5
Sade non è stato un pluriomicida come lo sono, invece, gli eroi dei suoi romanzi
2
.
Che Sade non sia un Gilles de Rais è scontato. Ma allora, qual è la giusta prospettiva in cui
porsi, se non possiamo attribuire a Sade le idee espresse dai protagonisti delle sue opere
letterarie?
Si deve forse guardare ai suoi romanzi solamente come un divertissement littéraire?
Roland Barthes ha affermato che il pensiero di Sade può essere ridotto ad un codice erotico
su cui gravano i tabù socio-morali. In questo senso il delitto descritto nelle sue opere è più
propriamente un «crimine di scrittura»
3
. Phillippe Sollers, sempre su questa linea, ha
analizzato Sade in relazione alla specificità del suo linguaggio, vedendo in esso un sistema
di «scrittura del desiderio»
4
. Entrambi si sono soffermati sul Sade scrittore.
Ma allora ha senso parlare di un Sade filosofo? Ha senso nella misura in cui si
suppone che un linguaggio sia non solamente una forma stilistica ma anche un veicolo di
pensiero. In tale senso questa «scrittura del desiderio» presuppone un pensiero
filosoficamente rilevante che ha impegnato, nel corso della storia della filosofia, non solo
filosofi (Horkheimer e Adorno, Blanchot, Deleuze etc.) ma anche poeti e scrittori
(Apollinaire, Bataille, Klossowski etc.).
La domanda precedentemente formulata resta tuttavia ancora senza risposta, anche
ammettendo il carattere teorico-filosofico di questo pensiero. Qual è questa filosofia e dove
cercarla? In che misura è presente – almeno in parte – in formulazioni che appaiono estreme
e paradossali, funzionali allo svolgimento paradossale delle varie trame letterarie? Nel
nostro lavoro la linea scelta è stata la seguente. Non si è voluto trattare del Sade letterato,
degli artifici retorici, delle invenzioni grammaticali presenti nelle sue opere. In modo più
dimesso, questa ricerca vuole unicamente rintracciare il carattere filosofico presente in tali
opere. In tale approccio, ci pare che la soluzione adottata da Lombardi Vallauri nel suo
2
Non si deve, però, dimenticare la biografia carceraria del Marchese. Questa inizia il 29 ottobre del 1763,
quando, a Vincennes, Sade viene condannato a quindici giorni di prigione per (non precisati) «atti
dissoluti». I problemi giudiziari proseguono l’anno successivo, quando nel novembre del 1764, Sade
viene coinvolto nel caso della «petit Le Roy» (atti dissoluti con diverse ragazze). Seguono: il caso di
Rose Keller, nel giorno di Pasqua 3 aprile 1768, ad Arcueil, dove la sedicente mendicante fu da Sade
sequestrata, flagellata e minacciata; e la vicenda che va sotto il nome di «affaire de Marseille» (27
giugno del 1772), quando un domestico di Sade ferma per strada la diciottenne prostituta Marianne
Laverne, e combina gl’incontri con Mariette Borelly, Mariannette Laugier, Rose Coste, Marguerite
Coste, con atti di sodomia, fustigazioni e uso di pastiglie avvelenate. Questi solo per menzionare i
casi più eclatanti. L’intera esistenza di Sade è costellata di mauvaise affaires, simboli di una vita
trascorsa, per un terzo, in prigione.
3
R. Barthes, Sade, Fourier, Loyola, Editions du Seuil, Paris 1971, trad. it. Sade, Fourier, Loyola, Einaudi,
Torino 1977, p. 6.
4
P. Sollers, L’écriture et l’expérience des limites, Seuil, Paris 1971.
6
saggio Il soggetto assoluto e i suoi diritti nell’universo sadista, sia, metodologicamente, la
più corretta. Essa si propone di considerare con il termine “Sade” esclusivamente «l’autore –
abiografico – dei testi di Sade in sé presi»
5
. In questa prospettiva d’analisi è possibile, infatti,
presentare unicamente «una forma di pensiero, non un personaggio letterario o una persona
vivente: non il “sadiano”, ma il “sadista”»
6
. Si tratterà, dunque, di affrontare unicamente il
pensiero degli eroi letterari del Sade. Tale proposta analitica ci consente di non fare
parallelismi tra il pensiero del Marchese e quello dei suoi protagonisti letterari, ma, al
contrario, di attribuire il fondo di questo pensiero unicamente a questi ultimi. Il rapporto
realtà-finzione trova, così, una corretta soluzione. Il carattere finzionale rimane, dal
momento che il pensiero viene associato unicamente ai protagonisti letterari dei romanzi (e
non a Sade); e questo ci permette di non trascurare il piano narrativo-testuale. Allo stesso
tempo si tratta di dare realtà a questa finzione. Ciò rimanda, più in generale, al senso in cui
leggere il romanzesco. Che l’eroe sadista sia un soggetto letterario, e dunque fittizio, è
indubbio. Ma va anche sottolineato che questo soggetto è portatore di un pensiero. Ciò
significa leggere filosoficamente il romanzo, e considerare l’eroe sadista anche come un
soggetto filosofico. Più precisamente, la nostra soluzione è quella di mostrarlo come l’unico
soggetto filosofico, permettendoci di prendere le distanze da ogni qualsiasi questione sulla
reale opinione filosofica dell’autore. Attribuire il pensiero dei romanzi di Sade ai suoi
protagonisti, significa, anzitutto, analizzare le parole di un Dolmancé, di un Bressac, di una
Juliette etc., come parole affermate da un Dolmancé, da un Bressac o da una Juliette, e non
da Sade. Che poi queste parole possano essere state condivise dal Sade, ciò è probabile. Ma
si tratta di un’altra questione, di cui noi, per prudenza, non vogliamo entrare nel merito.
E’ opportuno introdurre il discorso con una breve rassegna delle opere che saranno
prese in considerazione. Come punto di partenza si può assumere il primo testo letterario, Il
dialogo tra un prete e un moribondo del 1782. Esso permette di fissare l’inizio della
riflessione sadista sulla Natura. Poi, ovviamente, si terrà conto delle opere più famose: la
Justine, in tutte e tre le diverse edizioni (Justine, Gli infortuni della virtù, del 1787 Justine
ovvero le disavventure dalla virtù, del 1788 e La Nouvelle Justine, del 1797), Le 120
giornate di Sodama (1785), La filosofia nel boudoir (1795), e la Juliette (1797)
7
. Il motivo
5
L. Lombardi Vallauri, Il soggetto assoluto e i suoi diritti nell’universo sadista, in: Terre, Terre del nulla,
terra degli uomini, terra dell'oltre, Vita e Pensiero, Milano 1995.
6
Ibidem.
7
In realtà quest’opera costituisce la seconda parte de La Nouvelle Justine, il cui titolo originale completo è,
appunto, La Nouvelle Justine, ou les Malheurs de la Vertu, suivie de l’Histoire de Juliette, sa soeur,
7
di tale scelta è duplice. Anzitutto perché si tratta delle opere maggiori, le più importanti; il
secondo è perché sono le opere più filosofiche, vale a dire quelle in cui i personaggi sadisti
espongono un numero maggiore di problematiche filosoficamente rilevanti. Per questi
motivi abbiamo deciso di non tener conto delle varie opere minori, come I crimini
dell’amore, La marchesa di Gange, Adelaide di Brunswick etc.
Cronologicamente, la nostra analisi, prende in esame il lasso di tempo che va dal
1782, data d’inizio dell’attività letteraria di Sade, fino al 1797, data di pubblicazione del suo
capolavoro assoluto: La Nouvelle Justine. Abbiamo deciso, consapevolmente, di non
analizzare il periodo successivo, vale a dire quello che va dal 1797 fino al 1813, anno in cui
viene pubblicata l’ultima opera sadiana: Storia segreta di Isabella di Baviera. I motivi sono
due. Il primo è perché questo periodo finale è costellato da una serie di operette la cui
rilevanza filosofica è marginale. Il secondo è perché queste opere minori non fanno che
ribadire, come vedremo nel primo capitolo, concetti già affrontati dalle precedenti opere
maggiori.
Strutturalmente questo lavoro è diviso in tre parti. Nel primo capitolo verranno
affrontati una serie di problemi. Anzitutto si cercherà di determinare quali sono i caratteri
peculiari a cui i soggetti sadisti fanno riferimento quando parlano del termine “natura”; poi
si studierà se tali caratteri rimangano costanti nelle opere sadiane o, al contrario, subiscono
un cambiamento o un’evoluzione; infine si dovrà chiarire se questo concetto di natura è
riconducibile a una specifica tradizione filosofica. Quest’ultima questione ci condurrà al
cuore stesso del problema. Mostreremo come il concetto di Natura sadista faccia riferimento
ai caratteri specifici della Natura pensata dal movimento spinozista francese. A questo punto
cercheremo di rispondere ad altre due domande: che cos’è lo spinozismo e, poiché si parla di
un’influenza spinozista, di quali prove documentabili e documentate si dispone per provare
che Sade abbia davvero conosciuto questo tipo di dottrina. Infine, negli ultimi tre paragrafi,
proporremo un confronto teorico tra i caratteri peculiari della dottrina spinoziana, alla quale
il movimento spinozista fa riferimento, con quelli veicolati dagli eroi sadisti. Le opere di
Spinoza prese in considerazione saranno il Trattato teologico-politico e l’Etica. Il motivo è
di carattere puramente storico. Poiché il nostro lavoro si pone come obiettivo di rintracciare i
punti d’analogia e di differenza tra la Natura di Spinoza e quella di Sade, e, poiché, come si
leggerà, la conoscenza che Sade ha dello Spinoza è quella mediata dalle letture spinoziste, e
ou les prospérités du vice; ma poiché si tratta di una vera e propria opera nell’opera, abbiamo voluto,
per utilità bibliografica, considerarla un’opera a parte.
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queste non potevano che rifarsi a queste due opere, l’influenza (indiretta) che Sade poteva
avere di Spinoza non poteva che riguardare queste due opere. L’obiettivo sarà quello di
mostrare, in un primo tempo, le analogie tra le due posizioni, e, successivamente, mettere in
luce il secondo polo del confronto, ovvero quanto lo spinozismo si è allontanato da Spinoza.
La prima parte sarà dunque su Sade e lo spinozismo, mentre la seconda su Sade e Spinoza.
Il secondo capitolo della tesi si occuperà di rintracciare le differenze tra il pensiero
spinoziano (e spinozista) e il pensiero sadista. L’intera parte tenta di rispondere a questa
domanda: quali sono i caratteri che rendono il pensiero sadista così differente rispetto a
quello degli altri philosophes francesi suoi contemporanei e che, come lui, fanno riferimento
alla mediazione spinozista (d’Holbach, La Mettrie etc.)? A che cosa è dovuta l’anomalia
sadista? Nel primo paragrafo mostreremo come vi sia nel concetto di Natura sadista un
elemento che collide con quello presente nello Spinoza e nella mediazione spinozista
successiva: il carattere maligno della Natura. Cercheremo di mettere in confronto le due
prospettive filosofiche, ed evidenziare quali sono gli elementi problematici di questa
posizione. Nel secondo paragrafo ci occuperemo di un altro elemento presente solo nel
pensiero sadista: la legittimazione teorica di un egoismo che esclude in modo assoluto
qualsiasi esito direttamente o indirettamente altruistico. Anche in questo paragrafo si
proporrà un confronto critico tra la posizione spinoziana e quella presente nei testi di Sade,
evidenziandone le differenze teoriche. Per ultimo, nei due paragrafi finali, prenderemo in
esame la questione morale così come è affrontata nel libello politico Francesi, ancora uno
sforzo se volete essere repubblicani, presente nel quinto dialogo de La filosofia nel boudoir.
A tale proposito vedremo che gli elementi anti-spinozisti presenti nella prospettiva sadista
spesso vengono affermati per fondare una vera e propria morale del vizio. In questa parte
dell’analisi, per evidenziare da una parte l’intento polemico, e dall’altra il progetto teorico, si
metterà a confronto la morale del Decalogo con quella contro-decalogica formulata dal
Sade.
Il terzo e ultimo capitolo del lavoro è invece dedicato al confronto con la letteratura
critica. Gli autori che saranno affrontati sono quelli che più hanno influenzato il dibattito
critico sadista. Coerentemente con l’impostazione della tesi si è scelto di lasciare ai margini
quei saggi, seppur molto famosi, che si sono soffermati in particolar modo sulle strutture
linguistiche e sul Sade scrittore (come Sade, Fourier, Loyola
8
o Sade. Une écriture du
8
Barthes , Sade, Fourier, Loyola, cit.
9
désir
9
). Viceversa viene dato spazio ai critici che si sono esplicitamente occupati del
pensiero sadista. A grandi linee sono rintracciabili a nostro avviso due tendenze
interpretative fondamentali. La prima, i cui esponenti sono affrontati nel primo paragrafo,
presenta un’immagine di Sade come profeta della liberazione (morale, religiosa etc.); la
seconda, trattata nel paragrafo successivo, all’opposto sviluppa un’immagine di Sade come
precursore del nazismo e del pensiero dei totalitarismi. Quello che cercheremo di dimostrare
è che le due posizioni sono antitetiche solo superficialmente, e che entrambe sono presenti
nel pensiero sadista in quanto l’una fa riferimento agli elementi più spinozisti del pensiero
del Marchese, mentre la seconda agli elementi più antispinozisti.
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Didier B, Sade. Une écriture du désir, Denoël-Ghontier, Paris 1976.