3
Introduzione
Il presente elaborato dedicato alla figura di Nicia si propone di ricostruire la
personalità di uno dei maggiori protagonisti della fine del V secolo a.C., a partire
dalle fonti che maggiormente ne hanno condizionato la fortuna fino in epoca
moderna, vale a dire Tucidide e Plutarco. Nonostante il profondo divario cronologico
e culturale che separa i due autori, si può dimostrare l’utilizzazione che Plutarco fa
del materiale di V e di IV secolo e la modalità attraverso cui egli modella le
testimonianze a sua disposizione; mentre Tucidide costituisce un punto di vista
privilegiato, nonché, in molti casi, unico, in quanto contemporaneo ai fatti narrati.
D’altra parte, un’analisi di questo tipo incorre nel rischio di uniformare
testimonianze che appartengono a generi letterari diversi tra loro, e che
presuppongono quindi un pubblico ed una modalità di fruizione differenti.
Per questo motivo, una introduzione cercherà di illustrare brevemente le
problematiche proprie del testo analizzato, al fine di comprendere ogni autore
all’interno del proprio contesto storico e letterario. La finalità di questa ricerca non è
quindi la storia, cioè la successione degli eventi concreti di cui Nicia fu (o fu
ritenuto) protagonista, né tanto meno una biografia di quest’ultimo: si cercherà di
individuare gli episodi e i momenti salienti della vita di Nicia in un nesso inscindibile
tra l’uomo e il politico, che ne mettano in luce la personalità e inquadrino la sua
azione politica nel contesto storico e culturale del tardo V secolo a.C.
L’elaborato è articolato in tre sezioni maggiori. Il capitolo I si propone di fornire
al lettore le principali informazioni sul γένος di Nicia, sulla tradizione della sua
ricchezza, fondata principalmente sullo sfruttamento delle miniere d’argento del
Laurion, e sulla sua ascesa politica. Dopo le principali notizie anagrafiche sul
4
personaggio e sul suo ἦϑος, nel capitolo II viene dunque spiegata la sua posizione
politica. Si fornisce il quadro del rapporto tra Nicia, ricchissimo signore (ma non
aristocratico) appoggiato dai ricchi e dai nobili, dai καλοκἀγαϑοί, e la città
democratica, rendendo chiari i meccanismi fondamentali del sistema politico
realizzato in Atene nel tardo V secolo. Nicia è accettato come leader tanto dai nobili,
perché contrario ad ogni disegno imperialistico e favorevole ad una politica d’intesa
con Sparta, quanto dal demo, per la sua lealtà nei confronti delle istituzioni
democratiche. Il popolo non ha infatti personale politico davvero capace di dirigere
la città e accetta che questo compito sia affidato a personalità provenienti dal ceto più
alto, perché favoriscono comunque il popolo e perché si impegnano nelle cosiddette
“liturgie”. Ma emergono alla guida della città anche capipopolo di autentica origine
“plebea”, magari ignoranti e persino violenti, ma anche abilissimi oratori che cercano
di comandare demagogicamente il demo con l’uso della parola. Questo comporta
divisioni profonde tra i vari capi e la loro lotta per la prevalenza. Di tale quadro Nicia
appare pienamente consapevole e tale sua consapevolezza è la chiave per capire tutta
la sua azione politica. Nicia, da buon conoscitore dei meccanismi fondamentali del
demo, si rendeva conto che il popolo sfruttava, per le loro competenze tecniche, i
cittadini dotati di eloquenza o di intelligenza superiore, ma al tempo stesso li
guardava con sospetto, diffidava dalla loro bravura e cercava di limitarne il successo.
Da qui la promozione di una politica moderata e diplomatica, per la quale fu spesso
accusato di passività, ma che deve necessariamente essere inquadrata all’interno
della profonda crisi appena illustrata.
Si narrano dunque le gesta (πράξεις) compiute da Nicia che precedono la
spedizione in Sicilia; gli avvenimenti che lo fanno uno dei protagonisti assoluti della
5
guerra archidamica e, soprattutto, il fautore della pace del 421 che porta il suo nome
e che segna la fine di questa prima fase della guerra. Dopo aver spiegato il significato
della pace di Nicia e le ragioni dell’inevitabile fallimento della stessa, nel capitolo III
si esporranno, infine, le cause della spedizione in Sicilia. Sono presentate le tensioni
presenti ad Atene e le differenti posizioni dei due opposti schieramenti in cui è divisa
l’opinione pubblica ateniese, incarnate dai loro rispettivi rappresentanti: Nicia e
Alcibiade. Quest’ultimo si fa portavoce di una politica imperialistica aggressiva in
contrapposizione con la posizione più moderata di Nicia. Le idee espresse da Nicia
sono quelle della classe oligarchica della città, che puntava a conservare quanto già
possedeva, attuando una politica prudente e conservatrice. Da parte sua Alcibiade
incitava gli Ateniesi ad adottare un atteggiamento politico aggressivo, sostenendo, in
evidente polemica con Nicia, che Atene aveva creato il proprio impero portando
aiuto a chiunque glielo avesse chiesto, legittimando con questa sorta di diritto
consuetudinario l’intervento in Sicilia.
Nicia è certamente una delle personalità più discusse della storia del V secolo
a.C.: di tendenze conservatrici, ma alieno da propositi reazionari e da spiriti
demagogici, egli è stato elogiato per la lealtà con cui accettava le istituzioni
democratiche; d’altra parte, la tragedia stessa con cui si conclude la sua esistenza a
Siracusa lo rende responsabile di una delle più grandi catastrofi della storia mondiale,
vittima della propria ormai connaturale inerzia vissuta come garanzia del male
minore. Per un giudizio che risulti veramente imparziale non si può tuttavia non tener
conto della crisi che attanagliò l’epoca in cui egli visse e che inevitabilmente
influenzò tutta la sua azione politica.
6
- Capitolo I -
IL ΓΕΝΟΣ, LA ΠΑΙΔΕΙΑ E I CARATTERI DEL NICIA PLUTARCHEO
I. 1. Problemi metodologici
Uno studio sulla figura di Nicia non può prescindere dal testo che, più di ogni
altro, ha fornito informazioni su questo personaggio, vale a dire la biografia
plutarchea. Essa rappresenta il punto di partenza per uno studio che voglia essere
completo e approfondito fino a comprendere la complessa personalità di questo
personaggio, oltre che la sua azione politica
1
e, conseguentemente, l’importanza
storica che egli ha rivestito. Al tempo stesso, la fonte plutarchea rappresenta il punto
di arrivo di quasi tutta la tradizione storica antica sulla figura di Nicia. Pochi autori
antichi infatti sono stati letti e presi a modello come il Plutarco delle Vite Parallele.
Inoltre, Plutarco ebbe conoscenza diretta o indiretta di quasi tutti gli autori precedenti
e rielaborò con cura gli elementi che essi gli fornivano.
Tuttavia, l’analisi della Vita di Nicia pone due problemi essenziali: in primo
luogo, quali ne siano stati le fonti, come Plutarco le abbia elaborate ed in quale
misura la personalità e le tendenze del biografo abbiano influito sul suo giudizio; in
secondo luogo, quale sia il grado d attendibilità e di veridicità storica insito in un
genere letterario quale quello della biografia. Proprio in rapporto a quest’ultimo
problema, è innegabile che il dibattito su Nicia si sia arricchito grazie alla nascita di
un nuovo genere letterario, la biografia, che permise il diffondersi di una serie di
racconti attraverso i quali venivano messi in luce diversi aspetti della sua personalità.
1
In tal senso, la fonte di primaria importanza è Tucidide, sia per la contemporaneità rispetto ai fatti
narrati, sia per la caratteristica stessa intrinseca al genere di cui egli si occupa, che ha come oggetto di
indagine gli aspetti storici relativi alle azioni, nel nostro caso specifico, di Nicia, attraverso i quali
Tucidide veicola tensioni ed ambiguità del complesso periodo di cui questo personaggio è in parte
protagonista.
7
Tali racconti non rispondono necessariamente a criteri di verità storica, ma
contribuiscono a mettere in risalto le caratteristiche e del personaggio e le sue azioni.
Plutarco si trovò quindi a disporre di materiali alquanto eterogenei fra di loro,
dovendo attingere ad una letteratura di più di cinque secoli: le Vite sono state
composte in un contesto storico e, soprattutto, culturale totalmente altro rispetto a
quello in cui ebbero luogo i fatti narrati. Inoltre, la Vita in questione fa parte di un
progetto di opere biografiche in cui un personaggio greco e uno romano vengono
abbinati sulla base di somiglianze a volte fondate, a volte generiche, e talvolta del
tutto arbitrarie
2
. Scopo dichiarato di Plutarco nel ricostruire le vite di tali uomini
illustri sarebbe infatti quello di indagarne il carattere, affinché le azioni dei grandi
uomini del passato possano essere di insegnamento morale per il lettore
3
.
La critica recente ha dunque posto l’accento sull’intento moraleggiante con cui
Plutarco rielabora il materiale a sua disposizione; in sostanza, le Vite sono state
analizzate non come biografie, ma come opere morali, al fine di evidenziare il
metodo originale dell’autore che si focalizza su un personaggio della storia e ne fa un
ritratto morale (in questo caso negativo). A questa manipolazione si aggiunge un
ulteriore livello di rielaborazione da parte di Plutarco, che tende a mettere in rilievo i
parallelismi tra i due personaggi, quello greco e quello romano.
2
Lo stesso Plutarco nella Synkrisis di solito mette in risalto le differenze tra i due personaggi, e anche
in questo senso le Vite di Nicia e di Crasso sono emblematiche. Nell’introduzione Plutarco accenna
appena a due elementi di analogia tra i due: la rovinosa fine comune e la loro ricchezza, fattori tra
l’altro puramente esteriori.
3
Vd. T. DUFF., Plutarch’s Lives. Exploring virtue and vice, Oxford 1999, pp. 13-51, che analizza le
proposizioni programmatiche delle Vite (Comp. Alex. Caes. 1.1, Nic. 1.5, Aem. 1.1-4, Per. 1.4-2.4,
Demetr. 1.3-5): per Plutarco l’ἦθος è dotato di un elemento etico che riguarda il giusto o lo sbagliato,
nei termini di conformità o divergenza delle azioni di un individuo dalle norme morali; l’indagine del
biografo è dunque tesa a riconoscere le azioni positive o negative.
8
Pelling
4
suggerisce tuttavia di non lasciarsi ingannare da tali considerazioni,
poiché in realtà il metodo applicato dal biografo non si discosterebbe di molto da
quello utilizzato da tutti gli storici antichi, per i quali occorre adottare un criterio di
verità diverso da quello attuale. Lo scopo delle Vite perciò non andrebbe inteso in
senso esclusivamente morale o letterario o storico: si tratterebbe di un modo
particolare di “fare storia”, per la cui comprensione andrebbero evitate quelle
distinzioni, proprie degli studiosi moderni, tra storia politica e storia dei
comportamenti o dei costumi, in quanto tale approccio si inscriverebbe nel metodo
storiografico proprio degli antichi, attenti a mettere in risalto fatti apparentemente
estranei alla cronaca deli eventi politici e militari
5
.
I. 1. 2. Il valore storico dell’aneddoto plutarcheo
Per poter apprezzare la portata storica delle Vite plutarchee occorre dunque
comprenderne il metodo. Un buon punto di partenza per analizzare tale metodo è
quello di valutare lo statuto dell’aneddoto: è stato più volte ribadito il mancato valore
documentario di tali racconti, e il fatto che essi debbano essere considerati come un
semplice strumento retorico e letterario. Studi recenti hanno tuttavia dimostrato la
loro specifica funzionalità, in quanto metterebbero in risalto l’ἦθος del personaggio.
Poiché infatti la finalità della sua opera non è – evidentemente – storica, tali
aneddoti, che potrebbero sembrare “deformazioni della realtà”, costituiscono invece
4
C. PELLING, Plutarch’s adaptation of hi source-material, in «JHS», 100 1980, pp. 127-140. Lo
studioso analizza il modo in cui Plutarco manipola le informazioni storiche a sua disposizione, sulla
base di esempi tratti dallo studio di altre Vite: le incongruenze storiche riscontrate tra le diverse Vite in
relazione ai medesimi eventi storici non sarebbero dovute all’uso di fonti diverse, ma al metodo
proprio del biografo. Contra A. MOMIGLIANO, Lo sviluppo della biografia greca, Torino 1974, p. 59,
secondo il quale nella biografia il confine tra realtà e finzione è più sottile rispetto alla storiografia.
5
È ciò che Plutarco si prefigge per la sua opera: il biografo già nel primo capitolo della Vita in
questione espone il suo intento programmatico e dichiara le fonti dalle quali egli ha attinto le sue
informazioni.
9
un prezioso strumento che arricchisce le informazioni a nostra disposizione su uno
specifico evento e sulla figura in questione, dal momento che essi interessano quasi
sempre il carattere dei personaggi o considerazioni personali dell’autore sui motivi
psicologici che potevano spingerli a determinate risoluzioni. L’aneddoto non
andrebbe dunque banalmente liquidato come frutto di pura invenzione, e quindi non
affidabile da un punto di vista storico. Al tempo stesso gli storici hanno più volte
esortato alla prudenza nell’analizzare questi racconti: essi non possono infatti fornire
dettagli riguardo alla vita economica, o agli eventi storici. Tuttavia, ammettendo che
Plutarco attingesse a fonti coeve ai fatti narrati, questi racconti possono fornire
informazioni sui dibatti e le riflessioni che si svolsero ad Atene nel V secolo a.C. Dal
confronto tra le diverse fonti si rileva infatti che Plutarco ha in genere molta cura
dell’esattezza storica, tanto da elencare spesso anche le differenti versioni di un
medesimo avvenimento, e che la sua narrazione risulta, il più delle volte, esatta. È
stato inoltre dimostrato che gli elementi storici e politici non sono presi in poca
considerazione da Plutarco, ma che, al contrario, l’attenzione su di essi spesso
oltrepassa persino i suoi intenti moralistici
6
.
Tenuto conto di queste precauzioni, è dunque possibile riconoscere a questa forma
di racconto un certo valore in quanto testimonianza delle riflessioni etiche che si
svilupparono intorno ai personaggi in questione; tali episodi permettono allo studioso
moderno di ricostruire il processo attraverso cui si sarebbe formata l’immagine di un
individuo. L’analisi degli aneddoti “privati” non deve quindi volgersi alla ricerca del
loro significato storico, ma all’indagine sul personaggio e sui significati di cui
6
Sull’interesse di Plutarco per gli elementi storici e politici cfr. A. WEIZSÄCHER, Untersuchungen
über Plutarchs biographische Technick, Berlin 1931, p. 83.
10
quest’ultimo si fa portatore in rapporto alla sua immagine simbolica
7
. In tal senso,
Plutarco dimostra di saper bilanciare perfettamente l’intento storico e quello
moralistico: il valore della biografia dal punto di vista storico si manifesta sia nella
sua completezza, che ci permette di conoscere alcuni episodi tralasciati da Tucidide
(come l’ostracismo di Iperbolo
8
), sia nel suo carattere di “ripensamento” su tutta la
tradizione precedente su Nicia; per cui l’importanza dell’opera non consiste solo nei
dati storici, ma, soprattutto, nel giudizio su un personaggio e su un periodo cruciali
della storia ateniese.
I. 1. 3. L’intento programmatico dell’opera plutarchea e il problema delle fonti
L’esame della biografia di Nicia dimostra chiaramente quali siano le linee-guida e
i metodi seguiti da Plutarco nella costruzione della stessa e contiene elementi che
caratterizzano aspetti comuni alle biografie plutarchee in generale. Già a partire dal
capitolo I, Plutarco è oltremodo esplicito nell’indicare le fonti da lui utilizzate
9
.
Le prime linee della biografia parlano di Timeo e contengono quasi una sorta di
giustificazione
10
del fatto che Plutarco, per scrivere una biografia di Nicia, abbia
riproposto argomenti che sono stati già trattati da Tucidide: «ὤρα παραιτεῖσθαι καὶ
7
Sulla questione dello statuto dell’aneddoto si veda P. SCHMITT, Anecdote et histoire chez Plutarque.
État de la question et interrogation, in «Europe», 2008, pp. 236-251. La Schmitt esamina inoltre la
costruzione dell’identità politica ad Atene nel V secolo, analizzando i comportamenti degli uomini
politici in diversi contesti, come le manifestazioni del lusso, le pratiche religiose, i comportamenti in
pubblico, i rapporti fra uomini e donne.
8
A tale episodio Tucidide accenna solo di sfuggita (8, 73.3). L’ostracismo di Iperbolo è narrato anche
in altre due biografie: Arist. 7; Alc. 13. Vd. III.1, p. 82.
9
La dichiarazione esplicita di Plutarco sulle sue fonti fa ritenere che non siano state utilizzate, almeno
in quest’opera, preesistenti fonti biografiche. In generale, sul problema in questione cfr. A.
MOMIGLIANO, op. cit., p. 120 ss.
10
Un simile intento programmatico lo si legge anche nel proemio della Vita di Alessandro (1, 3):
Plutarco premette un capitolo nel quale ammette che ciò che egli dice può essere criticato dal punto di
vista dell’informazione storica: «mi si conceda di interessarmi di più di quelli che sono i segni
dell’anima, e mediante essi rappresentare la vita di ciascuno, lasciando ad altri la trattazione delle
grandi contese».
11
παρακαλεῖν ὑπὲρ ἐμοῦ τοὺς ἐντυγχάνοντας τοῖς συγγράμμασι τούτοις, ὅπως ἐπὶ ταῖς
διηγήσεσιν αἷς Θουκυδίδης, αὑτὸς αὐτοῦ περὶ ταῦτα παθητικώτατος ἐναργέστατος
ποικιλώτατος γενόμενος, ἀμιμήτως ἐξενήνοχε, μηδὲν ἡμᾶς ὑπολάβωσι πεπονθέναι
Τιμαίῳ πάθος ὅμοιον»
11
. Plutarco cerca di evitare di essere colpito dalle stesse
critiche che erano state fatte a Timeo, di volersi mettere in concorrenza con Tucidide
e con Filisto riproponendo le stesse cose che questi due storici avevano già trattato, e
biasima lo storico di Tauromenio per essersi voluto distinguere dai suoi predecessori
con l’uso ingenuo di credenze che non hanno alcun valore di fondatezza storica,
quali oracoli, riferimenti mitologici, segni divini etc. Il biografo afferma poi di voler
ricordare, tra i fatti narrati da Tucidide e Filisto, solo quelli necessari per chiarire la
natura del suo personaggio e le note fondamentali del suo carattere, «ἵνα μὴ
παντάπασιν ἀμελὴς δοκῶ καὶ ἀργὸς εἶναι»
12
, e, soprattutto, «τὰ διαφεύγοντα τοὺς
πολλούς, ὑφ᾿ἑτέρων δ᾿εἰρημένα σποράδην ἢ πρὸς ἀναθήμασιν ἢ ψηφίσμασιν
εὑρημένα παλαιοῖς»
13
. Così, dalla storia del politico e del generale viene preso in
considerazione quello che riguarda direttamente l’uomo, a seconda dell’interesse
suscitato dalle sue imprese e di quanto queste possano contribuire al ritratto del
protagonista, senza trascurare – come si è già avuto modo di spiegare - gli elementi
storici.
La conclusione al capitolo I contiene dunque elementi di particolare importanza
per la determinazione del metodo di lavoro di Plutarco. Si capisce come l’intento del
biografo sia quello di sfruttare tutte le fonti disponibili: letterarie, epigrafiche ed
11
Nic. 1, 1: «è il momento di giustificarmi con coloro a cui capiterà di leggere questa mia opera e di
invitarli a non credere che, nel narrare i fatti che Tucidide ha raccontato in maniera inimitabile,
superando addirittura se stesso in potenza drammatica, limpidezza e varietà di stile, io abbia un
atteggiamento simile a Timeo».
12
Ibid. 1, 4: «per non apparire del tutto pigro e negligente».
13
Ibid.: «il materiale che sfugge ai più, accennato sporadicamente da altri o reperibile in antiche
iscrizioni votive o decreti».