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Introduzione
Questo lavoro vuole approfittare dell’adempimento accademico per cercare di approfondire un
tema da tempo al centro dei miei interessi.
È impossibile negare di essere circondati da musica, nelle forme e nelle situazioni più disparate,
dove l’esperienza di ascolto può essere volontaria o meno.
Ciò che mi chiedo però è come ognuno di noi si relazioni alla musica: con che livello di attenzione
e senso critico ci approcciamo all’ascolto musicale? In che modo viene definito il gusto musicale
e come viene formato? Che cosa si cela dietro al gusto di ascoltare una canzone? Com’è possibile
che una canzone possa realizzare uno schema compositivo capace di raggiungere tutti, superando
differenze di cultura, linguaggio, categorie estetiche e persino strutture antropologiche diverse?
Queste pagine vorrebbero, almeno in parte, rispondere a questi quesiti.
Non voglio affrontare la relazione tra musica e società adottando un approccio empirico e
economico, vorrei piuttosto analizzare questa tematica da una prospettiva musico-sociologica.
Questa indagine non è rivolta ad esaminare quali canzoni dominino le classifiche e abbiano
riscontro significativo a livello sociale e commerciale, bensì il perché determinati brani e
determinati artisti riescano ad ottenere tale risonanza, diffusione e visibilità mediatica, soprattutto
quando vi sia una grande divergenza tra valori artistici e obiettivi commerciali.
Nel 1967 Theodore W. Adorno pubblica “Introduzione alla Sociologia della Musica” un'opera
nella quale il sociologo della Scuola di Francoforte cerca di chiarire la relazione che sussiste tra
musica, classi sociali e le loro relative ideologie. Per dimostrare lo stretto rapporto che lega questa
triade, Adorno inizia la sua analisi studiando l’ultima maglia della grande catena circolare che è
l’industria musicale, ovvero il fruitore, ponendo particolare attenzione alle modalità con cui questi
ascolta e consuma la musica.
Nonostante Adorno divida la platea degli ascoltatori in sei gruppi, possiamo notare principalmente
due “macro-modalità” di ascolto, ovvero uno critico, attento, concentrato ed uno di tipo
“acusmatico”, ovvero distratto, casual ed acritico, dove la musica diventa un mezzo per alleviare
lo stress della vita quotidiana e cercare piacere individuale.
Dopo aver esaminato la questione dei diversi tipi di ascoltatore potremo passare ad analizzare
l’oggetto dell’ascolto, ovvero la musica stessa, senza far mancare uno sguardo a basi di tecnica e
di teoria musicali per provare a dare una spiegazione all’apparente similarità armonica che molte
canzoni commerciali largamente acclamate sembrano condividere in maniera estesa da almeno tre
decadi, indipendentemente dal genere di riferimento.
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Infine l’ultimo capitolo di questa trattazione verterà sull’industria culturale, ovvero il grande
sistema che crea, produce, riproduce e diffonde l’arte e la musica nella società, oltre che a dettare
le modalità di fruizione e influenzare la creazione del gusto personale.
Gli importanti cambiamenti sociali e le innovazioni tecnologiche del novecento hanno cambiato il
paradigma di ascolto?
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Capitolo primo - I tipi di ascoltatore
1.1 L’ascoltatore esperto
L'ascoltatore esperto è colui che “ascolta in modo perfettamente adeguato”
1
, è capace dunque di
comprendere il messaggio musicale, di intuire le caratteristiche tecniche del brano, la complessità
e le texture degli arrangiamenti e sa interpretare e cogliere armonie e polifonie complesse, secondo
quello che Adorno chiama “ascolto strutturale”
2
. Questo tipo di ascolto è praticabile da chi
possiede un'elevata tecnica e pensa alla musica proprio in termini tecnici e teorici, infatti ad oggi
questo tipo di ascoltatore è limitato per la quasi totalità alla stretta cerchia di musicisti di
professione; ma, come vedremo più avanti, non tutti i musicisti dotati di spiccate abilità tecniche
rientrano in questa tipologia di ascoltatore, anzi, molti tendono o ad opporvisi nel tentativo di
liberarsi dal fardello della tecnica o al contrario imboccando una strada simile al tecnicismo fine a
sé stesso.
L ’obiettivo dell’ascoltatore esperto è trovare una logica musicale all’interno del brano e delle frasi
musicali che lo compongono. Questi nessi logici sono enunciabili tramite l’impiego e la
conoscenza del linguaggio tecnico:
Colui che sa pensare con l’orecchio ha perlopiù presenti i singoli elementi della musica ascoltata in quanto elementi
tecnici, e il nesso significativo gli si disvela sostanzialmente secondo categorie tecniche
3
In altre parole, questo tipo di ascoltatore è in grado di recepire, nell’esatto momento in cui ascolta,
una progressione di accordi, persino prevedere quale potrebbe essere la nota successiva o il
prossimo accordo completando mentalmente una frase musicale; oppure quale tecnica è stata
impiegata sullo strumento come per esempio un “flam” sulle percussioni, uno “slide” o un
“hammer-on” sugli strumenti a corda, quale tecnica vocale sta impiegando il cantante, oltre ad
essere abile a percepire eventuali errori e imprecisioni nei quali sia incorso un musicista dal vivo.
1.2 Il buon ascoltatore
Il buon ascoltatore invece è colui che, a differenza dell'ascoltatore esperto, non riesce a cogliere il
1
Theodore.W. Adorno, Introduzione alla sociologia della musica; Einaudi, Torino 2002
2
Ivi p.7
3
Ibidem
7
messaggio musicale dal punto di vista tecnico, ma riesce comunque a carpirne e percepirne le
caratteristiche espressive.
Nonostante pecchi di conoscenze tecniche avanzate, il buon ascoltatore è in grado di osservare ed
ascoltare la musica utilizzando una buona dose di senso critico e impedendo che il suo gusto
personale si intrometta nel giudizio.
Per operare un parallelismo linguistico, un buon ascoltatore è come qualcuno che sa parlare
correttamente la propria lingua ma non ha ben chiare le regole grammaticali che la costruiscono.
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Con il crescente numero di “consumatori della musica” e con il processo di imborghesimento della
società, questa categoria di ascoltatore va sempre più diminuendo, in quanto gli individui si
polarizzano verso i due estremi: o seguono la strada del consumatore di cultura o diventano
ascoltatori esperti, ovvero come dice Adorno: “di massima oggi un individuo o capisce tutto o non
capisce niente”.
5
Il processo di polarizzazione e l’entrata in gioco dei consumatori di cultura ha
testimonianza sin dai tempi di Chopin nel XIX secolo
6
, dove il compositore polacco denotava una
piccola resistenza di “buoni ascoltatori” tra i ceti aristocratici, mentre nella crescente borghesia
vedeva un interesse sempre maggiore verso le “manifestazioni da circo equestre”
7
, vale a dire uno
show, un’esibizione barocca di virtuosismo talvolta fine a sé stesso, tuttavia in grado di ammaliare
le masse acritiche.
Nella società di oggi è difficile parlare del “buon ascoltatore”, ed è altrettanto difficile trovarne.
Giova ribadirlo, i modelli di ascolto si sono polarizzati agli estremi dello spettro delle tipologie di
ascoltatore ed è raro trovare qualcuno appassionato e dotato di senso critico che allo stesso tempo
non sia un praticante della musica né tantomeno libero dalle logiche commerciali. Chi dimostra di
possedere una competenza musicale discreta ed un senso oggettivo e critico del gusto e dell’arte,
infatti, nella società odierna, tende a sbilanciarsi verso la categoria dell’ascoltatore esperto, mentre
invece chi pecca di queste caratteristiche o le ignora del tutto, ricade nella categoria di consumatore
di cultura o di ascoltatore “per passatempo”.
1.3 Il consumatore di musica
Il consumatore di musica “tipo” secondo Adorno appartiene prevalentemente alla borghesia, e
vede nell'accumulo di conoscenze, reliquie, dischi, partecipazioni ad eventi e concerti oltre che
4
Ivi p.8
5
Ivi, p.9
6
Ibidem
7
Ibidem
8
all'acquisizione di nozioni sugli artisti, un mezzo per accrescere il proprio prestigio sociale. Questa
tipologia di ascoltatore può prevedere un vasto numero di comportamenti e atteggiamenti nei
confronti della musica: Da chi nutre un sincero ed autentico rispetto verso la musica in quanto
bene culturale a chi fa del proprio accumulo e delle proprie conoscenze un vanto volgare capace
di sfociare nello snobbismo o nel feticismo. Una caratteristica tipica che accomuna coloro che
Adorno definisce “consumatori di musica” è la tendenza all’accumulo. Proprio grazie a questa
caratteristica è possibile ipotizzare e isolare la fascia di età in cui si colloca questa tipologia di
ascoltatore. Una fase di accumulo, che ci interessa per definire il consumatore di cultura, si verifica
tendenzialmente dopo i quarant’anni. Nel “Il sistema degli oggetti” il filosofo francese Jean
Baudrillard descrive il collezionismo come un sistema per “addomesticare il tempo e renderlo
docile”.
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Una sorta di anestetico alla famigerata crisi di mezz’età, ora come non mai, figlia dei
nostri tempi e della digitalizzazione, che facilita notevolmente la ricerca di opere ed il loro
collezionismo. Il fattore di maggiore importanza a quel punto diventa nebuloso anche per colui
che sta collezionando e consumando, in quanto il vero obiettivo di ricerca si sposta dal desiderio
di trovare nuova musica all’ossessione di dovere collezionare tutto, dagli ultimi cd, alle versioni
giapponesi degli album e fino ad ogni bootleg, seppure di bassa qualità, curiosità varie sulla vita
professionale e privata dell’artista ed ogni informazione reperibile.
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Benché le conoscenze tecniche di cui dispone gli permettano di distinguere gli strumenti e notarne
le differenze timbriche, oltre che distinguere i motivi e le melodie dei brani, al “consumatore”
mancano tuttavia un vero e proprio spirito critico e una capacità di giudizio articolata e pertinente.
Il consumatore di cultura è anche colui il cui gusto è modellato secondo ciò che viene dettato dalla
dialettica dei media.
Inoltre, questa tipologia di ascoltatore è particolarmente interessata e catturata dal virtuosismo. Un
musicista viene ritenuto valido in funzione di una prodezza tecnica oppure tramite dati
quantificabili, come per esempio dalla quantità di note eseguite in un lasso ridotto di tempo. Poco
importa che il virtuosismo sia contestualizzato in un discorso musicale o che sia funzionale allo
svolgimento del brano. Un esempio lampante può essere la vampata di virtuosi che ha dominato il
panorama rock e metal degli anni ottanta, dove la perizia tecnica e la spettacolarità esecutiva erano
all'ordine del giorno. Di sicuro la padronanza dello strumento, la presenza scenica sul palco e lo
sfoggio di abilità erano senza dubbio una fonte di interesse e stupore per il pubblico, ma
allontanandosi per un istante dal virtuosismo fine a sé stesso, si fatica a stabilire una vera relazione
8
Simon Reynolds, Retromania. Musica, cultura pop e la nostra ossessione per il passato, Roma, Minimum Fax, 2017, p. 136
9
Ivi, pp. 132, 137-138