ho avuto modo di approfondire la conoscenza di questo artista, grazie
soprattutto al collezionista Maurizio Zanei, con il quale più volte mi sono
intrattenuta a chiacchierare, e che avendo lui frequentato a lungo l’artista era
per me una fonte preziosa di informazioni.
Nel frattempo continuavo a leggere scritti che parlavano di Music, ma
nonostante ragguardevoli critici si fossero occupati di lui, tutti avevano
trattato sommariamente la produzione pittorica degli anni Cinquanta (durante
i quali l’artista aveva adottato stilemi astratti), mentre la loro attenzione si
focalizzava su quanto era stato realizzato dall’artista prima e dopo questo
decennio. Per capirci era il Music figurativo che si voleva far emergere da
questi scritti.
Mi ha stupito molto questo atteggiamento, soprattutto perché si tratta di opere
esteticamente e qualitativamente per nulla inferiori a tutte le altre, ne ho
parlato con il mio relatore, e insieme abbiamo deciso che mi sarei occupata
proprio di questo periodo poco conosciuto e trascurato.
Ho iniziato così a cercare materiale più specifico su Music, ovvero articoli di
giornale, riviste, e cataloghi di sue mostre che parlassero degli anni
Cinquanta, ma anche testi di carattere generale sono stati utili per studiare il
contesto artistico di questi anni. Sarebbe poi stato interessante parlare in
prima persona con alcuni critici e studiosi che lo avevano intervistato, o che a
lui si erano interessanti, ma di questi, molti non erano più in vita, e gli altri
non mi è stato possibile contattarli. Venuta a conoscenza che la moglie di
2
Music, Ida Cadorin, viveva a Venezia, l’ho chiamata informandola della mia
ricerca, e di come il mio interesse si limitasse al periodo cosiddetto “astratto”.
Sono stata da lei vivamente sconsigliata di soffermarmi sul lavoro di questi
anni, ritenuto sperimentale, e di dedicarmi invece ai tardi esiti pittorici
dell’artista. Ma seguire il suo suggerimento voleva dire scrivere il già detto,
mentre questo decennio rimaneva trascurato e meno indagato. Ho continuato
tuttavia i miei studi attenendomi al materiale raccolto, tra l’altro esiguo e a
volte ripetitivo, e nonostante le difficoltà incontrate sono riuscita a concludere
la mia tesi.
La ricerca è divisa in tre capitoli, nel primo illustro sinteticamente lo scenario
artistico delle Venezie nel secondo dopoguerra: essendo Venezia dopo Parigi
la seconda “casa” dell’artista ho ritenuto importante far luce sulle novità
pittoriche, le dispute, e le esposizioni che hanno scandito gli anni Cinquanta,
non solo nella città lagunare, ma anche nei vicini centri della terraferma. Nel
secondo e terzo capitolo inizio ad occuparmi direttamente di Music prendendo
in esame la produzione pittorica e grafica, dai primi anni Cinquanta fino agli
inizi del decennio successivo. La graduale evoluzione verso formule astratte
prima, e informali poi, viene analizzata attraverso i diversi cicli tematici di
questo periodo, dove tangenze stilistiche con artisti contemporanei non
tarderanno ad essere messe in luce, il tutto è inoltre accompagnato dalle
valutazioni della critica. La produzione pittorica di questi dieci anni viene
divisa in due parti: nel secondo capitolo è trattato il “primo periodo astratto”
3
(1951-1957), nel quale rientrano la serie dei Soggetti dalmati, dei Paesaggi
senesi, dei Traghetti, e delle Reti e delle Nasse, dove l’artista approda in
modo progressivo ad un’astrazione segnica. Nel secondo capitolo esaminiamo
invece il “secondo periodo astratto” (1957-1961) rappresentato dal ciclo delle
Terre, dove Music adotta soluzioni stilistiche nuove, prossime all’informale,
senza concessioni però all’aspetto irrazionale e gestuale insito in questa
poetica. Segue poi l’atteggiamento assunto dalla critica nei confronti di questa
produzione, e le dichiarazioni rilasciate dall’artista su questo periodo. In
appendice sono riportati alcuni frammenti dell’intervista realizzata da Paolo
Levi a Music, per meglio approfondire non solo il carattere pittorico
dell’artista, ma anche quello umano. Ed infine un breve spazio è dedicato alla
Collezione Zanei, una raccolta di “piccole carte” (schizzi, disegni, appunti di
piccolo formato) che abbracciano tutti i cicli tematici musiani, anch’esse
pertanto parte integrante del suo percorso artistico.
Il fine di questa ricerca è ridare valore a questo periodo pittorico, e far
riflettere sul perché di questa reticenza.
Un grazie particolare va al prof. Guido Bartorelli per avermi seguita e
incoraggiata durante questi mesi, e al dott. Maurizio Zanei per avermi
concesso la sua disponibilità.
4
I
IL PANORAMA ARTISTICO DELLE VENEZIE
NEL SECONDO DOPOGUERRA
Durante il secondo conflitto mondiale l’attività artistica veneziana non
conosce arresti significativi: Venezia, quasi completamente risparmiata dalle
incursione aeree nemiche, diventa il rifugio prediletto di artisti e letterati che
garantiscono una continuità di ricerche nel campo artistico locale. Carlo
Betocchi, Massimo Bontempelli, Aldo Palazzeschi, Umberto Saba, Neri
Pozza, sono solo alcuni nomi degni di essere citati, mentre tra gli artisti un
posto di rilievo occupano Filippo De Pisis, Virgilio Guidi e Arturo Martini,
considerati maestri di stile dalle nuove generazioni. Nell’aprile del 1944 apre
la Piccola Galleria di Roberto Nonveiller, dove si tengono mostre non solo di
anziani maestri ma anche personali di artisti emergenti, quali Alberto Viani e
Zoran Music
1
.
Nonostante la vivacità culturale fino ad ora manifestata anche Venezia, come
molte altre città italiane, avverte nell’immediato dopoguerra la necessità di
riallacciare i legami culturali con il resto dell’Europa. La città soddisfa questo
desiderio di aggiornamento e di informazione organizzando, a partire
1
L’introduzione alla monografia edita per l’occasione è stata scritta da Filippo De Pisis.
5
dall’estate del 1945, una serie di iniziative; mentre l’Istituto Universitario di
Architettura di Venezia già in maggio passa sotto la direzione di Giuseppe
Samonà, acquistando un ruolo di primo piano in campo nazionale con la
presenza di architetti e studiosi del valore di Bruno Zevi, Saverio Muratori,
Ignazio Gardella e Carlo Scarpa, contribuendo in tal modo al rilancio
culturale della città
2
.
L’attività espositiva riprende con una certa intensità con due mostre legate al
passato: la Mostra dei Primitivi, tenutasi già a fine maggio presso le Gallerie
dell’Accademia e la grande mostra Cinque secoli di pittura veneta, curata da
Rodolfo Palucchini a Palazzo Reale, che richiama in laguna un gran numero
di critici, storici e artisti riscuotendo grande successo. Esposizioni volte a
illustrare esiti pittorici più recenti si organizzano nelle molte Gallerie attive a
Venezia: alla Galleria del Cavallino in luglio si tiene la mostra Maestri italiani
del Novecento , seguita poi in settembre dalla Collettiva d’arte moderna
organizzata presso la Galleria S. Marco (gestita dal Fronte della Gioventù),
con opere di maestri come Braque, Modigliani, Rossi, Martini accanto ai
giovani Birolli, Santomaso, Vedova, Viani, Bacci ed altri; mentre la Galleria
Venezia e la già citata Piccola Galleria espongono opere del giovane Vedova.
Interessante è anche l’attività svolta dall’Associazione e Galleria dell’Arco,
2
GUIDO ZUCCONI, L’Istituto Universitario di Architettura (I. U. A. V.), in MARIO ISNENGHI e STUART
WOOLF (a cura di), L’Ottocento e il Novecento, in Storia di Venezia., [9.1-3], vol. 3, Collana, Istituto della
enciclopedia italiana Treccani, Roma, Marchesi Grafiche, 2002, pp. 1913.
6
inaugurata nell’autunno con una mostra di Mario Mafai ed attiva anche nei
campi della musica, letteratura e teatro
3
.
Nascono in questi anni numerose collezioni, tra le quali quelle di Flavio Poli,
Artemio Toso, il conte Fratina, appassionato estimatore di De Pisis, Campigli,
Guidi e quella di Vittorio Carrai che espone (per poi acquistarle) nel suo
ristorante All’Angelo le opere dei protagonisti del futuro Fronte Nuovo delle
Arti; infine la collezione di Carlo Cardazzo, che qui citiamo solamente per
occuparcene in maniera più dettagliata in seguito. L’ampia presenza di
collezionisti e di gallerie a Venezia, dove nel frattempo si aggiungono il
Traghetto, Sandri, S. Marco, Alfieri e altre ancora, dimostrano la vitalità del
mercato dell’arte e un interesse rivolto, non solo ad artisti affermati, ma anche
alla produzione di artisti emergenti, soprattutto locali.
Il dibattito artistico trova spazio in alcune riviste sorte recentemente, tra le più
importanti “Terraferma”, diretta da Neri Pozza e “Lettere ed arti” diretta da
Roberto Nonveiller e Sergio Solmi; questo dibattito viene inoltre vivacizzato
dalla presenza in città di una folta schiera di critici, dei quali ricordiamo
almeno Giuseppe Marchiori, di cui parleremo più avanti, Umbro Apollonio,
Berto Morucchio, Rodolfo Palucchini, che rese memorabili alcune biennali
del dopoguerra, e Giuseppe Mazzariol. Quest’ultimo, noto critico d’arte e
3
L’Arco era l’Associazione dei giovani di sinistra, dove nel 1946 si tiene l’esposizione Omaggio alla
Letteratura Russa, che vedrà artisti di ogni età e orientamento stilistico come Bacci, Guidi, Santomaso,
Vedova, Deluigi, De Pisis ed altri, ispirarsi alle opere dei maggiori scrittori russi. Si veda sull’Arco la tesi La
stagione dell’Arco, di ANTONELLA CLARA dell’a.a. 1993-94, Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di
Udine, relatore prof. Maria Mimita Lamberti.
7
d’architettura contemporanea oltreché docente e direttore della Fondazione
Querini Stampalia dal 1958, ha seguito con la sua parola il cammino artistico
dei maggiori artisti veneziani del tempo, dal noto Arturo Martini ai quasi
coetanei Deluigi, Santomaso e Vedova fino ai giovanissimi delle ultime
generazioni
4
. Sempre nell’estate del 1945, non mancano le dispute tra i fautori
del rinnovamento, aderenti al Fronte della Cultura, e gli artisti della vecchia
guardia in merito all’apertura e al nuovo assetto da conferire alla Biennale.
Gli artisti favorevoli ad uno svecchiamento dell’istituzione propongono
Lionello Venturi
5
, critico di fama mondiale, per la carica di Segretario
Generale dell’Ente, ma il gruppo più conservatore non lo ritiene idoneo a
ricoprire questo ruolo, accusandolo di non conoscere adeguatamente
l’ambiente artistico veneziano.
Il 1946 si apre con due manifestazioni di grande interesse: il Premio Burano,
vinto dal lagunare Della Zorza, che susciterà la protesta del giovane Vedova
6
,
e il Premio della Colomba
7
conferito a Carlo Carrà. Nel medesimo anno, non
possiamo dimenticare la riapertura della Galleria d’Arte Moderna di Ca’
4
Al suo nome sono intitolati una sala e una collezione di opere d’arte della Fondazione Querini Stampalia e
il Dipartimento di storia e critica delle arti dell’Università di Venezia. Le notizie su Giuseppe Mazzariol sono
ricavate da MANLIO BRUSANTIN e ALTRI (a cura di), Per Giuseppe Mazzariol, in Quaderni di Venezia arti,
vol.1, Roma, Viella,1992; CHIARA BERTOLA (a cura di), Giuseppe Mazzariol, 50 artisti a Venezia, catalogo
della mostra, (Venezia, Palazzo Querini Stampalia, 4 settembre-18 ottobre 1992), Milano, Electa, 1992;
Fondazione Querini Stampalia. Fondo Giuseppe Mazzariol, http://www.querinistampalia.it/museo/fondi/mazzariol.html.
5
Lionello Venturi terrà a Venezia una conferenza sulle “Origini dell’arte contemporanea” all’Ateneo Veneto,
destando l’attenzione di tutti coloro che aspiravano ad un’apertura europea dell’arte italiana. Per la disputa
sulla nomina del segretario generale si veda GIUSEPPE MARCHIORI, L’arte a Venezia dopo il 1945, in
GIUSEPPE MARCHIORI (a cura di), Il Fronte Nuovo delle Arti, Vercelli, Tacchini, 1978, p. 18.
6
L’attegiamento conservatrice della giuria che premia un pittore di tradizione, ossia un vedutista lagunare
come Della Zorza, scatenerà l’indignazione di Emilio Vedova che getterà il suo dipinto in laguna, dove sarà
raccolto da Romano Barbaro.
7
Il premio era finanziato da Arturo Deana, proprietario dell’omonimo ristorante oltrechè mecenate e
collezionista, ma ideato e organizzato dal pittore Giuseppe Cesetti.
8
Pesaro; per la prima volta nella sua storia le opere che acquisterà alla
Biennale del 1948 coincidono con lo spirito di rinnovamento degli artisti
veneziani e italiani del tempo
8
. I linguaggi più avanzati dell’arte
contemporanea troveranno qui la loro sede, per merito delle donazioni da
parte di artisti quali Max Ernst, Sebastian Matta e collezionisti come Peggy
Guggenheim, che dona opere della figlia Pegeen. La Galleria custodisce
dipinti di importanti artisti locali come Music, Tancredi, Gaspari e molti altri,
protagonisti negli anni Cinquanta del rinnovamento pittorico in direzione
astratta. Altro evento significativo è la nascita della Scuola libera di Arti
Plastiche ad opera di Anton Giulio Ambrosini, Carlo Scarpa e Mario Deluigi,
che, come si legge nel testo di presentazione, si definisce: «[…] un
movimento che studi, secondo le attuali esigenze spirituali, i caratteri
fondamentali della natura italiana in rapporto alla soluzione del problema
plastico […]»
9
. Nel luglio del 1947 riprende l’attività espositiva la
Fondazione Bevilacqua La Masa e, in occasione della 35° Collettiva Diego
Valeri, allora presidente del Consiglio di vigilanza, istituisce i premi (tuttora
esistenti e definiti “borse di studio”), con il proposito di incentivare i giovani
artisti tramite un aiuto concreto
10
.
8
Le opere di Deluigi, Pizzinato, Vedova, Santomaso, Birolli, Guidi, acquistate alla Biennale del 1948 e le
acquisizioni degli anni Cinquanta confermano questa direzione, con opere di Rouault, Matisse, Nolde, e la
tela di Kandinsky, Zig zag bianchi, FLAVIA SCOTTON, Cà Pesaro.Cento anni di arte europea, in FLAVIA
SCOTTON (a cura di), Cà Pesaro Galleria internazionale d’Arte Moderna, Venezia, Marsilio, 2002, p.24.
9
DINO MARANGON, Cronaca veneziana 1948-59. Eventi e protagonisti, in MARIA GRAZIA MESSINA (a cura
di), Venezia 1950-59. Il rinnovamento della pittura in Italia, catalogo della mostra, (Ferrara, Palazzo dei
Diamanti, 26 settembre 1999-9 gennaio 2000), Ferrara, Ferrara Arte, 1999, p. 162.
10
Per le collettive tenutesi nel dopoguerra si veda ENZO DI MARTINO (a cura di), Bevilacqua La Masa1908-
1993. Una fondazione per giovani artisti, Venezia, Marsilio, 1984, pp. 70-88; LUCA MASSIMO BARBERO (a
9