corso degli anni: ad esempio, la protagonista non è più un’adolescente, bensì una
bambina di otto anni. Ovviamente, essendo racconti per bambini, non ci sono né armi
né assassini, ma solo cose, persone o animali misteriosamente scomparsi che le tre
protagoniste riescono sempre a ritrovare.
Per cercare di colmare il gap esistente fra l’universo di chi scrive (o traduce)
la letteratura per l'infanzia e quello di chi la legge, si è pensato di far leggere la
traduzione di questo giallo ai bambini con cui lavoro al pre-scuola. Si è proceduto
distribuendo un capitolo al giorno, in modo da avere tempo sufficiente per intavolare
la discussione con i bambini subito dopo la lettura.
Il presente lavoro si articola in cinque capitoli. Il primo presenta, in breve, la
storia della letteratura per l’infanzia, e le teorie e i diversi approcci riguardanti la
traduzione di questo tipo di letteratura. Il secondo capitolo presenta la storia della
serie a cui appartiene il testo in inglese preso in esame, gli autori, i personaggi e i
vari cambiamenti che hanno subito nel corso degli anni, le serie televisive, i film e i
videogiochi ispirati alla protagonista. Il terzo presenta l’episodio oggetto del lavoro e
riporta il testo in inglese e la traduzione in italiano, come testo a fronte. Il quarto
spiega le scelte traduttive alla luce delle teorie esaminate nel primo capitolo. Il
quinto, infine, presenta il gruppo di bambini che ha partecipato al lavoro, le loro
osservazioni sul linguaggio del testo in italiano e le eventuali modifiche apportate
alla traduzione.
RINGRAZIAMENTI
Un grazie sentito, innanzitutto, alla mia relatrice, la professoressa Vittoria Lo
Faro, per aver accettato di guidarmi in questo lavoro, molto stimolante ma anche
molto impegnativo, con pazienza e disponibilità.
Ringrazio poi la professoressa Anita Weston, la mia correlatrice, e il
professor Antonio L. Jiménez Molina per la disponibilità e la tempestività dimostrata
nel correggere i riassunti della tesi nelle rispettive lingue straniere (inglese e
spagnolo).
Un grazie particolare a Pietro Valletti: come collega di lavoro, per avermi
aiutato nella fase di discussione con i bambini; come collega di università, per
essermi stato vicino sia nei momenti belli sia in quelli più difficili della mia carriera
universitaria; come amico, perché mi è stato sempre vicino anche al di là
dell’università.
Grazie a tutti i bambini del pre-scuola e ai loro genitori, perché senza di loro
questo lavoro non sarebbe mai stato possibile.
Un ultimo ringraziamento, ma non per questo meno importante, va ai miei
genitori, a Giuseppe, ai moschettieri e a tutti gli altri amici, che, sebbene non abbiano
contribuito direttamente alla realizzazione della tesi, hanno avuto la pazienza di
sopportarmi e la forza di sostenermi sempre, non solo in questi mesi. Spero di
riuscire a restituire loro almeno un quarto dell’affetto che mi dimostrano.
2
1. LA LETTERATURA PER L’INFANZIA
Il termine infanzia, secondo alcuni dizionari della lingua italiana
2
, indica il
periodo della vita umana compreso fra la nascita e la fanciullezza, quindi da 0 a 6
anni; tuttavia, per estensione, può arrivare anche agli 11-12 anni, ossia all’inizio
dell’adolescenza. Pertanto, riferire tale letteratura alle sole fasce infantili è errato: la
letteratura per l’infanzia si occupa di tutta la produzione rivolta ai giovanissimi
3
.
Sebbene si sia tentato più volte di modificare il significante (letteratura giovanile,
letteratura per ragazzi, letteratura per l’infanzia e l’adolescenza) al fine di chiarire il
rapporto fra la letteratura e la definizione della sua utenza, letteratura per l’infanzia
resta l’unico significante per ogni contenuto che lettori minori di età possano gradire
e che, quindi, rientra in una produzione dedicata, senza per questo escludere che la
lettura di una fiaba, di un racconto horror, fantasy o di avventura, possa essere
altrettanto gradita anche da un adulto, come nel caso della saga di Harry Potter di
Joanne Kathleen Rowling, che diverte per la novità e libertà dell’invenzione
fantastica tanto i giovani lettori quanto il pubblico adulto.
La letteratura per l’infanzia possiede una storia che nasce quando ancora non
si parlava di letteratura, e neanche di scrittura, e i suoi insegnamenti si sono trasmessi
attraverso quella oralità primaria che ha dettato le leggi della vita sociale e della
civiltà; l’oralità primaria possiede la caratteristica di non essere accompagnata da
altri segni e, quindi, si distingue da quella che utilizziamo nella società e nella civiltà
del nostro tempo, trasmessaci dai mezzi di comunicazione di massa, in particolare
dai mezzi audiovisivi, e che prende il nome di oralità secondaria. La visibilità
grafica, ma non scrittoria, della letteratura per l’infanzia risale ai segni lasciati dai
nostri più lontani antenati, che hanno saputo rappresentarla tramandandoci immagini
elementari e primordiali delle prime usanze e della nascita delle prime tradizioni. La
nostra storia è racchiusa in narrazioni che si sono trasformate su se stesse e
continuano, ancora oggi, a rinnovarsi riproponendosi, nello stesso tempo, uguali e
diverse. Passando attraverso il rito, il mito, la fiaba e il racconto popolare, si può
ricostruire un percorso che è confluito in una vasta produzione di classici che, oggi,
possono essere considerati il punto di riferimento della letteratura per l’infanzia.
La fiaba e la favola, i due generi letterari per eccellenza rivolti all’infanzia,
nascono dal rito, ossia dall’abitudine, da parte degli anziani e dei saggi, di raccontare
ai più giovani tutto ciò che dovevano apprendere per entrare nell’età adulta. Il rito,
pertanto, trasmetteva la realtà e i fatti accaduti, a cui erano aggiunti anche
avvenimenti di fantasia.
I limiti imposti dall’arte scrittoria del “manoscritto” cominciarono a essere
superati con l’invenzione della stampa, rappresentando il primo passo verso una
diffusione a cui poteva avvicinarsi anche il popolo, aprendo quindi la strada anche a
una più ampia trasmissione della cultura. Da questo momento cominceranno a
nascere alcune forme di letteratura popolare, tra cui anche quella rivolta all’infanzia.
Con il passare dei secoli, l’attenzione e l’approccio a questo tipo di letteratura
cambiano, passando attraverso forme sempre più accessibili e più facilmente fruibili
rispetto all’antico manoscritto; fino agli ultimi decenni del secolo scorso, quando la
2
Testi consultati: Il dizionario De Mauro Paravia on-line, Il Dizionario della lingua italiana di
Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli e Il Grande Dizionario Garzanti della lingua italiana
3
Gianna Marrone, Storia e generi della letteratura per l’infanzia, Armando Editore
3
letteratura per l’infanzia inizia ad arricchirsi di altri prodotti innovativi e diversificati
nelle caratteristiche e nelle modalità di approccio verso l’utenza infantile,
allargandone le conoscenze all’uso di altri strumenti che accompagnano la lettura,
rendendola più piacevole: apparati didattici, software, giochi, dischi, cassette,
videocassette, CD e tutto ciò che possa riuscire a trovare posto all’interno di questo
settore editoriale che si sta ormai espandendo a vista d’occhio. Naturalmente, questo
fenomeno fa emergere un’impellente necessità di fermare l’attenzione su questa
espansione incontrollata e sulla necessità di rinforzare il lato culturale del settore,
soprattutto per cominciare a esaminare la qualità dei prodotti e la valenza educativa
di quelli che si indirizzano in maniera specifica verso i canali dell’istruzione e della
scuola. Se, da un lato, infatti, è apprezzabile l’impegno delle case editrici nel dare
ampio spazio alla letteratura per l’infanzia, dall’altro, è da recriminare la priorità che
esse danno all’aspetto commerciale, privilegiando la veste editoriale, invece dei
contenuti e delle conoscenze dei prodotti che pubblicano.
Il concetto di libro ormai si è distaccato dall’idea classica del tomo e del
volume, rilegato in brossura o cartonato, composto da pagine scritte e solo raramente
illustrate. Il bambino ha infatti bisogno di poter maneggiare un oggetto gradevole. Se
si confrontano i libri per ragazzi stampati nell’Ottocento e quelli prodotti nel
Novecento, si potranno notare numerosi cambiamenti di contenuto e di struttura
tipografica. Per tutto il XIX secolo, la principale preoccupazione era infatti rivolta al
tipo di messaggio che doveva essere indirizzato e che puntava sulla formazione di un
bambino che doveva diventare un buon cittadino: ad esempio, in Cuore di Edmondo
De Amicis (1886), Enrico, il protagonista, è un bambino che racconta nel suo diario
esperienze di vita e di scuola; è molto attento alle regole di comportamento, alla
bontà d’animo, all’importanza del patriottismo e del sacrificio, motivi molto
importanti nell'Italia uscita da poco dalle guerre risorgimentali.
Negli ultimi anni, invece, sono cominciati a emergere altri elementi
sostanziali su cui fermare l’attenzione. Un aspetto molto importante riguarda il
piacere della lettura. In primo luogo, l’oggetto libro deve essere conosciuto fin dalla
prima infanzia, quindi non esattamente come mezzo di lettura, ma come oggetto di
gioco sensoriale, adatto alla manipolazione e al contatto, piacevole a vedersi per
riuscire ad attrarre l’occhio del bambino: un giocattolo che faccia scoprire molto
presto al bambino un oggetto che pian piano si trasformerà, fino a diventare sempre
più simile a quel libro classico dell’editoria del passato. È importante lasciare libero
il bambino di esprimersi, disegnando, colorando, sottolineando le pagine di un libro,
ma bisogna anche fissare dei limiti, come ad esempio non strappare le pagine, in
modo da iniziare a formare la sua coscienza del rispetto delle cose, soprattutto dei
libri in quanto fonti di conoscenza.
Il bisogno di dare al libro una veste editoriale ha contribuito a far nascere il
genere del “libro-game”, un genere che si diffonde, si afferma e si articola in
numerose serie, da cui poi nascono altre nuove proposte, la più interessante delle
quali è quella del role-playing game (gioco di ruolo), rivolto soprattutto a un
pubblico di adolescenti e che attiva un meccanismo di partecipazione diretta del
lettore-giocatore, il quale, avendo a disposizione una serie di informazioni sul
carattere dei personaggi, costruisce una storia, una serie di avventure interamente da
inventare con altri giocatori. Un gioco collettivo, quindi, che oltre a creare un
contatto, almeno iniziale, con la lettura, permette di realizzare, dopo il gioco, la
ricostruzione scritta dello stesso. Un nuovo mezzo di lettura-scrittura che passa
4
attraverso una serie di coinvolgimenti che si sviluppano a seconda del ruolo che
ciascun giocatore si trova ad assumere nel corso del gioco.
Sempre rimanendo in tema di gioco, un interesse degno di attenzione è quello
che oggi è rivolto al gioco interattivo, che offre itinerari da seguire e da risolvere
tramite l’abilità, la destrezza e l’ingegnosità. Ha stretti legami con il libro perché
molto spesso nasce da esso. In questo modo il bambino scopre la possibilità di
lavorare su e con il libro.
Non si possono stabilire dei criteri rigidi su cosa deve o non deve leggere un
bambino, perché è osservando il bambino che si scoprono i generi che rispondono
maggiormente ai suoi bisogni, dato che le richieste e le preferenze possono
modificarsi in relazione ai tempi e alle capacità individuali di ciascun bambino.
Tuttavia, bisogna anche insegnargli che esistono vari tipi di libri e in questo la scuola
gioca un ruolo fondamentale. È vero che i bambini, e soprattutto i ragazzi, hanno un
approccio ostile nei confronti di ciò che è imposto loro, ma i libri che si ricordano
meglio sono proprio quelli letti per la scuola: fare riassunti o rispondere a delle
domande sono esercizi abbastanza noiosi, ma costringono a entrare più
profondamente nel testo, facendo riflessioni, paragoni, esprimendo le proprie
opinioni sui personaggi e portando a una maggiore padronanza di ciò che è stato
letto. Le schede didattiche non sono elementi di distorsione che modificano il
rapporto di apprendimento diretto
4
, bensì aiutano la comprensione; se un libro non
piace, non sarà certo perché alla fine di ogni capitolo ci sono delle domande a cui
rispondere. Tale metodo è utile anche per gli insegnanti, poiché, se il bambino o il
ragazzo esprime sinceramente quello che pensa, può costituire un ulteriore mezzo di
conoscenza della sua personalità, mostrando anche aspetti più privati e nascosti. Lo
stesso meccanismo vale anche per gli adulti: c'è chi si esprime più facilmente
parlando, chi scrivendo, chi disegnando, chi componendo musica, ecc. È giusto
insegnare ai bambini tutte le forme di espressione in modo che poi siano in grado di
scegliere quella che più si addice a loro. Anche le riduzioni, pur essendo
un’interferenza più sostanziale, poiché modificano la trama reale del racconto,
servono a far conoscere dei testi che probabilmente saranno letti di nuovo durante
l’adolescenza o addirittura nell’età adulta.
1.1. SCRIVERE PER L’INFANZIA
Innanzitutto, qual è lo scopo della letteratura per l’infanzia? Un racconto per
bambini può essere scritto per insegnare qualcosa o informare i piccoli lettori,
svolgendo così una funzione strettamente educativa; può avere lo scopo di
intrattenere e divertire il pubblico o può assolvere a entrambe le funzioni
contemporaneamente. Il compito di un libro per l’infanzia cambia in base all’epoca
storica, alla cultura in cui è prodotto e soprattutto in base a come sono considerati i
bambini in quella particolare cultura e in quella particolare epoca.
Si pone un altro problema: come pensano e come immaginano i bambini?
Che cosa amano e che cosa è adatto ai loro gusti? Il grande paradosso della
letteratura per l’infanzia, originale e tradotta, sta nell’impossibilità di far coincidere il
mondo dell’emittente con quello del destinatario; l’adulto comunica al bambino
basandosi sulla sua idea di infanzia, su quello che a suo avviso il bambino è in grado
4
Gianna Marrone, Storia e generi della letteratura per l’infanzia, Armando Editore
5
di capire e di apprezzare, senza sapere se questo coincida o meno con la realtà. In un
certo senso gli adulti decidono che cosa devono leggere i loro figli e possono farlo in
tanti modi diversi: lo fanno l’editore, lo scrittore e il traduttore che si occupano
materialmente dell’oggetto libro, lo fanno il genitore e l’insegnante che scelgono il
libro sugli scaffali della libreria.
Nell’attuale cultura occidentale, intorno alla letteratura per l’infanzia si è
creato un giro d’affari considerevole: sono aumentate le grandi case editrici che
dedicano una o più collane a bambini e ragazzi e ne sono nate di specializzate; si
sono moltiplicati a dismisura i volumi che riempiono gli scaffali di librerie,
biblioteche ed edicole, e insieme a essi è cresciuto il numero di premi letterari
dedicati a libri per ragazzi, sia agli autori dei testi, sia agli autori delle illustrazioni.
Tutto questo è dovuto a una presa di coscienza sempre maggiore dei problemi
specifici dell’infanzia e delle responsabilità pedagogiche ed educative che gli adulti
hanno nei confronti dei più piccoli. Spesso dietro alle pubblicazioni per l’infanzia si
trovano team di esperti che hanno collaborato alla stesura e alla realizzazione,
soprattutto nel caso di testi educativi.
In genere, le modifiche sostanziali operate soprattutto dagli editori e dai
traduttori riguardano ciò che è considerato adatto ai bambini da un punto di vista
morale e cognitivo: si modifica o si taglia una parte di testo perché si pensa che il
bambino non sia in grado di capirla o perché si ritiene moralmente inadeguata al
giovane pubblico. La letteratura per l’infanzia, soprattutto nel passato, era intrisa di
tabù: il tabù del sesso prima di tutto, ma anche quello della morte e delle deiezioni. A
questo proposito Zohar Shavit nel suo articolo Translation of children’s literature
ricorda il caso di Gulliver’s Travels, in cui la scena di Gulliver a Lilliput che spegne
un fuoco urinandoci sopra è stata modificata per adattarla a un pubblico di bambini
5
.
A questo punto, alla letteratura per l’infanzia può essere riconosciuto a tutti
gli effetti il titolo di genere letterario, nel quale si distinguono linee guida,
caratteristiche comuni e discrepanze, determinate soprattutto dall’età del pubblico
con il quale si intende dialogare. Per questo motivo la letteratura per l’infanzia
richiede l’impiego di addetti ai lavori altamente qualificati e specializzati,
consapevoli dei problemi che devono affrontare e, soprattutto, rispettosi della dignità
e dell’intelligenza dei loro piccoli lettori.
Nonostante tutto questo, la letteratura per l’infanzia si trova ancora alla
periferia del sistema letterario: gli autori sono spesso considerati “scrittori di serie
B”, che si sono dedicati a questo ambito perché non sono riusciti a emergere in altri
campi; è trascurata quindi la critica letteraria della letteratura per l'infanzia, quasi che
solo gli specialisti possano (e debbano) interessarsi ai libri per l'infanzia mentre i più
nutrono nei confronti del settore un disinteresse più o meno palese, e ancora più
trascurate sono le traduzioni, che nella maggioranza dei casi non sono neanche
considerate né presentate come tali.
5
Cfr. Z. SHAVIT, Translation of children literature, in G. Lathey (edited by), The translation of
children’s literature. A reader, (Topics in translation, 31) Multilingual Matters LTD, Clevedon
2006, pp. 25 – 40.
6
1.2. TRADURRE PER L’INFANZIA
La letteratura per l’infanzia è da sempre oggetto di riscritture e di traduzioni,
dal momento che il pubblico di lettori al quale si rivolge, nella maggior parte dei
casi, è incapace di leggere un testo scritto in una lingua straniera. Con questo non si
vuol dire che un libro per adulti non necessiti allo stesso modo di traduzione, o che
tutti gli adulti siano in grado di leggere senza problemi lingue diverse dalla loro, ma
senza dubbio quando si tratta di bambini ci sono minori possibilità che questi
conoscano una lingua straniera.
Nonostante il posto di primo piano occupato dalla traduzione nell’ambito
della letteratura per l’infanzia, questa è ancora troppo spesso sottovalutata e
subordinata in ordine di importanza (nonché di difficoltà) alla traduzione letteraria
vera e propria. In questo risente della posizione marginale occupata in generale dalla
letteratura per l’infanzia che, in quanto destinata a una minoranza, stenta a essere
riconosciuta come genere letterario a tutti gli effetti e a vedersi riconoscere una
ricchezza e una complessità che necessitano dell’impiego di traduttori specializzati.
Le traduzioni sono in grado di rivelare ancora più chiaramente degli originali
i principi che si celano dietro alla scrittura di un libro per bambini, rendendo a volte
espliciti meccanismi che altrimenti sarebbero difficili da individuare. Grazie alla
suddetta posizione periferica, i traduttori possono modificare molto più liberamente i
testi di quanto non facciano i traduttori di libri per adulti, a volte perché costretti
dalle regole e dalle ideologie tipiche di una cultura, a volte perché non si sentono in
dovere di rispettare filologicamente il testo di partenza, esigenza che è oggi
generalmente una regola nella traduzione letteraria per adulti, a causa della maggiore
importanza attribuita ad altri fattori, come ad esempio la leggibilità e la scorrevolezza
di un testo, mantenerlo divertente e semplificarlo.
In questo lavoro si cercherà di dimostrare che la letteratura per l’infanzia
presenta numerose problematiche specifiche e diverse da quelle degli altri generi
letterari.
Un traduttore che si accinga ad affrontare un testo per l’infanzia dovrà
procedere in generale come se stesse traducendo un libro per adulti, con la
consapevolezza però che in alcuni casi, soprattutto quando si tratta di problemi
relativi alla specificità culturale di un popolo, dovrà esplicitare o modificare il testo
al fine di reintegrare quelle informazioni che un bambino, data la sua giovane età,
non è detto che conosca. Di questo si sono occupati molti studiosi di traduttologia,
tra i quali Belén González Cascallana nel saggio Translating Cultural Intertextuality
in Children’s Literature
6
. Gli elementi di specificità culturale non riguardano
soltanto il cibo, le abitudini o le unità di misura di una nazione, che possono essere
domesticated oppure no, ma anche il patrimonio culturale e l’immaginario collettivo
di un popolo.
L’abbondanza di dialoghi è abbastanza usuale nella letteratura per l’infanzia,
dal momento che attraverso di essi è possibile stabilire un contatto diretto con i
personaggi, sentire la loro voce, capire qual è il loro stato d’animo e in quale
direzione si sta muovendo l’intreccio. L’attenzione dei bambini è tenuta alta dai
frequenti e rapidi scambi di battute tra i personaggi, nei quali si concentrano anche
6
Cfr. B. G. CASCALLANA, Translating Cultural Intertextuality in Children’s Literature, in J.
Van Coillie — W. P. Verschueren (a cura di), Children’s Literature in Translation. Challenges
and Strategies, St. Jerome Publishing, Manchester 2006, pp. 97- 108.
gli elementi di maggior interesse linguistico: le espressioni idiomatiche, i phrasal
verbs, le onomatopee e le interiezioni, che contribuiscono a dare un sapore
colloquiale e quotidiano al testo.
I phrasal verbs, così come le espressioni idiomatiche, appartengono alla
lingua informale, scritta o parlata. Messi sulla pagina, conferiscono spesso un
carattere orale al testo, che è giusto mantenere nel processo di traduzione
interlinguistica. Si ha la tendenza a pensare che i phrasal verbs siano una peculiarità
della lingua inglese o delle lingue germaniche in generale, e può quindi sorgere il
problema di come comportarsi nel caso in cui si debba tradurre un testo nel quale
questi siano molto numerosi. Raffaele Simone sostiene che nella nostra lingua esiste
una classe di verbi, i verbi sintagmatici, molto prossima ai phrasal verbs inglesi,
come ad esempio buttare giù, fare fuori, venire meno ecc. Egli definisce i verbi
sintagmatici come «sintagmi formati da una testa verbale e da un complemento
costituito da una ‘particella’ (originariamente un avverbio), uniti da una coesione
sintattica di grado elevato, al punto che non si può commutare il VS intero con una
sola delle sue parti»
7
. La differenza sostanziale tra i verbi sintagmatici e i loro
omologhi inglesi sta in un diverso grado di fortuna: mentre i phrasal verbs sono
molto numerosi e riconosciuti da tempo da tutte le grammatiche e dai dizionari, i
verbi sintagmatici italiani sono meno numerosi e quindi meno visibili, pur avendo
un’alta frequenza d’uso. A causa di questo squilibrio numerico, non è sempre facile
sostituire un phrasal verb inglese con un suo equivalente italiano; quando questo non
sia possibile la scelta del traduttore dovrà ricadere su un verbo appartenente a un
registro colloquiale e informale, in modo da ricreare nella traduzione almeno la
funzione pragmatica del verbo inglese, se non si può trasferirne l’aspetto
morfologico. Sia in italiano sia in inglese, la particella aggiunta al verbo intensifica
l’informazione già contenuta nella testa e sarebbe possibile usare il verbo anche da
solo.
Numerosissime sono anche le espressioni idiomatiche che, alla maniera dei
verbi sintagmatici, si comportano come una singola parola: ossia hanno un
significato che non è dato dalla somma delle parole che le compongono, ma che si è
fissato nel corso del tempo. Data la loro forte coesione interna, non è possibile
modificarne l’ordine dei costituenti o inserire elementi nuovi al loro interno
8
.
Anch’esse servono a dare colore al testo, apportandogli un sapore di oralità. La
difficoltà non sta dunque nel tradurre il significato dell’espressione, bensì il suo
valore connotativo, rimanendo fedeli al registro cui appartiene.
“Onomatopea” è un termine di origine greca (da onoma, nome e poièo,
faccio) e indica una formazione linguistica che imita i rumori naturali o artificiali,
oppure i versi degli animali. È un procedimento da sempre molto usato nei fumetti e
oggi molto sfruttato anche nella letteratura per l’infanzia in genere, grazie alla sua
immediatezza e ricchezza espressiva. Le onomatopee pongono però dei problemi di
traduzione, dal momento che i suoni non sono riprodotti allo stesso modo in tutte le
lingue, sebbene questo possa sembrare illogico: un cane che abbaia abbaierà allo
7
R. SIMONE, Verbi sintagmatici in italiano, in C. García et alii (a cura di), Actas do Simposio de
lexicografía actual: elaboración de diccionarios, Santiago de Compostela e A Coruña, 9-11 de
outubro de 1995, Real Accademia Galega, 1995.
8
Cfr. D. A. CRUSE, Lexical Semantics, Cambridge University Press, Cambridge 1986, pp. 37 -
39.
8
stesso modo sia in Italia sia in Inghilterra, eppure, tanto per citare un esempio
classico, per un anglofono il cane fa woof! woof! mentre per noi fa bau! bau!
Purtroppo non esistono dizionari che diano l’esatta corrispondenza dei suoni
onomatopeici tra le diverse lingue e non esistono neanche delle regole precise che ne
fissino l’uso in italiano; nella traduzione dobbiamo perciò basarci sulle nostre
conoscenze pregresse, o magari provare a consultare dei fumetti o dei siti internet,
che spesso però risultano poco attendibili. Le onomatopee sono evidenziate
graficamente attraverso l’uso del tondo maiuscolo o del corsivo.
Il corsivo o il tondo maiuscolo sono usati dagli editori anche per le
interiezioni e per sottolineare alcune parole o frasi pensate dai personaggi, che hanno
una particolare importanza all’interno del testo. Una parola scritta in tondo
maiuscolo dà l’impressione che sia urlata. L’uso di caratteri diversi contribuisce a
dare un’aria di informalità alla pagina, sulla scia della user friendly e delle pagine
web. Il corsivo infatti suggerisce sia qual è l’intonazione esatta con cui pronunciare
una determinata frase, sia qual è l’informazione veramente importante da selezionare
tra le altre. Anche se il testo è pensato per una lettura silenziosa, questi elementi
relativi all’intonazione delle frasi servono a caratterizzare i personaggi e a far udire la
loro voce, in modo da avere l’impressione che esistano realmente: il bambino deve
sentirsi vicino ai protagonisti del libro affinché possa immedesimarsi con loro ed
essere avvinto dalla lettura.
Le interiezioni sono l’unico tipo di categoria lessicale in grado di trasmettere
il significato di un’intera frase e costituiscono da sole un atto linguistico completo.
L’interiezione è dunque «un tipo di voce lessicale che trasmette in modo
convenzionalizzato, depositato nel lessico, un atto linguistico completo»
9
. Le
interiezioni sono usate prevalentemente nel linguaggio parlato informale e
comunicano soprattutto emozioni e sentimenti del parlante. Come le onomatopee, le
interiezioni sono caratterizzate dalla brevità e dall’immediatezza, sia nella
produzione sia nella comprensione, e anch’esse pongono alcuni problemi in fase di
traduzione, perché cambiano sensibilmente da una lingua all’altra. Il traduttore deve
perciò individuare qual è il significato semantico o pragmatico di un’interiezione e
trovarne l’equivalente italiana. A questo scopo può essere utile l’uso di una buona
grammatica, nella quale si classifichino le diverse interiezioni della lingua. Isabella
Poggi, nella Grande grammatica italiana di consultazione, ha curato un capitolo
dedicato alle interiezioni e ha operato una loro classificazione da un punto di vista
pragmatico e da un punto di vista semantico: nel primo caso distingue quattro classi a
seconda del loro valore illocutivo (espositive, esercitive di domanda, esercitive
richiestive di azione, comportative); nel secondo caso individua alcune interiezioni
che si riferiscono allo stato delle conoscenze del parlante e altre che si riferiscono
allo stato di raggiungimento o meno degli scopi del parlante.
Un testo è reso vivace anche dalle diverse varietà stilistiche. Spesso quando si
inserisce un tipo di linguaggio proveniente da un medium ben specifico, ad esempio
dal mondo della pubblicità o dei giornali, se ne ricrea sulla pagina l’aspetto formale.
Il meccanismo di formazione di parole più usato è quello, molto produttivo in
inglese, del compounding. Tali neologismi, se risultano facilmente comprensibili,
non sono altrettanto facilmente traducibili in italiano. Come è noto l’italiano è una
9
I. POGGI, Le interiezioni, in L. Renzi et alii, Grande grammatica italiana di consultazione, Il
Mulino, Bologna 2001, p. 403.
9
lingua più “conservatrice” e meno sintetica dell’inglese e nuove parole si creano più
difficilmente, per cui in molti casi è necessario sciogliere il composto. Nuove parole
sono create anche attraverso l’uso di omofonie.
Le illustrazioni nella letteratura per l’infanzia hanno un’importanza
fondamentale. Solitamente, la loro funzione è di decorare la pagina per renderla più
piacevole al giovane lettore, tuttavia, a volte, contribuiscono anche alla creazione di
significato, soprattutto nei libri per i bambini in età pre-scolare. La lettura delle
illustrazioni è una pratica che si perde nella notte dei tempi; a questo proposito basti
pensare ai graffiti con i quali comunicavano gli uomini primitivi o agli affreschi nelle
nostre chiese cristiane che, come è noto, erano utilizzati per trasmettere al popolo
analfabeta gli insegnamenti dei testi sacri.
I bambini in età scolare non hanno più bisogno di un adulto che legga per
loro, perché sanno leggere, ma le loro conoscenze pregresse sono comunque minori,
pertanto la traduzione deve concentrarsi più sulla comprensibilità del testo di arrivo,
piuttosto che sulla fedeltà al testo di partenza; soprattutto quando si tratta di testi che
presentano degli elementi di specificità culturale, la traduzione deve essere, per dirlo
con Toury (cfr. par. 1.3.5.), una target text oriented translation. I testi per bambini in
età scolare pongono, da un lato, sfide analoghe a quelle dei libri per adulti, a causa
della maggiore complessità semantica e della maggiore lunghezza del testo rispetto ai
testi per bambini in età pre-scolare, ma, dall’altro, sono anche molto più creativi e
permettono al traduttore di liberare la fantasia. Il maggiore bisogno di creatività,
unito alla necessità di far passare alcuni messaggi e alcune informazioni altrimenti
incomprensibili per i giovani lettori, fanno sì che il traduttore di tali testi possa
concedersi maggiori libertà e possa orientare la sua traduzione verso il polo
dell’accettabilità nella lingua di arrivo piuttosto che verso l’adeguatezza e la fedeltà
al testo di partenza.
1.3. APPROCCI TEORICI
1.3.1. GÖTE KLINGBERG
Göte Klingberg (1977, 1986) considera l’intera letteratura per l'infanzia come
un adattamento, in quanto l’autore stesso adatta il testo di partenza alle (reali o
presunte) capacità, conoscenze e preferenze del suo lettore modello. Il grado di
adattamento è “il livello a cui vengono prese in considerazione le loro
caratteristiche” (Puurtinen 1992: 21). Klingberg sostiene che una traduzione
dovrebbe sempre essere “fedele all’originale”, anche nel caso della letteratura per
l’infanzia, e per fare ciò è necessario mantenere nel testo di arrivo lo stesso grado di
adattamento del testo di partenza. Per misurarlo, lo studioso svedese si basa anche
sulla constatazione di differenze di leggibilità, che deve essere spostata
meccanicamente dal testo di partenza a quello di arrivo e che può essere dedotta dalla
lunghezza delle frasi e delle parole. Questo metodo non tiene, tuttavia, conto della
complessità sintattica del testo, minando cosi l’affidabilità dei risultati.
Allo stesso modo, Klingberg disapprova i cambiamenti cronotopici di
modernizzazione e di purificazione e solleva il problema derivante dal contrasto tra
l’adattamento del testo al contesto socioculturale ricevente, rendendolo più familiare
ai bambini, e la volontà di fornire nuove informazioni ai piccoli lettori, stimolandoli
con culture straniere e realtà diverse dalla propria.
10