4
Innanzi tutto la sua ammissibilità prescinde totalmente dal verificarsi di un
danno nella sfera giuridica dell’attore,in quanto si tratta di una tutela di
carattere preventivo che viene utilizzata quale rimedio ulteriore rispetto
all’azione risarcitoria.
In secondo luogo,sempre in virtù della natura preventiva dell’inibitoria, non si
riscontra la necessità dell’elemento psicologico della colpa, che non potrebbe
sussistere nelle ipotesi in cui il danno sia solo minacciato ne essere valutato
preventivamente in relazione al comportamento futuro del convenuto. Inoltre
tale tutela non ha carattere sanzionatorio, quindi non ha rilevanza l’atteggiarsi
della volontà dell’agente.
L’unica condizione di esperibilità dell’azione inibitoria è quindi l’illecito, inteso
come atto contra jus,cioè come condotta realizzata in violazione di un obbligo
giuridico. Il provvedimento in questione viene richiesto al giudice a fronte di
un comportamento illecito,di cui si tema la continuazione o la ripetizione in
futuro. Non rilevano quindi gli effetti eventualmente dannosi causati dalla
condotta del convenuto,quanto il pericolo di reiterazione della condotta
stessa. In questo senso si è espressa anche una parte della
dottrina
2
,sostenendo l’ammissibilità dell’inibitoria anche antecedentemente
alla stessa realizzazione dell’illecito,proprio al fine di prevenirne la
commissione. Ma quest’interpretazione estensiva non sembra avvalorata
dalle norme che disciplinano i casi di inibitoria,le quali prevedono il diritto
dell’attore di agire per ottenere la cessazione di molestie e turbative già
verificatesi. Esistono tuttavia delle eccezioni,in particolare la legge
n.633/1941 (in materia di protezione del diritto d’autore) che all’art.156
prevede la concessione dell’inibitoria anche a chi ha ragione di temere la
violazione di un diritto di utilizzazione economica della sua opera. Il rimedio
inibitorio viene concesso anche se la violazione del diritto è solo temuta,
2
Frignani,voce Inibitoria,in Enciclopedia del diritto,XXI,Milano ,1971, p.564 ss
5
anche se per ottenerlo è necessaria la sussistenza di un timore ragionevole.
3
La presenza di quest’ultimo elemento trova il suo fondamento nella struttura
dell’azione inibitoria;essa infatti si concretizza in un ordine di cessazione di
una condotta illecita,la quale dev’essere determinabile in base a degli
elementi di fatto. Per ottenere la tutela in via preventiva,si deve quindi
accertare la presenza di atti preparatori, rivolti in maniera univoca al
compimento di un’azione contraria al divieto imposto dalla legge.
Un altro aspetto peculiare dell’azione inibitoria si ravvisa nell’oggetto
dell’ordine giudiziale,il quale può contenere l’imposizione di un obbligo di fare
o di non fare,a seconda che la condotta illecita sia di carattere commissivo o
omissivo,anche se il tratto caratteristico dell’istituto è che il provvedimento del
giudice,nella maggior parte dei casi, riguarda l’ordine di non fare in futuro.
Alcuni obblighi di fare e la totalità degli obblighi di astensione sono di natura
infungibile,in quanto per il loro adempimento è necessaria la collaborazione
del debitore.
Riassumendo,
4
si può dire che gli elementi imprescindibili che danno luogo
alla sentenza inibitoria sono innanzi tutto l’accertamento del comportamento
illecito,che si concretizza nella violazione dell’obbligo di fare infungibile o di
non fare;segue l’ordine inibitorio,volto alla cessazione delle condotte
antigiuridiche e ad impedirne il reiterarsi;infine vi può essere la condanna al
ripristino dello status quo ante.
La particolare natura delle prestazioni, che sono oggetto dei provvedimenti
inibitori, ha portato a molte difficoltà connesse alla loro realizzazione. Esse
infatti,non essendo suscettibili di esecuzione forzata,rimangono degli ordini
giudiziali sprovvisti di concreta effettività,in quanto il loro adempimento
dipende dalla volontà del convenuto ed eventualmente dalla coazione di
quest’ultima attraverso delle misure coercitive.
3
Pietrobon,Illecito e fatto illecito,inibitoria e risarcimento,Padova, 1998, p.146
4
Carnevale,Appunti sulla natura giuridica della tutela inibitoria,in Rivista trimestrale di diritto processuale civile
2007, p.63
6
PARAGRAFO 2 L’AMBITO DI APPLICAZIONE DEL RIMEDIO INIBITORIO
Un’altra questione che ha suscitato molti dibattiti in dottrina,attiene alla tipicità
o atipicità della tutela inibitoria; si discute infatti se il rimedio preventivo
contro la continuazione o reiterazione dell’illecito sia ammissibile solo nelle
ipotesi espressamente previste,oppure se sia possibile ottenerlo anche nei
casi in cui la legge non attribuisca al giudice il potere di ordinare la
cessazione degli atti di molestia e turbativa al diritto dell’attore.
Innanzi tutto bisogna constatare l’assenza di un generale divieto di esercitare
l’azione inibitoria al di fuori dei casi espressamente previsti
5
.
A questo riguardo sarà utile un confronto con la sentenza di condanna. È
pacifico infatti che quest’ultima sia atipica,consentita cioè, laddove ne
ricorrano i presupposti. Tuttavia,le specifiche ipotesi disciplinate dalla legge e
l’assenza di una norma che ne ammetta l’esperibilità in via generale
potrebbero far sorgere dei dubbi al riguardo. In questo caso però, non è in
discussione l’atipicità della tutela di condanna, e le singole fattispecie in cui
essa è prevista sono considerate come delle specificazioni e degli
adattamenti a delle particolari situazioni. Quindi la mancanza di una espressa
previsione dell’inibitoria come tutela atipica non è sufficiente ad escluderne la
portata generale.
La necessità di ricorrere all’estensione del rimedio inibitorio deriva dal
bisogno di garantire il rispetto di alcuni diritti,soprattutto di contenuto non
patrimoniale,per i quali la tutela risarcitoria risulta essere inadeguata. Si tratta
di diritti che presentano gli stessi presupposti e la stessa ratio di alcuni diritti
della personalità,come ad esempio il diritto alla privacy e alla salute,per i quali
risulta indubbiamente più appropriata una tutela di natura preventiva e
5
Rapisarda-Taruffo,voce Inibitoria,in Enciclopedia giuridica Treccani,XVII,Roma, 1997, p.8
7
reintegratoria
6
. Da un lato,infatti,il carattere non patrimoniale di questi beni
determina normalmente l’irreparabilità della loro lesione,quindi il rimedio più
efficace risulta la prevenzione dell’evento lesivo stesso. Inoltre anche la
successiva monetizzazione del danno non garantisce il pieno
soddisfacimento dell’attore,in quanto non esclude la ripetizione della condotta
illecita.
La dottrina ha elaborato varie teorie, in merito al fondamento a cui ricondurre
l’atipicità della tutela inibitoria,che sostanzialmente possono essere
ricomprese in due filoni. Il primo,sviluppato anche da Libertini
7
, tenta di
fondare la possibilità di ricorrere in via generale all’inibitoria su basi
legali,appigliandosi ad alcune norme dell’ordinamento vigente. Si tenta infatti
di ampliare la portata dell’art.2043 c.c. il quale,oltre a vietare il compimento di
atti dannosi,secondo quest’interpretazione, imporrebbe altresì il divieto di
ripetere gli atti e le attività dannose già verificatesi.
Anche l’art.2058 c.c., che sancisce il diritto del danneggiato di chiedere la
reintegrazione in forma specifica,potrebbe essere interpretato come
fondamento dell’atipicità dell’inibitoria che viene fatta coincidere con la
reintegrazione in forma specifica. Risulta difficile aderire a questa teoria, in
quanto la maggior parte della dottrina considera la reintegrazione in forma
specifica come una tutela risarcitoria in senso stretto,mentre l’azione inibitoria
ha carattere preventivo e la sua esperibilità prescinde dal verificarsi di eventi
dannosi.
Il secondo filone,al quale aderisce Frignani,
8
cerca di fondare l’ammissibilità
in via generale dell’inibitoria attraverso l’interpretazione sistematica,in
particolare prendendo spunto dalla tutela atipica disciplinata dall’art.700
c.p.c.
6
Rapisarda,voce Inibitoria,in Digesto Discipline Privatistiche,IX,Torino,1993, p.481
7
Libertini,La tutela civile inibitoria,in Processo e tecniche di attuazione dei diritti a cura di
Mazzamuto,Napoli,1989, p.332
8
Frignani,voce Inibitoria,in Enciclopedia del diritto,XXI,Milano 1971, p.562 ss
8
Secondo questa teoria,l’art 700 costituirebbe l’appiglio normativo dell’atipicità
della tutela inibitoria, sia che questa venga concessa in sede provvisoria e
cautelare sia che ciò avvenga in sede definitiva e principale,cioè come
rimedio di natura finale. A questa conclusione si è giunti partendo dal
presupposto che l’inibitoria provvisoria, concessa come provvedimento
d’urgenza ex art.700, non rappresenti un fenomeno distinto dall’inibitoria
finale,essendo le due tutele accomunate,a prima vista, dallo stessa struttura
e dalla medesima funzione. Inoltre l’anticipazione degli effetti della tutela
finale giustificherebbe il fatto che il provvedimento interinale e quello definitivo
di merito abbiano lo stesso contenuto,ampliando l’ambito di applicazione di
quest’ultimo. Il punto è questo:se l’inibitoria è prevista come esperibile in via
generale nella sua forma provvisoria,secondo logica dovrebbe esserlo anche
in forma definitiva,in virtù del fatto che la prima anticipa gli effetti della
seconda.
A questa teoria viene opposta,in particolare da D’Adda
9
e Pietrobon,
10
la
considerazione secondo cui le due forme di tutela inibitoria non devono
essere sovrapposte,in quanto non costituiscono un fenomeno unitario.
Soltanto nel contenuto i due provvedimenti possono risultare coincidenti ma
dal punto di vista strutturale e funzionale sono rilevabili notevoli differenze.
Sul piano strutturale la tutela inibitoria cautelare è indubbiamente un rimedio
strumentale e provvisorio, che viene concesso al termine di un processo a
cognizione sommaria con una sentenza che si fonda su di un semplice
giudizio di verosimiglianza e probabilità della situazione giuridica che
intercorre tra le parti,senza quindi dar luogo ad un accertamento pieno del
diritto come avviene nell’inibitoria finale. Di conseguenza anche la funzione
dei due provvedimenti risulta diversa,pur essendo entrambi dei rimedi di
natura preventiva. La differenza non si rinviene nel momento in cui viene
9
D’Adda,Orientamenti giurisprudenziali in tema di tutela civile inibitoria definitiva,in La nuova giurisprudenza civile
commentata,1999, p.72
10
Pietrobon,Illecito e fatto illecito,inibitoria e risarcimento,Padova, 1998, p.141