3
della Reggenza (1737-1765). L'elaborato passa poi ad analizzare prima il
governo del libertario e liberista Pietro Leopoldo - il quale riformò il
sistema fiscale, quello giudiziario, il clero e abolì le medievali Arti e
Corporazioni per lasciare spazio, grazie anche all'istituzione delle Camere di
Commercio, ad una grande ed importante liberalizzazione degli scambi - e,
in seguito, il periodo a cavallo tra la fine del Settecento e l'inizio del XIX
secolo, caratterizzato dal governo di Ferdinando III e dall' altalenante
parentesi dell'invasione napoleonica che vide la rapida successione a
Palazzo Pitti prima della famiglia Borbone ( periodo nel quale il Granducato
divenne Regno) e poi della Granduchessa Elisa Baciocchi, sorella
dell'imperatore d'oltr'alpe. Gli altri due paragrafi, invece, trattano il governo
dell'ultimo granduca Leopoldo II - il quale fu costretto a fuggire il 27 aprile
del 1859 da Firenze dopo anni di lotte e moti patriottici in nome dell'unità
d'Italia e dell'annessione della Toscana prima al Regno di Sardegna della
famiglia Savoia e poi al neonato Regno d'Italia - e, come detto, il contesto
agricolo e marittimo del Granducato; in questo ultimo paragrafo si trovano
anche alcune tabelle che esemplificano l'importanza e la grande attività del
porto labronico il quale per qualche tipologia di merce era il più florido del
Mediterraneo superando anche la regina del mare Marsiglia.
Terminata la descrizione del contesto storico-economico, la tesi passa
quindi ad analizzare nel secondo capitolo la vita musicale del Granducato
nel XVIII e nel XIX secolo, dividendosi in due parti: una trattante la musica
a teatro, settore di grande tradizione fiorentina, e l'altra la musica
strumentale che specialmente nell'Ottocento incontrò, nella capitale toscana,
un grandissimo successo. L'opera in musica, nata proprio a Firenze nel
Seicento, riuscì a tornare in auge con il governo lorenese dopo la
momentanea crisi vissuta con l'ultimo Medici Giangastone; specialmente
con Pietro Leopoldo, il quale più volte legiferò sull'apertura dei teatri e sulla
4
loro organizzazione onde evitare cadute di stile e l'avanzare dell'immoralità,
il melodramma fu nuovamente il protagonista della Firenze in musica,
grazie anche alla creazione di numerosi spazi teatrali (i teatri della Pergola,
del Cocomero, di Santa Maria, di Piazza Vecchia, della Pallacorda, di Porta
Rossa e anche il piccolo teatro di corte della Villa di Poggio a Caiano,
restaurato proprio per volere del Granduca) e alla programmazione di opere
di illustri compositori quali, soltanto per citare alcuni nomi, Cherubini,
Paisiello, Cimarosa, Mengozzi, Salieri...Anche nell' Ottocento, comunque,
nonostante le recensioni dei sempre più numerosi giornali specializzati
dell'epoca sembrino disegnare una situazione monopolizzata, nel bene e nel
male, dalle coraggiose e patriottiche opere di Giuseppe Verdi (che esordì in
Toscana a Lucca nel settembre del 1843 con I Lombardi alla prima
crociata), si alternarono altri grandi autori tra i quali spiccano i nomi di
Donizetti (esordiente nel 1828 con il grande fiasco de L'Ajo nell'imbarazzo)
e di Rossini.
Per quanto riguarda la musica strumentale la tesi dimostra come questa
fosse attiva a Firenze sia nel Settecento, grazie all'importazione di strumenti
a fiato e a percussione dall'Austria e alla creazione di importanti
associazioni come la Banda della Real Guardia Palatina, sia nell'Ottocento
quando i fiorentini fecero la conoscenza delle musiche di illustri
compositori come Haydn e Beethoven attraverso l'attività di moltissimi
spazi ricreativi, "auditorium" e società musicali; negli anni '20, infatti,
Ferdinando III rifondò la Cappella Musicale, già creata nel 1539 da Cosimo
I de'Medici, nel 1825 venne creata la "Società Filarmonica Fiorentina", che
esordì al Teatro Goldoni con La creazione di Haydn, nel 1849 la già
esistente Scuola Musicale divenne Istituto Musicale, nel 1860 lo stesso
venne insignito dell'appellativo regio e nel 1860, infine, venne creata la
"Società del Quartetto" promossa dalla Accademia delle Belle Arti,
5
denominata da pochi mesi Accademia Cherubini. Inoltre, oltre alle citate
associazioni musicali, la musica poteva essere ascoltata nelle chiese (molto
attive per quanto riguarda la musica sacra erano S.S Annunziata, S. Maria
del Carmine e S. Gaetano), nei salotti privati (come quelli di Alessandro
Kraus e di Giovacchino Giovacchini), nelle sale Ducci, Brizzi, dell'Arte, del
Buon Umore e infine nei teatri che, specialmente quello della Pergola,
davano l'opportunità di assistere ai saggi degli allievi delle scuole e alle
esibizioni di importanti virtuosi (i più famosi che si esibirono a Firenze
furono i fratelli Spohr, il violinista Paganini, l'arpista Luigia Pascal e i
fratelli Gambati suonatori di tromba).
Dopo questi primi due capitoli introduttivi si giunge all'ultima parte della
tesi che mira ad analizzare, dopo il primo breve paragrafo sulla storia della
famiglia del violino dal Quattrocento fino al XIX secolo, la produzione
artigianale di strumenti musicali in Toscana e l'analisi di tredici strumenti di
liuteria, costruiti nel periodo lorenese da liutai toscani, presenti nella
collezione del Conservatorio L. Cherubini di Firenze. Il paragrafo sulle
botteghe di "strumentai" toscani ha essenzialmente l'obiettivo di dimostrare
ed esemplificare che anche nella regione presa in considerazione questa
branca dell'artigianato fu molto attiva e che quindi la storia degli strumenti
musicali della Toscana non è soltanto legata alle vicende della collezione
granducale prima medicea e poi lorenese; si dedurrà inoltre che per quanto
riguarda la liuteria la regione può vantare anche una vera e propria scuola
(già delineata nel tardo Ottocento dall'organologo Valdrighi ma inserita, nel
panorama italiano, tra quelle secondarie) con liutai anche molto ricercati che
si concentravano innanzitutto a Firenze e, in secondo luogo, a Livorno e a
Siena. Due schemi riassuntivi, alla fine del paragrafo, elencano infatti le
decine e decine di liutai attivi nel periodo preso in considerazione,
6
dimostrando che specialmente la seconda metà del Settecento fu un periodo
molto florido per questo campo produttivo.
L'ultimo paragrafo è composto, invece, tra tredici schede che analizzano
gli strumenti ad arco toscani della collezione del Conservatorio di Firenze e
dei quali tre sono attualmente esposti anche al Museo degli Strumenti
Musicali della Galleria dell'Accademia del capoluogo toscano; ciascuna
scheda, oltre a mostrare le immagini degli strumenti (sette violini, due viole,
un violoncello e tre contrabbassi), fornisce notizie sul costruttore e una
descrizione fisica dell'opera, oltre che la documentazione storica su di essa;
si vengono così a delineare anche curiosi aneddoti legati ad alcuni esemplari
della collezione come il mistero del falso Stradivari rappresentato dal
violoncello di Gasparo Piattellini del 1780 (inv. Cherubini 1988/38), gli
errori di lettura da parte di illustri organologi come Vannes e Bargagna
dell'etichetta del contrabbasso Luigi Piattellini (inv. Cherubini 1988/42) che
hanno scambiato il liutaio fiorentino con un fantomatico Alvisio Piattellini,
e l'enigma del violino (inv. Cherubini 1988/10), portante un'etichetta di
Nicolò Amati, attribuito dal 1861 al livornese Antonio Gragnani.
Il lavoro per i primi due capitoli è cominciato innanzitutto ricercando
fonti più che mai attendibili col fine di realizzare un sunto storico-musicale
che riuscisse, in poche pagine, a descrivere la situazione del Granducato di
Toscana nell'arco di quasi centocinquanta anni. Per l'ultima parte, invece, il
lavoro di ricerca è stato ancora più approfondito e difficile; si è dovuto
ricorrere infatti a fonti anche non molto recenti per risalire non solo alla
storia della famiglia del violino (facilmente rintracciabile nei saggi citati in
bibliografia di Sachs, Baines, Valdrighi e De Piccolellis), ma anche alle
vicende dei liutai e degli strumenti di liuteria toscani del Settecento e
dell'Ottocento. A riguardo, oltre alla bibliografia desunta dai recenti
7
cataloghi del Museo di Strumenti Musicali (quelli del 1999 e del 2001) sono
stati utili i cataloghi della collezione Cherubini del 1980, quello di Gai del
1969 e addirittura quello del 1911 di Leto Bargagna; inoltre per rintracciare
i nomi dei liutai si sono utilizzati i dizionari, di inestimabile valore per
l'argomento, degli organologi Valdrighi (1884), De Piccolellis (1885),
Lütgendorff (1913-1922) e Vannes (1951-1959).
Concludendo, il lavoro, che alla fine è riuscito ad inquadrare la
produzione artigianale di strumenti ad arco della Toscana nel contesto
storico e musicale del Granducato lorenese, non si è limitato soltanto alla
stesura del testo qui presente; questo, infatti, è corredato da un cd rom
contenente un supporto multimediale che, con schermate interattive, riesce a
fondere tra loro i vari capitoli attraverso l'utilizzazione di immagini, video e
suoni inerenti l'argomento trattato.
8
I capitolo
La Toscana lorenese.
Storia, economia e società
a) La fine della dinastia medicea e il granducato di Francesco
Stefano di Lorena
Il 1700 è un secolo molto importante per il Granducato di Toscana,
determinante per il suo futuro, dal momento che segna la definitiva caduta
della dinastia medicea e il passaggio dello Stato nelle mani della famiglia
Lorena, strettamente legata agli Asburgo imperatori d'Austria.
La casata dei Medici, che da secoli stava governando l'intero territorio
granducale, è in via d'estinzione; gli unici tre figli di Cosimo III,
Ferdinando, Giangastone e Anna Maria Luisa
1
saranno gli ultimi esponenti,
più o meno gloriosi ma in tutti i casi inutili ai fini politici ed economici del
Granducato, della nobile famiglia fiorentina. Solamente Giangastone, a
causa della prematura morte del Granprincipe primogenito Ferdinando,
riesce infatti ad arrivare al trono nel 1723 e ad assistere impotente, rinchiuso
volontariamente per molti anni (se non in rare eccezioni) all'interno delle
sue stanze di Palazzo Pitti
2
, al tragico succedersi degli eventi che lo
obbligarono ad accettare le decisioni e le trattative delle nazioni europee
riguardo al futuro del glorioso Granducato di Toscana.
1
Nati rispettivamente nel 1663, nel 1671 e nel 1667
2
Giangastone non voleva che vi entrassero i servitori per pulire. Visse per anni tra la
sporcizia e l'alcool, tanto è vero che ,quando nei giorni della sua morte, nel 1737, la sorella
Anna Maria Luisa ebbe il permesso di entrarvì, trovò la camera in situazioni igieniche più
che precarie. Cit. in ADRIANI, 1980, cit., pag 167
9
Gaspar van Wittel, Veduta di Firenze dal Pignone, 1690-1695, Firenze, Galleria
Palatina
Nel 1735 il Granducato fu così dato agli Asburgo che a loro volta lo
affidarono ai Lorena e, in particolare, a Francesco Stefano; il trattato fu
firmato nel 1738, un anno dopo la morte di Giangastone de' Medici.
In realtà il periodo tra il 1738 e il 1765 fu per la Toscana un periodo
di transizione e di incertezza; il nuovo granduca Francesco Stefano infatti
non si fece quasi mai vedere a Firenze (eccezion fatta per i tre mesi di
viaggio di nozze con la moglie Maria Teresa tra il gennaio e l'aprile del
1738). L'arrivo dei Lorena provocò inoltre effetti devastanti specialmente
dal punto di vista artistico; in pochi anni, per coprire le spese del
trasferimento da Vienna a Firenze, molti oggetti d'arte e gioielli furono
venduti all'incanto, trasportati in Austria e dispersi. Da questi furono però
salvati tutti quelli medicei che Anna Maria Luisa de' Medici fece rientrare
nel Patto di Famiglia, stipulato nel 1737 proprio con Vienna.
10
Dal punto di vista politico il Granducato
rimase pressoché organizzato come nei secoli
precedenti (con un Senato succube e
sottomesso ai voleri del principe), con la sola
eccezione dell'elezione di nuove cariche
ministeriali
3
, sempre però all'interno della
classe nobile vicina alla famiglia Lorena e ai
due "governatori", nominati per sopperire
all'assenza di Francesco, Marco de Craon e
Emanuele de Richecourt.
I due luogotenenti stilarono immediatamente un resoconto riguardo la
situazione economico-politica del Granducato:
<<E' incontestabile che l'amministrazione del governo in Toscana è
difettosa in tutte le sue parti, che non c'è un solo settore che non richieda
un pronto rimedio, tanto nell'interesse del sovrano che in quello del
popolo. La giustizia non è affatto amministrata dal gran numero di
tribunali i quali per esistere sono costretti a tirare in lungo i processi che
considerano come fattorie. Nelle finanze il disordine non è meno
grande...Il commercio è diminuito considerevolmente, nonostante quello
che si proclama...la manifatture sono cadute in Firenze perché le imposte
sui generi necessari alla vita sono così alte , che i lavoratori non possono
sopportarle se non vendendo le merci prodotte nel paese più care di quel
che costino...>>
4
3
Il Ministero delle Finanze fu affidato al de Richecourt, quello della Guerra a Carlo
Rinuccini; la giustizia e l'amministrazione ad una Consulta speciale. Cit. in VANNUCCI,
1998, cit., pag. 42
4
Cit. in DIAZ, 1989, cit. pp. 15-17
Francesco Stefano di Lorena
11
Da questo estratto possiamo capire come le condizioni dello Stato
fossero miserrime e come la popolazione più povera non riuscisse neanche a
procurarsi i più basilari mezzi di sostentamento.
Stemma della famiglia Lorena-Asburgo, Prato, Palazzo Datini
Le varie città esistevano, da questo punto di vista, come entità a sé stanti.
Siena e Firenze coabitavano senza interferire tra loro, Arezzo non sembrò
mai interessata a collaborare economicamente con la capitale, Livorno stava
sempre più sviluppando il proprio porto e i propri interessi commerciali;
l'unico caso di reale interazione con Firenze era quello di Pisa che, grazie
anche alla secolare amicizia con la città fiorentina, si era lasciata
maggiormente inglobare nell'orbita granducale. Per di più erano ancora in
vigore leggi ormai obsolete che obbligavano l'approvazione granducale per
ogni nuova attività industriale, artigianale o agricola promossa da una città
"vassalla"e che istituivano e avevano istituito centinaia di posti di dogana e
di polizia di frontiera rendendo sempre più complicato ogni traffico
12
commerciale sia all'interno dello Stato, sia con gli altri Stati italici o europei
che fossero.
Il breve estratto che segue, firmato da Giovan Battista Paolini, descrive
perfettamente la difficile situazione fiscale che vigeva nel XVIII secolo in
Toscana:
<<...nella metropoli dello Stato si vedeva eretto un tribunale supremo,
che regolava l'annona pubblica, e il commercio esterno del grano e
dell'olio...I diritti di transito, i pedaggi , le gabelle erano gravose e
frequenti...>>
5
I consiglieri di Francesco Stefano decisero allora di dare il via ad una
precisa politica riformistica; i vecchi dirigenti e il vecchio apparato militare
mediceo vennero licenziati e smantellati; i poteri della Chiesa nel campo
giudiziario limitati, i beni patrimoniali del clero furono sequestrati e
venduti a privati; infine si cancellò perfino la secolare neutralità militare
appoggiando nel 1756 l'Austria nel conflitto contro l'eterna rivale Prussia.
Si imboccò quindi fermamente la via di nuove leggi in campo giuridico,
in quello economico-civile e infine in campo politico-geografico. Queste
prime scelte politico-amministrative furono in parte un completo fallimento;
lo Stato della Chiesa si ribellò ai voleri lorenesi, e il popolo, suddiviso nel
partito dei Lupi (favorevole ai Lorena) e in quello degli Orsi (pro Spagna e
Carlo III di Borbone)
6
, cominciò a mugugnare per la disoccupazione, per le
ingenti perdite umane subite durante la guerra austro-prussiana
7
e per la
5
Giovan Battista Paolini. Cit. in ADRIANI, 1980, cit. , pag. 175
6
Carlo III di Borbone, inizialmente predestinato al trono di Toscana e titolare di quello
napoletano, mostrava un grande interesse di espansione territoriale verso nord e quindi
anche verso quella Toscana che lo aveva tanto amato durante la sua fugace visita del 1732.
7
Su 4000 soldati toscani inviati ne tornarono solamente 200. Cit. in VANNUCCI, 1998, cit.,
pag. 50