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Introduzione
Perché “neurosociologia”? Cosa intende studiare tale disciplina?
Quali sono le differenze (se ce ne sono) con la sociobiologia, con le
neuroscienze sociali, o con la sociofisiologia?
Il prefisso “neuro” può essere oramai abbinato ai più disparati ambiti
di ricerca fino a sfumare le categorizzazioni degli stessi. Se ciò può apparire
un’attitudine modaiola di certa ricerca sociale contemporanea influenzata
dalle neuroscienze, d’altra parte non si può trascurare la volontà insita in
questa operazione di creare un ponte tra discipline che per tantissimo
tempo si sono ignorate. La sociologia, come la psicologia o l’antropologia,
conosce l’importanza e la necessità del punto di vista multiplo che deriva
dalla multidisciplinarità, e che le permette di spaziare in ambiti di ricerca
che, a primo impatto, sembrerebbero inconciliabili. A tal proposito Franco
Ferrarotti nel 1986 scriveva:
I rapporti fra la sociologia e le altre scienze sociali, in particolare fra la
sociologia, l’antropologia culturale e la psicologia sociale, si regolano attualmente
sulla base dell’impostazione comunemente nota come impostazione
multidisciplinare o interdisciplinare della ricerca. […] L’impostazione
interdisciplinare della ricerca riflette fedelmente il piano critico raggiunto dalla
discussione metodologica: l’oggetto della ricerca non è più concepibile in senso
esclusivo, come se si trattasse di una proprietà privata di una singola scienza. Sullo
stesso “oggetto” della ricerca le varie discipline orientano e fanno convergere le
loro risorse, di metodo e di sostanza, in modo da chiarirlo e interpretarlo secondo
una molteplicità di ottiche. È dalla fecondazione reciproca di queste ottiche
differenziate, dal loro intrecciarsi e dalla loro integrazione problematica che l’analisi
e l’interpretazione dell’oggetto escono arricchite
1
.
E dunque, se nel corso della sua evoluzione la sociologia ha
incontrato l’economia, la statistica, la scienza politica e ancora la biologia e
la psicologia, non siamo adesso costretti a vagliare un incontro con le
neuroscienze così come già accaduto all’economia e ancor prima alla
psicologia? A me sembra che un tentativo per testarne i limiti sia fruttuoso
se non obbligato, pertanto è utile cercare di chiarire da quale punto di vista
intendo in questa sede analizzare l’incontro tra le due discipline.
1
Ferrarotti, F. (1968), Manuale di sociologia, edizione Laterza 1989. p.21-22
2
Anzitutto, perché “neurosociologia” e non “sociologia del cervello” o
“sociologia della mente”? Perché non si tratta di studiare unicamente il
cervello per mezzo di un approccio sociologico, ma piuttosto di ricercare il
rapporto biunivoco cervello-società. Il cervello si modifica in rapporto
all’esperienza, e questa produce una riscrittura genetica dell’individuo
sociale. Natura e cultura si trovano nel loro punto di incontro, e le dinamiche
sociali strutturano le connessioni neuronali rafforzando per sinaptogenesi e
potatura risposte agli stimoli esterni. Saranno determinanti in tal senso punti
di vista come quello di Cozolino, che nel suo Il cervello sociale immagina la
società come una rete neuronale, con tanto di sinapsi sociali.
Questo elaborato muoverà i suoi passi a partire dalla definizione di
neurosociologia cercando di giustificarne i termini, confrontandoli con alcuni
dei concetti classici della sociologia. Sarà quindi passo obbligato
ripercorrerne la (seppur breve) storia e gli autori che l’hanno definita e
circoscritta dalla sua nascita, collocabile all’incirca negli anni ’70 del
ventesimo secolo negli Stati Uniti.
Mi addentrerò in seguito verso le radici neurosociologiche, cercando
di capire se e perché il cervello possa essere definito “sociale”. In questa
sezione non ho potuto individuare studiosi di formazione prettamente
sociologica, pertanto il contributo alla scoperta del “cervello sociale” arriverà
soprattutto da neuroscienziati.
Proseguirò con un breve quanto doveroso cenno alla scoperta dei
neuroni specchio, merito dell’equipe parmigiana capitanata da Giacomo
Rizzolatti. Tale scoperta segna una svolta nel panorama delle neuroscienze
mentre, a detta dello stesso Rizzolatti, dovrebbero essere i sociologi ad
individuare possibili applicazioni delle conoscenze sui neuroni specchio,
soprattutto per quanto concerne l’empatia
2
.
Seguirà una rapida descrizione delle principali tecnologie di brain
imaging utili all’indagine neuroscientifica e che, in un immediato futuro,
potrebbero essere utilizzate anche a beneficio della sociologia.
Il primo capitolo si concluderà con una panoramica della situazione
della neurosociologia italiana.
2
Articolo apparso su Repubblica.it (Parma) del 27 dicembre 2012: Rizzolatti: “Ecco perché i
sentimenti sono contagiosi”, di Leonetta Bentivoglio.
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Obiettivo del secondo capitolo sarà la delimitazione degli ambiti della
neurosociologia unita al tentativo di comprendere la sua natura
epistemologica. La neurosociologia sarà posta a confronto con le tre
macroaree che le stanno accanto in un’ipotetica linea transdisciplinare: la
sociologia, la psicologia sociale e le neuroscienze. Si pone dunque un
quesito: la neurosociologia è forse un ritorno della sociobiologia degli anni
’70 che, ricercando un fondo biologico per l’agire umano, tentava di
accostarsi alla illusoria comodità delle scienze dure? Dopo aver tentato di
fornire una personale risposta a questo interrogativo, mostrerò un incontro
diretto tra sociologia e neurosociologia nell’opera di Warren D. TenHouten,
che tenta di rivedere in chiave neuro la razionalità strumentale (strumental
rationality) weberiana.
Per David D. Franks, professore del dipartimento di sociologia e
antropologia della Virginia Commonwealth University, la neurosociologia è
il ponte che collega le neuroscienze alla psicologia sociale (Franks, 2010).
È indubbia l’importanza che la disciplina psicologica nata verso la metà del
secolo scorso riveste nel creare un nesso tra neuro e socio, in un ipotetico
continuum in cui lo psico si situa nel centro. Mi è parso dunque stimolante
richiamare l’interazionismo simbolico, per indagare attraverso un altro punto
di vista il nodo cruciale: il processo di creazione delle credenze. L’excursus
sulla Teoria della Mente si muoverà nello stesso solco, ma sarà ancora più
spinto verso le neuroscienze attraverso l’esposizione di uno studio della
Rockefeller University che rileva la presenza di percorsi neurali in alcuni
primati che si attivano unicamente nell’analisi delle interazioni sociali.
Nell’ultimo tassello del secondo capitolo confronterò la
neurosociologia con le neuroscienze, e in particolare con quelle discipline
neuroscientifiche che più si avvicinano allo studio dell’agire sociale. La
neuroeconomia, che costituisce forse il parallelo più interessante e affine
alla neurosociologia, pone molte questioni tra neuroscienze ed economia
che potrebbero risultare fondamentali anche in un processo di
legittimazione o, al contrario, di sconfessione della neurosociologia in
ambito sociologico. La neuropolitica, al momento, altro non è che la ricerca
neurologica applicata ad alcune questioni politiche e alla psicologia delle
masse, e constaterò che uno dei punti di maggiore criticità emerge quando
si tratta di utilizzare risultati di tecniche di brain imaging per spiegare i
meccanismi sui quali si muovono le ideologie. Altri ambiti di ricerca, come
4
la neurobiologia interpersonale, la sociofisiologia e la neuroscienza
affettiva, si muovono invece prevalentemente in ambito terapeutico e
sanitario.
Mi è parso che molti scritti riguardanti la neurosociologia affrontino il
tema da un punto di vista alquanto clinico, come fossero affrontati da
neuroscienziati di estrazione piuttosto che da sociologi. Il mio approccio,
pur non potendosi confrontare con la levatura delle fonti, tenterà di essere
radicalmente diverso, e punterà spesso al confronto tra i paradigmi della
neurosociologia e quelli della sociologia classica. L’orientamento di questo
elaborato è il frutto naturale della decisa volontà di partire dai miei studi che
sono quelli della sociologia, con cui in questi tre anni ho acquisito familiarità,
applicando, in questa sede, gli strumenti concettuali appresi.
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Capitolo 1
Che cos’è la neurosociologia?
1.1 Definizioni
Con il termine “neurosociologia” si intende riferirsi ad una branca di
studio che si spinge nel tentativo di unire neuroscienze e sociologia. Più in
particolare vuole indagare i rapporti che intercorrono tra le strutture neurali
e la socialità, evidenziando come queste si influenzino vicendevolmente. Le
neuroscienze hanno ormai illuminato il campo riguardo la natura plastica
del cervello, e la sua flessibilità nella creazione di collegamenti neurali in
dati contesti. Vi è ormai la certezza che l’ambiente sociale in cui siamo
immersi sancisca la struttura del nostro cervello (TenHouten 1999, 2005,
2007, Blanco 2016, Cozolino 2006, Gomez-Robles 2015, 2016, 2017
3
), e
come questa di conseguenza produca percorsi privilegiati di attivazione
neuronale che influiscono sui modi di pensare e di vedere il mondo. Il
tentativo neurosociologico è quello di studiare, con la metodologia della
sociologia (specialmente quella della microsociologia e dell’indagine
qualitativa) e con alcune tecniche e strumenti delle neuroscienze
4
, la
rilevanza che l’ambiente sociale gioca nei cambiamenti neurofisiologici, e di
riflesso (anche se il punto di partenza non è stabilito) come le caratteristiche
del nostro cervello permettano a quest’organo di essere creatore attivo della
cultura con la quale interagisce. Vi sono quindi questi due poli
interdipendenti: l’ambiente sociale e il cervello.
Per ambiente sociale si intende ogni tratto culturale proprio di un
qualsivoglia raggruppamento sociale. Tali sono valori, norme, linguaggi,
simboli, segni, modelli di comportamento di un determinato sistema sociale.
La definizione di ambiente sociale è spesso in contrapposizione con quella
di ambiente naturale, definito come l’insieme di fattori fisici, chimici e
biologici da cui dipende l’esistenza dell’uomo in quanto organismo
terrestre
5
. Vien da sé la conseguenza logica pe cui, se ciò che è studiato è
3
https://www.ucl.ac.uk/biosciences/departments/gee/staff/tabs/academic-iris-link/gomez-
robles
4
EEG, MEG, fMRI, TMS ne sono alcuni esempi, che illustrerò più approfonditamente nel paragrafo
1.6
5
Definizione di ambiente naturale in Gallino L. (1978), Dizionario di Sociologia, edizione 2014 UTET.
p.20
6
un apparato neuronale in un sistema sociale, allora ciò che ne costituisce
la dinamica è l’agire sociale, preso direttamente alla maniera weberiana:
Un agire che sia riferito - secondo il suo senso, intenzionato dall'agente o
dagli agenti - all'atteggiamento di altri individui, e orientato nel suo corso in base a
questo
6
.
Diventa ora importante, in ottica neurosociologica, la dotazione di
senso (ossia come questo viene a crearsi nel rapporto società-individuo-
mente-cervello), l’intenzionalità dell’agente e l’influenza che questa subisce
rispetto all’ambiente sociale. Appare quindi più chiaro che questo approccio
non cambia le carte in tavola della sociologia classica, ma può essere
utilizzato per decostruire le definizioni adottate dalla stessa e fornirci
risposte complementari ai quesiti sociologici. Vorrei però ancora insistere
sulla definizione di azione sociale, prendendo ora in esame la definizione di
Gallino:
Sequenza intenzionale di atti forniti di senso che un soggetto individuale o
collettivo (spesso designato "attore" o "agente") compie scegliendo tra varie
alternative possibili, sulla base di un progetto concepito in precedenza ma che può
evolversi nel corso dell'Azione stessa, al fine di conseguire uno scopo, ovvero di
trasformare uno stato di cose esistente in altro ad esso più gradito, in presenza di
una determinata situazione - composta da altri soggetti capaci di Azione e reazioni,
da norme e valori, da mezzi e tecniche operative e eventualmente utilizzabili allo
scopo, da oggetti fisici - della quale il soggetto tiene consciamente conto nella
misura in cui dispone a suo riguardo di informazioni e conoscenze
7
.
Vi è subito da sottolineare come il soggetto agente possa essere
inteso, per Gallino, come individuale o collettivo. L’individualità, dunque, si
instaura senza alcun dubbio nella riflessione sociologica. Un’individualità
per di più chiaramente agente per scelta, secondo uno scopo. Ma questa
scelta, per quanto compiuta individualmente, è sempre vincolata e
condizionata da una determinata situazione di natura sociale, oltre che
materiale. Grazie a questa ulteriore definizione comprendiamo meglio la
6
Weber, M. (1922), Economia e Società, p.4 Vol.1
7
Definizione di azione sociale in Gallino L. (1978), Dizionario di Sociologia, edizione 2014 UTET.
pp.68-69