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INTRODUZIONE
L’interesse per il recupero e la valorizzazione di materiali naturali, ottenuti dalla trasformazione
di materie prime rinnovabili, sono obiettivi prioritari dello sviluppo eco-sostenibile; i biopolimeri
sono considerati un’ottima alternativa ai polimeri sintetici, grazie alle loro caratteristiche di
biodegradabilità e biocompatibilità. Negli ultimi anni, lo sviluppo di materiali a base di proteine
ha ricevuto molta attenzione nei campi biotecnologico e biomedico, grazie alle loro potenziali
applicazioni nell’ingegneria dei tessuti e nella produzione di membrane [1,2].
Alcuni sottoprodotti di scarto di fibre naturali dell’industria tessile (lana, seta, cotone, ecc.) sono
materiali polimerici fibrosi non filabili, a causa delle loro inadeguate proprietà fisiche, ma la cui
caratteristica peculiare è la biodegradabilità; perciò possono essere recuperati e trasformati in
materiali dalle proprietà innovative, idonei per usi tessili e non (packaging, film e rivestimenti
per l’agricoltura, fibre e/o filamenti tessili con nuove proprietà di mano o nuovi effetti di colore,
sistemi di filtrazione, industria chimica, campo biomedicale, ecc.) [3,4].
Fino agli ultimi dieci anni è stata posta poca attenzione ai materiali a base di cheratina, proteina
fibrosa maggior costituente di capelli, lana, piume, unghie, corna. L’importanza del recupero e
della valorizzazione di materiale cheratinoso di basso valore commerciale, proveniente da
sottoprodotti dell’industria laniera, da lane di scarsa qualità (lane nazionali di tosa o di concia) e
dall’industria della carne, è legata soprattutto ad aspetti ambientali, a causa della difficoltà di
smaltimento di tali scarti, e ad aspetti economici. Si è stimato un ammontare di 5 milioni di
tonnellate all’anno di rifiuti cheratinosi.
La cheratina è di rilevante interesse nello sviluppo di prodotti per le industrie farmaceutiche,
cosmetiche, medicinali e biotecnologiche. Le proteine estratte dalla lana possono essere
assemblate in varie forme come schiume porose, film, gel, microfibre, tessuti [5]. In particolare,
la cheratina estratta dalla lana potrebbe trovare interessanti applicazioni nel settore biomedicale
poiché, secondo quanto riportato in letteratura, membrane di cheratina rigenerata risultano
facilmente biodegradabili in vivo e in vitro e potrebbero, quindi, essere utilizzate come
‘scaffolds’ (supporti) per le colture cellulari, per la proliferazione dei fibroblasti.
Inoltre, è noto che i materiali cheratinosi possono assorbire sostanze tossiche come ioni di
metalli pesanti [6,7], formaldeide [8] ed altri composti organici volatili (VOC), proprietà che
potrebbe renderli interessanti per la filtrazione attiva delle acque e per la purificazione dell’aria.
Molti ricercatori dimostrarono che le fibre di cheratina hanno una buona capacità di
assorbimento di ioni di rame, piombo, cromo, mercurio ed uranio da soluzioni contaminate.
Nell’intervallo di pH 5÷7, queste fibre sono selettive verso rame e piombo e l’adsorbimento
migliora con la temperatura; a pH acidi invece rimuovono selettivamente cromo e mercurio.
Ma a causa del basso peso molecolare (60000÷9000 Da), i materiali a base di cheratina hanno
presentato scarse proprietà fisiche e meccaniche e, come molti polimeri naturali, questa proteina
non è termoplastica. Recenti studi hanno dimostrato che l’acido formico è un appropriato
solvente in grado di dissolvere la complicata struttura della proteina [9-11].
L’obiettivo di questo lavoro è stato quello di realizzare nanofibre di pura cheratina in grado di
assorbire ioni di rame, cromo e formaldeide. La cheratina dopo essere stata estratta dalla lana
tramite reazione di solfitolisi, è stata liofilizzata, miscelata con acido formico ed elettrofilata.
L’elettrofilatura (electrospinning) è un sistema di filatura che, attraverso l’azione di un campo
elettrico, impartisce ad un getto liquido polimerico, elevate forze elongazionali in grado di
trasformare il polimero stesso in un nanofilamento continuo. Con questa nuova tecnologia di
Introduzione
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filatura, nata negli anni ’30, si producono fibre con diametri nel range di 40÷500 nm ed i
vantaggi che si ottengono sono, ad esempio, l’elevata superficie specifica e la grande porosità.
Le nanofibre sono state depositate su carta alluminio e su filtri di polipropilene (PP); sono state
confrontate le morfologie al microscopio elettronico a scansione (SEM), valutando quindi
diametro medio e deviazione standard dei due campioni.
Per investigare l’influenza del processo di elettrofilatura sulla disposizione spaziale delle catene
molecolari proteiche, la struttura supermolecolare delle nanofibre è stata confrontata con quella
di un film, preparato mediante casting a partire dalla stessa soluzione. A questo scopo sono state
usate tecniche spettroscopiche nell’infrarosso: il medio infrarosso (FT-IR) ed il vicino infrarosso
(NIR).
Il lavoro è stato poi diviso in due parti: le nanofibre depositate su alluminio sono state utilizzate
per le prove di adsorbimento di ioni metallici, mentre quelle depositate su filtri di PP per
l’adsorbimento di formaldeide. Per l’adsorbimento del rame è stato necessario lavorare in
condizioni sopra al punto isoelettrico della proteina, mentre per l’adsorbimento del cromo sotto il
punto isoelettrico. Comunque tutti gli adsorbimenti sono stati condotti in batch, in provette usa e
getta, e le concentrazioni degli ioni sono state valutate attraverso analisi spettrofotometrica
UV/VIS. Inoltre le capacità di adsorbimento delle nanofibre sono state confrontate con quella del
tessuto di lana, sottoposto alle stesse condizioni.
Per l’adsorbimento di formaldeide, invece, i test sono stati condotti in una camera chiusa; la
capacità di adsorbimento delle nanofibre è stata valutata, attraverso la misura della
concentrazione della sostanza, a tempi prestabiliti, con uno specifico misuratore.
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Capitolo 1
LA CHERATINA
1.1 Generalità
La cheratina è una proteina costituita da lunghe catene di amminoacidi. Diffusa in tutto il regno
animale, nell’uomo la cheratina rappresenta il principale costituente di peli, capelli ed unghie;
negli animali la stessa proteina rientra nella composizione di peli, lana, piume, corna e zoccoli.
Cheratina deriva dal termine greco κεραζ, che significa corno. Le cheratine rappresentano un
gruppo di proteine fibrose prodotte in molte cellule epiteliali di vertebrati come rettili, uccelli e
mammiferi [12,13].
Oggigiorno gli scarti di cheratina costituiscono un’importante fonte rinnovabile di biopolimeri. I
principali residui di cheratina derivano dalla macelleria di pollame, da piume di palmipedi o da
pelo, corna, unghie di bovini; altri scarti di cheratina derivano da sottoprodotti dell’industria
laniera. Alla fine dell’ultimo secolo, la quantità totale di cheratina di scarto derivante solo
dall’industria del pollame, è stata stimata a più di 5 milioni di tonnellate annue; prima questi
scarti erano usati per produrre mangime per animali, ma il recente fenomeno della ‘mucca pazza’
ha escluso questo tipo di valorizzazione.
Pur contenendo molti amminoacidi di diversa natura, la cheratina è particolarmente ricca di un
amminoacido solforato, chiamato cistina, caratterizzato da un legame covalente tra due atomi di
zolfo; sono proprio questi legami, detti ponti solfuro, ad assicurare la stabilità e la solidità di peli,
lana, unghie e capelli. L’elevato contenuto di residui cistinici nelle catene di cheratina (7÷20%
del totale dei residui amminoacidici) contraddistingue tale proteina da altri tipi di proteine, come
la fibroina della seta ed il collagene.
Inoltre, essendo molto resistente agli enzimi proteolitici presenti nel nostro stomaco ed intestino,
questa proteina è priva di qualsiasi proprietà nutriente e grazie all’alta stabilità, la sua funzione è
proteggere l’animale dall’ambiente circostante. Tuttavia la sua solidità può essere minata
dall’utilizzo prolungato di sostanze chimiche, come quelle contenute nelle tinture per capelli o
negli shampoo più aggressivi; anche l’esposizione agli inquinanti atmosferici, trattamenti fisici
ad elevate temperature, alcuni farmaci e lo stress possono portare al degrado della struttura
cheratinosa.
La cheratina
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1.2 La proteina
La cheratina, come tutte le proteine, è costituita da lunghe catene polipeptidiche formate
dall’unione per policondensazione anidra di 18 diversi α-amminoacidi, ciascuno presente in
quantità diverse; il termine α indica che il gruppo amminico (NH
2
) ed il gruppo acido (COOH)
sono legati allo stesso atomo di carbonio. Ogni catena può essere vista come una sequenza
ripetitiva di residui di α-amminoacidi oppure come sequenza ripetitiva di gruppi peptidici
(CONH), da cui il nome catena polipeptidica, alternati da atomi di carbonio metinico (CH)
recanti il radicale -R, che contraddistingue i diversi tipi di α-amminoacidi [14].
Fig. 1.1 – Catena polipeptidica vista come ripetizione di residui di -amminoacidi [14]
Fig. 1.2 – Catena polipeptidica vista come ripetizione di gruppi peptidici alternati da atomi di
carbonio metinico [14]
Da queste figure risulta che ogni singola catena polipeptidica possiede delle ramificazioni,
ovvero delle catene laterali più corte, dovute ai radicali (-R) degli α-amminoacidi concatenati.
Queste ramificazioni a loro volta possono interagire con quelle di catene adiacenti o con quelle
della stessa catena per dare origine rispettivamente a legami di tipo ‘intercatena’ o ‘intracatena’.
Nel caso specifico della cheratina, i principali legami intercatena, legami trasversali che
concorrono a saldare due catene contigue, si distinguono in:
null ponti cistinici;
null ponti salini;
null ponti idrogeno.
Invece i legami intracatena, che collegano due atomi non consecutivi della stessa catena,
comprendono essenzialmente:
null ponti cistinici;
null ponti idrogeno.
La cheratina
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Mentre i legami intercatena favoriscono le zone cristalline, in quanto aumentano e stabilizzano la
coesione macromolecolare, quelli intracatena incrementano la percentuale di zone amorfe,
poiché ostacolano l’avvicinamento e l’allineamento delle catene contigue.
Facendo riferimento alla figura 1.3:
(1) i ponti cistinici sono veri e propri legami chimici in quanto costituiti da legami
covalenti e sono dovuti alla presenza dell’α-amminoacido cistina, pertanto sono
numerosi nella cheratina;
(2) i ponti salini sono legami ionici in quanto di natura elettrostatica che si formano tra
gruppi ionici come l’anione carbossilico (COO
-
) ed il catione ammonico (NH
3
+
). Questi
ponti perciò richiedono per formarsi la concomitante presenza di un radicale anionico su
una catena e di uno cationico su quella adiacente e dipendono dal pH dell’ambiente.
Infatti, al punto isoelettrico (pH = 4.9) esiste una maggiore quantità di questi legami,
perché la proteina esiste come zwitterione (dal tedesco zwitter, ‘ibrido’); quando il pH è
molto acido, o molto basico, i gruppi COO
-
sono protonati o i gruppi NH
3
+
sono
deprotonati, rispettivamente. Perciò la rottura di questi legami provoca il rigonfiamento
della fibra quando la lana è trattata con agenti acidi o alcalini;
(3) i ponti idrogeno sono legami di natura elettrostatica che si formano tra gruppi polari,
quali il carbonile (-CO) e l’ossidrile (-OH). Si possono avere tra due catene contigue
(ponte intercatena) o tra due punti non consecutivi della stessa catena (ponte
intracatena); questi ultimi sono all’origine della struttura ad -elica della cheratina.
Questi legami ad idrogeno influenzano molto le proprietà meccaniche della fibra.
La cheratina
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Fig. 1.3 – Rappresentazione dei principali legami intercatena ed intracatena, che si possono
formare tra i segmenti di due ipotetiche catene proteiche della cheratina [15].
La cheratina è una proteina di natura anfotera, ovvero è in grado di comportarsi, a seconda dei
casi, da acido, cedendo protoni, o da base, acquistando protoni. La formula isoionica, che è in
equilibrio con le formule ioniche acide e basiche, prevale a pH 4,9.
Pertanto la formula ionica acida si avrà a pH < 4,9, mentre la formula ionica basica a pH > 4,9. Il
pH in cui prevale la formula isoionica, o isoelettrica, viene definito ‘punto isoelettrico’: è il
valore di pH che la proteina possiede quando presenta la maggiore stabilità e la minore reattività.
La cheratina
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Fig. 1.4 – Formule di struttura semplificata della cheratina allo stato molecolare (destra) ed allo
stato dipolare (formula isoionica, a sinistra) [14]
Fig. 1.5 – Le tre formule ioniche della cheratina e quindi della lana in equilibrio [14]
1.2.1 Tipi di cheratine
In base alle proprietà chimiche e fisiche, in particolare al contenuto di zolfo, si possono
distinguere due tipi di cheratina: la cheratina ‘soft’ e la cheratina ‘hard’. Il primo tipo è
traslucido, di consistenza plastica e facilmente divisibile in piccole scaglie; se sottoposta a calore
si ritrae, se inserita invece in acqua fredda si idrata gonfiandosi; ha un basso contenuto di zolfo
(< 3%) ed è stata trovata nello strato corneo della pelle dove assume una struttura ad α-elica. Il
secondo tipo è invece compatto, di colore ocra, non divisibile in scaglie e molto resistente sia
all’acqua che al calore; ha un alto contenuto di zolfo (> 3%) ed è stata trovata in capelli, lana,
piume, unghie e corna.
Un’altra classificazione è basata sulla struttura supermolecolare, identificata mediante l’analisi di
diffrazione dei raggi X. Le α-eliche sembrano essere l’elemento principale di tutte le soft
cheratine e delle cheratine hard dei mammiferi; invece altri studi effettuati sulla cheratina delle
piume, mostrarono che circa il 28% della molecola della proteina ha una conformazione β a fogli
pieghettati, mentre la parte rimanente non possiede una struttura secondaria geometricamente
regolare. La struttura β a fogli pieghettati è anche stata osservata nelle cheratine allungate dei
mammiferi [16-19]. Le fibre di lana contengono α-cheratina nel loro stato naturale, ma se
sottoposte a stretching, le eliche si distendono in fogli β pieghettati [20].
La cheratina
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Fig. 1.6 – Strutture molecolari secondarie della cheratina [15]
La struttura dell’α-cheratina prevede uno sviluppo a spirale della catena proteica lungo l’asse
fibroso. La struttura a foglio β pieghettato, stabilizzata da legami idrogeno intercatena, prevede
invece uno sviluppo lineare delle singole catene proteiche e la formazione di una struttura
planare con quelle adiacenti. Tale struttura inoltre viene assunta dalla proteina quando è
sottoposta a tensione, ma è resa instabile dall’ingombro dei gruppi R della cisteina.
I raggi X mostrano che l’α-cheratina è ripiegata in una struttura secondaria elicoidale
destrorotatoria; la stabilizzazione dell’α-elica è da imputare alla possibilità di formare legami
idrogeno intramolecolari tra il gruppo NH di un legame peptidico e il gruppo carbonilico di un
legame peptidico posto 4 residui più avanti. Sebbene la forza di un singolo legame idrogeno
(circa 5 kcal/mole) sia soltanto il 5% della forza dei legami covalenti, quali C-C e C-H, il gran
numero di questi legami idrogeno conferisce all’α-elica un notevole grado di stabilità. Per
formare un angolo giro (360°) dell’elica occorrono teoricamente 3,6 amminoacidi e nella
maggior parte delle strutture la distanza fra due piani successivi, misurata dall’asse centrale, è di
0,54 nm.
Le singole eliche si associano in coppie (dimeri), tramite interazioni idrofobiche e ciascuna
coppia, oltre all’avvolgimento delle eliche, si avvolge ulteriormente su se stessa. A loro volta i
dimeri così formati si associano tra loro, sia trasversalmente che longitudinalmente, tramite ponti
disolfuro tra residui di cisteina di filamenti vicini ed altre interazioni: si formano in questo modo
i protofilamenti. Secondo un grado di organizzazione crescente, si costituiscono successivamente
le protofibrille (due protofilamenti affiancati), le microfibrille (quattro protofibrille affiancate) e
infine le macrofibrille (più microfibrille) [21-24].
La cheratina
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1.3 La lana
La fonte di cheratina scelta in questo lavoro è la lana. Le fibre di lana sono un prodotto diretto
della pelle delle pecore e sono un complesso sistema multicellulare composto da cellule che
differiscono in composizione, morfologia e proprietà.
1.3.1 Composizione del vello
Le fibre all’interno del vello sono distribuite in due strati compenetranti:
1) uno strato più esterno posto ad immediato contatto con l’ambiente e maggiormente
esposto ad agenti atmosferici, formato da fibre lunghe ed ordinarie prodotte in
genere da follicoli primari; sono due i tipi di fibre presenti:
null fibre lunghe, ordinarie e midollate;
null fibre molto grossolane e midollate, formate per lo più da peli morti, mischiati
tra i due strati;
2) uno strato più interno formato da fibre prodotte da follicoli secondari; queste fibre
sono meno lunghe, più fini, arricciate, di buona qualità ed in genere non midollate.
1.3.2 Morfologia della fibra
Si tratta di una fibra tessile animale di natura proteica, formata soprattutto da proteine
cheratiniche. Ha una struttura molto complessa, costituita da due, o più spesso tre, diversi tipi di
aggregati cellulari, distribuiti in modo concentrico in sezione trasversale, che la rendono
scagliosa all’esterno e porosa all’interno.
La lana viene prodotta dall’epidermide degli ovini, o meglio dallo strato basale, vale a dire le
zone di contatto tra l’epidermide (la parte esterna della pelle) ed il derma (zona sottostante), dove
vengono a formarsi i “follicoli piliferi”. Questi sono piccole cavità dovute a rientranze dello
strato basale nel sottostante derma e caratterizzate, nella loro zona più profonda, da un
rigonfiamento costituente il bulbo pilifero, e da una struttura cupolare detta papilla.
La cheratina
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Fig. 1.7 – Sezione longitudinale di un follicolo pilifero primario e dei suoi elementi strutturali
(muscolo erettore, ghiandole sebacee e sudorifere) [21]
In questi alveoli, che possono essere di due tipi, follicoli primari e follicoli secondari, nascono, si
radicano e si sviluppano, come prolungamento del bulbo, le fibre di lana. Queste, secondo il tipo
di follicolo, si possono presentare sotto forma di peli lanosi o di peli setolosi: i follicoli primari
forniscono i peli setolosi, mentre i follicoli secondari quelli lanosi. Pertanto la composizione e la
qualità del vello dipendono dal rapporto tra questi due tipi di follicoli. Nelle razze migliori di
pecore la densità dei primari è nettamente inferiore a quella dei secondari; questo perché i
secondari non possiedono le ghiandole sudorifere, a volte neanche il muscolo erettore e perché la
loro ghiandola sebacea è sempre più piccola. Se il vello registra una maggiore densità dei peli
lanosi, la lana risulta più pregiata. A parità di manto lanoso, la qualità delle fibre dipende dalla
zona del corpo dell’animale dal quale vengono ricavate: le spalle danno le fibre lanose più
pregiate, i fianchi quelle abbastanza pregiate e fini, le altre aree le fibre più irregolari e setolose.
Strutturalmente la lana è una fibra costituita da tre distinti aggregati cellulari, distribuiti in modo
concentrico nella sua sezione trasversale quasi circolare o a volte ellittica:
1. la cuticola o corteccia scagliosa nella parte esterna;
2. il cortex o tronco fibroso nella parte interna mediana;
3. il midollo o cavità porosa nella parte interna centrale.
Le proporzioni tra questi tre elementi morfologici variano secondo la qualità e il tipo di lana. Ad
esempio, nelle lane Merino fini ed extra fini (diametro medio < 30 null m) gli aggregati cellulari
sono soltanto due, in quanto queste fibre mancano del midollo (10% cuticola, 90% cortex).