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Uno sguardo alla storia urbanistica
La New York odierna nacque nel 1811 quando l’Amministrazione cittadina del
periodo coloniale approntò un piano che avrebbe segnato per sempre il carattere di
Manhattan.
Il Piano disegnato dai commissari dell’epoca disegnava una griglia urbana che
copriva tutta l’isola, costituita esclusivamente di strade rettilinee e ad angolo retto,
escludendo abbellimenti come circoli, ovali e stelle quale che fosse il loro effetto ai fini
della comodità e dell’utilità.
Il principio guida era la razionalità, la città non avrebbe sofferto della carenza di
spazi aperti grazie alla sua fortunata ubicazione tra due ampi bracci di mare.
A metà del secolo nasceva Central Park, ideato come una sorta di riserva naturale
nella sconfinata griglia urbana che andava completandosi; venne inoltre varata una
legislazione per la costruzione di alloggi popolari e di infrastrutture per la mobilità per
far fronte alla forte crescita demografica a allo sviluppo urbano conseguente.
Alla fine di XIX secolo, in seguito alla rapida crescita della città, il ruolo del governo
cittadino si consolidò e la pianificazione urbana fu ripartita tra i presidenti dei
“boroughs” (distretti), il Consiglio Comunale e il Sindaco. Le prime competenze
riguardavano la mappatura delle strade e la pianificazione dei parchi.
All’inizio del XX secolo i progressisti identificarono nel planning un elemento vitale
della riforma dell’Amministrazione comunale. Ispirandosi all’esposizione di Chicago
del 1893, sostenevano che la città dovesse essere modernizzata sotto la direzione di una
commissione municipale che avrebbe dovuto redigere un “master plan” dotato di un
budget di spesa.
Nello stesso tempo cresceva la necessità per una regolazione del suolo più rigorosa,
a causa della proliferazione dei grattacieli nella parte bassa di Manhattan e dei conflitti
tra le fabbriche di abbigliamento dell’area esterna a Midtown e i negozi più eleganti
distribuiti lungo la 5
th
Avenue.
Vennero nominate due commissioni composte dal Sindaco, dai presidenti dei
boroughs, da un gruppo di tecnici e da “un’assemblea consultiva di cittadini”.
La prima Commissione presentò al Consiglio Comunale il rapporto sulla
regolamentazione edilizia, in cui descriveva i problemi causati da una crescita
incontrollata e raccomandava l’adozione dello zoning per la regolamentazione dello
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sviluppo edilizio. Il secondo gruppo di lavoro affrontò i problemi di zoning, trasporti,
traffico portuale, del tempo libero, dell’architettura pubblica, e ridisegnò la mappa
della città.
Nel rapporto al Consiglio Comunale del 191 4 i l g r u p p o d i s t u d i o p r o p o s e u n a
commissione permanente per il planning modellata su quella di altre città americane:
fu così istituita la “Commission on Building Districts and Restrictions” per definire una
bozza delle norme di zoning della città.
Il codice urbanistico, che venne adottato nel 1916 (Zoning Resolution) , divise la
città in distretti per la residenza, il commercio e ad uso non vincolato (produttivo), e
regolamentò la densità per garantire luce ed aria in misura adeguata alle proporzioni
degli edifici e delle strade. Anche numerose agenzie private e pubbliche contribuirono
alla pianificazione della città: la Russel Sage Foundation p r o mo s s e u n m o d e l l o d i
insediamento residenziale conosciuto come “Forest Hills Gardens”, e la City Housing
Corporation costruì i “Sunnyside Gardens”, entrambi situati nel Queens. Nel 1921 fu
fondata la “Port Authority” per pianificare i trasporti regionali e gestire le aree costiere
della città.
Durante gli anni venti la Fondazione Russel Sage promosse l’ambiziosa iniziativa di
redigere un piano per l’intera regione: il “Regional Plan for New York and Its
Environs”, focalizzato sui trasporti, sugli spazi aperti e sulle relazioni tra la città e i
sobborghi. Sulla scia del Piano Regionale, nel 1930 fu istituito il “City Committee on
Plan and Survey”, che non ebbe molta fortuna a causa della crisi economica e fiscale, e
venne abolito nel 1932.
Fu il sindaco Fiorello La Guardia nel 1934 a riproporre un ufficio di pianificazione,
istituendo il “Mayor’s Committee on City Planning”. La nuova commissione modificò
lo zoning, avviò il monitoraggio del patrimonio edilizio e disegnò un nuovo piano della
viabilità. Il risultato più importante fu però la crescita di importanza del ruolo del
planning nel nuovo Statuto comunale modificato nel 1935. Infatti fu istituita una
commissione permanente per redigere una bozza di master plan e vennero finanziati
l’aggiornamento della cartografia e la gestione dello zoning. Secondo il nuovo Statuto
ogni presidente di borough aveva il potere di nominare un “comitato di controllo
cittadino” per l’uso del suolo.
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Nel 1941 fu presentato un master plan per l’eliminazione degli slums (aree
residenziali degradate, bassifondi) e per la realizzazione di alloggi a basso costo, parchi,
trasporti e istruzione. L’elemento più controverso del piano fu che lo schema
strutturale favoriva il decentramento, ma anche la fuga della classe media verso i
suburbs (sobborghi residenziali). Il piano tendeva a localizzare i residenti in prossimità
del loro posto di lavoro, prevedeva iniziative di recupero di aree degradate ad uso
residenziale, la costruzione di insediamenti residenziali ad alta densità in prossimità di
parchi e del lungofiume e a bassa densità nelle aree più lontane e mal collegate, la
localizzazione di centri per il commercio e gli affari vicino ai nodi dei trasporti. Inoltre
il documento prevedeva un consistente incremento di aree verdi e la creazione di
cinture di verde per separare tra loro funzioni incompatibili e riserve naturali attorno
alla Jamaica Bay. Il piano venne criticato soprattutto dall’allora commissario per i
parchi Robert Moses che, in accordo con il New York Times, lo definì: “teorico,
concepito in una torre d’avorio, stupido, fantasioso e irresponsabile”. La forte
opposizione ne impedì l’approvazione nonostante il favore di alcuni quartieri, e la
politica di Moses per i due decenni successivi bloccò ogni piano generale, favorendo la
redazione di progetti specifici e utilizzando le regole dello zoning per la gestione
ordinaria. Moses controllò a lungo ogni aspetto della pianificazione anche in veste di
coordinatore delle costruzioni e come capo della Commissione del sindaco per la
bonifica degli slums, imprimendo un’impronta personale all’urbanistica cittadina, ben
diversa da quanto era nelle intenzioni originarie dei promotori della Commissione.
Gli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale videro una crescita del ruolo della
pianificazione: la legge sullo zoning era ormai ingestibile, a causa della combinazione
di tre diverse carte che fornivano troppe ambiguità interpretative e delle possibilità
insediative che consentivano un insediamento teorico di settanta milioni di persone, a
fronte di una popolazione reale di sette milioni.
Fu così varato un massiccio programma di ricostruzione, con leggi che
incoraggiarono il rinnovo urbano attraverso massicce operazioni di demolizione e
ricostruzione. La Commissione programmò la sostituzione di fabbriche e alloggi
popolari con nuovi servizi e con residenze moderne per le fasce di reddito medio alte.
Furono approvati grandi progetti come il Lincoln Center, il Brooklyn Civic Center,
l’ampliamento della New York University e del Pratt Institute, lo sviluppo di enormi
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distretti residenziali come West Side Urban Renewal Area, Washington Market, e Kips
Bay. La città costruì anche 100 mila alloggi pubblici con fondi federali,
prevalentemente nelle aree lasciate libere dagli slums abbattuti.
Gli interventi di urban renewal (riqualificazione urbana) sollevarono l’opposizione
di organizzazioni di cittadini che protestavano per la distruzione dei loro quartieri e per
lo spostamento forzato della popolazione. Tra i leader più noti delle proteste vi furono
Charles Abrams e Jane Jacobs, residenti nel Greenwich Village, che si opposero al
prolungamento della 5
th
Avenue attraverso il Washington Square Park. Il libro della
Jacobs, “The Death and Life of Great American Cities” (1961), stimolò una profonda
riflessione negli ambienti urbanistici statunitensi, mentre Abrams, in seguito, guidò i
programmi di urbanistica della Columbia University, che, con l’Hunter College e il
Pratt Institute, favorì lo sviluppo “dell’advocacy planning”, un approccio alla
pianificazione che rafforzava il ruolo delle Comunità locali. In quegli anni si registrava
la crescita dell’attivismo popolare e dopo una revisione dello Statuto nel 1963 furono
istituiti i “Community districts”, unità amministrative che dividevano il territorio
comunale in 59 aree, rappresentate da consigli di circoscrizione (community boards).
Durante gli anni cinquanta, con l’amministrazione di Nelson Rockefeller, furono
attuati progetti di ricostruzione: la Downtown Lower Manhattan Association
promosse un piano per la ricostruzione di oltre 200 ettari di tessuto urbano nella parte
bassa di Manhattan; a Washington Market e a South Street Seaport venne modificato
lo zoning e furono avviati lavori di ristrutturazione.
Negli anni sessanta, con l’amministrazione Lindsay, venne fondato “l’Urban Design
Group”, per promuovere approcci innovativi ai problemi urbani. Vennero istituiti uffici
distaccati nei boroughs e si crearono 59 community planning districts. Un problema
che si delineava in quegli anni era la pianificazione generale del waterfront
(lungofiume) e della sostituzione delle attività produttive in dismissione, che però
troverà risposta solo negli anni novanta. Nel 1969 fu presentato il “Plan for New York
City”, che fu subito ostacolato e mai adottato. Molti considerarono il piano poco più
che un inventario, accessibile solo agli addetti ai lavori, e criticarono l’assenza di
“coinvolgimento della popolazione”. La Commissione intervenne ripetutamente sulla
normativa dello zoning, per introdurre nuove tipologie insediative specifiche e nuove
tutele: furono creati i distretti di conservazione per la protezione degli edifici e delle
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aree considerate di rilevanza storica, furono introdotti incentivi per ricavare spazi
pubblici in aree dense e venne introdotta una normativa per armonizzare i nuovi edifici
con il contesto.
Tra i maggiori cambiamenti dei decenni successivi si registra la revisione dello
Statuto comunale nel 1975 e nel 1989. La prima di queste revisioni introdusse gli
strumenti per allargare la partecipazione pubblica (l’Articolo 197-a) e venne
perfezionato il processo di revisione dell’uso del suolo, introducendo la prassi del
controllo da parte dei community boards e dei presidenti di borough attraverso
assemblee pubbliche, prima dei normali passaggi alla Commissione di Pianificazione e
al Consiglio Comunale (la procedura denominata ULURP – Uniform Land Use Review
Procedure).
Attualmente la Commissione continua a sovrintendere allo zoning e alla revisione
dell’uso del suolo. In assenza di un unico master plan, pubblica rapporti quadriennali
di aggiornamento dello zoning, controlla e adotta piani locali (tra cui i 197-a) e risolve
le controversie locali. Il Dipartimento del City Planning fornisce il supporto tecnico alla
Commissione, lavora con altre agenzie municipali per aggiornare il sistema informativo
cittadino e prepara i rapporti previsti dallo Statuto: un comunicato annuale dei bisogni,
un rapporto annuale degli indicatori economici e sociali, una strategia di spesa
decennale.
La Zoning Resolution
Possiamo considerare la città di New York come un pioniere nel campo della
politica di zonizzazione in quanto ha emanato, nel 1916, uno dei primi strumenti
nazionali di gestione del territorio: la Zoning Resolution.
Agli inizi del XX secolo la città era il principale centro economico degli USA e
registrava una forte espansione edilizia. Le tecniche costruttive permettevano di
sviluppare gli edifici in altezza con proporzioni senza precedenti, senza un’adeguata
regolamentazione. La Zoning Resolution del 1916 è una risposta allo sviluppo edilizio
di Manhattan, sviluppo che stava diventando opprimente, sia per la crescita dei
grattacieli che toglievano luce ed aria agli isolati vicini, sia per la commistione di
magazzini e fabbriche con la residenza. Il nuovo strumento del 1916 introdusse norme
che limitavano la mole degli edifici, a parziale salvaguardia dei lotti confinanti o, come
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si diceva, per proteggere la proprietà privata; anche il settore immobiliare considerava
necessario proteggere il valore complessivo degli immobili a lungo termine,
conservando aria e luce a sufficienza. La Risoluzione era un documento abbastanza
semplice che regolava l’altezza degli edifici e le destinazioni d’uso compatibili con i
quartieri residenziali; si occupava anche di determinare l’area dei cortili e degli spazi
aperti. Furono così realizzate le forme dei primi grattacieli; con la base che occupava
l’intero isolato l’edificio doveva arretrare mano a mano che i piani aumentavano in
relazione all’ampiezza della strada, ma poteva elevarsi senza limiti. In questo modo si
evitarono gli effetti negativi causati da edifici come l’Equitable Building (1915) che
sviluppavano in altezza la loro imponente mole lungo tutto il perimetro del lotto.
Con la crescita di nuovi problemi, riguardanti lo sviluppo della motorizzazione, del
traffico, della richiesta di spazio per parcheggi e del dinamismo della popolazione, che
cresceva e si spostava da una zona all’altra, la Risoluzione veniva continuamente
aggiornata; il suo raggio d’azione venne continuamente allargato fino a richiedere una
revisione complessiva, completata nel 1961.
La Zoning Resolution vigente, varata dopo un lungo dibattito pubblico, è frutto di
una ulteriore evoluzione. Come le precedenti versioni il testo attuale norma l’uso del
suolo e la volumetria edificabile, stabilisce i requisiti per servizi e parcheggi. Introduce
inoltre il concetto di “incentive zoning”, offrendo un premio in superficie edificabile
per incoraggiare la realizzazione di spazi pubblici al piano terra degli edifici per uffici,
soprattutto a Manhattan. Si tratta di un documento flessibile, che nel corso degli anni
ha utilizzato molti strumenti attuativi specifici per affrontare le mutevoli esigenze della
pianificazione: il “contextual zoning”, il “waterfront zoning”, il “mixed use zoning”, il
trasferimento degli indici di volumetria, le convenzioni tecniche tra pubblico e privato,
i distretti speciali, i quali, per la loro particolare importanza dovevano essere
regolamentati a parte (tipo lo Special Theatre District). Ad oggi sono stati effettuai
progressivi aggiustamenti, introducendo specificazioni, nuove categorie e
provvedimenti specifici per alcuni distretti.
La risoluzione ha introdotto inoltre due importanti innovazioni normative:
“l’incentive zoning”, che intendeva favorire soluzioni piuttosto che imporre limitazione,
consentendo al Comune di incidere con maggiore efficacia nel governo dello sviluppo
urbanistico, e l’inserimento della categoria di “privately owned public spaces”, spazi
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pubblici collocati in una proprietà privata ma pensati per l’accesso e la fruizione
pubblica. Sono nati così numerosi spazi ad uso pubblico, alla base dei grattacieli, e
piazzette ricavate con gli arretramenti rispetto alla strada; gli imprenditori dell’epoca
giudicavano molto vantaggioso l’utilizzo del bonus previsto per la creazione di spazi
pubblici. Nei tredici anni successivi al 1961 vennero realizzati più di 200 spazi pubblici
ma al successo quantitativo non si associava certo con il corrispondente livello
qualitativo: nella maggioranza dei casi gli imprenditori realizzarono spazi secondo il
minimo richiesto per legge, senza particolare attenzione al loro disegno e allo scopo di
favorire la socialità. Dal 1967 ad oggi sono stati effettuati progressivi aggiustamenti,
introducendo specificazioni, nuove regole e provvedimenti per la realizzazione degli
spazi pubblici.
Con il sistema dell’incentive zoning e le regolamentazioni volumetriche
l’Amministrazione comunale ha tentato di incentivare la qualità preservando il profitto
immobiliare, escogitando soluzioni capaci di coniugare interesse pubblico e privato.
Tuttavia non si può fare a meno di considerare che lo zoning ha avuto un ruolo
prevalentemente ordinatore delle dinamiche spontanee del mercato, senza entrare in
contrasto con le regole liberiste che hanno caratterizzato lo sviluppo urbano. La
Risoluzione del 1916, infatti, era considerata una misura temporanea di compromesso,
necessaria per rispondere a questioni urgenti, le successive modifiche non hanno mai
modificato sostanzialmente quella che rimane tuttora una zonizzazione territoriale.
Un’indicazione della destinazione d’uso del suolo.
Ad oggi, la città d i New York non ha un vero e proprio strumento urbanistico
generale; le richieste di infrastrutture, servizi, alloggi a basso costo, l’uso del suolo e la
densità edilizia sono state continuamente adattate alle esigenze del momento, senza
rispondere ad un sistema di governo del territorio di ampia portata.
Trasformazioni urbane
L’aspetto dominante delle trasformazioni urbanistiche di New York, nell’ultimo
secolo, è il passaggio della città da un’economia industriale ad un’economia dei servizi,
un fenomeno che ha avuto grandi conseguenze sulla distribuzione dei redditi, sulla
variazione delle funzioni urbane e sulla composizione sociale delle aree centrali della
città.
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Molte attività produttive e portuali si sono trasferite a Long Island o nel New Jersey
e allo stesso tempo le attività finanziarie, bancarie, assicurative e immobiliari hanno
accresciuto il loro peso e influenza causando un incremento delle differenze
economiche e sociali.
Dopo la Prima guerra mondiale New York ha attraversato tre importanti fasi di
trasformazione urbana, caratterizzate dalla sostituzione dei tessuti residenziali e
produttivi con altri a maggiore densità e destinati in prevalenza ad uffici. La prima si
registra nel periodo dei roaring twenties (i ruggenti anni venti), la seconda negli anni
sessanta (i go-go sixties) e la terza durante il boom economico degli anni ottanta.
Le politiche urbanistiche recenti – concepite secondo la logica Top-Down – sono
state notevolmente condizionate dall’influenza dei poteri forti che hanno guidato le
trasformazioni economiche, in particolare i settori compresi nella cosiddetta F.I.R.E.
Industry (Finance, Insurance and Real Estate Industry).
Questo tipo di pianificazione Top-Down ha operato assecondando gli interessi e le
idee di un ristretto gruppo sociale a spese della maggioranza dei cittadini, senza
valutare gli effetti secondari delle politiche sul tessuto economico e sociale. Le politiche
di urban renewal erano pubblicizzate come interventi per il miglioramento della
condizione socio-economica cittadina, ma si trattava prevalentemente di una veste
formale che aveva lo scopo di ottenere consenso sociale e finanziamenti pubblici.
N e l l a s e c o n d a p a r t e d e l X X s e c o l o , q u e s t o g e n e r e d i p o l i t i c a h a g e n e r a t o i l
fenomeno della gentrification: la sostituzione dei vecchi abitanti poveri con nuovi
benestanti e la bonifica fisica dei quartieri degradati.
Con la gentrification alcune zone urbane della città, zone con un certo degrado da
un punto di vista edilizio e con costi abitativi bassi, nel momento in cui vengono
sottoposte a restauro e miglioramento urbano, tendono a far affluire su di esse nuovi
abitanti ad alto reddito e ad espellere i vecchi abitanti a basso reddito, i quali non
possono più permettersi di risiedervi.
Molta letteratura sull’argomento tende ad assegnare alla parola un significato
contraddittorio, negativo, una sorta di colonialismo urbano, a partire dalle proteste
nella New York degli anni settanta che vedevano in prima fila artisti come Seth
Tobocman, autore di libri e opere a riguardo, a difesa del quartiere di Lower East Side
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da progetti di ampia rigenerazione.
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Basti pensare che, negli anni ottanta, il sindaco Ed
Koch aveva dichiarato: “New York è una città per vincitori”, minacciando di spingere i
poveri, relegati in quartieri come l’East Village, nei fiumi ad est e ovest di Manhattan.
Possiamo considerare la canzone di Adriano Celentano, “il ragazzo della via Gluck”,
del 1966, un esempio chiaro circa le trasformazioni che avvenivano, anche sul territorio
aperto, a confine con l’abitato. Il significato dello sradicamento dalla propria terra, dal
proprio quartiere, è lo stesso sia in campagna che in città.
Opera di Seth Tobocman
Per tutto il XX secolo le politiche urbanistiche newyorkesi sono state fortemente
influenzate dalle azioni dei proprietari immobiliari e dei developers (costruttori), che
hanno attuato e spesso ideato le più importanti operazioni di trasformazione urbana.
Ne emerge un quadro che descrive un oligopolio di proprietari fondiari, strettamente
connesso con gli ambienti politici, amministrativi cittadini e statali che, oltre ad
operare intensamente sul mercato, ha fortemente influenzato le strategie della
pianificazione pubblica e della relativa programmazione economica.
Inizia ad apparire evidente il divario tra le strategie di trasformazione urbana a
grande scala e gli effetti delle stesse osservati alla piccola scala, a livello dell’economia
minuta delle piccole imprese e del piccolo commercio.
In un’analisi sulle evoluzioni della città fatta da Robert Fitch, nel libro “The
Assassination of New York”, del 1993, l’autore sostiene che le operazioni di urban
renewal e di terziarizzazione di Manhattan, non solo “drogavano” il mercato degli uffici
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Si vedano le opere sul sito www.sethtobocman.com
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con eccesso di offerta, ma creavano danni non reversibili al tessuto economico minuto
e alla situazione sociale ed economica complessiva della città. Molte piccole attività
potevano vivere solo nell’ambiente in cui erano nate, beneficiando di sinergie
specifiche dell’area urbana in cui operavano. Una volta ricollocate nei suburbs, non
sarebbero sopravvissute. I grandi impianti produttivi e le infrastrutture portuali,
uscendo addirittura dai confini cittadini, avrebbero portato fuori dal territorio
comunale lavoro e gettito fiscale.
Dietro il processo di terziarizzazione delle funzioni urbane di New York risulterebbe
quindi un disegno di speculazione immobiliare, attuato con il concorso del potere
pubblico e delle lobby newyorkesi, fenomeno che si registra largamente in altre città
mondiali coinvolte nel processo di terziarizzazione dell’economia e quindi non un
fenomeno specifico di New York.
La città del futuro doveva essere costruita sul controllo e lo scambio di informazioni
e conoscenze, nonché capitali. Queste erano le chiavi di lungo periodo per la ricchezza e
la posizione dominante in un'economia globale.
Nonostante le trasformazioni siano state guidate dalla volontà delle élites
economiche ci sono stati anche numerosi casi di resistenza ai progetti di rigenerazione
da parte di minoranze etniche, intellettuali, movimenti ecologisti e soprattutto dai
quartieri interessati. Queste iniziative hanno impedito in alcuni casi la realizzazione di
nuovi progetti con finalità speculative e, nonostante si trattasse di eccezioni, inserite in
un sistema di poteri e politiche forti, sono state le radici del “community-based
planning”. Malgrado questo tipo di pianificazione verso il basso abbia logorato molte
parti della città, New York mantiene sempre la sua vitalità che continua a e mantenersi
in ognuno dei suoi abitanti.