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1. INTRODUZIONE
Negli ultimi anni le scoperte in campo scientifico e la produzione di nuovi materiali
hanno iniziato a rivestire un ruolo fondamentale nello sviluppo di nuove tecnologie e
nella realizzazione di dispositivi con prestazioni avanzate. Chimici, biochimici, biologi
e medici stanno guardando oltre i tradizionali polimeri per trovare dei sistemi
innovativi per il trasporto di farmaci. Le prospettive rivoluzionarie associate alla
nanotecnologie derivano dal fatto che, a questi livelli di dimensioni, i comportamenti e
le caratteristiche della materia cambiano drasticamente e le nanotecnologie
rappresentano un modo radicalmente nuovo di produrre per ottenere materiali,
strutture e dispositivi con proprietà e funzionalità grandemente migliorate o del tutto
nuove. Per raggiungere tale scopo in campo farmaceutico, insieme alle tradizionali
strategie di sintesi di nuove molecole e mescolamento di sostanze, recentemente è
diventata sempre più importante quella basata sulla riduzione di sostanze ben note allo
stato di nano particella. Questo perché in tali condizioni i materiali, che essi siano
sistemi organici o inorganici, subiscono profonde variazioni della loro struttura
elettronica e conseguentemente delle loro proprietà chimico fisiche.
Inoltre, effetti di confinamento, adsorbimento di specie chimiche alla superficie della
nanoparticella, l’elevato rapporto superficie/volume sono ulteriori fattori responsabili
del loro comportamento. Ovviamente, anche la recente tendenza a realizzare complessi
dispositivi miniaturizzati può trarre vantaggio dallo sviluppo di adeguate metodologie
di sintesi di nanomateriali.
I vantaggi che derivano dalla ricerca farmaceutica e dall’affinamento delle tecniche
produttive sono dunque rivolti alla possibilità di ottenere dei sistemi farmaceutici
funzionali al trasporto di farmaci direttamente nelle vicinanze del sito recettoriale (site
targeting) producendo nel contempo una cinetica di rilascio modificata rispetto a
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quella del farmaco “libero” nei casi di scarsa solubilità dello stesso nei fluidi biologici.
Tali sistemi sono detti Drug Delivery Sistems o DDS, cioè sistemi non convenzionali
per il rilascio dei principi attivi.
Una delle applicazioni elettive delle nanotecnologie in ambito farmaceutico riguarda
difatti la realizzazione di formulazioni caricate con farmaci che consentano un rilascio
modificato e/o direzionato, in modo tale da sopperire alla ridotta attività di alcuni
principi attivi o alla loro difficoltà a raggiungere il sito d’azione.
I vantaggi ottenuti con i DDS fondamentalmente risultano essere:
• Aumento dell’efficacia del farmaco;
• Riduzione degli effetti indesiderati legati alla distribuzione in distretti non
interessati;
• Riduzione delle dosi terapeutiche;
• Riduzione degli effetti collaterali;
• Aumento della compliace del paziente;
• Formulazione di sistemi di rilascio site-targeting ;
• Riduzione del fenomeno di inattivazione da parte del sistema immunitario o da
parte di enzimi;
• Riduzione dei costi;
• Minore tossicità.
Spesso la biodisponibilità di un farmaco è strettamente correlata alle caratteristiche
chimico-fisiche del farmaco stesso: sostanze di origine proteica, ad esempio, possono
andare incontro a degradazione enzimatica a carico delle proteasi pancreatiche in
seguito a somministrazione orale; molecole caratterizzate da carica superficiale
potrebbero risultare anche inattive a causa della difficoltà ad attraversare la membrana
cellulare. In tal senso l’impiego di sistemi di rilascio permette di superare queste
limitazioni proteggendo i farmaci intrappolati dalla degradazione enzimatica o
promuovendone l’ingresso nelle cellule.
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I vantaggi legati all’impiego di DDS si traducono anche in un migliore profilo di
distribuzione perché il farmaco veicolato può essere indirizzato in modo specifico
verso il distretto per il quale è stato progettato. In questo modo è possibile ridurre
sensibilmente la dispersione del principio attivo, che risulta quindi più attivo a dosi
inferiori.
L’approccio innovativo nella sintesi dei DDS consente di ottenere due modalità
distinte di direzionamento dei farmaci; un primo tipo è il direzionamento passivo,
caratteristico dei sistemi colloidali, che fonda la capacità di trasporto sulle dimensioni
e sulle caratteristiche chimico-fisiche del carrier. Di contro il direzionamento attivo si
ottiene quando un carrier possiede dei domini molecolari sulla propria superficie
esterna, tali da consentire il riconoscimento da parte delle cellule bersaglio.
Il continuo sviluppo tecnologico ha prodotto una classificazione funzionale e
strutturale di questi sistemi terapeutici tale da consentirne una suddivisione in
“generazioni”. Esistono dunque sistemi DDS di prima generazione, cui fanno parte
microsfere, microcapsule, polimeri biocompatibili e/o biodegradabili utilizzati negli
impianti sottocutanei, in grado di rilasciare il farmaco in modo specifico sul sito
bersaglio o nelle sue immediate vicinanze previa somministrazione in tale sito; vi sono
DDS di seconda generazione, tra cui liposomi, nanosfere, nano capsule, micelle e
sistemi macromolecolari, che consentono il rilascio del farmaco a livello del sito
bersaglio anche senza impianto o somministrazione in loco. Infine esiste una terza
generazione di DDS in cui i carriers riconoscono autonomamente il sito target per il
rilascio del principio attivo; di questa generazione fanno parte anticorpi monoclonali,
sistemi colloidali, glicoproteine, citochine.
[1]
Tra i diversi sistemi carrier di cui si dispone al momento, uno dei più interessanti sono
senza dubbio le nano particelle, formate da aggregati atomici o molecolari e con un
diametro compreso indicativamente fra 2 e 200 nm, parametro fondamentale che
consente il superamento di barriere fisiologiche di piccole dimensioni quali la BEE.
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In particolare gli studi si sono indirizzati verso le cosiddette SLN, nanoparticelle
lipidiche solide, strutture molto versatili e facilmente preparabili su larga scala e con
bassi costi in laboratorio. Questa possibilità di sintesi deriva dalla presenza tra i loro
componenti, di lipidi e tensioattivi largamente utilizzati in altre formulazione
farmaceutiche e privi di considerevole tossicità.
Poiché lo stato di nanoparticella è termodinamicamente instabile rispetto ad una
crescita illimitata, la loro sintesi richiede opportune condizioni per ottenere da una
parte la loro formazione e dell’altra l’arresto della crescita. Dato che in generale le
proprietà delle nanoparticelle sono funzione delle loro dimensioni e forma, un buon
metodo di sintesi deve consentire un controllo fine di questi parametri strutturali. I
processi chimico-fisici attraverso i quali è possibile arrestare la crescita e quindi
ottenere un controllo delle dimensioni delle nanoparticelle sono:
• repulsione elettrostatica tra particelle con cariche dello stesso segno;
• adsorbimento chimico o fisico di opportune specie passivanti sulla superficie
della particella;
• compartimentalizzazione delle nanoparticelle in domini spazialmente distinti
ovvero congelamento dei moti diffusivi.
(http://www.unipa.it/chimfis/turco/nanopart.htm)
1.1. Classificazione delle Nanoparticelle lipidiche
Le nanoparticelle lipidiche sono dei sistemi colloidali che possono inglobare principi
attivi sia idrofili che lipofili secondo le tecniche di dispersione, dissoluzione e
adsorbimento in una matrice lipidica. La capacità di intrappolamento varia in funzione
delle quantità utilizzate per i singoli componenti e per le condizioni sperimentali della
preparazione.
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Variando opportunamente parametri esterni come la concentrazione degli aggregati
micellari o il rapporto solubilizzato/tensioattivo, è stata evidenziata in tutti i casi la
formazione di nanoparticelle di dimensioni molto piccole e la possibilità di un
controllo fine delle loro dimensioni. E’ importante notare che questa nuova
metodologia apre le porte alla sintesi di nanoparticelle di una più ampia classe di
sostanze con potenziali applicazioni di grande interesse.
Le principali nanoparticelle lipidiche sintetizzate sono SLN, NLC ed LDC. Tutte
queste sono costituite da lipidi, tensioattivi e da principi attivi dispersi.
1.1.1 SLN
A partire dal 1991 furono preparate e caratterizzate le prime nanoparticelle lipidiche
solide del tipo SLN (solid lipid nanoparticles).
Esse sono costituite da una matrice monolipidica, fondamentalmente gliceridi parziali
e trigliceridi, stabilizzati da tensioattivi, spesso fosfatidilcolina, poloxamers, acido
taurocolico, in cui i lipidi utilizzati hanno la caratteristica di restare in forma solida sia
a temperatura ambiente che a temperatura fisiologica
[2]
. Tra i più utilizzati
annoveriamo acidi grassi puri o in miscela, trigliceridi e miscele di gliceridi. I
componenti delle formulazioni da cui le SLN sono preparate sono biocompatibili e
proprio per questa caratteristica le SLN sono in grado di superare anche la barriera
ematoencefalica BEE (e di essere direzionate alla linfa a seguito di somministrazione
per via duodenale.)
Dal punto di vista funzionale hanno numerosi vantaggi, tra cui una buona tollerabilità
da parte dell’organismo, stabilità chimico-fisica, possibilità di incorporare farmaci sia
lipofili che idrofili, utilizzazione per via topica, orale e parenterale; ma di contro
soffrono di alcuni inconvenienti che ne limitano l’utilizzabilità; tra questi vanno
menzionati la non elevata capacità di intrappolamento di farmaci (drug loading o LC)
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spesso dovuta alla scarsa solubilità del principio attivo nella matrice lipidica fusa
[3],[4],[5],[6]
la causa di tale limitazione è da ricercare, soprattutto quando i lipidi utilizzati
sono tripalmitina e/o tristearina, nella compattezza della struttura cristallina del
prodotto; poiché non sono presenti imperfezioni nella struttura, risulta essere limitata
la presenza di cavità capaci di trattenere molecole di farmaco, e le poche molecole
capaci di legarvisi subiscono un rapido rilascio. Così decade la possibilità di ottenere
DDS stabili nel tempo che garantiscano una cinetica di rilascio modificato/controllato.
Ulteriori sviluppi hanno portato ad una classe di nano particelle lipidiche.
1.1.2 NLC
Per superare le evidenti limitazioni date dalle SLN sono stati sviluppati a partire dalla
fine degli anni ’90 le NLC.
[7],[8],[9]
Lo sviluppo di questi nuovi carriers lipidici
nanostrutturati era diretta all’incrementare la drug loading e a prevenire l’espulsione
dei principi attivi ivi caricati. La ricerca tecnologica ha portato alla formulazione di tre
differenti tipi di sistemi NLC costituiti da miscele di diversi lipidi solidi o da miscele
di lipidi solidi e lipidi liquidi:
• NLC di primo tipo o imperfette
Sono NLC costituite da miscele di lipidi solidi, ad esempio miscele di gliceridi e acidi
grassi diversi; la loro peculiarità risiede nel fatto che le diversa composizioni lipidica e
le diverse dimensioni dei componenti creano una struttura disomogenea e discontinua
a livello del reticolo cristallino, ed in tali cavità possono inserirsi maggiori quantità di
farmaco, aumentando di conseguenza la drug loading e conferendo al sistema una
maggiore stabilità durante la conservazione.
• NLC di secondo tipo o amorfe
Questa classe di sistemi nano strutturati prevede che vi siano delle miscele di lipidi
mono-, di- e trigliceridi con acidi grassi diversi o con diverso grado di insaturazione.
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Questa composizione garantisce la formazione di un sistema amorfo in quanto, in
seguito alla fusione e al successivo raffreddamento, i lipidi diventano solidi senza
cristallizzare.
[10],[11]
• NLC di terzo tipo o multiple
Sono nano particelle che si formano quando vengono utilizzate quantità maggiori di
oli, e si presentano come una matrice solida in cui sono presenti dei nano
compartimenti di lipide liquido. Essi sono difatti soprannominati sistemi multipli
poiché sono costituiti da varie fari, quali olio/lipide solido/acqua o anche O/F/W.
Queste nano particelle sono preparate con la tecnica della omogeneizzazione a caldo
che consta di due successive fasi di riscaldamento, in cui i lipidi risultano miscibili tra
loro e formano un sistema monofasico, e la successiva fase di raffreddamento in cui il
lipide liquido si separa dal lipide solido consentendo la formazione di goccioline
disperse nella matrice solida. I farmaci lipofili inseriti in questi sistemi nanoparticellari
risultano essere più solubili piuttosto che nei precedenti, ed in tal modo si ottiene un
incremento nella drug loading.
1.1.3 LDC
L’esigenza di sviluppare dei carriers nanostrutturati in grado di consentire un agevole e
massivo trasporto per farmaci con caratteristiche idrofile, ed in grado di sopperire alle
carenze delle SLN, ha spinto verso la formulazione di sistemi LDC-nanoparticles,
ovvero sistemi costituiti da miscele di acidi grassi e di coniugato lipide-farmaco. La
sostanza idrofila, e quindi insolubile nella fase lipidica, viene aggiunta o in forma
salificata o legata sotto forma di esteri o eteri, formando rispettivamente legami di tipo
diverso (non covalenti e covalenti).
[7],[12],[13]