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1.2 Sviluppi della neurologia comportamentale
Il problema della relazione tra mente e corpo ha occupato la riflessione di
pensatori e studiosi di ogni tempo, vedendo di volta in volta l’alternarsi di
concezioni monistiche, per cui la mente è considerata un prodotto dell’attività
cerebrale, e concezioni dualistiche, in cui mente e cervello sono due
dimensioni separate.
L’evoluzione del pensiero scientifico attuale in tema di localizzazione delle
funzioni mentali, ha seguito un lungo percorso; trascurando le prime
speculazioni filosofiche, nel XIX secolo le teorie localizzazionistiche, come
quella proposta da Franz Joseph Gall (1758-1828), si sono alternate a teorie
che, in seguito a studi di lesione su soggetti animali, sostenevano l’
equipotenzialismo fra le diverse regioni del cervello; l’analisi del celebre P.
Gage, un ragazzo che subì, in seguito ad un incidente, una estesa lesione al
lobo frontale, manifestando pesanti anomalie comportamentali e una relativa
assenza di disturbi cognitivi, si presentò poi come l’occasione per evidenziare
la scarsa affidabilità delle tesi localizzazionistiche (Solms, 2000). Saranno
necessari gli studi di Paul Broca (1824-1880) su un’area della circonvoluzione
frontale di sinistra, per fornire una prova che una funzione cognitiva, la
produzione del linguaggio articolato, avesse una localizzazione cerebrale;
come anche le ricerche di Brodman (1868-1918) che, applicando la
colorazione di Nissl, descrisse 47 aree cerebrali differenti per tipi di cellule,
densità e tipo di lamine; oppure, gli studi di Jackson (1835-1911) che, sul
percorso creato da Broca, confermò le scoperte sul linguaggio e iniziò lo
sviluppo di metodi nuovi per lo studio delle funzioni cerebrali localizzate; e
infine, quelli di Wernicke (1848-1905) che integrò le osservazioni sull’ area di
Broca, fondamentale per gli aspetti di produzione e articolazione del
linguaggio, con nuove scoperte, tra cui la relazione tra l’afasia sensoriale e la
lesione di un’area della circonvoluzione temporale superiore di sinistra. Grazie
al contributo di questi studiosi, le ricerche future di neurologia clinica da
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Broca in poi, saranno inquadrate all’interno di una prospettiva
localizzazionista (Solms, 2000).
La neurologia clinica nasce con Broca (Solms, 1990), che come già detto,
ha dato avvio allo sviluppo di metodi più sofisticati per stabilire una
associazione tra un disturbo comportamentale specifico e il danno ad una parte
del cervello, e così inferire la base neurale di quella funzione.
Successivamente, altri studiosi approfondirono i contributi di Broca,
documenteranno una categoria di disturbi causati non tanto da una area
cerebrale “isolata” o definita ma dalla interruzione di un sistema in cui le
regioni cerebrali, coinvolte nella produzione della funzione cognitiva, erano
inalterate; l’afasia transcorticale descritta da Lichtheim (1885) è un esempio
classico di sindrome da disconnessione.
Le ricerche sui sistemi funzionali e le funzioni cerebrali emergenti da essi,
dopo un lungo periodo di silenzio, furono riprese da Alexandr R. Lurija (1902-
1977) a metà degli anni ’50 del novecento. Il ritardo può essere spiegato in
parte, con la nascita del behaviorismo che focalizzava l’attenzione
sull’organizzazione del comportamento indipendentemente dal substrato
anatomico, e dall’altra, a causa del rinnovato interesse per l’anti-
localizzazionismo di Lashley.
La nascita della neuropsicologia clinica si deve al limite che la neurologia
da molto tempo dimostrava nello studio delle sindromi, il metodo della
localizzazione clinico-anatomica si rivelò presto poco affidabile e riduzionista,
i modelli che venivano elaborati erano facilmente criticabili; venivano descritti
casi clinici analoghi sul piano comportamentale ma associati a lesioni cerebrali
diverse, o si osservavano casi in cui la lesione cerebrale provocava anomalie
che coinvolgevano aree distanti da quella interessata.
Il lavoro di Lurija, attratto inizialmente dalla psicoanalisi tanto da esserne
stato influenzato nel suo lavoro di neurologo, ha dato dei contributi
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fondamentali alla neuropsicologia a partire dallo studio delle afasie (Solms,
2000).
Lurija si laureò in scienze sociali e iniziò a lavorare presso l’Istituto di
Psicologia di Mosca; in seguito ad una breve contatto con Freud e mosso dal
profondo interesse per la psicoanalisi, contribuì a fondare una sezione della
società Psicoanalitica (Mecacci, 2003). Il suo interesse giovanile per la
psicoanalisi lo portò a partecipare a lavori scientifici e clinici e ad organizzare
numerosi seminari su vari temi di psicologia; ciò che lo attraeva più di tutto
era il fatto che la psicoanalisi, pur partendo da una visione “biologica” della
mente, non annullava l’esperienza dell’individuo, studiava l’essere umano in
modo “vero e reale” (Solms, 2000).
La rottura con la psicoanalisi pochi anni dopo, fu caratterizzata da una
ammissione pubblica degli “errori” e della “falsità” di questa teoria, venne
accolta in sostanza, come una “autonoma presa di coscienza” (Mecacci, 2003).
Oggi alla luce dei successivi sviluppi scientifici di Lurija e considerando
quell’evento in chiave storica, questo abbandono è stato probabilmente il
risultato di pressioni ideologiche e politiche del Governo Russo in un epoca in
cui condannava e puniva ogni tipo di “devianza ideologica”. La psicoanalisi,
in particolare, veniva accusata di “biologgizzare la vita mentale, trascurando
l’influenza storica della società” (Lurija, 1979).
Negli anni successivi, dopo la laurea in medicina, le sue ricerche in campo
neurologico iniziarono all’interno della tradizione clinica della neurologia
comportamentale, avendo come cornice di riferimento le tesi jacksoniane e,
come sostiene Solms (2000) subendo l’influenza continua e “nascosta” di
Freud che si manifestava in particolare nello studio sistematico dei casi singoli
e nell’uso del metodo clinico.
L’approccio di Lurija alla malattia neurologica era essenzialmente clinico, il
suo modo di condurre l’indagine neuropsicologica non si basava su uno
schema fisso, modellava i test, le domande, i tempi del colloquio in base al
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paziente che aveva di fronte, si trattava di uno stile più vicino a quello
psicoanalitico che a quello di un analisi comportamentale obiettiva tipica
dell’approccio sperimentale. Tra i principi metodologici che guideranno la sua
attività possiamo ricordare : 1) l’importanza di condurre una analisi
psicologica dei deficit del paziente, trascurando in un primo momento le loro
cause organiche. L’ indagine preliminare si basa sulla analisi e descrizione
dei deficit osservati e la definizione dei sintomi, per capire esattamente quali
funzioni sono state perse a causa della lesione. 2) un approccio al paziente
flessibile e individualizzato, centrato su metodi di indagine qualitativi 3)
considerazione dell’attività mentale come un processo “emergente” dalle
interazioni tra parti di un sistema complesso, il cervello 4) la presenza in
questo sistema di diversi livelli di funzionamento, uno “elevato”, capace di
organizzazione e inibizione dei comportamenti e legato alle aree
evolutivamente più recenti della corteccia ; e un livello di funzionamento
“primario” legato ai sistemi cerebrali primitivi (Lurija, 1977).
Attraverso le ricerche sull’afasia, su soggetti parkinsoniani e affetti da altri
disturbi delle funzioni superiori, linguaggio e memoria, e infine dallo studio
dei soldati cerebrolesi, Lurija si scontrò con la teoria della localizzazione
rigida delle funzioni superiori e ha potuto evidenziare il funzionamento
complesso di un processo psicologico, come è avvenuto ad esempio con il
linguaggio (Mecacci, 2003). La parola era per Lurija è il risultato di un
processo organizzato gerarchicamente, non localizzabile in un “centro”
specifico ma distribuito in diverse aree della corteccia; introdusse il concetto
di “sistema funzionale” cioè, il substrato neurologico di una funzione
psicologica complessa. Questo sistema, come altri, non poteva essere
localizzato, cosi come si intendeva al suo tempo , sosteneva invece che, ciò
che poteva essere localizzato erano le componenti primarie (Solms, 2000 ) .
Operò una revisione del concetto di sintomo : un deficit specifico non è il
risultato di un danno ad una regione cerebrale rigidamente circoscritta ma è
riflette una disfunzione del sistema. Il concetto di “centro” di un processo
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psichico complesso viene sostituito con quello di “struttura dinamica” : le
funzioni cerebrali superiori sono descritte come sistemi composti da diverse
parti, queste parti possiedono una specifica funzione di base e nello stesso
tempo partecipano, ognuna in modo specifico, all’espressione di una attività
mentale complessa. Nel campo del linguaggio, ad esempio, avremo differenti
forme di afasia secondo la parte del sistema funzionale che viene danneggiato.
Notiamo in Lurija due innovazioni fondamentali rispetto al lavoro di Freud,
nell’ambito della neurologia comportamentale e nello studio dell’afasia
(Solms, 2000).
Innanzitutto, Lurija ha potuto sviluppare i suoi studi sull’afasia perché
supportato da una teoria psicologica sul linguaggio più avanzata, ma ciò che
risulta più importante sottolineare è la modifica apportata al metodo della
correlazione clinico-anatomica per adattarlo all’indagine dei sistemi funzionali
e comprendere la localizzazione dinamica dei processi psichici complessi.
Il metodo proposto da Lurija (1973) consisteva in due fasi : 1) la definizione
del sintomo e 2) l’analisi della sindrome.
La prima fase, come è accennato sopra, consiste in una definizione dei
sintomi indipendentemente dall’eziologia, una diagnosi clinica accurata dei
deficit del paziente che descriveva chiaramente la struttura del disturbo ed
evidenziava la base psicologica fondamentale. Questo lavoro preliminare potrà
portare a conclusioni circa la struttura e la localizzazione dei processi mentali
nella corteccia cerebrale umana (Lurija, 1973) . La fase di definizione del
sintomo da alcuni studiosi è stata paragonata all’approccio psicoanalitico di
Freud. Il secondo passaggio consisteva nel trovare quali altri sistemi funzionali
possono essere disturbati dalla stessa lesione e quali fattori sottostanno a questi
altri sintomi.
Lurija utilizzando il metodo della localizzazione dinamica è riuscito a
suddividere l’architettura cerebrale in tre unità funzionali, confermate dagli
studi successivi e valide ancora oggi :
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1) unità di regolazione del ciclo sonno-veglia, del tono del comportamento
e delle emozioni, connessa alla formazione reticolare e alle strutture
sottocorticali.
2) unità per la percezione, l’analisi e la memorizzazione delle informazioni,
connessa alle aree temporali, occipitali e parietali della corteccia cerebrale.
3) unità preposta alla regolazione e al controllo dell’azione, connessa alle
aree motorie, premotorie, prefrontali.