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direttamente, né attraverso i ricordi dei più grandi, a questo passaggio;
che non avevano idea di che cosa potesse essere il mondo senza
Internet, senza videogiochi, senza le community, senza il cellulare.
Persone senza memoria. E, inevitabilmente, persone che avrebbero
utilizzato queste nuovissime tecnologie in modo diverso da noi, che al
contrario dovevamo compiere degli sforzi.
Ecco il punto: stava nascendo una generazione totalmente differente
dalle altre, che avrebbe lasciato una grossa distanza da quella
precedente. Perfino in termini di pensiero. Una generazione a cui si
sarebbe dovuto insegnare qualcosa. Da cui forse anche noi avremmo
potuto trarre degli insegnamenti. La generazione di “Nati Digitali”.
Oggi, questa è la nuova generazione. Sono i bambini, gli adolescenti,
quella fascia di persone che rappresentano gli imprenditori del
prossimo futuro. Vivono la multimedialità con una velocità ed una
facilità che qualche volta sorprende persino me, che non sono più
vecchia di loro se non di qualche anno. Hanno degli stili di vita
particolari, pensano e fanno più cose contemporaneamente, conoscono
nuove forme di aggregazione e parlano una nuova lingua. E, punto
centrale e nodo di questa tesi, hanno sviluppato un uso “tribale” della
rete. Loro si iscrivono a chatroom, sono costantemente online sui
network, sono autori di video che faranno il giro del mondo, studiano e
imparano grazie a Internet. Hanno bisogno di sentirsi “uniti”.
7
Ciò che cercherò di dimostrare è che questi nuovi arrivati si associano,
si legano, diventano amici anche se non si conoscono. Insomma fanno
comunità e hanno un disperato bisogno di non sentirsi soli in un mondo
che sempre di più sembra non capirli. Formano tutti quanti, insieme,
una gigantesca tribù senza barriere.
E noi? Noi ci sforziamo di tenere il loro passo: i più giovani hanno dei
blog, si iscrivono anche alle varie community, però tutti quanti siamo
sempre un passo indietro a loro. E li guardiamo senza capirli a fondo,
lasciando che il nostro passato sia una critica per il loro presente e
quindi per il loro futuro. Pensandoli come diversi, cercando di
cambiarli. Sia come singoli che come istituzioni. Ma ciò che dobbiamo
fare è capire che nella vita le cose cambiano e che dobbiamo accettarlo
cercando di trarre sempre il meglio da questi cambiamenti.
Ciò che cercherò di far emergere è che questa nuova generazione parla
più lingue, anche contemporaneamente, e adopera un nuovo codice di
lettura delle cose. E cercherò di scoprire se è un codice che anche noi,
Immigrati Digitali, possiamo utilizzare, e se possiamo parlare quelle
lingue. Se noi, quelli del Passato possiamo arrivare a loro, quelli del
Presente, per mettere assieme le basi di un nuovo Futuro.
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Prima Parte
Identikit e Consumi dei Nati Digitali
I computer sono incredibilmente veloci, accurati e stupidi.
Gli uomini sono incredibilmente lenti, inaccurati e intelligenti.
Insieme sono una potenza che supera l'immaginazione.
Albert Einstein
9
Capitolo Primo
Chi sono
1.1 Come nasce il termine
Prima si diceva: nato di sangue aristocratico. Ora si dice: nato di
sangue digitale. Del resto immaginiamo la moderna mamma incinta
che lavora al Pc. Il neonato dopo il battito del cuore materno sarà
raggiunto dal bit del computer, un vero "nato digitale"?
1
Nel 2001 uno speaker di fama internazionale, famoso per la creazione
di videogiochi destinati all’apprendimento di software, scrisse un
articolo
2
. Lo scrittore in questione, Marc Prensky, parlava di un
cambiamento in atto, radicale, da parte degli studenti. La cosa che lo
lasciava sconcertato e lo induceva all’argomentazione era che quegli
studenti non avevano cambiato solamente il loro stile, i loro abiti, il
loro modo di parlare, proprio come era successo per le generazioni
passate. Ma si era posta in essere una discontinuità. “Si potrebbe anche
chiamare singolarità, un evento che cambia le cose così profondamente
che non si può più tornare indietro”.
3
Prensky parlava cioè di una nuova generazione, ragazzi che crescono
attorniati da musica digitale e telefonini e che fanno di Internet e della
1
www.altrogiornale.org
2
Marc Prensky, Digital Natives Digital Immigrants 2001
3
Marc Prensky, Digital Natives Digital Immigrants Part I 2001
10
messaggeria istantanea la loro religione. Per questi ragazzi che,
secondo lui e molti altri, hanno perfino modificato il modo di pensare e
di percepire le cose, lui aveva coniato un termine.
“Qualcuno si riferisce a loro come la Generazione di Internet o
Generazione Digitale. Ma la migliore designazione che ho trovato per
loro è quella di Nativi Digitali. I nostri studenti sono tutti “nativi
parlanti” di un linguaggio digitale di computer, videogiochi e
Internet.”
4
Nativi digitali, cioè, sono tutti quei ragazzi cresciuti nell’era digitale,
coloro che processano le informazioni diversamente da noi. Noi che
siamo diversi da loro. Ci chiamiamo Immigrati Digitali, abbiamo
conosciuto Internet e tutte le sue potenzialità un po’ più avanti nel
corso della nostra vita, e parliamo un linguaggio del passato. Il punto
infatti è proprio questo. Mentre loro, i Nativi Digitali, si avvicinano alle
nuove tecnologie con naturalezza e disinvoltura, propria di chi si
muove in territorio sicuro, noi ci portiamo sempre il nostro “accento”,
la nostra caratteristica da Immigrati. Per intenderci, noi Immigrati
utilizziamo Internet a scopo informativo solo come seconda scelta,
prima magari leggiamo il giornale, consultiamo l’enciclopedia o
ascoltiamo il Tg. Oppure, per imparare ad usare un programma
leggiamo il suo manuale, invece di imparare ad usarlo da soli. E
ancora: noi stampiamo un documento per modificarlo, quando
4
Marc Prensky, Digital Natives Digital Immigrants Part I 2001
11
potremmo farlo direttamente sullo schermo del Pc. E sono solo alcuni
degli esempi di “accento” che si possono fare.
Secondo Prensky il problema risiede proprio nel nostro accento, in
quanto oggi, la maggior parte degli educatori parlano un linguaggio
pre-digitale e si sforzano, spesso senza successo, di insegnare a studenti
che non possono più capirli in quanto parlanti di una nuova lingua.
Questi studenti infatti hanno sviluppato grazie alla pratica una serie di
abilità che non vengono particolarmente apprezzate dai professori.
Abilità digitali, ovviamente. Gli insegnanti cioè non riescono a
comprendere come dei ragazzi possano apprendere qualcosa guardando
la tv o ascoltando musica, solamente perché loro non riescono a farlo.
Perché credono che l’apprendimento sia legato ai libri, alle lezioni.
Mentre l’apprendimento è semplicemente “una modificazione del
comportamento a seguito dell’esperienza”
5
, di qualsiasi esperienza. E
ci sono tanti condizionamenti che influenzano quest’opera di
apprendimento, e che possono derivare anche da Internet.
Questi ragazzi hanno davvero qualcosa di più, qualcosa da offrire.
Delle capacità eccezionali. Bisogna soltanto saperle indirizzare verso
qualcosa di buono, sia appartenente al Passato che al Futuro. In poche
parole, non bisogna abbandonare i vecchi contenuti, gli avvenimenti
che hanno fatto la storia oppure rinunciare a insegnare la geografia.
Anzi, bisogna trovare una metodologia che riesca a fare imparare
queste stesse cose ai ragazzi, diciamo, con uno studio meno “noioso”.
5
Eliano Pessa e M.Pietronilla Penna, Manuale di scienza cognitiva. 2004
12
Un lavoro che possieda termini digitali, che possa sorprenderli, metterli
alla prova, incuriosirli e chissà, magari avere molto più successo degli
altri metodi.
Non sono, quindi, gli studenti a doversi arrendere. Ma gli educatori a
dare loro un po’ più di fiducia e cercare di pensare come loro.
Aiutandoli ad aiutare tutti noi.
1.2 L’identikit
Ma adesso entriamo un po’ di più nel dettaglio. Chi sono veramente
questi Nativi Digitali? Quanti anni hanno? Come si comportano? Cosa
sanno fare?
Appartengono a quella fascia di persone nate dopo il 1993, in un’era
post Internet, in cui i bambini non giocano più con i soldatini e non
guardano le vecchie videocassette. Un’era di computer, telefonino e
Ipod.
Sono i bambini e i ragazzi tra i 5 e 18 anni, nati in un mondo digitale
già esistente. I ragazzi che non conoscono la vita senza la nuova
tecnologia, che non hanno assistito al passaggio da analogico a digitale,
che non potrebbero immaginare le loro abitudini senza cellulare, senza
Internet e senza tutti gli “arnesi” di questo nuovissimo mondo. Mondo
che noi, Immigrati, abbiamo visto mentre era agli albori.
13
La loro preoccupazione principale è quella di essere costantemente
online. Di tornare a casa per aprire il loro Pc e connettersi a
Messenger. Di caricare le foto con i loro amici, di aggiornare il loro
profilo e di lasciare l’ultimo commento sul blog.
Perché?
Perché quello che cercano è la comunità, la loro “tribù”. Si comportano
come se fossero parte, e in realtà lo sono, di una grande famiglia
virtuale in cui ogni persona che incontrano diventa automaticamente
loro amica, anche se, probabilmente, non l’hanno mai vista. Non gli
hanno mai stretto la mano. Ma in fin dei conti non gli importa, perché
con lei possono comunque condividere tutto.
Sono quei bambini che già a 5 anni sanno usare un mouse e a 8 aiutano
la mamma a mandare un SMS con il cellulare. Sono quei ragazzi che
utilizzano Skype per telefonare e Facebook per scambiarsi foto e
aderire a dei gruppi politici.
Questa classificazione è comunque un po’ rigida, perché se è vero che i
bambini nati in quegli anni sono tutti potenzialmente Nativi, è anche
vero che non tutti possono esserlo, e che possono invece diventarlo
anche i giovani adulti che hanno fatto e fanno di Internet e delle
applicazioni digitali esempio di vita. “I nativi digitali sono tutti gli
abitanti del mondo moderno, cresciuti con il supporto di Internet e del
cellulare. Sono a loro agio nell’utilizzare la rete come mezzo di
comunicazione ed espressione, ma il concetto va oltre Internet. Grazie
14
agli strumenti tecnologici, hanno sviluppato una naturale tendenza alla
condivisione, al dono, al lavoro positivo, alla socialità priva di
pregiudizi, creando così quel meccanismo che alcuni oggi chiamano la
ricchezza delle reti.”
6
Noi, in linea di massima, ci atterremo comunque alla definizione più
ristretta, parlando di loro come gli attuali “bambini prodigio” in grado
di cambiare le future prospettive di pensiero e insegnamento.
Addentriamoci quindi ancora un po’ nella ricerca delle loro capacità.
Si è parlato di loro come di una generazione di schermo-dipendenti (gli
“screenageers”
7
), perché obiettivamente, il loro canale di ingresso
privilegiato diventa lo schermo. Quello del Pc, del telefonino, della tv
digitale, del videogames.
Hanno una diversa percezione del tempo. Sono “multitasker”, riescono
cioè a fare più cose contemporaneamente. Mandano un messaggio,
chattano con un amico, fanno i compiti, nello stesso tempo, e lo fanno
bene. Sono abilità, che noi Immigrati, possiamo a stento capire, e
possiamo ancora meno realizzare. I più giovani di noi riescono
addirittura a farlo qualche volta, ma si confondono, non lo fanno bene.
Mentre loro, i Nativi, sono nati per farlo.
6
www.digitalnatives.eu
7
Derrick De Kerckhove, Nati Digitali: capirli, senza preconcetti e false paure. Media
Duemila, Anno XXVI dicembre 2008/gennaio 2009.