4
alla composizione ha dato così vita a svariati filoni e sottofiloni musicali caratterizzati da un
generale abbandono dei parametri strutturanti storici della musica occidentale (come il dualismo
melodia/armonia) e a al parallelo sviluppo di una nuova sensibilità timbrica.
Nel contesto della popular music il fenomeno più importante riconducibile al dilagare
delle tecnologie elettroniche è rappresentato da quell’insieme di tendenze musicali che per
convenzione vengono raggruppate sotto l’unica denominazione di “techno”, termine di
riferimento al quale anche io mi atterrò, grande contenitore musicale le cui origini sono da
ricercare nella figura musicalmente sempre più determinante assunta dal disc-jockey nei
contesti sociali legati all’intrattenimento e, in particolare, alle sue provvidenziali doti
interpretative. La techno che descriviamo è un fenomeno “ideale” che corrisponde a un
momento “aurorale” (appena ieri, ieri l’ altro, oggi ancora) e “incontaminato”. È mia intenzione
pertanto escludere dalla trattazione l’analisi delle deviazioni commerciali del fenomeno (una
costante nell’ambito della pop) e la conseguente banalizzazione/standardizzazione dei tratti, per
metterne in evidenza invece il carattere “sottoculturale” (underground) e la sua pregnanza in
termini estetico-sociologici. In questo senso la techno, per la sue caratteristiche di musica per lo
più di natura artigianale e anonima la cui fruizione ideale è collettiva, può venire assimilata a
un’idea di musica elettronica “popolare” (affine cioè alla musica di tradizione orale). Essa
risulta nascere e svilupparsi come “fenomeno trasversale” nel quale è rintracciabile tutta una
storia di influenze e contaminazioni. La mia analisi cercherà di mettere in luce le novità formali
ed estetiche apportate da tali musiche in funzione delle principali modalità di fruizione che gli si
addicono. Nonostante il territorio musicale ascrivibile alla techno sia assai vasto sarà
nondimeno possibile individuare due tendenze principali: da una parte avremo la techno nella
sua essenza originaria, quella cioè di una musica funzionale al ballo (dance music), dall’altra
avremo una sua successiva applicazione nel campo del “puro ascolto” o meglio, come dice
Roberto Agostini, dell’«immersione in ambienti sonori». A livello produttivo ciò che accomuna
oggigiorno le diverse tendenze della techno è un “accesso friendly” alle tecnologie e una
“logica sequenziale” basata su tecniche di automazione: accanto al menzionato sequencer,
grande rilievo acquista allora il campionatore, uno strumento-macchina che si fonda sulle
potenzialità della tecnologia digitale e che si caratterizza per la possibilità di comporre usando
come materiale di base qualsiasi fonte sonora pre-esistente; si può ben capire che un tale
approccio alla composizione spalanchi ad una quantità di possibilità infinita arrivando ad
implicare problematiche d’ordine etico (in termini di “autorità”).
5
Le questioni appena mostrate sono solo alcune dei temi che saranno esposti con maggior
ordine negli ultimi due capitoli di questa ricerca: l’intento è quello di offrire una chiave di
lettura al fenomeno techno partendo da un’analisi delle caratteristiche formali e strutturali della
musica. I primi tre capitoli sono in questo senso preparatori agli ultimi due.
Il primo capitolo verte allora sui principali avvicendamenti tecnologici del secolo scorso e
le loro implicazioni in termini estetici in direzione di una “musica elettronica popolare”. Un
secondo capitolo è dedicato invece a due tra i più importanti precursori riconosciuti della techno
degli anni novanta: da una parte il gruppo tedesco dei Kraftwerk, i primi a comporre una musica
pop di matrice totalmente elettronica, e dall’altra il “musicista-non-musicista” Brian Eno il
quale, oltre ad essere tra i primi musicisti rock ad assumere consapevolmente lo studio di
registrazione come uno strumento, inventa l’“ambient music”, una musica concepita per “essere
abitata”. Il terzo capitolo si concentra sull’evoluzione storica del Disc-Jockey attraverso la
cronistoria di stili e generi essenziali come il dub, l’hip hop, la house, la techno (qui intesa nella
sua accezione storica), l’acid house ecc. Nello stesso capitolo presenterò alcuni passaggi
importanti simboleggianti l’assimilazione e l’affinamento presso le nuove generazioni di
musicisti delle pratiche e delle estetiche nate dai Dj. Orbene, nel quarto capitolo verrà
innanzitutto presentata un’analisi della struttura della techno partendo dalla sua estraneità
rispetto alla tradizionale “forma canzone” caratterizzante la maggior parte del repertorio
“popular”; di qui verranno presentate ed argomentate le principali modalità di produzione e
fruizione di questa musica precedentemente accennate. Nel quinto e ultimo capitolo verranno
quindi proposte le implicazioni estetiche e sociologiche relative a quanto detto al capitolo
quarto.
6
Capitolo 1
POPULAR MUSIC E TECNOLOGIA ELETTRO-ACUSTICA:
PREMESSE A UNA MUSICA ELETTRONICA POPOLARE
1.1 INTRODUZIONE
La musica è senza dubbio una delle pratiche artistiche che ha conosciuto, da un secolo a
questa parte, le trasformazioni tecniche ed estetiche più considerevoli. La popular music in
particolare, la “musica di consumo”, non sarebbe intelligibile se non prendendo con la dovuta
considerazione il fatto che un’evoluzione di tale repertorio sia strettamente connaturata alla
nascita e allo sviluppo di tecnologie sempre più sofisticate. Nel contesto popular la tecnologia
elettronica si rivela essere così un presupposto del fare-musica, un elemento indispensabile
nella definizione di stili e suoni, e un catalizzatore nei cambiamenti musicali. In quanto pre-
condizione essa è dunque al contempo un fattore limitante e, allo stesso tempo, d’apertura, nella
misura in cui agisce secondo percorsi imprevedibili e contraddittori. Se la ricerca tecnologica è
spesso determinata da esigenze di carattere commerciale funzionali a delle pratiche sociali
attuali o previste, i suoi frutti sono nondimeno appropriabili e utilizzabili per altri scopi;
possono presentare cioè utilizzi ed effetti imprevisti, capaci di capovolgere in senso estetico
l’intenzione originaria
1
. Nell’ambito popular sussiste allora una dinamica dialettica tra
innovazione tecnologica da una parte e innovazione musicale dall’altra. L’“estetica pop” sarà
quindi in granparte “decifrabile” alla luce delle tecnologie che la producono. In particolare
l’attenzione deve essere posta su quei processi più o meno lenti di “acculturazione” della
tecnologia stessa presso gli individui. La tecnologia infatti non è solo un susseguirsi di
strumenti sempre più innovativi: essa è anche un“ambiente” nel quale facciamo esperienza della
musica. In questo senso l’insieme degli apparecchi elettronici utilizzati per fare, distribuire e
fruire la musica non sono solo dei mezzi tecnici attraverso i quali “produrre” della musica, essi
sono altrettanto determinanti nella formazione di nuovi valori e nuove estetiche collettive.
1
Cfr. Middleton 2001, pp. 126-7.
7
1.2 L’ACCULTURAZIONE DELLA REGISTRAZIONE
Il secondo dopoguerra ha dato il via nelle società industrializzate occidentali a un
susseguirsi di invenzioni tecnologiche finalizzate innanzitutto a una migliore sistemizzazione
dei canali di diffusione dell’industria musicale. Si colloca lungo questa direttrice l’introduzione
del disco “microsolco” a 33 giri
2
; l’invenzione di questo supporto rappresenta una delle
innovazioni più epocali che la storia della musica abbia mai conosciuto: dalla fine degli anni
cinquanta infatti il disco sotto questo formato si afferma come principale vettore di diffusione
della musica in generale
3
nonché come fattore propulsivo lo sviluppo di generi e stili musicali.
L’affermazione di questo supporto ha origine da una determinata strategia commerciale messa
in piedi per rispondere agli interessi convergenti di grandi industrie di settore
4
. L’impatto di tale
strategia è stato tale da forzare tutti i costruttori di apparecchi nonché l’editoria musicale ad
adattarsi a loro volta alle innovazioni. Come naturale evoluzione di queste sinergie presto le
industrie di settore hanno iniziato a fondersi e/o a diversificare le proprie attività dando vita a
grandi oligopoli (le cosiddette industrie dell’intrattenimento) con interessi tanto nell’elettronica
quanto nella sfera culturale
5
.
Ma le premesse storiche che hanno portato al disco come lo conosciamo oggi si fondano
sui progressi ottenuti nei primi decenni del Novecento in tema di ripresa, incisione e
riproduzione del suono: dal 1920 infatti anche in ambito discografico la tecnologia elettrica
sostituisce quella meccanica attraverso tre dispositivi basati appunto sulla tecnologia elettro-
acustica: il microfono, l’amplificazione elettrica e gli altoparlanti.
Presto, sia nello studio di registrazione che negli spettacoli dal vivo, l’amplificazione
elettrica diviene insostituibile nel rendere le sottigliezze tanto della voce umana quanto dei
suoni strumentali. L’uso del microfono apriva così allo stesso tempo a possibilità performative
inedite agevolando la nascita di nuovi stili esecutivi e infondendo indirettamente nella coscienza
popolare una più raffinata ed esigente sensibilità timbrica: grazie all’amplificazione
2
La velocità di 33 giri (e un terzo) al minuto, congiuntamente a una miniaturizzazione del solco (microsolco appunto),
elevò la durata di ogni facciata a circa 25 minuti.
3
In Die Form der Schallplatte Adorno descrive il disco come “il primo modo di rappresentazione della musica che si
lascia possedere come una cosa”.
4
La Columbia Company prima di commercializzare il nuovo supporto strinse un acccordo con la Philco secondo il
quale questa avrebbe dovuto contemporaneamente commercializzare a un prezzo “popolare” una tecnologia hardware
adatta per la riproduzione.
5
Secondo una logica economicamente ineccepibile, i costruttori di apparecchi hi-fi trovarono il settore fonografico una
ovvia e redditizia diversificazione delle proprie attività, mentre i produttori televisivi e/o cinematografici,
inevitabilmente necessitanti di grandi quantità di musica, realizzarono prontamente i numerosi vantaggi derivanti dal
possedere le proprie record companies.
8
elettroacustica la fruizione musicale si concentra sempre più su aspetti “immateriali” come il
“senso di presenza” di una voce o di uno strumento.
Il microfono, utilizzato inizialmente per esaltare la voce umana e/o gli strumenti acustici
diverrà in seguito, a cominciare dagli anni cinquanta col rock’n’roll, il dispositivo centrale nella
messa a punto del “suono complessivo” di una band. L’uso creativo del microfono attraverso
diverse tecniche artigianali di “prese del suono” (come la cosiddetta “microfonazione multipla”)
rappresenta il primo esempio di utilizzo delle tecnologie elettroacustiche per finalità estetiche.
Con l’introduzione del nastro magnetico poi, ha ufficialmente inizio l’assunzione dello studio di
registrazione a perno attorno al quale vengono plasmati gran parte dei generi popular: i vantaggi
del nastro risiedono nell’economicità e nel facile impiego. Ma più di ogni altra cosa, attraverso
il nastro si rese possibile la registrazione “multitraccia”, un procedimento che consente di
registrare contemporaneamente diversi strumenti in diverse tracce
6
; tra le pratiche più
innovative ad essa connesse vi sarà l’overdubbing (o ‘sovraincisione’) vale a dire una tecnica di
registrazione a più riprese (durante la riproduzione di una o più tracce audio registrate in
precedenza, vengono sovra-registrate una o più nuove tracce) funzionale alla realizzazione di un
“master perfetto”.
Attraverso le multiple combinazioni tra differenti prese del suono e le tecniche di
“missaggio” (ovvero il lavoro di ottimizzazione e fusione delle differenti tracce registrate) il
lavoro in studio diventerà più o meno indirettamente il principale luogo di costruzione e di
evoluzione dei linguaggi della popular music. Si prospetta così un nuovo fare-musica non
riproducibile con altri mezzi, che favorisce implicitamente la conversione a metodi compositivi
non basati sulla scrittura. Come spiega Middleton «il processo di registrazione assembla
l’esecuzione pezzo per pezzo, liberandola dalle restrizioni di tempo, e quindi incoraggia una
produzione demistificata»
7
.
L’adozione del nastro in sede di registrazione ha permesso così di mettere a punto delle
tecniche particolari capaci di modificare, attraverso manipolazione, dei suoni pre-registrati:
molti degli “effetti” nati da esperimenti in sede di missaggio sono divenuti in seguito degli
standard della popular music: in particolare l’eco, il filtraggio e la compressione verranno via
via perfezionati fino a diventare dei dispositivi indispensabili per qualsiasi studio di
6
La «traccia» rappresenta il materiale registrato in un singolo canale di registrazione.Tecniche di registrazione
multitraccia vennero inizialmente adottate dal pop mainstream degli anni cinquanta: qui alle due tracce stereo fornite
dai registratori professionali veniva aggiunta una terza traccia nell’ordine di potenziare e far risaltare la voce nei
confronti dell’orchestra. Cfr. Theberge, Plugged in: technology and popular music, in Frith 2001.
7
Middleton 2001, p. 107.
9
registrazione
8
. Ciò è solo uno dei più eloquenti esempi di come pratiche nate a livello
sperimentale (per non dire accidentale) vengano in seguito velocemente “assorbite” e
istituzionalizzate dall’industria dell’alta tecnologia.
Determinante diverrà allora il ruolo occupato nella storia della popular dal produttore-
tecnico del suono, vale a dire colui il quale, non necessariamente un musicista, è responsabile
diretto della fissazione delle esecuzioni musicali su dei supporti (dischi, cassette, cd ecc.). Col
graduale passaggio verso una produzione musicale sempre più assoggettata alle potenzialità
dello studio la sua figura sarà sempre più determinante in termini estetici. Di fatto, produttori
come Phil Spector, inventore del “muro del suono” (basato su tecniche di “microfonazione
multipla”
9
), Brian Wilson, cantante-compositore dei Beach Boys nonché antesignano di una
«concezione sinfonica» della pop
10
, o Joe Meek, il primo ad «ad usare lo studio di registrazione
come se fosse uno strumento»
11
, sono stati, negli anni sessanta, tra i primi ad avere esplorato
consapevolmente le possibilità estetiche dello studio di registrazione. Lo studio (e in particolare
il momento del missaggio) diviene nelle mani di questi produttori un vero e proprio strumento
espressivo dalle multiple possibilità.
Presto così, nel decennio 1960-1970, si affaccia, inizialmente presso i tecnici del settore e
poi presso il pubblico, il concetto di “sound”, un concetto che si definisce man mano che si
diffonde la consapevolezza che il lavoro di produzione dei dischi (ossia il lavoro in sala di
registrazione) sia determinante nel rendere originale e riconoscibile, e quindi dotato di
un’identità specifica (Tagg parla di “impatto sonoro”), il suono globale di un certo gruppo
12
.
Presso il pubblico dei consumatori tutto questo si tradurrà nella tendenza a desiderare di
8
L’effetto d’eco, il “padre” di tutti gli effetti, fu in origine prodotto dallo scarto fisico esistente nei registratori a bobina
tra la testina di riproduzione e quella di registrazione: fra il segnale reale e quello riprodotto intercorre un certo lasso di
tempo, la cui durata dipende sia dalla distanza tra le testine sia dalla velocità di scorrimento del nastro. Riducendo
l’intervallo a pochi millisecondi e variando la velocità del nastro (ad es. rallentando con un dito la rotazione delle
bobine) si possono ottenere effetti particolari (dovuti alla variazione di fase tra il segnale di fase e quello registrato) detti
di phasing, di flanging o di chorusing,). Cfr. Garzanti, Enciclopedia della musica.
9
In particolare Spector fu il primo ad adottare la tecnica “un microfono per ogni cosa”; secondo Middleton «il muro del
suono invita l’ascoltatore ad immergersi in una massa sonora quasi wagneriana...», in Middleton 2001, p.132.
Poschardt stima Spector come «il primo grande produttore ad avere la visione di un mondo sonoro completo», in
Poschardt 2002, p. 294.
10
Cfr. Scaruffi, Una cronologia della musica rock.
11
Ibidem.
12
Secondo la musicologia specialistica il sound sarebbe riferibile a un insieme di caratteristiche astratte (quindi
difficilmente esprimibili attraverso la notazione tradizionale) estremamente importanti nell’analisi della popular music:
la messa in scena sonora, la tessitura e il timbro. Il concetto di messa in scena sonora indica, secondo Lacasse, “il modo
in cui una fonte sonora registrata si presenta all’ascolto in seguito a qualsiasi trattamento elettronico (riverbero, ritardo
di fase, localizzazione stereofonica, livello sonoro ecc.) o, più semplicemente, come risultato di una precisa tecnica di
presa del suono. Un’altra categoria analitica è quella di tessitura, ossia la relazione di simultaneità presente tra le
diverse componenti (voci, fasce, tracce o altri tipi di strati) che possono essere distinte percettivamente in un istante di
ascolto di un brano musicale: si usa allora un lessico tecnico (tessitura polifonica, eterofonica, ecc.) oppure metaforico
(tessitura fitta, rada, ecc.). Cfr. Agostini-Marconi 2003.
10
ascoltare una canzone “con un certo sound e non altri”. Produrre il “giusto sound” significa
d’altra parte andare al di là della messa a punto di una “condizione ideale d’ascolto”; significa
piuttosto sfruttare (per rispondere a differenti esigenze estetiche) le potenzialità del suono
prodotto e diffuso artificialmente. La natura stessa della musica registrata consente infatti di
cogliere i suoni effettivi in tutta la loro complessità timbrica dando del resto origine a delle
“sensazioni di piacere” corrispondenti a nuove “prese di suono”
13
relative alle caratteristiche
intrinseche dello stesso
14
; se l’utilizzazione di tali potenzialità sarà innanzitutto funzionale a una
logica commerciale finalizzata all’esaltazione del “senso di presenza” della star (amplificando
artificialmente la presenza del cantante così da accrescerne l’aura
15
), le stesse nondimeno
contribuiranno alla frammentazione della popular music in una miriade di generi e stili secondo
le esigenze estetiche più disparate.
La registrazione multitraccia significa altresì l’accesso a un’infinità di possibilità creative
che non richiedono una competenza di esperti: «il nastro può scorrere in avanti, all’indietro, e a
tante velocità. Può essere tagliato e incollato. Inoltre la registrazione è un mezzo in cui
l’improvvisazione può essere incorporata nella composizione, o trasformata in composizione
attraverso applicazioni seguenti»
16
. L’integrazione negli studi di registrazione di procedimenti
ascrivibili alla “musica elettronica” (ossia la produzione e/o il trattamento elettroacustico del
suono) porterà gradualmente a composizioni la cui natura primaria risulta essere la registrazione
(trattasi per così dire di “musiche da studio”): attraverso un uso invasivo degli effetti sonori tali
creazioni sempre più “astratte” tendono allora ad enfatizzare il potere stimolatorio attribuito al
sound
17
. Con la nobilitazione dello studio di registrazione a luogo di composizione vero e
proprio, i dischi, da forma secondaria e derivata, divengono una forma primaria e originale
18
: le
registrazioni evolvono cioè in testi autentici così come il solo posto dove potevano essere
ascoltati certi suoni e performance (essi sono cioè costituiti da “eventi ideali” non riferibili a
una performance reale). Così la Thorton: «I dischi hanno acquisito credibilità artistica
13
Gino Stefani adottò questo termine per descrivere le modalità di appropriazione popolare della musica.
14
Cfr. Theberge, cit., in Frith 2001. Per quanto riguarda la voce umana il piacere sarebbe legato a quella che Barthes
definisce “grana della voce”: «La grana è la materialità del corpo che parla la sua lingua materna (…), è il corpo che
canta, nella mano che scrive, nell’arto che esegue», in R.Barthes, La grana della voce, in L’ovvio e l’ottuso, Einaudi,
Torino, 1985, pp. 257-266.
15
In questo senso potrebbe essere emblematica la stilizzazione, attraverso effetti d’eco, della voce di Elvis Presley nei
suoi primi dischi.
16
C. Cutler, citato in Middleton 2001, p. 107.
17
A livello popular le prime applicazioni in questo senso sono da attribuire alla musica per film, che ha contribuito
notevolmente nel forgiare delle nuove abitudini acustiche.
18
Tanto che sempre più l’aura della musica verrà attribuita ai “dischi nuovi, esclusivi e rari”. Cfr.Thornton 1998, pp.
43-53.
11
sfruttando le loro proprietà specifiche, più che le caratteristiche che imitano il concerto»
19
.
Nell’immaginario collettivo si verifica altresì un’inversione concettuale tra il ruolo della musica
dal vivo da una parte e la musica riprodotta dall’altra: in linea generale il disco diventerà
l’“originale” mentre il concerto si evolve piuttosto in un “esercizio di riproduzione” che sia
capace di dimostrare quanto più possibile la fedeltà all’originale della registrazione. Afferma
Jeff Schwartz:
specialmente nella popular music contemporanea, è molto raro che una registrazione
riproduca una performance secondo uno spazio e un tempo reali, nondimeno viene richiesto ai
musicisti live di replicare questo testo iperreale. Questo è un caso esemplare di una copia che
rimpiazza e cancella l’originale
20
.
Nel versante della musica dal vivo la ricerca tecnologica è andata dunque incontro all’esigenza
di mettere a disposizione dei musicisti delle tecnologie in grado di approssimare il più possibile
l’esibizione dal vivo all’“originale” rappresentato dal disco: la performance pubblica diventa
allora tanto dipendente dalle tecnologie quanto la fase della registrazione in studio e il tecnico
del suono viene ad occupare anche in questo contesto un ruolo fondamentale.
Una tale metamorfosi si è potuta realizzare solo grazie a un contemporaneo “processo di
autenticazione” del media disco, ossia alla progressiva credibilità artistica attribuita alla musica
registrata: tale processo è d’altra parte il risultato di una graduale “socializzazione” delle
modalità di fruizione della musica registrata attraverso determinati “usi privati” della musica da
una parte, e “usi pubblici” dall’altra.
19
Thornton 1998, p. 107.
20
Schwartz 1996, traduzione mia.
12
1.2.1 Usi privati
Il primo passo verso una “socializzazione” di massa della musica registrata è sicuramente
la radiodiffusione. La radio rappresenta fondamentalmente l’intermediario tra industria del
disco e il pubblico di consumatori; essa ha dato la possibilità all'industria di diffondere i
prodotti musicali in modo capillare. Sempre più sofisticate esigenze produttive e di consumo
hanno via via alimentato la tendenza da parte dei produttori a mantenere “all’avanguardia” il
livello della ricerca sulle applicazioni in musica dell’alta tecnologia, all’insegna di una
dialettica tra produzione e fruizione: al di là dei diversi supporti adottati nel tempo (disco-vinile,
poi audiocassetta, compact-disc, mp3), a giocare un ruolo importante nell’esperienza della
popular music ci sono allora le varie forme di “hardware” utilizzate nella riproduzione del
suono. Parallelamente al progresso e alla sofisticazione delle tecniche della registrazione, vi è,
come accennato, un corrispondente miglioramento e diversificazione a livello di sistemi di
riproduzione. Così a partire dagli anni settanta l’industria musicale inizia a compiere grandi
investimenti nello sforzo di costruire degli apparecchi capaci di restituire, in ambiente
domestico, delle condizioni d’ascolto ottimali: trattasi del settore merceologico dell’“alta
fedeltà”. Uno dei primi successi della tecnologia in questo campo è la commercializzazione
della stereofonia, sottoforma di apparati di riproduzione da una parte (l’hi-fi stereo
21
) e supporti
adatti dall’altra (il microsolco stereofonico). Con l’abbassamento graduale dei costi (grazie
all’adozione dei transistor e della microelettronica) l’alta fedeltà diventerà “alla portata di tutti”
e lo stereo “hi-fi” acquista così, nell’ambiente domestico, insieme alla televisione, il posto,
precedentemente occupato dalla radio, di centro dell’intrattenimento domestico. In linea di
massima possiamo dire che la diffusione della stereofonia, grazie ad un’esperienza della musica
di tipo “immersivo”, contribuirà ad accrescere presso la massa una certa competenza in termini
di “sound”, fondamentale questo per la frammentazione del pubblico in diverse “tribù”
accomunate dagli stessi gusti. Con l’avvento poi di nuove soluzioni hardware come lo stereo
portatile, l’autoradio, il walkman ecc., la musica, si “affrancherà” dal contesto casalingo
invadendo la quotidianità nei più svariati contesti e assumendo il valore di vera e propria
“colonna sonora” della vita di ogni giorno
22
.
21
Attraverso due diffusori posti in modo da disegnare con l’ascoltatore un triangolo, la stereofonia permette di ricreare,
in un ambiente domestico, la spazialità dell’orizzonte sonoro originario. Cfr. Garzanti, Enciclopedia della musica.
22
Cfr. Paragrafo 1.4.1.
13
1.2.2 Usi pubblici
Nel processo di autenticazione della musica registrata, affianco a una fruizione di tipo
intimo-personale della musica, un ruolo fondamentale sarà giocato da una fruizione di tipo
“collettiva”. L’origine di un tale approccio alla musica è inizialmente da attribuire alla
diffusione della radio e dei juke-box e a tutte le situazioni pubbliche (bar, negozi, sale
d’aspetto) in cui la musica diventa parte della quotidianità
23
. Sennonché, la vera autenticazione
del nuovo media in contesti pubblici, avverrà nell’ambito della musica da ballo e precisamente
nel momento in cui la musica riprodotta sostituirà la musica suonata dal vivo. Agostini
conferma la centralità di questo settore: «Storicamente è sempre nell’ambito della musica da
ballo che normalmente avviene una massiccia appropriazione delle tecnologie del suono più
moderne in modo autenticamente creativo e senza alcun pregiudizio o problema di
“autenticità”»
24
. La musica da ballo di fatto si troverà al centro di una rivoluzione estetica che
vede come protagonista lo studio di registrazione; come vedremo, prima il dub Jamaicano e poi
la disco-music
25
, saranno infatti i primi esempi di generi musicali direttamente riconducibili al
banco di missaggio; così la Thornton sostiene che l’autenticazione di questi generi così specifici
è potuta avvenire solo con lo sviluppo di nuovi tipi di eventi e ambienti «che hanno ricreato
l’intrattenimento su disco come qualcosa di unico in sé»
26
.
23
Anche qui si rimanda al Paragrafo 1.4.1.
24
Agostini, Techno ed esperienza ambientale, in Salvatore 1998, p.65.
25
Cfr. Capitolo 3.
26
Thornton 1998, p.71.
14
1.3 VERSO UNA MUSICA ELETTRONICA POPOLARE
1.3.1 Dinamiche controculturali
I dischi sono divenuti, dal rock’n’roll in poi, il vettore privilegiato nella creazione delle
“subculture giovanili”: in misure differenti secondo le epoche e i luoghi la “musica pop”
diventerà la base per la coesione di gruppi potenzialmente mondiali accomunati dagli stessi
gusti e valori.
Se da una parte allora l’industria discografica individuerà negli adolescenti un target ideale
di consumatori, dall’altra questi promuoveranno, attraverso il loro “potere d’acquisto”, un
continuo rinnovo dei linguaggi alla ricerca costante di forme autentiche in cui riconoscersi: ciò
succederà regolarmente ogni volta in cui le musiche perdono la loro attualità, ossia quando le
condizioni storico-sociali che le hanno generate cambiano; alla base di quelle che la Thorton
chiama “culture del disco” ci sarebbe dunque un conflitto permanente con i valori delle
generazioni che le precedono. Certe musiche, definite mainstream, sopravvivono “solo” grazie
ai dispositivi mediatici predisposti dall'industria musicale. Perdendo la propria spontaneità, la
musica diviene per le subculture un prodotto reazionario e privo di senso. Scrive Hebdige: «[nel
momento in cui] la musica e le diverse sottoculture che essa sostiene e riproduce assumono
modelli rigidi e identificabili, vengono create nuove sottoculture che richiedono oppure
producono mutamenti corrispondenti nella forma musicale»
27
. L’avvicendamento di stili nel
contesto popular è dunque il risultato di un rapporto dialettico tra innovazione dal basso e
assimilazione e standardizzazione dall’alto; un rapporto che vive grazie a una rigenerazione
instancabile di particolari “nicchie di resistenza” funzionali al rinnovo estetico. Così spiega
Poschardt: «la cultura pop è un prodotto ibrido; essa non ce la fa a decidere se è una
controcultura o una cultura dominante. Più spesso è le due alla volta: essa è lo strumento per
mezzo del quale una cultura dominante nasce da una controcultura»
28
.
Una contrapposizione tra sottocultura e cultura dominante inizierà ad esplicitarsi
chiaramente a partire dagli anni sessanta, ossia quando il rock comincerà ad assumere per le
giovani generazioni delle connotazioni ideologiche in opposizione allo status quo; ciò avviene
precisamente in un periodo caratterizzato da lotte sociali che attraversano tutto il mondo
industrializzato. Ebbene, all’origine di tale fenomeno possiamo individuare il “matrimonio” tra
il nuovo media discografico e i generi musicali afroamericani, i quali, per loro natura, si
27
Hebdige 1990, p. 72, traduzione mia.
28
Poschardt 2002, p. 414, traduzione mia.
15
trovarono ad essere, nel contesto occidentale, quelli più predisposti alla trasmissione attraverso
la registrazione (questo a causa della natura “improvvisativa” così come del carattere
“intonazionale” di queste musiche
29
). Orbene, la “pop-olarizzazione” massiccia degli stilemi
musicali afroamericani è spiegabile con la graduale adozione e condivisione da parte dei
teenager bianchi di alcuni dei valori rappresentati nella musica di questa tradizione come per
esempio il “senso d’alienazione” tipico del repertorio blues ma anche, come dice Salvatore, il
«senso di una maggiore vicinanza alle origini della comunicazione musicale» all’insegna di una
generale valorizzazione del «momento della ricezione e della partecipazione»
30
. Di fatto
dunque, il rock conserverà nel tempo una particolare aura di musica “ribelle” e “alternativa”,
attingendo regolarmente e in diverse misure da un parallelo e “sotterraneo” rinnovamento in
atto nel contesto della musica afroamericana: i neri d’America hanno infatti prodotto, dal
boogie di Jerry Roll Morton in poi, dei differenti tipi di musica in relazione simmetrica al
modificarsi delle loro condizioni storico-sociali. Le musica afroamericana diviene così, per
diverse contingenze, la vera protagonista nell’evoluzione dei linguaggi popular.
1.3.2 Dalle note ai suoni
Grazie alla registrazione il fare-musica passa da un “scrivere le note” a un “registrare dei
suoni”: l’emancipazione dalla scrittura avrebbe così portato a una situazione in cui «gli
esecutori si trasformano in compositori e i compositori in esecutori»
31
. Lo studio di
registrazione in questo senso, con le possibilità di composizione diretta, non mediata,
rappresenta, in termini di accesso alla creazione, un potenziale democratico. Così Middleton: «i
media elettronici unificano, e allo stesso tempo decentrano, il repertorio musicale e la comunità,
e aprono la strada a stili musicali legati all’improvvisazione»
32
. Il “potenziale democratico”
apportato dalla registrazione sarà tanto più tangibile se si pensa al parallelo radicamento presso
le grandi masse di linguaggi e tecniche mutuati dalla musica nero-americana. L’adozione
generalizzata di stilemi d’origine afroamericana corrisponde infatti tanto all’esigenza di una
creazione sempre più immediata (grazie alla libertà dell’improvvisazione e all’adozione di
strutture minimali come il blues), quanto, a livello espressivo, alle necessità di superare,
attraverso per esempio l’uso sistematico delle blue notes, le restrizioni tonali del sistema
maggiore/minore (un sistema questo che sarà sempre più percepito in maniera negativa, ossia
29
Cfr. Middleton 2001.
30
Salvatore 1998, p. 8.
31
C. Cutler citato in Middleton 2001, p. 108.
32
Middleton 2001, p. 114.