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Parte prima
LA POLITICA ESTERA E DI SICUREZZA COMUNE
DELL’UNIONE EUROPEA
1. Cenni storici
1.1. Comunità europea di difesa, Comunità politica europea e piani Fouchet
Durante le varie tappe della costruzione europea, i concetti di unione
politica, di politica estera o di difesa comune sono stati regolarmente al centro del
dibattito politico.
All’inizio degli anni cinquanta, in un contesto di guerra fredda, i sei Stati
membri dell’appena istituita Comunità europea del carbone e dell’acciaio
1
avvertirono il bisogno di far fronte alla crescente minaccia sovietica. A ciò venne ad
aggiungersi la volontà della Francia di rafforzare il ruolo dell’Europa nella politica
mondiale.
2
Fu così che il 27 maggio 1952 gli Stati membri della CECA firmarono il
trattato istitutivo della Comunità europea di difesa. Il trattato, frutto di una proposta
dell’allora Presidente del Consiglio francese, René Plèven, prevedeva la creazione
di un esercito europeo comune, un bilancio di difesa comune e programmi comuni
di armamento.
Il corollario della CED fu un progetto politico, presentato nel marzo 1953 da
una commissione nominata dalle assemblee parlamentari del Consiglio d’Europa e
della CECA. Quel progetto di un trattato istitutivo di una Comunità politica europea
prevedeva la creazione di un’Assemblea parlamentare bicamerale, un Consiglio
esecutivo europeo, un Consiglio dei ministri ed una Corte di giustizia. La Comunità
1
Il trattato istitutivo della CECA venne firmato il 18 aprile 1950 a Parigi da Belgio, Francia,
Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi.
2
Argirakos, D., Die EU – GASP/ZBJI, Tectum, Marburg, 1999, p. 34
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9
politica europea avrebbe avuto ampie competenze in tutti i settori e avrebbe dovuto
assorbire, a termine, la CECA e la CED. Il 30 agosto 1954 l’assemblea nazionale
francese rifiutò di ratificare il trattato istitutivo della CED. L’approvazione fu
impedita, da una parte, da deputati nazionalisti che temevano una perdita di
sovranità troppo grande, dall’altra, da deputati comunisti, non interessati a
rafforzare l’Europa occidentale.
3
Molti deputati, inoltre, erano scettici di fronte ad un
riarmo della Repubblica federale tedesca. Non venne quindi dato seguito neanche
al progetto della Comunità politica europea.
L’interesse principale degli Stati membri della CECA si indirizzò in seguito
soprattutto verso la cooperazione economica. Questo portò alla firma dei trattati
istitutivi della Comunità economica europea
4
e della Comunità europea dell’energia
atomica il 25 marzo 1957 a Roma.
Agli inizi degli anni sessanta, emerse nuovamente la volontà di avviare la
costruzione politica dell’Europa. Nel 1961, i capi di Stato e di governo degli Stati
membri delle Comunità europee incaricarono un gruppo di lavoro presieduto dal
diplomatico francese Christian Fouchet ad elaborare dei modelli di cooperazione
politica.
Furono presentati due progetti, i cosiddetti piani Fouchet, il primo nel ottobre
1961, il secondo nel gennaio 1962. Entrambi i progetti erano ispirati al modello di
una “Europa delle Patrie” sostenuto dal Presidente francese Charles de Gaulles.
Un Consiglio costituito dai capi di Stato e di governo dei Paesi membri avrebbe
assunto, rigorosamente all’unanimità, decisioni comuni di politica estera, di difesa,
della cultura ed economica. L’esecutività delle decisioni del Consiglio sarebbe stata
garantita da una Commissione politica composta dai Ministri degli Affari esteri degli
Stati membri. Un’assemblea costituita da delegati dei Parlamenti nazionali avrebbe
avuto funzioni consultive.
5
L’integrazione doveva quindi essere perseguita non più
con un sistema sovranazionale, ma tramite la tradizionale cooperazione
intergovernativa.
6
I piani Fouchet incontrarono l’opposizione del Belgio, del Lussemburgo e dei
Paesi Bassi, perché miravano a controllare, per il tramite della cooperazione
3
Fischer P./Köck H. F., Europarecht, Linde, Wien, 1997, p. 83
4
Alla Comunità economica europea fu dato dal trattato di Maastricht il nome di Comunità europea.
5
Orsello, G. P., Il diritto dell’Unione europea, Cedam, Padova, 1999, p. 240
6
Burghardt G./Tebbe B., Die GASP, in: von der Groeben/Thiesing/Ehlermann, Kommentar zum
EG-/EU-Vertrag, volume V, Nomos, Baden-Baden, 1997, p. 900
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10
intergovernativa, le attività delle Comunità europee e questo fu considerato come
un regresso nell’integrazione.
7
Siccome non si riuscì a rimuovere queste
differenze, i lavori sui piani Fouchet vennero abbandonati nella primavera del 1962.
L’irrigidimento della posizione francese nei confronti dell’integrazione
europea
8
impedì, per il momento, l’elaborazione di ulteriori progetti per un’unione
politica istituzionalizzata.
1.2. La Cooperazione politica europea
Il dibattito sull’unione politica riprese soltanto al vertice dell’Aia del dicembre
1969, in occasione del quale i capi di Stato e di governo incaricarono i loro Ministri
degli Affari esteri di esaminare la possibilità di fare ulteriori passi avanti sul piano
politico.
Una commissione diretta da Vicomte Davignon, direttore politico del
Ministero degli Affari esteri belga, elaborò in seguito un rapporto, presentato nel
1970 al vertice di Lussemburgo. Questo rapporto, approvato dai capi di Stato e di
governo, segnò l’inizio della Cooperazione politica europea, che, in un primo
momento, consistette principalmente nella consultazione tra gli Stati membri sulle
questioni di politica estera.
9
Nel 1973, al vertice di Copenaghen, fu presentata una relazione sul
funzionamento della CPE, in seguito alla quale vennero intensificate le riunioni dei
Ministri degli Affari esteri. Nel 1974, al vertice di Parigi, i capi di Stato e di governo
decisero di riunirsi da allora in poi tre volte all’anno come Consiglio europeo. Ciò
rese possibile un migliore coordinamento della CPE.
10
All’inizio degli anni ottanta,
in seguito all’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione sovietica e alla crisi
polacca, gli Stati membri erano ancora determinati a potenziare la CPE.
Al vertice di Londra del novembre 1981 fu presentato il piano Genscher-
Colombo.
11
Il progetto prevedeva un aumento delle consultazioni reciproche, la
vincolatività delle decisioni prese nell’ambito della cooperazione politica,
7
Burghardt G./Tebbe B., Die GASP der EU – Rechtliche Struktur und politischer Prozeß, in:
Europarecht, 1995, p. 4, parlano di un roll-back.
8
Si confronti la cosiddetta politica della sedia vuota della Francia nel 1965.
9
Steltemeier, R., Utopie oder Realität?, Nomos, Baden-Baden, 1998, p. 57/58
10
Fischer/Köck, Europarecht, 1997, cit., p. 261
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11
l’individuazione del Consiglio europeo come vertice del coordinamento per la
cooperazione politica e l’aumento del coinvolgimento del Parlamento europeo in
tale settore.
12
Per la prima volta era prefigurata una possibile collaborazione fra gli
Stati membri anche in materia di sicurezza. Il piano Genscher-Colombo produsse
reazioni contrastanti.
13
Fu approvato soltanto al Consiglio europeo di Stoccarda del
giugno 1983 nella forma di una Dichiarazione solenne sull’Unione europea, non
avente comunque carattere vincolante.
Il Consiglio europeo di Milano del giugno 1985 indisse una conferenza
intergovernativa con lo scopo di riformare l’assetto delle Comunità europee.
14
La
conferenza intergovernativa si concluse con la firma dell’Atto unico europeo nel
febbraio 1986.
15
L’AUE, agli articoli 30 e ss., istituzionalizzò la CPE, tenendo
comunque quest’ultima ben distinta dalle strutture delle Comunità europee. L’unica
connessione istituzionale era il Consiglio europeo. Non esisteva invece, nell’ambito
della CPE, un Consiglio dei ministri; ma si tenevano, almeno quattro volte all’anno,
delle riunioni dei Ministri degli Affari esteri. Queste ultime erano preparate dal
comitato politico, composto dei direttori politici dei Ministeri degli Affari esteri degli
Stati membri, e da gruppi di lavoro. L’AUE decise inoltre l’istituzione di un
segretariato per la CPE.
La CPE era un meccanismo meramente intergovernativo. Anche dopo la
sua istituzionalizzazione nell’AUE, le decisioni prese nell’ambito della CPE non
erano giuridicamente vincolanti per gli Stati membri e spesso gli interessi nazionali
impedivano l’adozione di una posizione comune.
16
11
Genscher era il Ministro degli Affari esteri tedesco, Colombo quello italiano.
12
Orsello, Il diritto dell’Unione europea, 1999, cit., p. 243
13
Ibidem
14
Orsello, Il diritto dell’Unione europea, 1999, cit., p. 244
15
L’Atto unico europeo fu firmato il 17 febbraio 1986 da Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna,
Irlanda, Lussemburgo e Paesi Bassi e il 28 febbraio 1986 da Danimarca, Grecia ed Italia, sempre a
Lussemburgo. Entrò in vigore il 1° luglio 1987.
16
Sull’atteggiamento degli Stati membri nelle crisi del Kuwait e dell’ex Jugoslavia vedi Argirakos,
Die EU - GASP/ZBJI, 1999, cit., p. 42-44.
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12
Ciò nonostante, la CPE, per quasi 25 anni, servì come una cornice flessibile
consentendo agli Stati membri di avvicinare le loro posizioni in un campo tanto
delicato come la politica estera.
17
1.3. L’introduzione della PESC con il trattato di Maastricht
La caduta dei regimi del socialismo reale nell’Europa orientale e la
riunificazione tedesca
18
furono l’occasione per cercare di rilanciare la integrazione
europea. L’idea di convocare una seconda conferenza intergovernativa,
parallelamente a quella sull’Unione economica e monetaria
19
, nacque da
un’iniziativa del governo belga del 20 marzo 1990. Il Cancelliere tedesco Kohl e il
Presidente francese Mitterand appoggiarono questa proposta nella loro lettera del
19 aprile 1990 al Premier irlandese Haughey che nel primo semestre del 1992
esercitava la Presidenza della Comunità economica europea.
20
Il Consiglio
europeo di Roma del 13 e del 14 dicembre 1990 decise l’avvio di due conferenze
intergovernative: una sull’Unione economica e monetaria e l’altra sull’unione
politica.
Le posizioni degli Stati membri e delle istituzioni comunitarie riguardo alla
politica estera erano le seguenti: la Grecia e l’Italia, insieme alla Commissione e al
Parlamento europeo
21
, chiedevano una politica estera che facesse parte integrante
dei trattati comunitari. Anche la Francia e la Germania erano favorevoli ad una
riforma incisiva della CPE.
22
Contrari a questa proposta erano invece la
Danimarca, la Gran Bretagna, l’Irlanda e, in modo meno categorico, anche i Paesi
Bassi; questi infatti esigevano che la sovranità nazionale non fosse limitata in
maniera eccessiva.
23
Quanto alla creazione di un quadro istituzionale unico e al
ruolo dominante del Consiglio europeo si arrivò presto ad un accordo, mentre
17
Burghardt/Tebbe, Die GASP, 1997, cit., p. 902
18
Steltemeier, Utopie oder Realität, 1998, cit., p. 74, chiama il trattato di Maastricht una ”premessa
successivamente stabilita” per la riunificazione della Germania.
19
La convocazione di una conferenza intergovernativa sull’UEM fu decisa, dopo la presentazione
del piano Delors, dal Consiglio europeo di Strasburgo del dicembre 1989.
20
de Schoutheete de Tervarent, Ph., The Creation of the CFSP, in: Regelsberger/de Schoutheete
de Tervarent/Wessels, Foreign Policy of the EU, Lynne Rienner, London, 1997, p. 44
21
Sulla posizione del Parlamento europeo vedi più dettagliatamente Longo, F., La Politica Estera
dell’Unione europea tra Interdipendenza e Nazionalismo, Cacucci, Bari, 1995, p. 67 e ss.
22
Steltemeier, Utopie oder Realität, 1998, cit., p. 74
23
Ibidem
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13
venne abbandonato l’inserimento della cooperazione politica nel TCE a causa
dell’opposizione degli Stati membri appena menzionati.
I risultati delle conferenze intergovernative furono presentate al Consiglio
europeo riunitosi a Maastricht il 9 e il 10 dicembre 1991. Dopo lunghi e serrati
dibattiti, i capi di Stato e di governo raggiunsero un accordo sulla stipula del trattato
sull’Unione europea. Quest’ultimo, che ai termini del 1° comma del suo preambolo
segna una nuova tappa nel processo di integrazione europea, fu firmato dai
Ministri degli Affari esteri e dai Ministri delle Finanze degli Stati membri il 7 febbraio
1992 a Maastricht.
Le disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune, collocate
al titolo V del TUE (artt. J - J18), sostituirono la CPE. Nell’edificio dell’Unione
europea
24
, accanto al pilastro comunitario, venne collocato un pilastro
intergovernativo che rispecchia la volontà dell’Unione di ”affermare la propria
identità sulla scena internazionale”
25
. Il trattato di Maastricht entrò in vigore il 1°
novembre 1993.
1.4. La revisione della PESC con il trattato di Amsterdam
Il trattato di Maastricht, all’art. N § 2, prevede, per il 1996, una conferenza
intergovernativa per esaminare, conformemente agli obiettivi stabiliti negli artt. A e
B delle disposizioni comuni, le disposizioni dello stesso trattato per le quali è
prevista una revisione. Tra queste disposizioni rientrano anche quelle sulla PESC.
L’art. J10 TUE stabilisce infatti che nell’ambito della conferenza del 1996 venga
valutata la possibilità di apportare modifiche alle disposizioni del titolo V. L’ art. J4 §
6 TUE riguarda il settore specifico della difesa e ribadisce ulteriormente la
possibilità di apportare degli emendamenti.
Per preparare la conferenza intergovernativa, il Consiglio europeo di Corfú
del giugno 1994 decise di istituire un Gruppo di riflessione, composto da
rappresentanti degli Stati membri, della Commissione e del Parlamento europeo e
presieduto dallo spagnolo Carlos Westendorp y Cabeza. Il Gruppo presentò la sua
relazione al Consiglio europeo di Madrid del dicembre 1995. L’obiettivo della
24
Sulla struttura dell’Unione europea vedi infra, 2.1.
25
Art. B comma 1° trattino 2° TUE.
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14
relazione era di fissare i grandi temi attorno ai quali la conferenza intergovernativa
doveva incentrare le discussioni.
26
In merito alla PESC, la relazione faceva le seguenti proposte
27
:
- istituzione di una cellula di monitoraggio ed analisi dei principali avvenimenti
internazionali;
- aumento delle decisioni a maggioranza qualificata;
- miglioramento della visibilità esterna dell’Unione tramite la “personalizzazione”
della PESC;
- esame della possibilità di creare un’identità europea nel campo della politica di
sicurezza, con la prospettiva di una difesa comune.
La conferenza intergovernativa venne aperta il 29 marzo 1996 dal Consiglio
europeo di Torino. Il mandato, definito dallo stesso Consiglio europeo, individuò tre
tematiche
28
:
- un’Unione più vicina ai cittadini;
- le istituzioni in un’Unione più democratica ed efficiente;
- la capacità di agire dell’Unione nella politica estera.
All’interno della conferenza intergovernativa, le posizioni degli Stati membri
sulla riforma della PESC potevano essere suddivise in due gruppi. La Danimarca,
la Finlandia, la Francia, la Gran Bretagna ed il Portogallo ritenevano che ogni
modifica del titolo V dovesse rientrare in una prospettiva sempre e solo
intergovernativa. L’Austria, il Belgio, la Grecia e, in misura più prudente, l’Italia
consideravano necessario anche la introduzione di qualche fattore di
“comunitarizzazione” per migliorare il funzionamento della PESC.
29
Le proposte di
questi ultimi Stati membri furono sostenute dalla Commissione e dal Parlamento
europeo.
30
26
Novi, C., Le novità del trattato di Amsterdam in tema di PESC, in: Il Diritto dell’Unione Europea,
1998, p. 439
27
Vedi Argirakos, Die EU - GASP/ZBJI, 1999, cit., p. 116, e Steltemeier, Utopie oder Realität, 1998,
cit., p. 52. Per quanto riguarda le proposte avanzate dalla dottrina sulla riforma della PESC in
occasione della conferenza intergovernativa del 1996/97 vedi Dehousse, F., After Amsterdam: A
Report on the CFSP of the EU, in: European Journal of International Law, 1998, p. 529/530, e Novi,
Le novità del trattato di Amsterdam in tema di PESC, 1998, cit., p. 433-439.
28
Vedi Steltemeier, Utopie oder Realität, 1998, cit., p. 78
29
Novi, Le novità del trattato di Amsterdam in tema di PESC, 1998, cit., p. 440
30
Argirakos, Die EU – GASP/ZBJI, 1999, cit., p. 117
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15
L’ultima fase del negoziato era caratterizzata dalla tendenza all’elaborazione
di progetti sempre meno ambiziosi su cui fosse più semplice ottenere il consenso
delle delegazioni. Vi era la ferma volontà di chiudere i negoziati con il Consiglio
europeo di Amsterdam, previsto per il giugno del 1997, per evitare rinvii che
avrebbero ulteriormente allontanato l’inizio del processo di allargamento agli Stati
dell’Europa centrale ed orientale.
31
Il vertice di Amsterdam, che si svolse dal 16 al 19 giugno 1997, fu dominato,
nella sua prima fase, dall’UEM e dalla politica sull’occupazione, due tematiche
sulle quali vi erano da rimuovere notevoli dissensi tra Francia e Germania.
32
Restava così poco tempo per negoziare gli altri temi della conferenza
intergovernativa, tra cui la PESC. Dopo lunghi e travagliati negoziati, i capi di Stato
e di governo decisero la riforma del TUE il 19 giugno 1997. Il trattato fu sottoscritto
dai Ministri degli Affari esteri degli Stati membri il 2 ottobre 1997 ad Amsterdam.
Le disposizioni sulla PESC sono ancora contenute nel titolo V del TUE che
consta di 18 articoli: nella versione consolidata, che prevede la rinumerazione
decisa ad Amsterdam, sono gli articoli 11 - 28.
31
Novi, Le novità del trattato di Amsterdam in tema di PESC, 1998, cit., p. 441/442
32
Weidenfeld/Giering, Die EU nach Amsterdam – Bilanz und Perspektive, in: Weidenfeld,
Amsterdam in der Analyse – Strategien für Europa, Bertelsmann, Gütersloh, 1998, p. 32
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16
1.5. La conferenza intergovernativa del 2000 e il trattato di Nizza
Il Consiglio europeo di Colonia del giugno 1999 ha convocato, per l’inizio del
2000, una conferenza intergovernativa intesa a risolvere, in vista dell’ampliamento
dell’Unione, le questioni istituzionali che non erano state definite ad Amsterdam.
L’apertura della conferenza ha avuto luogo il 14 febbraio 2000.
Dedicata ai left overs di Amsterdam, la conferenza ha dato poco spazio alla
riforma del secondo pilastro. D’altronde, in materia di PECSD delle decisioni
importanti sono state assunte dai Consigli europei di Colonia (giugno 1999),
Helsinki (dicembre 1999) e Santa Maria da Feira (giugno 2000).
33
Durante la
conferenza, il Belgio, l’Italia, il Lussemburgo e i Paesi Bassi hanno avanzato una
proposta per l’adattamento del TUE alle innovazioni introdotte da tali decisioni.
34
Contrari ad una modifica del titolo V del TUE erano la Danimarca, la Gran
Bretagna, l’Irlanda e la Svezia.
35
La conferenza intergovernativa si è conclusa con il vertice di Nizza dal 7
all’11 dicembre 2000. Contrariamente alle aspettative della vigilia, si è avuto un
accordo anche sulla limitata revisione di alcuni articoli del titolo V del TUE.
36
Il
trattato è stato firmato dai Ministri degli Affari esteri degli Stati membri il 26 febbraio
2001 a Nizza.
37
Ai sensi dell’art. 12 del trattato di Nizza, gli Stati membri devono ratificare lo
stesso trattato secondo le rispettive norme costituzionali e depositare gli strumenti
di ratifica presso il governo italiano. Il trattato di Nizza entra in vigore il primo giorno
del secondo mese successivo a quello in cui è depositato lo strumento di ratifica
dello Stato membro che procede per ultimo a tale formalità.
33
Vedi infra, 8.5.
34
Vedi il sito internet del Ministero degli Affari esteri italiano:
“http://www.esteri.it/polestera/ue/app_nizza_cig.htm”.
35
Ibidem
36
Sulle modifiche del titolo V del TUE apportate dal trattato di Nizza vedi infra, 6.2., 6.4., 7.5., 7.6. e
8.3.
37
Si fa qui riferimento alla versione definitiva del trattato di Nizza, messa a punto dal Gruppo dei
Giuristi/Linguisti. Per il relativo testo vedi il sito internet “http://ue.eu.int/cigdocs/it/cig2000-IT.pdf”.