progettuale; veri e propri
apparati realizzati, da un canto, per arrivare ai tanti sperati risultati e, dall’altro, per
comprendere e analizzare, anzitempo, quell’insieme di fenomenologie dal più o meno
alto potenziale d’inferenza nel propria situazione operativa(
6
).
Il discorso parte da una presa di coscienza pluriennale che vuole, da un lato,
zittire tutte quelle polemiche d’un passato che vedeva nelle organizzazioni
istituzionali un riflesso d’una società dall’oscura identità(
7
) così da poter giustificare
ogni propria obsolescenza, dall’altro, fare leva su quei nuovi concetti e modi di fare
politica e amministrazione del capitale sia finanziario sia umano che stanno sempre
più prendendo piede nella società contemporanea(
8
). E’ ormai diventato consueto,
comprendere tutti i fondamentali processi d’unificazione, ordinamento e localizzazione.
5
Spesso comuni e province si vedono interlocutori di più amministrazioni incapaci tutte in
egual modo di rispondere alle loro richieste, in altre parole “è molto labile in Italia, il rapporto tra
funzioni e territorio degli enti locali. Ma anche il rapporto tra finanza e territorio ha avuto un rilevo
via via più modesto.”(GAMBI – MERLONI 1995, pag. 464).
6
Un regionalismo maturo ed un’amministrazione funzionale sempre più efficiente dovrebbe
portare nel corso del tempo ad una notevole riduzione delle amministrazioni funzionali statali ed
“essere contrassegnato dalla riconduzione dell’amministrazione a livello regionale (...) verso il
pieno riconoscimento delle regioni come enti a competenza generale.”(GAMBI – MERLONI 1995,
pag. 475).
7
“La forma del potere, in assenza di qualsiasi rappresentazione, diviene quasi invisibile e,
come in un gioco di scatole cinesi non ben identificabili, può permettere una dinamica in cui si
fanno e disfano trame di poteri locali, rapporti ed alleanze di partito, che distribuiscono cariche e
controllano voti e variano al variare della congiuntura storico – politica.”(GAMBI – MERLONI 1995,
pag. 377)
8
Esistono due grandi concezioni dell’organizzazione. Da un primo tipo di pensiero discende
la c.d. organizzazione “formale”, schema secondo il quale, un’organizzazione è “un sistema
d’accurata divisione del lavoro, dotato di personale specializzato e d’una gerarchia
d’autorità.”(GROSS – ETZIONI 1987, pag. 191) D’opposto, la c.d. organizzazione “informale”,
concetto che verrebbe ad abbracciare tutto ciò che “esiste al di sotto dell’organizzazione formale
(...) a volte considerato come il vero aspetto dell’organizzazione.”(GROSS – ETZIONI 1987, pag. 191)
6
affrontare ogni nuova problematica sociale con una ragion d’essere e una ragion di
fare rovesciate nelle aspettative, identificabile e profilabile a partire dalle azioni(
9
). Se
nelle cause d’un progetto non andato in porto esistono per lo più differenti errori
d’origine non solo di calcolo ma di mancata competenza a disfatto d’un’esperienza
che ancora non ha raggiunto una sua, seppur grande, ancora completa
maturazione(
10
), è necessario precisare come, sia sempre più doveroso e non
trascurabile, guardare non solo alle scaturenti di processo(
11
) ma anche a tutti quei
fattori circostanziati(
12
) che non hanno permesso ad un piano operativo di
in cui vengono compresi e studiati gli aspetti emotivi, non prevedibili e più irrazionali del
comportamento organizzativo quali; l’amicizia e la formazione spontanea di gruppo fra i lavoratori,
la leadership organizzativa, la comunicazione e la partecipazione.
9
“Il fine d’un’organizzazione è svolgere compiti diversi.”(GROSS – ETZIONI 1987, pag. 49).
Un’organizzazione s’identifica dalle sue azioni. Ancora oggi, “organizzarsi” è il modo migliore per
venire incontro ad una problematica sociale rispetto a soluzioni fai da te. E’ però ancora “oggetto di
considerevoli controversie il fatto se gli obiettivi debbano rientrare nella definizione delle
organizzazioni.”(GROSS – ETZIONI 1987, pag. 21). Da un lato, Yuchtman e Seashore, per citare un
esempio, propongono di valutare le organizzazioni ancora in termini di ‘capacità di sfruttare i loro
ambienti, dall’altro, Georgiou propone similmente di considerare le organizzazioni come unità che
scambiano attività per incentivi, incentivi che devono essere concentrati su qualche obiettivo.
10
Nel modello di Parsons, rientrano quei problemi fondamentali che un sistema maturo
dovrebbe affrontare: adattamento; ottenere risorse dal proprio ambiente e far riferimento a quello;
conseguimento degli obiettivi; mobilitazione di risorse per ottenerli; integrazione; coesione e
risoluzione di conflitti, latenza; riaffermazione dei propri valori di base e socializzazione delle
persone per assicurarsi e mantenere la loro fedeltà.
11
Per scaturenti di processo, in questa sede, intendiamo tutte quelle più o meno interessanti
conseguenze che derivano da un modus operandi scelto da un’organizzazione per raggiungere i
propri obiettivi. Esistono diversi approcci per valutare un “successo” organizzativo. Alcuni metri di
misurazione usano i risultati (prodotti, servizi, profitti). Altri i processi utilizzati. Un altro indicatore
ancora è dato dalla presenza o assenza delle c.d. sottostrutture, ovvero di reparti, di organi
appositamente preposti per svolgere specifiche mansioni.
12
Per fattori circostanziati, in questa sede, intendiamo tutti quegli elementi riferibili in modo
particolareggiato ad un fatto e che in qualche maniera hanno concorso nel determinarlo e questo
7
raggiungere i punti prefissati in un programma. Come si è soliti dire, la mal riuscita
d’un artificioso ed ambizioso piano politico amministrativo, non dipende da una mal
regolazione degli apparati amministrativi latu sensu sempre competenti nel loro
“prestare”, ma da un insieme di forze maggiori e fortuità slegate da qualsiasi
possibilità, umana singola od organizzata, d’intervento(
13
).
Insomma, il problema più grosso dell’amministrare nel suo genere, pare
sempre quello di non essere capace di identificare l’azione adatta alla situazione. In
altri termini, l’insieme delle manovre che, a prescindere dalla più o meno buona
riuscita, in ogni caso, l’amministrazione sceglie, non porta ad un risultato efficace per
una defettibilità intrinseca propria dell’azione per com’è stata pensata, anche perché
esclude, solitamente, un agire più subalterno e legato al territorio interessato al
quanto prefissato nello specifico(
14
). Messa in questi termini, pare una vera probatio
diabolica il voler in ogni caso trovare, con giustificate argomentazioni una falla, un
deficienza di qualche natura in una procedura, e ancora di più, in un’architettura
programmatica, una responsabilità da accollare ai fautori d’un progetto, mentre, al
perché tendenzialmente “tutte le organizzazioni devono, entro certi limiti, ricorrere ad altre
organizzazioni ed alla comunità sociale per adempiere e regolare alcune delle loro funzioni.”(GROSS
– ETZIONI 1987, pag. 239)
13
Una tesi complementare è quella che vuole cogliere “nell’ambiziosità” intrinseca in un
piano politico–amministrativo una genuina giustificazione d’un proprio fallimento ovvero “tutte le
organizzazioni sono caratterizzate da un basso livello d’efficacia: poiché i fini organizzativi
costituiscono dei modi d’essere della realtà più attraenti di quanto l’organizzazione riesca a
realizzare attraverso le sue attività” – in altre parole – “le organizzazioni possono sempre essere
valutate negativamente.”(GROSS – ETZIONI 1987, pag. 53)
14
Non bisogna dimenticare come non solo a livello europeo, ma anche a livello nazionale gli
squilibri territoriali rappresentino un fondamentale elemento di “diversità” regionale che
determinano una “diversa” incisività dell’azione amministrativa. “Le modalità d’organizzazione
dello spazio geografico sono molteplici e soltanto in parte scaturiscono dai livelli e dalle forme di
sviluppo economico: vi concorrono, con peso diverso, anche altri fattori, alcuni di natura
economica, altri di diversa natura.”(BONAVERO – DANSERO 2002, pag. 41)
8
contrario, sembra essere più opportuno pensare a strade alternative e dal più
ingenerato spirito creativo e collaborativo(
15
).
Ecco che “sinergia” risulta il termine più corretto per rappresentare un tipo di
agire politico – amministrativo distinto per i suoi particolari attori, indicando con tale
terminologia e facendovi ricadere in essa, ogni tipo di situazione in cui viene a crearsi
un rapporto, non solo di semplice interazione comunicativa, ma di fiducia tra partner
che vedono in tale forma di cooperazione un “elemento chiave”, un riferimento per
semplificare ed accordare, con armonia, intenti ed aspirazioni, ponendo essa come
fulcro di qualsiasi complice e partecipata attività(
16
).
Alla base di questa scelta di genere, c’è una gran fiducia nelle alte potenzialità
che un procedere così strutturato può dare non solo nel momento della stesura dei
piani, rendendo questi più ragionati e di fattibilità poiché più atterrati nel contesto in
cui l’azione dovrà insistere, ma anche nel momento della loro attuazione attraverso
un continuo monitoraggio e un continuo agire di concerto via via con gli altri soggetti
coinvolti.
Antonomasia di tutto questo è sicuramente il fenomeno del “consorzio”,
ovvero un operare congiunto e concentrato tra soggetti già strutturati singolarmente in
maniera più o meno complessa, che vengono a cercare nel momento aggregativo in
questione, un “valore aggiunto”.
Un modus operandi, in cui, l’accordo fra i soci, costituisce la base per
“l’istituzione” d’un nuovo organo il compito è svolgere determinate fasi dell’attività
15
In proposito è da far notare come nel Trattato di Maastricht, si sposi in parte questo nuovo
andamento volto a rendere le amministrazioni più vicine ai territori via via interessati sempre più
competenti. Di fatti, “in tema d’organizzazione del territorio sono destinate a scomparire le
competenze degli stati: le loro funzioni dovrebbero essere surrogate dalle regioni, alle quali
vengono demandate funzioni di sviluppo locale, ma il cui livello d’autonomia dai vertici comunitari
è ancora da stabilire.”(BONAVERO – DANSERO 2002, pag. 40)
16
La ricerca d’una propria “identità” in un’amministrazione più “funzionale” si traduce nella
ricerca d’una delimitazione territoriale che meglio permetta una autonomia finanziaria agli enti
locali.
9
degli interessati per contribuire all’incremento e al miglioramento di quanto già
raggiunto.
Il consorzio, visto in quest’ottica, non è solo una nuova figura giuridica buttata
su un pezzo di carta, nato per eseguire compiti di semplice rimando e disbrigo per i
soci sostenitori, ma espressione d’un fare “congiunto” e non più mirante al
raggiungimento d’interessi economici prettamente egoistici e legati ad ogni singola
realtà imprenditoriale considerata come a se stante.
La collaborazione prende le redini del gioco, ogni forma di ripresa assume
significato solo in un progresso in cui ciascun ottiene dei risultati ed a sostegno degli
altri, permette la nascita e la persistenza di quella solidarietà che rappresenta la forza,
la solidità e la coesione tra coloro che, facendo un inventario delle loro debolezze e
dei loro punti di forza, hanno visto in un “reciproco sostegno” il momento di svolta, il
compromesso migliore per superare i propri limiti ed ottenere maggiori risultati.
Detto ciò, appare chiaro come, la comunicazione(
17
), a questi livelli, per un
consorzio diventi l’attività che riveste maggiore importanza, essendo essa, nelle sue
massime e più virtuose rappresentazioni, esempio palese d’un ottimo operare
sinergico, in cui, intenti, desideri ed aspirazioni dei soci sostenitori vengono ad avere
i loro massimi riscontri.
17
“Comunicazione deriva dal latino communicatio, a sua volta derivante dal verbo
communicare, che significa, mettere in comune qualcosa, passare qualcosa da uno all’altro, e per
estensione unire in comunità. C’è dunque nella radice latina un’idea di contatto materiale, di
trasferimento fisico, insieme con quella di comunità di individui che condividono qualcosa.”(CIOTTI
– RONCAGLIA 2002, pag. 281 – 282)
10
2) I mezzi di comunicazione a disposizione d’un consorzio.
La comunicazione in un consorzio avviene attraverso diversi e molteplici
canali. Il mezzo di comunicazione(
18
) non è uno solo(
19
) e viene tendenzialmente a
adeguarsi alle realtà che le nuove tecnologie vengono nel corso del tempo piano
piano a proporre e ad aggiornare(
20
). Parlare di mezzo di comunicazione per un
consorzio, considerato quanto abbiamo detto in precedenza, vuol dire mettere mano
su strumenti(
21
) che servono per perseguire lo scopo principale dell’ente che è quello
di “contattare”(
22
).
Il mettere in contatto rappresenta una attività parecchio complessa(
23
). Ad una
prima occhiata parrebbe che un consorzio deve semplicemente informare su una o più
18
“Per mezzo di comunicazione s’intende uno strumento destinato ad emettere, trasmettere,
preservare o ricevere un messaggio.”(ORTOLEVA 1995, pag. 25)
19
“Medium è qualsiasi tecnologia che crei estensioni del corpo e dei sensi (...) la
comunicazione viene mediata da un apparato strumentale, qualsiasi esso sia, le caratteristiche di tale
apparato agiscono sulla percezione del messaggio stesso, definendo il campo di possibilità entro cui
possono svilupparsi sia la forma sia i contenuti della comunicazione.”(CIOTTI – RONCAGLIA 2002,
pag. 294 – 295)
20
“La natura degli strumenti del comunicare diventa un fattore di trasformazione del
pensiero, della cultura e dunque della società.”(CIOTTI – RONCAGLIA 2002, pag. 295)
21
Nel modello elementare della comunicazione di Jakobson il fenomeno comunicativo viene
diviso in 6 elementi indicati rispettivamente: mittente, destinatario, messaggio, codice, canale,
contesto. Lo strumento di comunicazione è il canale, ovvero un “medium”, il supporto fisico -
tecnologico sul quale viaggia il messaggio.
22
Buona parte della dottrina in materia sostiene che nell’evento comunicativo ci sia più d’un
semplice contatto per il trasferimento d’un’informazione. “La comunicazione veicola messaggi più
ricchi e complessi che non quelli semplici e immediati d’un’informazione.”(LIVOLSI 2000, pag. 81).
In altre parole, una “comunicazione” esiste quando “è necessario interpretare ciò che ricevo.”
(LIVOLSI 2000, pag. 81)
23
In proposito, interessanti risultano le teorie di Dell Hymes circa i principali aspetti da
considerare d’un evento comunicativo; 1) le componenti degli eventi comunicativi; 2) le relazioni
tra le componenti; 3) la capacità e lo stato delle componenti; 4) l’attività del sistema così costituito.
11
iniziative o su quelle che sono le possibilità offerte da un livello amministrativo più
alto per incidere distintamente sul territorio nel quale opera(
24
). Di fatto, però,
l’attività di comunicazione del medesimo è, da una parte, il risultato d’una sintesi
delle informazioni ottenute tramite i canali classici e quelli forniti dalle nuove
tecnologie(
25
), dall’altra parte, una rivisitazione dei contenuti in base agli scopi
delineati in generale ed al destinatario del messaggio che l’ente ha intenzione di
formulare(
26
).
Preso per vero che, operare d’iniziativa non è così immediato per un individuo
così come per un gruppo di persone, e richiede, non solo una certa predisposizione
psicologica e / o una certa propensione alla leadership personale e di gruppo, ma
anche un modesto bagaglio di conoscenze ed esperienze, possiamo far notare come,
un consorzio, svolga in termini piuttosto importanti, un'operazione di ragguaglio delle
possibilità offerte da più fonti legislative, così come un'operazione di ricondotta di
tutti quelli che possono essere considerati i più sentiti bisogni delle persone che,
nell’ente, vedono un punto di riferimento non solo capace di esaurire richieste
24
D’altra parte, l’etnografia della comunicazione insegna che la capacità di cogliere o meno
un evento comunicativo varia a seconda dello stato dei partecipanti, dei canali, e mille altre
fattorialità “inclusi i valori e le credenze dei partecipanti”(GIGLIOLI – FECE 2000, pag. 51). Viste le
mille difficoltà un escamotage è stato quello di creare una sorta di “griglia etica” utile per aiutare a
percepire i tipi di funzioni che possono essere presenti nel linguaggio adoperato per l’evento.
25
Per struttura / organizzazione “burocratica” si è soliti intendere “uno strumento
generalizzato per il controllo di tutti i sistemi sociali estesi”(BENIGER 1995, pag. 444) che tende a
crescere, ad espandersi ogni volta che c’è un agire “collettivo” che deve essere in qualche maniera
coordinato ed orientato, e non da meno una struttura burocratica è “uno strumento d’elaborazione
delle informazioni e di controllo”(BENIGER 1995, pag. 446) e per la quale un continuo processo di
rinnovamento anche di natura tecnologico è sempre necessario.
26
Bisogna tenere sempre presenti gli elementi da mettere in gioco con i cittadini, quando si
deve produrre un servizio destinato ad un pubblico, facendo mente locale a 4 considerazioni di
massima generali; il tipo di servizio, il tipo d’organizzazione, il tipo di tecnologia, il grado
d’efficienza o produttività interna “desiderabile” dal potenziale fruitore.
12
informative, ma anche di vestire i panni d’una valida guida nell’orientamento in
termini di argomento sia in termini di risultato(
27
).
Le possibilità, pertanto, diventano molteplici.
L’ente consortile diventa un’interfaccia capace di mettere su un piano le
esigenze dei candidandi e degli aspiranti in base ai riscontri ottenuti non solo dalla
propria campagna di comunicazione, ma anche attraverso un lavoro, a livello più
individuale, d’osservazione, analisi e deduzione di quanto inteso dai singoli
destinatari interessati alle proposte ed agli eventi promulgati dall’ente e in più, un
lavoro di ridimensionamento e focalizzazione delle proprie intenzioni
tendenzialmente in “itinere”, attraverso un percorso volto a dare una dimensione e un
valore al proprio potenziale di partenza(
28
).
27
Se sosteniamo anche noi che nell’atto comunicativo grande riguardo debba essere dato al
momento c.d. “interpretativo”, è giusto far luce su come l’interesse verso questo meccanismo, sia
per un giurista, sia per uno storico, sia per un cittadino qualunque, nasca da esigenze soprattutto
“pratiche”. Spesso sono tante le informazioni che un’organizzazione vuole veicolare e spesso ci si
imbatte in una crisi comunicativa che “blocca” quasi completamente qualsiasi trasferimento di
conoscenza. “Oggetto d’interpretazione è sempre l’oggettiva realizzazione d’un pensiero che si fa
riconoscibile in un comportamento pratico (...) che considerato nel suo valore di me può senz’altro
qualificarsi come forma rappresentativa, nel senso più ampio d’oggettivazione dello spirito”(BETTI
1962, pag. 62 – 63) Secondo alcuni studiosi, l’interpretazione dovrebbe mirare all’intesa, “un
procedimento il cui obiettivo e il cui adeguato risultato è un intendere.”(BETTI 1962, pag. 63) In
questo fenomeno, da un lato, c’è un interprete, spirito vivente e pensante, dall’altro uno spirito che
si è “oggettivato” in forme rappresentative. In quest’ottica, intendere vuol dire creare una sorta di
“ponte” attraverso la ricostruzione del senso voluto dallo spirito oggettivatosi, interiorizzandone le
forme rappresentative. Il problema irrisolvibile starebbe nel fatto che si dovrebbe operare di
“trasposizione”, ovvero l’interprete dovrebbe “riprodurre l’altrui patrimonio di pensiero e ricrearlo
dall’interno come qualcosa che diviene suo proprio (...) considerandolo di contro come un che
d’oggettivo e di altro.”(BETTI 1962, pag. 65)
28
Essendoci delle problematiche filosofiche di fondo nella comunicazione, è sempre
opportuno creare un evento comunicativo che ingeneri una risposta “attiva” nel destinatario per
amplificare il momento “interpretativo” ed arrivare con i singoli interessati al servizio, così ad una
“intesa” sempre maggiore. “Perché il processo di comunicazione non sia di breve durata e scarso
13
Circa i mezzi di comunicazione attraverso i quali l’ente consortile tende ad
interfacciarsi, possiamo al riguardo suggerire che non c’è nessuna valida regola che
impone ad un consorzio di usare una o in alternativa un’altra metodologia
comunicativa. “Il mezzo, nella comunicazione pubblicitaria, esercita una specifica
influenza sul messaggio di cui costituisce il supporto.”(FABRIS 1996, pag. 172)
Il cardine di tutto il lavoro comunicativo consortile è rappresentato, dallo
scopo, dal tempo a disposizione e dal numero di risorse sia in termini di capitale
umano, sia in termini di know how a disposizione. L’obiettivo a cui mira l'ente nel
momento in cui s’instaura un piano comunicativo non è tanto cogliere
immediatamente i mezzi, semmai il tipo di target ed i potenziali riscontri che
potenzialmente si otterranno(
29
).
L’operazione di stima è solitamente il risultato d’una miscela d’intuizione,
sensibilità, fiuto, esperienza e soprattutto osservazione di diverse fattorialità quali; la
presenza intrinseca o meno nel contenuto dell’iniziativa d’uno o più elementi
catalizzatori, a prescindere da un lavoro di post produzione qual è la campagna di
promozione, e il momento d’estrinsecazione delle potenziali qualità, virtù,
opportunità nascoste nell’attualità sulla quale si sta lavorando. In altre parole, “si
prende atto del problema e vi è consapevolezza del desiderio di risolverlo; si
esaminano i suoi aspetti, si rilevano analogie con problemi analoghi e si evidenziano
le soluzioni date a questi problemi.”(FABRIS 1996, pag. 397)
significato è necessario che l’interesse iniziale si trasformi in coinvolgimento, in pratica nel restare
stimolato e partecipe...”(LIVOLSI 2000, pag. 18) Due buoni escamotage sono; 1) toccare motivazioni
non superficiali dell’attore; 2) toccare situazioni particolarmente rilevanti simbolicamente.
29
“La comunicazione umana ha sempre uno scopo; a volte è evidente in molti casi è
dissimulato, o inconsapevole.”(GIUSTINIANI – BONAZZI 1992, pag. 25). Il successo d’una
comunicazione dipenderà in larga parte se si è riusciti ad intuire la strategia adatta alla situazione
specifica e per individuare una strategia opportuna non si può fare a meno di considerare il proprio
pubblico.
14
Vagliata quindi una prima serie d’ipotesi circa le potenziali a se stanti
dell'iniziativa / evento, il lavoro successivo è quello di mettere in luce o in ombra
tutta una serie di questioni e di considerazioni che da una parte possono rispecchiare
bene la natura del fenomeno oggetto di comunicazione, dall'altra, essere invece un
grosso ostacolo di natura più che altro “comprensiva”(
30
) al quanto si vuole far
passare nel comunicato.
La disposizione, quindi, di contenuti e di mezzi è molto legata all'anima
dell'oggetto di comunicazione in sé, perché, “ciò che c’interessa, più che la loro
specificità, è il tipo d’immagine che i mezzi veicolano.”(FABRIS 1996, pag. 172)
Se consideriamo la natura attiva dell'azione comunicativa, notiamo come
questa per essere effettivamente capace di raggiungere grossa parte dei suoi obiettivi,
debba rispecchiare tutta una serie di requisiti base che possono essere definiti un po'
come – le regole di massima – nell'utilizzo d’un mezzo di comunicazione per esaurire
un momento comunicativo.
1°) Studio del caso.
Lo studio del caso corrisponde al momento in cui, l'oggetto della dovuta
comunicazione viene compreso ed analizzato in larga summa da parte degli addetti,
un po' come se questo subisse una sorta di pre digestione(
31
) per tutti quelli che
dovranno contribuire a montare e portare avanti il lavoro.
30
Abbiamo già accennato ad alcuni problemi ermeneutici e come per alcuni studiosi,
l’intendere rappresenterebbe quel momento in cui si ereggerebbe una sorta di “ponte” attraverso la
ricostruzione del senso voluto dallo spirito oggettivatosi, interiorizzandone le forme
rappresentative. Ebbene, per molti linguisti questo senso è “relativo all’intensione d’un termine, in
altre parole al suo valore concettuale, all’insieme dei tratti che ne determinano
l’applicabilità.”(LAUDANNA – VOGHERA 2006, pag. 180).
31
E’ utile accennare allo schema delle quattro i e delle quattro c. Le quattro “I” sono;
impatto – interesse – informazione – identificazione. Le quattro “C” corrispondono invece a;
comprensione – credibilità – coerenza – convinzione. Ecco che, in queste fase preliminari, l’oggetto
della campagna comunicativa – pubblicitaria viene considerata a livello pre – conscio per
15