INTRODUZIONE
Negli ultimi sette anni ho avuto l'occasione e la fortuna di conoscere, apprendere e
apprezzare da vicino la cultura macedone. In questo periodo, anche grazie
all'occasionale permanenza in Macedonia, mi sono avvicinato a una terra, un popolo e
una cultura che fino ad allora erano per me sconosciuti.
Convivere con una cultura e con un mondo per me nuovi mi ha permesso di pormi
alcune domande a cui cercherò di dare, e darmi, delle risposte. Tali domande si
concentravano e si concentrano tutt'ora sulle motivazioni che spingono il popolo
macedone ad essere così chiuso in se stesso e nella propria comunità, sul perchè debba
essere così nazionalista e su come possa provare un sentimento d'odio così acceso nei
confronti della minoranza albanese presente nel paese. Affermazioni come ''gli albanesi
sono cattivi'', ''pretendono di comandare nel nostro paese'', ''la Macedonia è ortodossa,
loro sono musulmani'', ''mia figlia non sposerà mai un albanese'', “ci rubano il lavoro”
sono all'ordine del giorno e la visione nazionalista di questo popolo è altrettanto
evidente nei confronti dei paesi confinanti, soprattutto verso la Grecia, con la quale è in
atto, ancora oggi, un contenzioso lungo più di vent'anni.
L'evidenza di tale nazionalismo suonava e suona nella mia testa come assurda,
soprattutto perchè la Macedonia è un paese di recentissima formazione nazionale, come
vedremo più avanti. Tali pregiudizi razzisti echeggiano come potenzialmente
preoccupanti data la fragilità della penisola balcanica ed è per questo, chiedendomi il
motivo di tutto ciò, che ho deciso di informarmi e di scavare a fondo nella storia e nella
multietnicità dell'ex Repubblica jugoslava per conoscere e capire la provenienza di tale
odio che scorre e appartiene, almeno per quanto ho potuto riscontrare di persona, a tutti
i macedoni – slavi e ortodossi – che ho potuto incontrare e conoscere dal 2007 a oggi.
Pur scontrandomi ogni giorno, in Italia, con pregiudizi, stereotipi, discriminazioni
gratuite e razziste – al bar sotto casa, sul pullman, in TV, per strada – non credevo
possibile che tutto ciò potesse essere così fortemente radicato in un'intera popolazione,
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senza alcuna distinzione di ideali politici, senza distinzione anagrafica, tra professori e
contadini, senza distinzione di estrazione sociale.
Per venire a capo di tali problematiche mi sono inizialmente concentrato – nel primo
capitolo – sul concetto di nazionalismo, ritornato in auge in seguito al crollo del Muro
di Berlino che ha portato, facendo crollare con sé nazioni che in quel momento
vivevano in un equilibrio precario, nuovamente a centinaia di migliaia di morti, per poi
passare – nel secondo capitolo – ai concetti di minoranza e multietnicità. Questa mia
scelta è dovuta al fatto che – essendo il nazionalismo macedone e la discriminazione
verso la minoranza albanese il nucleo centrale della mia tesi – credevo che analizzarli
prima di concentrarmi esclusivamente sulla Macedonia mi avrebbe permesso di avere
idee meno confuse riguardo alla situazione macedone e così è stato.
Il terzo capitolo, infine, si concentra esclusivamente sulla Repubblica di Macedonia e,
attraverso la sua storia, il suo sentimento nazionalista e i rapporti interetnici tra le due
comunità principali – quella slava e quella albanese – cercherò di fare chiarezza su tale
situazione e di dare risposta, per quanto possibile, alle domande che mi sono
precedentemente posto.
Amando la Macedonia, la sua cultura, i suoi valori, il suo popolo e la sua ospitalità, le
macchie del razzismo e del nazionalismo, così tanto radicate, ero convinto fossero
dovute a motivazioni e a cause importanti, ed è per questa ragione che il mio obiettivo è
ora quello di trovarle, capirle e se e come esse siano in qualche modo risolvibili in un
futuro prossimo.
In ogni tempo gli uomini hanno creduto di essere migliori dei loro vicini
1
Questo, prima o poi, può e deve cambiare.
1 Sachs I., Selvaggio, barbaro, civilizzato in Enciclopedia Einaudi, Einaudi, Torino, 1981, p.671
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1. Nazionalismo ed etnonazionalismo
1.1 Il risveglio di un'ideologia assopita
Il fenomeno nazionalista, il malum terribile che ha contribuito a provocare due guerre
mondiali e milioni di vittime sembrava ormai morto, vinto, superato. Dopo il 1989
sembrava che il nazionalismo non potesse più avere la forza di un tempo, invece
all'indomani del crollo del regime bipolare, che suddivideva il mondo in due fazioni,
una filo-occidentale e l'altra filo-sovietica, quel fenomeno ormai assopito si risvegliò
provocando ulteriori violenze, conflitti etnici, genocidi.
Il nazionalismo, che sembra ora rivivere una seconda giovinezza, si presenta sotto una
nuova veste, una veste etnica. Questa nuova ondata etnonazionalista ha beneficiato dei
cambiamenti avvenuti negli ultimi trent'anni, ha preso il posto delle ideologie dominanti
rappresentate dal capitalismo liberale occidentale e dal marxismo sovietico, e ha così
formato e costruito le fondamenta e il linguaggio per i movimenti e le rivendicazioni
politiche del panorama attuale. Riprendono vita e forza quei territori congelati dal
sistema bipolare est-ovest, rianimati come svegliati da una sorta di mission bell
2
che ha
suonato per tutti nello stesso momento.
È il risveglio di una forza vecchia, latente, quasi addormentata
Il desiderio di un mondo libero da guerre e violenze etniche e nazionali è stato così solo
una speranza e si è forse dimenticato che le comunità, le minoranze e le identità etniche
presentano una tradizione plurisecolare.
È molto interessante notare come questo revival nazionalistico non abbia interessato
soltanto i paesi del cosiddetto terzo mondo, o comunque quei territori in cui lo state
building non si trovava ancora in uno stato avanzato e in cui si viveva ancora in una
2 Hotel California, The Eagles, 1976
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sorta di equilibrio immobile generato dalla contrapposizione liberal/socialista, ma anche
i paesi occidentali più avanzati e sviluppati dove si giunse, in determinati casi, a mettere
addirittura in dubbio i confini e la forma statale di questi ultimi – basti pensare ai Paesi
Baschi e alla Catalogna in Spagna o al Quèbec in Canada. Se in Europa occidentale
questo avvenne a causa del declino progressivo dell'idea di stato-nazione – ridotto nelle
sue competenze effettive sia da graduali concessioni verso l'alto, si pensi all'UE o alla
NATO, sia verso il basso, a causa di pressioni esercitate da entità substatali nella
prospettiva di ritagliarsi un'azione autonoma
3
– , in quella orientale questo fu dovuto e
aiutato dal crollo dei regimi comunisti e socialisti che avevano tenuto a bada vecchi
problemi irrisolti. Il loro disfacimento fece sì che i sentimenti nazionali ed etnonazionali
potessero tornare a farsi sentire.
L'ideologia e il sentimento nazionalista hanno segnato gli ultimi due secoli di storia e
continuano a farlo, ancora oggi, nella loro veste etnica.
Prima di passare alle diverse teorie sviluppate sul concetto di nazionalismo ed entrare
nello specifico del nazionalismo etnico, vorrei innanzitutto cercare di definire i concetti
di nazionalismo e nazione in termini generali, essendo questi i concetti chiave dell'intero
capitolo.
1.2 Il nazionalismo e la nazione
La definizione più banale, ma che allo stesso tempo costituisce un perfetto punto di
partenza, è quella sostenuta da Sanchez, il quale descrive il nazionalismo come
“un'ideologia e azione politica volta alla costruzione di una nazione oppure volta alla
difesa di una nazione già esistente”
4
. Anche se corretta questa definizione lascia fuori
molto di quello che veramente il nazionalismo va a rappresentare: Sanchez non parla di
3 Piccioli, Ilaria, Nazionalismo e autodeterminazione: il caso basco nel contesto europeo, 2003
4 Acosta Sanchez J., Los presupuestos teoricos del nacionalismo y el nuevo
ciclo del fenomeno, Revista de Estudios Politicos, 1992
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cultura, di storia, di miti, di lingua, di territorio, di etnia, tutti concetti che in un modo o
in un altro influenzano, e non poco, l'ideologia nazionalista.
Facciamo un passo avanti analizzando la definizione sostenuta dal sociologo e
antropologo Ernest Gellner, il quale definisce il nazionalismo come “un principio
politico che sostiene che l'unità nazionale e quella politica dovrebbero essere
coincidenti”
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e di conseguenza il sentimento nazionalista è il senso di frustrazione e
rabbia causato dalla violazione di questo principio o, viceversa, dalla soddisfazione
suscitata dal suo appagamento. Le violazioni di questo principio avvengono nei casi in
cui:
– i confini di uno stato possono non includere tutti i componenti della stessa
nazione
– i confini di uno stato possono includere tutti i componenti della stessa nazione
ma anche alcuni stranieri
– i confini di uno stato possono non includere tutti i componenti della stessa
nazione e includere alcuni non nazionali
Il terzo caso è quello che interessa la maggior parte dei paesi dell'ex Jugoslavia, come
vedremo nel secondo capitolo, mentre il secondo caso può fare riferimento alla
Repubblica di Macedonia, soggetto principale del terzo.
L'unità territoriale, politica e nazionale considerata da Gellner come il principio che
muove il sentimento nazionalista ci permette di capire come vi sia un numero enorme di
nazioni potenziali che vivono in unità territoriali non compatte, ma mescolate con altre,
e che quindi un'unità politica e territoriale può diventare etnicamente omogenea solo se
“uccide, espelle o assimila tutti i non nazionali”
6
, le minoranze etniche.
Nel momento in cui queste ultime non si rendano disponibili all'assimilazione,
l'attuazione pacifica del principio nazionalista può risultare complesso. Una popolazione
culturalmente omogenea che non ha uno stato suo proprio si sente profondamente lesa.
Per Geller, infine, la coincidenza stato-nazione è l'unico risultato che il nazionalismo
5 Gellner, Ernest, Nazioni e nazionalismo, Roma, Editori Riuniti, 1985, p.1
6 Ivi
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vorrebbe e dovrebbe ottenere. Visto in questo modo il pensiero di Gellner, pur
condivisibile nella forma, rimane spoglio nella sostanza e risulta troppo meccanicistico.
Non sempre l'aspirazione alla creazione di uno stato indipendente deve essere
necessariamente ed obbligatoriamente elemento portante del sentimento nazionalista.
Smith, ne Le origini etniche delle nazioni, aggiunge ancora un pezzettino al puzzle
analizzando il concetto di nazionalismo attraverso il rapporto fra etnia e nazione. Come
vedremo tra le due non vi è una distinzione sostanziale, anzi esse sono correlate: come
forze di mobilitazione e di solidarietà il nazionalismo e la stessa nazione devono in
qualche modo fare proprie alcune delle caratteristiche delle etnie preesistenti sul
territorio e assorbire ed utilizzare molti dei loro miti, memorie e simboli: ci si deve
orientare al passato culturale per arrivare ad un nuovo futuro politico.
Non avrebbe però alcun senso parlare di nazionalismo senza metterlo in stretta relazione
con ciò che si propone di promuovere, ovvero la nazione. “L'ideologia nazionalista è la
forza creatrice della nazione”
7
e “il nazionalismo è un sentimento di lealtà che lega
l'individuo alla nazione e non allo stato”
8
.
Che cos'è quindi la nazione?
Essa la si può definire come un “gruppo di persone che si percepiscono come parte di
una comunità omogenea, tenuta insieme da legami e tradizioni storiche comuni, una
cultura comune, una religione e una lingua comune. Tale comunità deve essere
concentrata in un territorio definito e solitamente storico e deve avere la consapevolezza
della propria nazionalità e del senso di appartenenza e di solidarietà comunitaria”
9
.
La definizione data da Kellas, come possiamo vedere, dà molta importanza al passato
storico della nazione e al territorio, oltre che alla cultura e al senso di appartenenza. Il
territorio storico va inteso come il luogo in cui i nostri antenati vivevano e che noi
portiamo ancora nel cuore, per questo motivo la nozione di territorio è fondamentale: le
nazioni hanno bisogno di patrie alle quali collegarsi. Allo stesso tempo si può però
7 Ibidem
8 Connor, Walker, Etnonazionalismo: quando e perchè emergono le nazioni, Bari, Dedalo, 1995
9 Kellas, James, Nazionalismi ed etnie, Bologna, il Mulino, 1993
10
notare che non vengono presi in considerazione l'economia e il diritto, fondamentali per
poter definire al meglio la nazione.
Per questo motivo l'idea di Kellas dovrebbe essere integrata con la definizione data da
Smith, il quale sostiene che le nazioni siano “una certa popolazione umana che
condivide miti e memoria, una consistente cultura pubblica, una patria determinata,
unità economica e diritti e doveri uguali per tutti i membri”
10
.
Da entrambe le definizioni si nota come le nazioni abbiano bisogno di una memoria
condivisa, di complessi mito-simbolici, di tradizioni storiche e di elementi autentici
della cultura condivisa, come ad esempio la lingua, la religione e i costumi. La
comparsa delle nazioni è dovuta, secondo Smith, allo sviluppo specifico delle società
premoderne in seguito alle “tre rivoluzioni”:
– socio-economica
– militare amministrativa
– culturale educativa
I membri che compongono ogni nazione possono essere definiti cittadini, tra i quali
esiste, teoricamente, uguaglianza: le leggi nazionali sono uguali per tutti gli appartenenti
alla nazione. Questo tipo di nazione, nata in seguito alle rivoluzioni di fine XVIII
secolo, viene definita da Smith come “nazione moderna”. Questa non è soltanto una
comunità culturale e storica, ma è anche una comunità politico-legale, in quanto
l'appartenenza a una simile comunità rappresenta uno status legale, oltre che sociale. Il
cittadino esercita determinati diritti e assolve determinati doveri nei confronti dei suoi
concittadini. In ogni caso una nazione moderna è continuamente qualificata dalle sue
radici storiche e da ciò che ogni generazione vi aggiunge. Inoltre, le nazioni hanno
bisogno di nuclei etnici se vogliono sopravvivere: questo ci riporta all'idea di Smith che
vede uno stretto rapporto fra etnia e nazione.
In che modo due uomini, due cittadini, appartengono alla stessa nazione? A questa
domanda cerca di dare una risposta Gellner, il quale sostiene che “due uomini sono della
10 Smith, Anthony D., Nazioni e nazionalismo nell'era globale, Asterios, Trieste, 2000
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