Introduzione
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INTRODUZIONE
Un aspetto che si evince e notiamo spesso nella nostra società è l’incapacità di
dialogare, di ascoltare, di comunicare apertamente con l’altro. Ormai ogni giorno si
comunica attraverso i mezzi tecnici e multimediali che il progresso ci mette a
disposizione, vedi cellulari, chat, facebook, e va scomparendo sempre più
l’interazione fisica con l’altro e la comunicazione verbale. Il continuo mordi e fuggi,
la frenesia della nostra vita con i mille impegni, soprattutto dei giovani ( scuola,
piscina, palestra) non permette di fermarsi un attimo per riflettere e per ascoltare se
stessi, gli altri e confrontarsi con il mondo che ci circonda. L’incapacità di dialogo
nasce soprattutto dall’incapacità di ascolto. Quante volte siamo accanto a delle
persone che ci parlano, sentiamo ciò che dicono, ma non le ascoltiamo, in realtà non
riusciamo a comunicare, cioè non si crea quella relazione tra emittente e destinatario.
Quante volte siamo vittime dei messaggi subliminali, che inconsciamente ci portano
a prendere decisioni su acquisti, influenzano su scelte, e ancor peggio su stili di vita
senza che se ne abbia la piena consapevolezza.
In tutto questo caos multimediale all’interno della società, tra le forme di
comunicazione non verbale, la musica riveste un ruolo ben diverso. Notevoli sono i
messaggi che vengono comunicati attraverso la musica, quante canzoni hanno
espresso pensieri, idee, verità anche sulla realtà sociale, e solo in questo contesto si
riesce in piena libertà e con la propria creatività ad esprimere il proprio pensiero e le
proprie emozioni.
Spesso la musica rappresenta un elemento importante nella vita di ciascuno di noi,
soprattutto dei giovani, molti dei quali non riuscirebbero a farne a meno, la
definiscono “la colonna sonora della loro vita”. Il rapporto che c’è oggi tra i giovani
e la musica lo possiamo paragonare a ciò che è accaduto negli anni ‘50 con la nascita
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della musica rock. Fino al primo dopoguerra la musica pop rifletteva i valori della
società piccolo-borghese, essa era considerata semplicemente un mezzo
commerciale, l’obiettivo era di farsi notare dagli ambienti che contavano, sempre per
scopi ben definiti. Negli anni ’50 si sente poi la necessità di creare un nuovo genere
di musica, che possa soddisfare l’esigenza dell’individuo più che della società. Un
nuovo genere di musica con cui cambia il rapporto tra artista e pubblico, un rapporto
che adesso si basa sulla comunicazione diretta dei pensieri, dei disagi, del malessere
sociale. Nasce così il rock’n roll, un genere di musica che esce fuori dagli schemi, è
la musica dei giovani, in cui si esprime il conflitto generazionale, è un genere da cui
sono esclusi gli adulti. La musica diventa il luogo in cui gli adolescenti si rifugiano,
quasi per voler consolare il proprio malessere sociale, un mezzo per comunicare ed
esprimere se stessi; e il rock, in particolare, diventa la colonna sonora della vita
quotidiana generando anche comportamenti imitativi all’interno del gruppo dei pari.
Come si può bene vedere, nonostante i cinquanta anni che ci dividono dalla nascita
del rock, l’importanza che ha la musica, e il suo significato nella vita di ciascuno,
sono rimasti sempre uguali. Ogni genere di musica naturalmente trasmette qualcosa
di diverso, e in maniera diversa in ognuno di noi, ma resta alla base il fatto che sia
sempre un mezzo di comunicazione, e soprattutto gli adolescenti la utilizzano come
mezzo per ritrovare se stessi ed esprimere la propria identità.
Partendo da questo assunto, e dalla constatazione dell’esistenza di un legame tra
musica e comunicazione, ho deciso di scegliere questo argomento per la mia tesi,
proprio per dimostrare l’importanza della musica in ambito espressivo,
comunicativo, e didattico.
L’elaborazione di questa tesi è a conclusione di un corso di formazione docenti di II
livello, denominato BI.FOR.DOC: esso nasce con lo scopo di formare didatticamente
e pedagogicamente dei futuri docenti per insegnare strumento nelle scuole medie ad
indirizzo musicale. I BI.FOR.DOC sono nati con il D.M. 137 del 28 settembre 2007
che, ridefinendo i vecchi corsi sperimentali di didattica della musica, istituiva un
percorso “ordinario” per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento della
strumento musicale nella scuola media, dopo i vari corsi “riservati” che si sono
succeduti dall’istituzione della classe di concorso A077 ad oggi. Da quando il
decreto ministeriale 201 del 6 Agosto 1999 aveva istituito la classe di concorso 77/A,
ponendo fine alla sperimentazione delle scuola medie (iniziata nell’anno scolastico
1975/1976), non era infatti mai esistito un percorso ordinario che permettesse agli
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strumentisti di poter acquisire le necessarie competenze per l’insegnamento dello
strumento nelle scuole secondarie di primo grado. Tali bienni di secondo livello,
prevedono lo studio di discipline finalizzate alla formazione professionale degli
insegnanti, facendo specifico riferimento alle Scienze dell’educazione e
all’approfondimento metodologico e didattico delle aree disciplinari di riferimento,
nonché ad attività di tirocinio didattico.
L’istituzione del BI.FOR.DOC costituisce un importante passo verso il rinnovamento
dell’attività di insegnamento, attività che da sempre poneva i presupposti unicamente
sulla preparazione disciplinare dei docenti e che intendeva la relazione tra
insegnamento e apprendimento secondo una logica lineare, unidirezionale;
l’apprendimento era considerato il risultato dell’insegnamento, la sua variabile
dipendente. In realtà l’insegnare e l’apprendere si rincorrono e si intrecciano in un
unico processo, chi insegna impara molto anche dai propri allievi e non è possibile
insegnare se non si conoscono i processi dell’apprendimento.
Un aspetto importante in campo musicale, a mio avviso, riguarda il fatto che spesso
si crede che per saper insegnare bene bisogna sapere suonare bene, come se fosse
esclusiva solo dei grandi virtuosi. Ovviamente un minimo di competenze musicali
bisogna averle, difatti anche per entrare nel corso di formazione docenti è stato
necessario passare delle prove, di cui una pratica con lo strumento. Ma, come dicevo
prima, saper suonare bene non basta, bisogna avere una formazione didattica e
acquisire i metodi idonei per un buon insegnamento, che partano dall’allievo, dal suo
essere, dal suo vissuto, dai suoi prerequisiti, per poi programmare le attività
escludendo uno stretto nozionismo. Infatti, quante volte si sente parlare di eccellenti
docenti musicisti che non riescono a trasmettere didatticamente il loro sapere, perchè
manca quasi sempre la conoscenza di quelle nozioni metodologiche, pedagogiche,
didattiche, e soprattutto psicologiche, che possono aiutarli a organizzare al meglio le
proprie lezioni e a instaurare un rapporto empatico con l’allievo.
Sopratutto nella scuola media, dove tutto avviene per gioco, dove si sceglie uno
strumento musicale quasi per caso, è impensabile prefiggersi come unico obiettivo
quello di formare dei bravi musicisti. Se ciò dovesse avvenire, ben venga, in virtù del
fatto che gli stessi programmi ministeriali, allegato A del D.M. 201 del 1999, dicono
espressamente che “alla fine del triennio gli allievi dovranno sapere eseguire con
consapevolezza brani solistici e d’insieme appartenenti a diversi generi, epoche, stili,
di difficoltà tecnica adeguata al percorso compiuto”. Ma, non tutti riusciranno a
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raggiungere gli stessi obiettivi e le stesse competenze, quindi sarà necessario
utilizzare strategie didattiche ben diverse, adatte ad ogni allievo.
La soddisfazione più grande per un insegnante di musica nella scuola media sarà
comunque quella di riuscire a motivare i ragazzi, di suscitare in loro l’amore per la
musica, ed aumentare la loro passione, e il piacere che si prova suonando uno
strumento. E tutto questo potrà avvenire usando metodi euristici, dove sia il ragazzo
protagonista del proprio sapere; sarà necessario programmare attività creative,
divertenti, che incuriosiscano il giovane. Insomma, la lezione non deve essere per
niente noiosa, basata solo su studio tecnico e teoria, ma deve essere una lezione
partecipativa dove la maggior parte dell’apprendimento si realizza dall’esplorazione
diretta dell’allievo sullo strumento.
La musica, e l’apprendimento dello strumento, devono essere mezzi di crescita, per
aumentare l’autostima e favorire lo sviluppo della personalità. La musica è un
importante mezzo educativo-didattico, e quindi è importante di conseguenza formare
dei buoni docenti che sappiano insegnare usando le metodologie adeguate al
contesto.
Proprio dalla frequenza di questo corso, e dall’attività di tirocinio svolta in
conservatorio come ultima fase di questo percorso di formazione, è sopraggiunta la
curiosità di conoscere il rapporto che esiste tra l’adolescente e la musica, analizzando
meglio la sua funzione di mezzo di comunicazione non verbale, a livello sociale,
individuale e scolastico, sopratutto in ambito metodologico. Così ho scelto come
argomento della mia tesi “Musica e comunicazione: l’apprendimento strumentale
come forma di espressione e comunicazione negli adolescenti”.
Questa tesi è articolata in tre capitoli.
Nel primo, dal titolo “La musica come mezzo di espressione e comunicazione”,
analizzo l’importanza dei suoni, della comunicazione sonora a partire dall’età
primitiva, riscontrando la sua presenza fin dalla prima infanzia. Evidenzio
l’importanza e l’uso che gli adolescenti hanno della musica come mezzo di
comunicazione non verbale e del suo potere di fare vivere e trasmettere emozioni.
Nel secondo capitolo, “ Gli adolescenti e la musica”, partendo da un’analisi socio-
culturale del territorio, della presenza incombente della musica, e dall’importanza
didattica che ha in ambito scolastico, parlo delle scuole medie ad indirizzo musicale,
dei decreti ministeriali di riferimento, gli obiettivi che ci si prefigge di raggiungere
con un insegnamento strumentale, e l’importanza che la musica ha nella scelta
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scolastica di molti adolescenti. Successivamente, analizzo i risultati di un
questionario proposto ad un piccolo campione di studenti del progetto di tirocinio,
per conoscere quali siano le motivazioni che li hanno indotti a studiare musica e le
aspettative per il loro futuro.
Nell’ultimo capitolo “Comunicare attraverso l’improvvisazione” parlo di alcune
metodologie didattiche usate a scuola, e soprattutto quelle applicabili per
l’insegnamento strumentale. In particolare analizzo l’improvvisazione, perché come
metodologia favorisce la comunicazione della propria musicalità, della propria
creatività e del proprio essere. Nell’ultimo paragrafo, poi, riporto un progetto
didattico elaborato durante le ore di Didattica della composizione, con struttura
aleatoria e improvvisativa.