MUSICA ELETTRONICA D'ASCOLTO
DALLA TECHNO DI DETROIT ALLA TECHNO INGLESE
INTRODUZIONE
Il presente elaborato cercherà di ricostruire tutti gli elementi propri alla musica
elettronica d'ascolto con un tragitto teso a individuare nella techno di Detroit la
principale fonte ispiratrice. Il progetto indagherà sul collegamento storico e tecnico tra
quella che viene anche definita “techno intelligente”, nata nel panorama musicale
elettronico inglese nei primi anni Novanta, e le sue radici statunitensi risalenti alla
prima metà del decennio precedente. In sostanza il confronto tra techno americana e
techno inglese sarà fatto su tre livelli collegati tra loro. Il primo riguardante l'idea
stessa di techno, il secondo focalizzato sul rapporto strumentazione/musicista o
macchina/uomo, infine, non per importanza, un terzo sugli aspetti formali, compositivi
e ritmici.
In generale la musica elettronica contemporanea si nutre del rapporto simbiotico
uomo/macchina, ovvero musicista/strumentazione, concetto già ampiamente descritto
con diverse modalità espressive dai pionieri elettronici come Edgar Varèse, John Cage,
Karlheinz Stockhausen.
1
È in questo spazio in continuo mutamento che la mia ricerca
si muove, partendo dall'osservazione della musica techno di Detroit come quel
fenomeno che è stato capace, allacciandosi da un lato alla popular music europea a
cavallo tra anni Settanta e Ottanta, dall'altro alle sue radici afroamericane, di profilare
nuovi metodi compositivi col supporto onnipresente dei nuovi strumenti musicali
elettronici e della tecnologia. Sin dalle sue origini la techno ha attivato un percorso di
"cannibalismo musicale" basandosi sulla cultura del remix – quell'atto pratico di
intervento “in diretta” su materiale musicale originale che viene riassemblato in un
1 C. Zingales, Techno, Storia, Dischi, Protagonisti, Tuttle Edizioni, Camucia, 2011, p. 10
1
nuovo prodotto – diventando peculiare alla figura del dj le cui competenze tecniche
sono atte a dare una nuova forma a musiche pre-registrate.
2
In questo modo la techno
nutre se stessa con la prassi del fare musica con altra musica. Tale percorso onnivoro,
reagendo con un ambiente musicale ricco di stimoli come quello inglese di fine anni
Ottanta, ha portato poi – lo vedremo – alla nascita di nuovi generi musicali tra cui la
musica elettronica d'ascolto che si può definire come una versione bianca, europea e
“scientifica” della musica techno di Detroit.
I primi passi della musica elettronica d'ascolto devono essere ricercati nella
serie di album-compilation intitolati Artificial Intellingence pubblicati dalla Warp
Record tra il 1992 e il 1994. Da qui cominciarono il loro personale cammino il duo
Autechre, tramite una dialettica che riconduce direttamente agli albori della techno:
«Come se George Clinton e i Kraftwerk rimanessero chiusi in un ascensore, con un
sequencer come unica distrazione».
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Con questa descrizione Derrick May riassume la
particolare miscela musicale che circolava nelle strade di Detroit alla metà degli anni
'80, tra l'electro funk nero di George Clinton e l'algida musica europea dei Kraftwerk,
tra il groove sincopato del funky e quello meccanico e sintetico dei Kraftwerk. Una
fusione ben visibile nei lavori dei Cybotron e di Model 500, formazioni appartenenti
ancora alla fase embrionale pre-techno, ma che già presentavano i tratti distintivi del
genere: la poliritmia, i riff melodico/ritmici minimali generati da strumenti elettronici
che ne consentivano la ripetizione in loop teoricamente infinita, l'utilizzo di
strumentazione che era in grado di comunicare attraverso appositi dispositivi di
interfacce, il live set visto come momento complementare e organico alla pratica
compositiva e in cui predomina la tecnica del remix, una forma musicale ambivalente
chiusa nelle stampe sul formato vinile 12” e, allo stesso tempo, aperta nelle versioni
remixate live o per il live.
Il progetto comincerà proprio da qui con una panoramica storico-analitica
centrata sul percorso di sviluppo della techno di Detroit, dalla sua prima fase ancorata
ad una forma ancora da considerare chiusa, alla scomparsa di elementi formali durante
2 L. Spaziante, Sociosemiotica del pop, Carocci, Roma, 2007, p. 153
3 S. Reynolds, Energy Flash, viaggio nella cultura rave, Arcana, Roma, 2010, p. 38
2
la pratica dei dj-set. Si passerà, quindi, a esaminare la strumentazione utilizzata nella
techno degli albori partendo da prima dell'avvento del MIDI, per confrontarla con
quella utilizzata dagli Autechre nella fase post-MIDI. In questo modo verrà delineato il
percorso di sviluppo della strumentazione elettronica, che, in primo luogo, entra in un
rapporto dialettico e di reciproca influenza con i metodi di composizione. Gli Autechre
furono capaci di fondere pratiche, metodi e visioni prese direttamente dalla prima fase
della techno di Detroit rinnovando il ruolo del produttore/dj e portandolo a
configurarsi sempre più come produttore/esecutore.
Per portare a termine il nostro scopo verranno ricostruiti degli ipotetici set
strumentali, ipotizzando il tipo di strumentazione utilizzata e le modalità della loro
interfaccia a livello tecnico, primo passo necessario per sviscerare da vicino gli aspetti
riguardanti l'evoluzione tecnologica e il suo rapporto con la pratica della composizione
musicale nelle musiche elettroniche di area popular.
3
Capitolo 1
L A TECHNO DI DETROIT
1.1 PREMESSA
La storia della musica techno ha la sua origine nella città industriale di Detroit –
conosciuta come la Motor City degli Stati Uniti per la presenza delle fabbriche di
automobili
4
– una città all'inizio degli anni Ottanta in piena transizione da centro del
boom industriale a desolata zona post-fordiana. A livello stilistico le sue radici
affondano nella Düsseldorf dei primi anni Settanta, dove i Kraftwerk sfornarono brani
avanguardisti come “Autobahn”, “Trans-Europe Express”, “The Man-Machine”,
destinati ad influenzare miriadi di musicisti. «Erano talmente rigidi da apparire
funky»
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così li definì Carl Graig, pioniere della techno, sottolineando con un paradosso
il devastante impatto della glaciale musica elettronica del quartetto di Düsseldorf sui
giovani afroamericani.
6
Il rigore teutonico e l'allure robotico dei Kraftwerk rappresenta
il raro – se non unico caso – nella storia della popular music in cui una musica
stilisticamente bianca ed europea è la fonte dalla quale attingere. Da “Cosmics Cars”
dei Cybotron all'omaggio ad “Autobahn” di Carl Graig, il sound di Detroit si è
mantenuto coerente con la famosa descrizione di Derrick May: «Come se George
Clinton e i Kraftwerk rimanessero chiusi in un ascensore, con un sequencer come
unica distrazione».
7
I primi prodotti concreti nati da questa miscela di generi (da una parte il funky-
4 A. Benedetti, Mondo Techno, Nuovi Equilibri, Viterbo, 2006, p. 8
5 Reynolds, 2010, p. 37
6 Ancora più precisamente i Kraftwerk influenzarono non solo il sound nato a Detroit, ma anche quello di New
York. Basti osservare la contemporanea nascita dell'electro newyorchese. Ivi.
7 Cfr. nota 3
4
soul nero, dall'altra il pop bianco mitteleuropeo) li abbiamo ad opera di tre giovani
afroamericani middle-class residenti nella cittadina di Belleville: Juan Atkins, Derrick
May e Kevin Saunderson.
8
Juan Atkins fu il primo ad entrare in contatto con una seria
produzione musicale come componente del duo Cybotron, una crasi tra le parole
inglesi “cyborg” ed “electronic”. Insieme a Rick Davis (noto con lo pseudonimo 3070)
conosciuto al College di Ypsilanti nel Michigan,
9
Atkins condivideva il fervore per le
teorie del sociologo e futurologo Alvin Toffler; espresse in La terza ondata (1980),
10
in
cui era esposto il concetto di techno rebel - i ribelli della tecnologia – e di un'idea di
un futuro che sarebbe appartenuto ai techno-rinnegati della società.
11
Il primo singolo dei Cybotron, “Alleys Of Your Mind”, pubblicato nel 1981
dalla loro stessa etichetta Deep Space,
12
ottenne un grosso successo a Detroit vendendo
circa 15.000 copie. I successivi singoli “Cosmic Cars” e “Clear” procurarono ai
Cybotron un contratto discografico con l'etichetta californiana Fantasy che pubblicò il
loro primo album Enter nel 1983.
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La loro produzione è distinta da un primordiale
sound techno che in realtà, a detta di Atkins, suonava bianco ed europeo ma anche
inconfondibilmente legato a Detroit e ai suoi aspetti di città desolata con un nesso
irriducibile con la tecnologia: «I had people come up to me and say they thought
Cybotron was some white guys from Europe. People couldn't believe we were actually
Detroit musicians».
14
Questi primi lavori dal retrogusto “tech-noir” suonano come la
colonna sonora della stessa Detroit indagando gli aspetti contrastanti dello sviluppo
tecnico-industriale.
15
La visione ambivalente della tecnologia insieme alle idee
8 Reynolds, 2010, p. 38
9 Reynolds, 2010, p. 43
10 Attimonelli, Techno: ritmi afrofuturisti, Roma, Meltemi. 2008, p. 57
11 Tematiche che come vedremo successivamente rimarranno intrinseche alla techno.
12 Per un dettaglio del disco in questione: http://www.discogs.com/Cybotron-Alleys-Of-Your-Mind/master/129
13 Reynolds, 2010, p. 44
14 Donuts, http://www.donutsparty.com/aj.html, consultato il 2/04/2012
15 I techno-ribelli intendevano la tecnologia come “un potenziamento delle proprie capacità”; un visione in
netto contrasto con la realtà cittadina, vittima proprio dello sviluppo tecnologico. (cfr. Benedetti, Mondo
Techno, 2006)
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futuristiche
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rimane una costante nei successivi lavori, quali “Techno City”, un 12”
del 1984 ispirato al film Metropolis di Fritz Lang e alla sua visione di una futura
megalopoli divisa in settori privilegiati nella parte superiore della città e zone
sotterrane in cui sono confinati i proletari. Una stretta analogia con il ghetto nero di
Detroit i cui abitanti aspiravano a trasferirsi nel “cybodrome” dove artisti ed
intellettuali risiedevano.
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Dopo l'esperienza Cybotron, terminata nel 1985, Juan Atkins
cominciò a lavorare sotto la pseudonimo Model 500, auto-producendosi con l'etichetta
Metroplex. In questo nuovo progetto entrarono a far parte molti tra i maggiori e i più
prolifici produttori e dj di Detroit, tra cui le due punte di diamante del genere: Derrick
May che pubblicò “Let's Go” nel 1986 e “String of live” dell'anno seguente, e Kevin
Sounderson con il suo “Triangle of Love” del 1986.
Dopo la prima fase contraddistinta dai “Tre di Belleville” si susseguì una
seconda incarnata inizialmente dai dj-produttori Jeff Mills e Mike Banks. I due
fondarono nel 1990 l'etichetta “Underground Resistance” che ben presto diventò
sinonimo delle loro intenzioni di riportare la musica techno alle sue pure origini. In un
periodo, come quello dei primi anni Novanta, contraddistinto dalla diffusione dei rave
in tutta Europa, in cui il termine techno assumeva qualità musicali completamente
diverse dalle sue origini americane, la musica degli UR (così erano conosciuti)
suonava come un inno di battaglia per combattere ogni tentativo di massificazione da
parte delle major.
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In sostanza il loro messaggio “Stay Underground” che si
concretizza in lavori come “Sonic Ep” del 1990, o “Revolution for Change” del 1992,
diventa il punto di riferimento per molti produttori e dj europei che contrari alla
mutazione avvenuta alla techno sul suolo europeo, guardavano agli UR come una
guida. È proprio questo il concetto che, come vedremo, sta alla base dei paladini della
“intelligent techno” che non persero occasione per criticare la scena rave inglese che, a
16 Attimonelli, 2008, cap. 1 Afrofuturismo: black sci-fi e diaspora afroamericana, pagg. 108 - 126
17 A tal proposito Juan Atkins disse: “We're at the forefront here. When the new technology came in, Detroit
collapsed as an industrial city, but Detroit is Techno City: it's getting better, it's coming back around” cit. in
Marc Schuilenburg, http://www.marcschuilenburg.nl/_publications/_articles/Detroit.html, consultato il
5/04/2012
18 Benedetti, 2006, p. 49
6
detta di loro, aveva contaminato il nome della techno con mode e tendenze passeggere.
In precedenza era stato esposto il concetto del rapporto tra la “Motor City” e la
musica che nasce tra le sue strade. Un parallelo tra architettura urbanistica e musica
che ripropone la simbiosi tra città e rumore concettualizzata da Russolo nel 1913 nel
manifesto futurista dell'Arte dei Rumori.
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L'interazione tra macchina, rumore, suono e
architettura sarà alla base di gruppi e personalità artistiche che a partire dagli anni
Settanta rielaboreranno in chiave moderna i concetti del futurismo italiano.
Dall'automa robotico dei Kraftwerk alla musica ambient di Brian Eno, dalle sonorità
industriali degli Einsturzende Neubauten al futurismo tecnologico della techno.
Claudia Attimonelli individua un'analogia tra due concetti espressi nel testo di Russolo
quali l'imitazione e la combinazione dei rumori percepiti
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con due moderne pratiche
alla base delle musica elettronica: rispettivamente il sampling e il remix.
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Per
sampling tecnicamente si intende quel procedimento mediante il quale si prendono dei
frammenti sonori chiamati campioni (samples) prelevati da qualsiasi fonte attraverso il
campionatore un «elettrofono digitale atto a riprodurre suoni registrati»,
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e si
convertono in segnali digitali binari;
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una importante tecnica di composizione
elettronica già presente agli albori della techno attraverso la pratica di riciclaggio di
materiale pre-registrato col remix, prima della diffusione commerciale del
campionatore che cambiò radicalmente l'idea di fare musica, non solo in base a quanto
detto, ma anche con la possibilità di incorporare nelle produzioni suoni non
necessariamente musicali ma provenienti da fonti diverse. Si allarga così il concetto
stesso di musica elettronica: al fianco della sintesi del suono si instaura il concetto di
campionamento di qualsiasi suono/rumore.
19 Attimonelli, 2008, pagg. 51-54
20 Ivi. p. 53
21 Ivi. p. 54
22 F. Della Seta (a cura di), Gli strumenti musicali, Carocci Editore, Roma, 2012, p. 31
23 D. Huber, R. Runstein, Manuale della registrazione sonora, Hoepli, Milano, 1999
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