Introduzione
Questo lavoro nasce con l'intento di gettare uno sguardo di tipo sociologico sulla
follia attraverso lo sviluppo di un'analisi dei dati testuali, con l'ausilio del software
NVivo 8®.
La nostra indagine si configura complementare a un precedente studio edito nel
volume Memorie di un internato psichiatrico
1
, a cura di Felice Ficco e Quinto
Antonelli. Lo studio sopraccitato ripercorre degli episodi di vita manicomiale
attraverso le storie narrate in alcuni quaderni scritti da un internato psichiatrico,
cui i curatori del libro hanno attribuito il nome fittizio di Antonio.
Antonio è nato a Lavis negli anni Venti
2
, il suo caso è singolare principalmente per
un paio di motivi.
Il primo riguarda la sua pluriventennale esperienza di vita manicomiale trascorsa a
cavallo tra il ventennio fascista e gli inizi degli anni Ottanta. Periodo durante il
quale si sono avvicendati dei modelli interpretativi
3
del reale molti forti, che
hanno rivoluzionato l'intero modo di comprendere la realtà che ci circonda (e
quindi anche le modalità di comprendere, interpretare e gestire il fenomeno della
follia). Tutto questo si è verificato in modo particolare in Italia, paese in cui è nato
un tentativo di mettere in pratica, nel campo dell'assistenza sanitaria ai malati
mentali, i nuovi principi che si erano affermati maggiormente nel decennio 1968 –
1978, attraverso l'approvazione della legge 180, che ha sancito la chiusura delle
istituzioni manicomiali e la nascita dei servizi territoriali locali dislocati sul
territorio nazionale.
Antonio ha vissuto questi grandi cambiamenti di matrice storico-ideologica e
legislativa, e nel viverli, calato nel ruolo di internato psichiatrico, ha lasciato una
testimonianza scritta composta da più di ottanta quaderni
4
, scritti durante gli anni
di internamento, e nove racconti inediti scritti quando aveva l'età di circa
1
Q. Antonelli, F. Ficco, Memorie di un internato psichiatrico, Museo Storico Trento, Trento,
2003.
2
La data esatta della sua nascita, e il suo vero nome, non sono stati riportati in questa sede nel
rispetto della vigente normativa sulla privacy. Da alcuni riferimenti temporali presenti nei racconti
di Antonio possiamo ipotizzare che sia nato intorno al 1920 – 1921.
3
In questo caso ci riferiamo alle ideologie del periodo fascista e alle ideologie veicolate durante il
periodo della rivoluzione culturale nella seconda metà degli anni Sessanta.
4
La maggior parte di questi quaderni sono andati perduti. Alcuni sono stati ritrovati e conservati
da Quinto Antonelli presso l'Archivio della scrittura popolare, nel Museo storico di Trento. Una
parte di questi ultimi sono stati editi nel libro Memorie di un internato psichiatrico.
1
sessant'anni, che narrano anche alcuni episodi della sua infanzia legati alla nascita
del suo disturbo mentale. Proprio questi ultimi nove racconti rappresentano la
base dei dati testuali di riferimento per l'analisi.
Arriviamo così a poter parlare del secondo punto in questione: il caso di Antonio.
Nelle perizie psichiatriche Antonio è stato definito un immorale costituzionale
5
,
con tendenze omosessuali, che a causa della sua personalità perversa, durante la
sua adolescenza, ha compiuto alcune azioni sadiche su dei bambini di età inferiore
alla sua.
Nei suoi racconti Antonio narra che fin da bambino si sentiva diverso dagli altri
ragazzi e avvertiva che il suo mondo interiore era invaso da alcune forze, che
Quinto Antonelli e Felice Ficco hanno denominato energie psichiche, che gli
facevano ribollire il sangue. Percependo da subito questa diversità Antonio da
bambino era un po' schivo, tendeva a rifugiarsi nella sua interiorità anche grazie
alla lettura che gli permetteva di “[...] elaborare anche un margine di manovra
rispetto ai condizionamenti sociali e/o familiari[...]
6
”.
La lettura è un'attività che lo ha sempre accompagnato durante tutta la sua vita. È
un'occupazione molto importante per Antonio perché, fin da ragazzino, come
afferma pure la Petit in Elogio della lettura
7
, sfogliando le pagine di un libro
poteva trovare delle immagini e una storia che avevano a che fare con i dubbi che
lo attanagliavano, poteva cercare delle risposte a soggetti che per la morale del
tempo erano considerati dei tabù, o poteva riconoscere nelle pagine altrui le
fantasticherie e le fantasie erotiche che nel suo intimo coltivava.
Per Antonio la lettura è stato un potente strumento che lo ha aiutato a costruire la
sua identità personale, dando vita anche ad un processo di simbolizzazione della
sua storia, del suo mondo interiore e del suo legame con il mondo esterno.
Contemporaneamente, la lettura ha risvegliato in Antonio la sua interiorità, ha
messo in moto il suo pensiero e lo ha stimolato a scrivere le storie della sua vita
per dare un senso di continuità agli eventi che la compongono.
Bisogna ammettere però, che la lettura è stata per Antonio anche un'arma a doppio
taglio. In quanto non solo ha stimolato in Antonio un processo di riconoscimento
di se stesso, ma ha risvegliato istinti sopiti: “[...] e quest'esperienza si accompagna
con una sensazione di piacere, come se un'energia fino a quel momento compressa
5
Perizia del dottor Nutini, capitolo terzo, p. 4.
6
M. Petit, Elogio della lettura, Ponte alle Grazie, Milano, 2010, p.7.
7
ivi, pp. 51 – 52.
2
liberasse[...]
8
”.
Questa ultima riflessione rispecchia proprio il caso di Antonio, che nella sua
adolescenza si è imbattuto in alcune letture, non adatte a un bambino di
undici/dodici anni, che hanno alimentato tutta una serie di desideri che Antonio ha
voluto soddisfare a tutti i costi, anche ricorrendo alla violenza.
Sulla base di queste due importanti caratteristiche di Antonio abbiamo potuto
costruire gli obiettivi e il corpus dell'analisi che seguirà nei capitoli successivi.
Nell'abbozzare un discorso introduttivo sul lavoro svolto e sul protagonista del
nostro lavoro, abbiamo delineato due dimensioni che coincidono con le nostre
macro-aree di indagine. La prima macro-area è relativa alla dimensione letteraria,
che contiene in sé un duplice aspetto. Uno è legato alle letture di Antonio e alle
influenze che alcune letture hanno esercitato sulla sua vita e sul suo modo di
scrivere. Il secondo è legato alla rappresentazione di Antonio del suo male
interiore. Gli obiettivi che vogliamo perseguire in questa parte sono
principalmente due: il primo è relativo alla creazione di una anamnesi letteraria
che contenga tutte le citazioni dei libri che Antonio menziona durante i suoi
racconti, per avere un quadro generale e semplificato delle tipologie di libri
preferiti da Antonio dal quale derivare le diverse influenze letterarie alle quali egli
è stato sottoposto. Il secondo è relativo all'analisi delle rappresentazioni narrative
del male interiore, che Antonio costruisce per descrivere, agli ipotetici lettori, il
suo disturbo mentale esplorando la sua identità e il proprio animo.
Se la prima macro-area è incentrata più sullo studio della rappresentazione del
male attraverso un'analisi che appartiene al campo della sociologia della
letteratura, la seconda macro-area è focalizzata sui rapporti che Antonio instaura
con l'istituzione manicomiale studiati dal punto di vista di un internato
psichiatrico.
Gli obiettivi che vogliamo perseguire in questa parte sono incentrati in primo
luogo sull'interpretazione dei rapporti che Antonio instaura con l'istituzione
manicomiale e con le figure professionali che vi operano, e sulle possibili strategie
di adattamento messe in atto da Antonio. In secondo luogo, intendiamo verificare
la presenza di possibili influenze ideologiche (ci concentriamo sulle ideologie del
periodo fascista e su quelle liberali-istituzionaliste sviluppate nel decennio 1968-
8
ivi, p.55.
3
1978
9
) nelle visioni dell'istituzione manicomiale di un internato psichiatrico.
Quest'ultimo punto si sviluppa a partire da questa domanda: La nascita delle
ideologie liberali – istituzionaliste è stata percepita dall'internato psichiatrico? Se
sì, in che modo e in quali aspetti?.
È stato possibile perseguire questi obiettivi perché Antonio, come caso clinico,
incarna la testimonianza vivente della bontà delle tesi del movimento
antipsichiatrico, perché dalle diagnosi non traspare la presenza di gravi patologie
o di danni permanenti delle sue facoltà mentali.
Proprio per questa particolarità, abbiamo incontrato molte difficoltà a trovare altre
fonti utili per un confronto con i racconti di Antonio. Questo perché la maggior
parte dei testi che siamo riusciti a reperire erano scritti in forma diaristica ed
incentrati sul racconto della quotidianità del paziente. I testi di Antonio vanno
oltre questo racconto della quotidianità, perché sono tutti racconti, pseudo -
autobiografici, ricchi di rielaborazioni e riflessioni fatte a posteriori da Antonio
10
sul suo essere un internato, sui rapporti con le figure professionali e sui
cambiamenti delle regole di gestione dell'istituzione manicomiale.
Chiusa questa parentesi, possiamo descrivere brevemente la struttura del presente
lavoro di ricerca.
Nel primo capitolo presenteremo le interpretazioni della follia in letteratura, tra
fine Ottocento – Novecento, e in sociologia.
Nel secondo capitolo introdurremo la metodologia che abbiamo scelto per
condurre questa ricerca. In primo luogo spiegheremo brevemente che cosa si
intende per analisi dei dati testuali e il funzionamento del software NVivo 8. Nella
parte finale invece passeremo in rassegna le caratteristiche delle fonti testuali sulle
quali basiamo la nostra analisi.
Nel terzo capitolo affronteremo l'analisi della rappresentazione del male di
Antonio condotta con il software NVivo 8. Nel quarto capitolo inizialmente
descriveremo la natura dei rapporti instaurati da Antonio con l'istituzione
manicomiale. In seguito ci occuperemo di rilevare nelle rielaborazioni di Antonio
sul manicomio la possibile presenza di elementi appartenenti alle ideologie del
9
Non facciamo cenno alle ideologie antipsichiatriche perché Basaglia, a posteriori, è sempre stato
visto come un sostenitore dell'istituzionalismo liberale. Rimandiamo la discussione delle relazioni
tra Basaglia e l'antipsichiatria al capitolo primo, paragrafo 1.2b, pagina 41.
10
Ricordiamo ancora una vota che i nove racconti inediti, su cui si basa il presente lavoro di
ricerca, sono stati scritti da Antonio all'età di sessant'anni.
4
periodo fascista e alle ideologie del periodo liberale – istituzionalista.
Nel quinto capitolo presenteremo le visioni personali di Antonio sul manicomio e
le confronteremo con i temi che emergono dagli odierni dibattiti sulla psichiatria.
In fine, nell'appendice riportiamo una lista dei nodi creati nel progetto elettronico
di NVivo e le trascrizioni dei nove racconti inediti.
5
CAPITOLO 1
Un duplice sguardo sulla follia in letteratura e in sociologia
tra la fine dell'Ottocento e il Novecento
1.0 Per una definizione di follia
Che cos'è la follia?
Al termine follia e ai suoi stretti sinonimi “pazzia”, “demenza” si possono adattare
diverse cornici interpretative. Ciò può creare delle difficoltà definitorie,
soprattutto se tendiamo a circoscrivere i vocaboli in questione ad uno specifico
ambito analitico.
Per inquadrare il fenomeno, partiremo da una serie di definizioni adottate da
alcuni dizionari, che raccolgono e spiegano la parola follia all'interno di settori
specifici quali, la lingua italiana, la letteratura, la sociologia e la psicologia.
Le opere di riferimento comprendono Il Dizionario della lingua italiana, Le
Monnier, 2002; Dizionario dei temi letterari, Utet, 2007; Dizionario di
Sociologia, Utet, 2006 e il Nuovo dizionario di Psicologia, Borla, 2001.
La follia [der. di folle dal lat. follis “borsa”] viene definita nel Devoto-Oli come
uno
1. Stato di alienazione mentale determinato dall'abbandono di ogni criterio di giudizio; pazzia,
demenza; estens. Mancanza di senno o di controllo morale; concr. atto temerario e irragionevole.
2. Danza cinquecentesca d'origine iberica, in movimento moderato e in misura ¾ , spesso trattata
anche dai compositori italiani dell'età barocca in forma di tema variato[G. Devoto, G. Oli, Il
Dizionario della lingua italiana, p. 788].
È anche interessante concentrarsi sulla definizione che viene data del sinonimo
pazzia [der. di pazzo, dal lat. patĭ ens “sofferente”]:
1. Correntemente, qualsiasi forma di alterazione, permanente o temporanea, delle facoltà mentali:
dar segni di p., esser colto da p.; raro, invece, il termine nel linguaggio scientifico, nel quale è
stato sostituito da quello generico di infermità mentale e da quelli più specifici di psicosi,
7
psicopatia.
2. concr. atto associato a una violenza o una sconsideratezza che rasenta l'assurdo [G. Devoto, G.
Oli, Il Dizionario della lingua italiana, p. 1404].
Cominciano a delinearsi così i diversi ambiti di studio più specializzati sul
fenomeno, ma continuiamo la nostra ricerca della definizione della voce follia
11
anche all'interno degli altri dizionari. Nel Dizionario dei temi letterari la follia è
così esplicitata:
1. Il termine follia deriva dal latino folle(m), espressione di orgine onomatopeica che
significava letteralmente «mantice», «sacco di cuoio» o «pallone», e attraverso cui per via
metaforica si indicava una persona dalla testa vuota. Con il termine follia si definisce in primo
luogo la condizione di chi è affetto da una grave malattia mentale, o da una momentanea
perdita della ragione, sinonimo di pazzia. Per questo motivo viene assimilata in ambito
letterario a quelli che sono ritenuti i principali sintomi della perdita della ragione o del
contatto con la realtà, il vaneggiamento, il delirio e il «sogno ad occhi aperti». Per estensione
indica ogni forma di stoltezza, mancanza di senno, e l'incapacità di ben giudicare.
L'irresponsabilità della follia è attribuita anche all'orgoglio smisurato, ad una smodata
ambizione, alla temerarietà e all'impudenza, ad ogni forma di esasperata esaltazione del sé,
fino al delirio di onnipotenza. Alla follia sono legati il furore, la rabbia incontenibile, la
violenza negli atti e nelle parole, sintomi tipici del comportamento del folle dal punto di vista
clinico. La follia viene attribuita anche ad ogni comportamento che derivi da un forte
turbamento prodotto dai sensi, come è il caso di una esasperata, vibrante passione d'amore, o
di un desiderio smodato, senza freni, maniacale [...][R. Ceserani, M. Domenichelli, P. Fasano,
Il Dizionario dei temi letterari, p. 905].
Nel dizionario di psicologia di Doron, Parot e Del Miglio la follia è interpretata
come una
Condizione di persone o di menti, nella quale la capacità di formulare un pensiero razionale e/o di
compiere un'azione razionale è seriamente compromessa. Per tradizione, certi tipi di follia
ricadono da tempo sia in campo medico che in campo legale, tuttavia il termine (così come i suoi
stretti sinonimi «pazzia» e «lunaticità») può indicare una gamma così ampia di condizioni mentali
che il suo uso come termine tecnico è alquanto discontinuo. [...] Sin dai tempi classici, o almeno
nella maggior parte delle culture esistite e esistenti, la follia è stata considerata come una malattia
11
Abbiamo scelto di focalizzare, in primis, le ricerche del significato sul termine Follia piuttosto
che pazzia, perché abbiamo notato che in alcuni dizionari, scelti per il confronto, la voce Pazzia
non compare. Le opere in cui abbiamo riscontrato questa assenza sono il Dizionario dei temi
letterari e il Nuovo dizionario di Psicologia.
8
o come effetto di un'altra malattia. [...] Negli ultimi anni, lo studio di questi aspetti è stato condotto
su un'ampia base empirica: chiarificando la descrizione e la classificazione dei suddetti aspetti
giudicati come sintomi di follia; sviluppando mezzi attendibili di identificazione; [...] Ed è stato
proprio in questo contesto che il termine «follia» è stato abbandonato perché definito troppo
emotivo e impreciso per l'uso tecnico in medicina” [R. Dolan, F. Parot e C. Del Miglio, Nuovo
dizionario di psicologia, pp. 400-401].
Infine, se ci addentriamo nel dominio della sociologia scopriamo che nel
Dizionario di Sociologia di Luciano Gallino non compare il lemma follia o pazzia
ma ne troviamo un altro ancora, quello di Sociologia delle malattie mentali:
La sociologia si occupa delle M. mentali da un quadruplice punto di vista. [...] essa mira a
individuare i rapporti che intercorrono tra la loro frequenza per gravità, natura e
localizzazione dei casi, e varie componenti e stati della società, come la STRATIFICAZIONE
SOCIALE (v.), le DISEGUAGLIANZE SOCIALI (v.), la dinamica del sistema economico,
LA DIVISIONE DEL LA VORO (v.), i modelli di CULTURA (v.) prevalenti, i tipi di
PERSONALITÀ (v.) storicamente generati. In secondo luogo, essa studia le varie componenti
dell'organizzazione sociale che si è consolidata attorno al trattamento istituzionale delle M.
mentali, dalla psichiatria [...] alle case di cura viste come sistemi sociali o ISTITUZIONI (v.)
totali. In terzo luogo, sono presi a oggetto di studio gli atteggiamenti collettivi verso le
manifestazioni reali o presunte delle M. mentali, verso il folle [...] nonché il modo in cui sono
rappresentati dalla LETTERATURA (v.) e dai mezzi di comunicazione di massa [...] la
sociologia delle M. mentali si collega qui alla sociologia della DEVIANZA (v.), posto che la
maggior parte delle M. mentali sono percepite come forme di devianza grave dalla coscienza
sociale di quasi tutti i popoli, in tutte le epoche. Infine la stessa nozione di M. mentale come
prodotto culturale, e con essa la psichiatria come scienza, cioè le categorie, i costrutti teorici, i
concetti base ai quali le M. mentali sono concepite, misurate, diagnosticate, classificate e
curate (oppure non curare affatto), son oggetto di ricerca sociologica, al fine di individuare
eventuali collegamenti tra la loro genesi e funzione, e le principali strutture della società
considerata, in particolare le strutture di CLASSE (v.) e le varie forme e strumenti del
DOMINIO (v.) politico e culturale. In quest'ultimo caso, la sociologia delle M. mentali, al pari
della sociologia della MEDICINA (v.), nella quale per ceti aspetti vi rientra, viene a
comprendere compiti e tecniche di ricerca propri della sociologia della CONOSCENZA (v.),
della IDEOLOGIA (v.) e della SCIENZA (v.), applicati all'oggetto specifico «psichiatria» e
«M. mentali» [...][L. Gallino, Dizionario di Sociologia, pp. 410 – 411].
Con questa definizione si esplicita il bisogno di affermare una prospettiva teorica
e analitica che cerca di unire, su un piano dialettico, lo studio della follia sia come
9
fenomeno legato all'interiorità del soggetto, sia come fatto sociale. Così si crea un
nuovo spazio in cui possono interagire i contributi teorici e tecnici elaborati sia in
campo medico, sia nelle scienze sociali.
Secondo la Classificazione Internazionale delle Malattie (OMS 1978) il termine
che più si avvicina, in campo medico, al vocabolo follia è psicosi ma, anche dalla
definizione di pazzia tratta dal Devoto-Oli emerge un altro termine, più
scientifico: infermità mentale.
Per psicosi, il Nuovo Dizionario di Psicologia intende:
Termine comunemente usato per indicare una serie di gravi disturbi del funzionamento mentale,
come nelle psicosi organiche, affettive o schizofreniche. Oltre a questa definizione non vi è alcun
accordo sull'uso del termine. In alcuni casi denota un disturbo che ha le caratteristiche di una
malattia ben precisa (per esempio una psicosi dovuta ad una ipoattività tiroidea) e che si
differenzia da quei disturbi dovuti a reazioni naturali e a caratteristiche della personalità che
vengono infatti definiti NEVROSI. In altri casi il termine designa uno stato mentale che
comprende DELIRI e ALLUCINAZIONI, o la perdita di insight. Secondo gli psicoanalisti, il
concetto mentale della psicosi deriva dall'inconscio che irrompe senza controllo nella coscienza.
JASPERS ha tracciato una distinzione fra i fenomeni mentali che possono essere compresi
empaticamente e quelli (che si incontrano, per esempio, nelle psicosi) che si possono capire solo
attraverso spiegazioni causali. [R. Dolan, F. Parot e C. Del Miglio, Nuovo dizionario di psicologia,
p. 885].
Per quanto riguarda la definizione di infermità mentale [lat. infirnĭ tas – atis, der. di
di “inferno”], nel Devoto – Oli è intesa come:
“Condizione morbosa di natura psichiatrica il cui accertamento può condurre all'adozione di
particolari provvedimenti nell'applicazione di norme del diritto civile o penale”[G. Devoto, G. Oli,
Il Dizionario della lingua italiana, p. 977].
Da tutte queste definizioni si può individuare un filo conduttore che ci porta ad
affermare che la follia, fin dai tempi classici, è stata associata al concetto di
malattia o considerata come un effetto di un'altra malattia. Storicamente, questa
«teoria della malattia» si è dovuta confrontare con la teoria religiosa o spirituale
che considerava la follia come il risultato di influenze demoniache, a volte anche
divine, creando quell'immaginario collettivo di tipo tradizionale costellato dalle
figure di demoni, diavoli, fantasmi, mostri e streghe per spiegare il manifestarsi di
questi fenomeni invisibili.
10
Attualmente, la «teoria della malattia» ha dovuto fronteggiare altre teorie
formulate dalla sociologia, dalla psicoanalisi e dalla scienza politica. Queste
discipline hanno prodotto degli orientamenti alternativi, anche se la «teoria della
malattia» sembra non annullarsi con l'affermazione di queste nuove prospettive.
Tant'è vero che, la «teoria della malattia» ha esercitato una notevole influenza
proprio in medicina, inducendo i medici a concentrare la propria attenzione
specialmente su quelle condizioni della follia che sono valutate come patologiche
secondo un accordo generale. Collegare la questione della follia al piano
patologico non ci fa superare però le difficoltà che si incontrano nel campo
dell'etica, e che si manifestano più chiaramente nel momento in cui spostiamo il
tema della follia nell'ambito legale.
Il dibattito si basa sull'idea che il malato di mente, essendo irrazionale, non sia
sempre responsabile delle sue azioni. Perciò, come principio di diritto naturale, in
alcuni casi può risultare necessario sia limitare i diritti riconosciuti al malato di
mente (per la sua protezione e per quella degli altri) che sottoporlo a diversi
parametri e modalità di giudizio, rispetto ad una persona sana.
Questo principio è stato oggetto di molteplici e complicate interpretazioni in
campo legale in molti paesi europei e non.
Da questo groviglio legislativo il malato mentale, in alcuni casi, ne usciva privato
della sua personalità giuridica, spogliato della sua identità e sottoposto a
trattamenti involontari o obbligatori.
L'essere sottoposti a questi trattamenti ci riconduce alla questione etica, e questo
spiega in parte il perché, nel corso della storia, ci si è imbattuti in casi sui generis
come quello italiano, che ha sperimentato l'attuazione della riforma dell'assistenza
psichiatrica. L'approvazione della legge 180 è stata considerata una vera e propria
rivoluzione in questo campo, anche se sul piano pragmatico è ancora, oggi,
oggetto di aspri dibattiti.
Nonostante i successi riscossi in campo empirico dalla medicina, si dovrà sempre
fare i conti con questi problemi, che non sono empirici per natura. Questo, da un
lato, è un chiaro segnale di insufficienza intrinseca della teoria della malattia ma,
dall'altro lato, legittima la nascita di numerose alternative teoriche, più o meno
adeguate, che si occupano di affrontare proprio questi problemi non empirici.
11
1.1 La follia in Letteratura tra la fine dell'Ottocento e il Novecento
Nel XIX secolo, l'elemento che dà origine ad un mutamento nella concezione
seicentesca della follia, incentrata sul riconoscimento di una costante presenza
dialettica della follia all'interno della ragione, è stato lo sviluppo della psichiatria
come scienza positiva.
Tutto ciò ha contribuito a far emergere nell'ambito letterario – in particolare nel
genere fantastico – temi legati all'irrazionale e alle forme della devianza mentale.
La follia è associata così a sentimenti dicotomici che comprendono sia la paura,
sia una forte richiamo nei suoi confronti.
Nel Novecento si realizza l'affermazione della psichiatria e del pensiero
psicoanalitico, perciò la letteratura si focalizza anche su questioni, più specifiche,
relative alle nevrosi e alle psicosi.
Per abbozzare un quadro generale dei significati e delle rappresentazioni associati
alla follia in letteratura, tra fine Ottocento e Novecento, abbiamo selezionato un
insieme di opere seguendo questi criteri:
1. Opere di scrittori e scrittrici che hanno trattato il tema della follia, in molti
ricollegabile alle loro esperienze personali più o meno dirette;
2. Opere di psichiatri che hanno narrato la loro esperienza professionale a
contatto con la follia;
3. Opere di scrittori e scrittrici che hanno raccontato il loro disagio mentale.
In base al primo criterio sono stati scelti:
Il naso e Memorie di un pazzo da I racconti di Pietroburgo, N. V . Gogol, 1842; Il
Sosia, F. Dostoevskij, 1846; La caduta della casa degli Usher da Il gatto nero e
altri racconti, E. A. Poe, 1839; L'Horlà da I racconti Fantastici, G. Maupassant,
1886; La metamorfosi, F. Kafka, 1915; La Coscienza di Zeno, I. Svevo, 1923; La
signora Dalloway, V . Woolf, 1925; Uno nessuno centomila, L. Pirandello, 1926.
In base al secondo criterio:
I Tetti Rossi, C. Tumiati, 1931; Le libere donne di Magliano, M. Tobino, 1953;
Gli Ultimi Giorni di Magliano, M. Tobino, 1982.
Ed in fine, in base al terzo:
L'altra verità, A. Merini, 1986; L'affaire Artaud trattato in Pazzi di Artaud, S.
12
Lotringer, 2006;
1.1.a Opere di scrittori e scrittrici che hanno trattato il tema della follia
Dalle opere prescelte sono stati individuati alcuni macro temi che si ritrovano un
po' in tutta la letteratura in esame e che riproducono, su diversi livelli, quelle che
erano le reazioni e gli atteggiamenti dell'epoca nei confronti della follia.
Un primo tema che è emerso è quello del «doppio», collegato alla crisi dell'Io e
allo sdoppiamento dell'identità. L'idea di questa doppia presenza può essere
percepita come reale (nel Sosia) o come un fantasma (L'Horlà), che in alcuni casi
può incarnare tutto ciò che il protagonista vorrebbe raggiungere nella vita, ed in
altri può rappresentare una trasformazione che si insinua nel protagonista fino a
tramutarlo in qualcos'altro (La metamorfosi). Al tema del doppio segue quello
della paura, misto ad un'attrazione verso la componente misteriosa della follia.
Le due pulsioni sono ricollegabili al fatto che, in primis, non esiste chiarezza nella
definizione e nella classificazione di questo fenomeno. Allo stesso tempo
quest'ambiguità suscita un sentimento di misteriosa attrazione, e inizialmente la
follia viene rappresentata ricollegandola alle figure dell'immaginario tradizionale
composto da diavoli, mostri, streghe, vampiri e fantasmi (Gogol, Poe,
Maupassant) in un'ottica magico-sacra. Con la nascita della psichiatria, supportata
inizialmente da teorie positiviste e dalla psicoanalisi, la paura, il rifiuto e la
creazione di nuova solitudine, dettata dalla necessità di isolamento del fenomeno,
si uniscono al mistero dando vita a delle opere opere nelle quali la follia, associata
al concetto di malattia, è usata come categoria per far emergere le contraddizioni
del reale. Ritroviamo questo tipo di messaggio nei romanzi di Dostoevskij, di Poe,
della Woolf, di Svevo e di Pirandello.
Un altro leitmotiv è il tema del tempo.
Un tempo percepito su due piani differenti, quello interiore dei personaggi e
quello esteriore, che rappresenta il tempo socialmente condiviso. Quest'ultimo è
scandito da ritmi regolari che organizzano il disordine delle città e dei suoi
cittadini. Il tempo interiore, invece, non conosce confini temporali, il presente e il
passato si intrecciano per poter proiettare il soggetto in un futuro possibile, ed ha
una durata personale dilatata, o ristretta, dall'individuo stesso. In molti dei
romanzi presi in esame il tempo, così inteso, appare come un canale di
13
connessione tra la realtà socialmente condivisa e la sfera personale-interiore.
Proprio per questo motivo, in Memorie di un pazzo, La signora Dalloway,
L'Horlà, La metamorfosi e il Sosia, il tempo viene utilizzato come un termometro
che segnala la distanza dal reale del protagonista, che nel suo progressivo delirio,
o crisi d'identità, allenta sempre più, fino ad annullare, la percezione del tempo
socialmente condiviso, per perdersi poi nel suo tempo interiore.
Nelle descrizioni dei vari protagonisti, alle prese con forme di nevrosi, di psicosi e
di depressione, si rileva una tendenza generale legata alla costante premura, mista
a preoccupazione, per il giudizio degli altri. Il tema della socializzazione e delle
aspettative di ruolo, nel gioco del vivere in società, sono fattori che richiamano
l'attenzione sull'importanza degli elementi sociali nell'analisi della follia.
Altri argomenti, sempre correlati alla dimensione sociale, affrontano un'iniziale
critica allo sviluppo e all'affermazione, che avveniva proprio in quegli anni, di un
nuovo tipo di sistema economico basato su un capitalismo industriale e
burocratizzato, che gestiva il potere attraverso la creazione di un nuovo apparato
amministrativo dal quale si distingue la figura dell'impiegato borghese. Il nuovo
sistema economico trova nella la città, nuovo simbolo della rivoluzione
urbanistica, il centro di riferimento di tutte le attività sociali.
Per alcuni autori, la follia avrebbe il ruolo di rappresentare il prodotto perverso, o
meglio, la punizione che colpisce gli uomini che abbracciano pienamente il nuovo
modello sociale (Gogol, Dostoevskij, Woolf, Maupassant, Svevo, Pirandello). Ma
questa non è la sola interpretazione possibile. Dal punto di vista della società che
interagisce con i protagonisti nevrotici, la follia appare sì come una punizione, ma
dal punto di vista dello scrittore può essere anche concepita come una liberazione,
una forma di reazione ad alcuni effetti perversi del nuovo sistema condiviso.
Di seguito è riportata un'analisi più specifica delle tematiche affrontate in ogni
testo analizzato.
- I racconti di Pietroburgo, N. V. Gogol, 1842.
Da quest'opera selezioniamo due racconti: Il naso e Memorie di un pazzo.
Il Naso è un racconto fantastico in cui la narrazione assume toni deliranti
dall'inizio alla fine.
14
In una delle solite giornate dell'assessore collegiale Kovalev accade qualcosa di
sconvolgente, il protagonista si sveglia senza naso.
Dopo molti tentativi per rintracciarlo, dando vita a scene cariche di elementi
paradossali e di personaggi «macchietta», un gendarme riporta a Kovalev il Naso,
acciuffato mentre tentava di espatriare. Un medico cerca invano di riappiccicare il
Naso al suo posto, ma il problema è risolto dal Naso stesso che spontaneamente
ritorna sulla faccia di Kovalev.
Memorie di un pazzo è un racconto in forma diaristica, scritto pertanto in prima
persona, del progressivo esaurimento dell'impiegato Prospicin, che decide di
abbandonare la sua routine d'ufficio per cercare di migliorare il suo ruolo sociale e
di conquistare la donna amata.
L'elemento progressivo della follia è percepibile dal tempo del racconto,
rappresentato dalla data del diario, che non segue una regolarità, fino a
scomparire, come se il protagonista non riuscisse più a contestualizzarsi in un
tempo e in uno spazio definito.
Tutte le situazioni e le questioni narrate sono paradossali e irreali, ma durante il
monologo interiore ci sono dei punti in cui Prospicin sembra recuperare una
specie di lucidità, ma non si tratta che della quiete prima della tempesta. Infatti,
dopo essere stato internato, il protagonista stremato invoca, sulla falsariga
dell'Ulisse di Joyce, il rifugio nel grembo dell'unica donna che lo abbia mai
amato, la madre, porto sicuro in cui ricevere cure, affetto e comprensione. Ed è
proprio nelle ultime battute del “Ci 34 slo MS gdao. Febbraio 349.” che il
protagonista esplicita di essere malato, una lucidità che dura per poco, per poi
ricadere nelle finzioni della mente:
“[...] Ma lo sapete che il bey di Algeri ha un bernoccolo proprio sotto il naso ?”[N. V. Gogol,
Memorie di un pazzo, p. 97].
In entrambi i testi si possono riconoscere questi due piani fondamentali: il primo è
un realismo, con venature fantastiche, legato alla satira dell'apparato della
burocrazia Russa che “imprigiona” gli impiegati in ruoli rigidi e schematici
costringendoli a condurre una vita governata dalla routine e dalle invidie d'ufficio;
e il secondo è la finzione, ovvero, il racconto di una situazione paradossale e al
contempo grottesca, come conseguenza della destabilizzazione e dell'alienazione
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